Introduzione
Le alleanze periferiche 1.0
Il presente lavoro si giustifica in base all'interesse per l'abilissima gestione strategica delle
alleanze e/o dei rapporti bilaterali sviluppati e intrattenuti con alcuni dei Paesi vicini da parte del
giovane Stato di Israele, fin dai primi anni '50. Mi accingo, in particolare, a contestualizzare,
descrivere ed analizzare nello specifico attraverso dei case studies la cosiddetta dottrina o
strategia delle alleanze periferiche, che ha guidato la visione della politica estera israeliana quasi
dagli albori fino almeno al crollo dell'Unione sovietica. Con questo lavoro cercherò di dimostrare
la tesi per cui Israele non ha abbandonato ai giorni nostri tale strategia, e che i grandi
cambiamenti che hanno interessato il contesto regionale e internazionale in cui esso si pone e
opera in quanto attore statale, sono stati tali da portare non alla scomparsa ma a un necessario
adattamento della stessa, con il principale cambiamento consistito nel progressivo
avvicendamento dei suoi protagonisti.
La dottrina delle alleanze periferiche nacque nel corso degli anni '50, partorita dalla mente di
Reuven Shiloah
1
, primo uomo a capo del Mossad (il famigerato servizio segreto israeliano)
2
, e
messa in pratica da figure chiave di Israele quali David Ben-Gurion
3
, che fece propria tale
dottrina rendendola il cardine dell'azione di politica internazionale dello Stato ebraico almeno per
1 http://www.mossad.gov.il/eng/about/ReuvenShiloach.aspx
Shiloah fu capo del Mossad nel periodo 1948-1952 e, dal 1953 al 1957, lavorò all'ambasciata israeliana a
Washington, per poi essere nominato, nel settembre 1957, consigliere politico di Golda Meir (allora ministro
degli Esteri). I due architravi della sua visione di politica estera per lo Stato di Israele erano le alleanze
periferiche e lo stretto legame con gli Stati Uniti d'America: Cfr. H. Eshed, Reuven Shiloah: the man behind the
Mossad, London, Routledge, 1997.
2
Il Mossad nacque per volontà di Reuven Shiloah e David Ben Gurion, e grazie a una direttiva di quest’ultimo
del 13 dicembre 1949 che dispose la «creazione di un “istituto [mossad in lingua ebraica] per il coordinamento
delle agenzie di spionaggio statali”, assegnandone la direzione a Reuven Shiloah» Cfr. M. Bar-Zohar, N. Mishal,
Mossad. Le più grandi missioni del servizio segreto israeliano, Milano, Feltrinelli, 2012, p. 38.
3 Cfr. A. Amir-Aslani, Iran et Israel: juifs et perses, Paris, Nouveau Monde éditions, 2013, p. 108.
2
tutto il periodo della Guerra fredda
4
, Isser Harel, successore di Shiloah alla guida del servizio
segreto israeliano dal 1952 al 1963
5
, e Eliyahu Sasson, uno dei maggiori esperti israeliani di
politica mediorientale e primo rappresentante di Israele in Turchia, dal 1950 al 1952
6
.
Il contesto politico mediorientale degli anni '50 vedeva uno Stato di Israele che, appena
formatosi, era stato subito attaccato dai vicini arabi – che miravano dichiaratamente al suo
annientamento in quanto entità “fittizia ed usurpatrice” dei legittimi diritti degli arabi palestinesi.
Israele era uno Stato debole e mancante delle fondamentali garanzie di sopravvivenza e
conseguentemente alla disperata ricerca di riconoscimento e sostegno internazionali.
Dal 1954 in poi una nuova minaccia si aggiunse a quelle preesistenti, ovvero l'ascesa di Nasser
alla guida dell'Egitto, con la sua amplissima popolarità tra tutte le masse arabe grazie alla sua
filosofia politica basata sul panarabismo che contribuiva ad estendere la sua carismatica influenza
ben al di fuori dei confini nazionali egiziani. Ad aggravare il quadro per gli israeliani si sommava
il sostegno sovietico
7
all'Egitto, che il colonnello Nasser dimostrava di accettare di buon grado
(pur in contraddizione con i suoi proclami e la politica internazionale terzomondista da lui portata
avanti)
8
e che allermava non poco anche Turchia (membro NATO) e Iran, due Stati decisamente e
dichiaratamente filo-occidentali e, quindi, filo-americani; a peggiorare ulteriormente le cose
intervennero, nell'estate del 1958, prima la formazione della Repubblica Araba Unita e poi il
rovesciamento della monarchia hashemita in Iraq. Tale avvenimento fu alla base di una serie di
importanti cambiamenti nel sistema dei rapporti reciproci tra i principali Stati della regione
mediorientale. Il regime dei militari guidato dal generale Qasim, che prese il potere in Iraq
spodestando e uccidendo il re di dinastia hashemita Faisal, la sua discendenza e il potente primo
ministro Nuri Said, decise pochi mesi dopo il putsch (ed esattamente il 24 marzo 1959) l'uscita
4 Cfr. R. Bergman, The secret war with Iran: the 30-year clandestine struggle against the world's most dangerous
terrorist power, New York, Free Press, 2008, p. 13.
5 ivi.
6 http://www.knesset.gov.il/mk/eng/mk_eng.asp?mk_individual_id_t=673
7 Tale sostegno veniva finalizzato attraverso un accordo tra Egitto e Cecoslovacchia conclusosi il 27 settembre
1955: Cfr. G. Laron, Cutting the gordian knot: the post-WWII egyptian quest for arms and the 1955
czechoslovak arms deal, Working Paper 55 in The Cold War International History Project of the Woodrow
Wilson International Center for Scholars, Washington, 2007.
8 Nel marzo 1955, Nasser partecipò alla conferenza dei Paesi afro-asiatici che si tenne a Bandung, in Indonesia,
unendosi a un gruppo di Paesi che avrebbe fatto nascere il movimento dei non-allineati, basato sul rifiuto del
mondo e della logica bipolare creata dalla guerra fredda; eppure, questo impegno politico basato su una chiara
scelta di campo non gli impedì, nel settembre dello stesso anno, di acquistare armi dalla Cecoslovacchia, ovvero
da uno Stato del neonato Patto di Varsavia a guida sovietica: R.Van Dijk, W. Glenn Gray, S. Savranskaya, J. Suri,
Qiang Zhai (a cura di), Encyclopedia of the Cold War, Volume 1, New York, Routledge, 2008, p. 56.
3
del Paese dal Patto di Baghdad. Quest'ultima era un'alleanza regionale con finalità di
contenimento dell'espansionismo sovietico nella regione mediorientale varata nel 1955 e che
riuniva una serie di Paesi accomunati dall'orientamento filo-occidentale quali Turchia, Iraq, Iran,
Pakistan ai quali si aggiungeva il Regno Unito (con gli Stati Uniti in un ruolo inizialmente
defilato) quale potenza protettrice e ispiratrice del patto. Con la defezione dell'Iraq, il Patto di
Baghdad veniva a perdere il Paese perno dell'alleanza, nonché sede dei suoi organismi, e mutava
il proprio nome in CENTO, con l'ingresso attivo degli Stati Uniti e lo spostamento del quartier
generale ad Ankara in Turchia
9
. Insomma, il Medio Oriente degli anni '50 (in special modo nella
seconda metà) era un ambiente nettamente ostile a Israele e decisiva si poneva quest'ultimo la
ricerca di amicizie nella regione.
Il triangolo di alleanze – pur sviluppato in gran segreto – che venne concepito tra Tel Aviv,
Teheran e Ankara ai massimi livelli politico-militari di ciascuno dei Paesi protagonisti e
alimentato dalla stretta collaborazione degli eserciti e delle rispettive intelligence e che avrebbe
costituito l'incarnazione della dottrina delle alleanze periferiche, vide la luce già prima della crisi
di Suez del 1956: essa era principalmente motivata dalla paura piuttosto diffusa che la figura di
Nasser suscitava e dalle prime dimostrazioni di forza dello Stato ebraico, unico tra i Paesi della
regione in grado di dimostrare nettamente la propria superiorità in scenari di guerra aperta nei
confronti degli egiziani. Infatti, la fulminea azione militare israeliana durante la crisi di Suez
scoppiata nell'ottobre-novembre di quell'anno (1956), benché arrestata quasi immediatamente
dall'intervento di Stati Uniti e Unione Sovietica e la minaccia dell'uso dell'atomica, dimostrò a
tutti gli osservatori che lo Stato ebraico era probabilmente l'unica forza ed entità regionale in
grado di arrestare l'avanzata del nasserismo in Medio Oriente
10
.
A livello ideologico, la dottrina delle alleanze periferiche si schierava in perfetta opposizione alla
teoria nasseriana dei tre cerchi, secondo la quale esistevano tre insiemi di Paesi non perfettamente
coincidenti che potevano essere compresi in tre cerchi (quello arabo – il più importante – quindi
quello africano e infine quello musulmano) al centro dei quali si posizionava l'Egitto, nazione
naturalmente destinata alla leadership e al ruolo di catalizzatore delle spinte anti-occidentali, anti-
9 ivi, pp. 55-57.
10 I. Rabinovich, J. Reinhaarz (a cura di), Israel in the Middle East: documents and readings on society, politics
and foreign relations pre-1948 to the present, Lebanon (NH), Brandeis University Press, 2007, pp. 191-197.
4
imperialiste e anti-sioniste provenienti da ciascuno dei Paesi interessati
11
. La dottrina della
periferia adottata da Israele si basava appunto sulla consapevolezza, maturata fin dalla Prima
guerra arabo-israeliana
12
e dall'attacco quasi mortale subito da parte della coalizione araba, che i
rapporti degli israeliani con gli Stati arabo-musulmani confinanti (specialmente Egitto, Siria,
Iraq) sarebbero stati sempre difficili e che il rischio di nuovi attacchi si sarebbe mantenuto
elevato, proprio perché di Israele questi Stati mettevano in discussione non solo e non tanto
l'estensione geografica, quanto il mero diritto di esistere
13
. Fino al momento in cui fosse mancata
la possibilità di imboccare un cammino di pace e mutuo riconoscimento con gli arabi, l'unica via
di uscita diplomatico-militare per lo Stato di Israele, nonché l'unica forma possibile di
compensazione e di bilanciamento della distribuzione del potere nell'area mediorientale,
sarebbero stati la ricerca prima e il consolidamento poi di alleanze più o meno segrete con Stati e
minoranze etniche appartenenti alla fascia “periferica”, esterna rispetto alla prima fascia di Stati
di etnia araba, direttamente confinanti con Israele
14
. La dottrina delle alleanze periferiche fu
l'unica via – temporanea, agli occhi dei suoi ideatori – per aggirare l'allora insormontabile
problema dell'accettazione da parte araba della presenza israeliana in suolo mediorientale e si
nutrì del più puro stile della Realpolitik: del resto, sulla sostenibilità, tenuta nel medio-lungo
periodo e sul peso specifico di tali alleanze di contrappeso con Paesi quali Turchia e Iran, non
potevano nascere in Israele molte illusioni né su di esse si poteva fare troppo affidamento.
Insomma, «la Turchia laica ed occidentale […] e l'Iran persiano e sciita»
15
divennero Stati da
ingraziarsi nell'ottica della balance of power e sostanzialmente “per tirare a campare in attesa di
tempi migliori”, secondo il classico motto per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Il
11 https://archive.org/details/ThePhilosophyOfTheRevolutionBookI
12 Cfr. C. Herzog, Arab-Israeli Wars. War and peace in the Middle East (The), New York, Vintage Books, 2005.
13 Il Piano per la divisione della Palestina in due Stati, preparato dall’Unscop (United Nations Special Committee
on Palestine) venne approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 181 del 29
novembre 1947 con 33 voti a favore, 13 contrari, 10 astenuti e un assente. Tra i contrari si registrarono tutti gli
Stati arabo-musulmani che, meno di un anno dopo, attaccarono il neonato Stato di Israele: Egitto, Libano, Siria,
Arabia Saudita, Iraq. La risoluzione 181 del 1947 è consultabile qui:
http://domino.un.org/UNISPAL.nsf/c17b3a9d4bfb04c985257b28006e4ea6/7f0af2bd897689b785256c330061d25
3?OpenDocument ; qui i risultati della votazione:
http://domino.un.org/UNISPAL.nsf/9a798adbf322aff38525617b006d88d7/d442111e70e417e3802564740045a30
9?OpenDocument#In%20favour%3A%20Australia%2C%20Belgium%2C%20B.
14 Il governo israeliano, non limitandosi a cercare l'alleanza delle sole entità statuali, si alleò con tutte le minoranze
non arabe della regione: vennero quindi allacciati legami con le minorità curde e cristiano-libanesi: Cfr. A. Amir-
Aslani, op. cit., pp. 108-110; T. Parsi, Treacherous alliance. The Secret Dealings of Israel, Iran, and the United
States, New York, Yale University Press, 2007, p. 21.
15 A. Amir-Aslani, op. cit., p. 109.
5
fine di lungo termine delle alleanze periferiche, secondo Ben-Gurion, era quello di dimostrare
esattamente il contrario di quanto sostenuto dagli Stati arabi, ovvero che il Medio Oriente non era
la terra degli arabi, in quanto i popoli ebraico, turco e iraniano li superavano di gran lunga,
quanto meno per forza demografica: l'amicizia tra Turchia, Iran e Israele avrebbe permesso a
quest'ultimo di ottenere, in futuro, l'accettazione della propria esistenza anche da parte degli Stati
arabi
16
.
In questo quadro manca una pedina fondamentale, ovvero gli Stati Uniti d'America: qual è stato il
ruolo giocato dalla superpotenza americana nell'elaborazione di tale dottrina strategica?
Allo stato attuale delle cose siamo forse abituati a pensare automaticamente allo stretto legame
tra Stati Uniti e Israele, dando per scontato che anche agli albori dello Stato ebraico tale rapporto
simbiotico e filiale fosse già in atto e dispiegasse i suoi effetti sulla scena politica internazionale.
In realtà, in tema di protettori eccellenti, Israele inizialmente non annoverava gli Stati Uniti,
almeno non nel primo decennio di esistenza: infatti, se negli ultimi anni '40 Tel Aviv subì
l'influenza sovietica in virtù della grande immigrazione in Israele dalle repubbliche sovietiche, gli
anni '50 sono stati caratterizzati da uno stretto rapporto con la Francia, fruttuoso soprattutto dal
punto di vista militare e dei progressi nel campo nucleare
17
. Ben-Gurion, nel corso degli anni '50,
cercò ripetutamente di convincere Eisenhower dell'utilità di avere un alleato al centro del Medio
Oriente quale era il suo Israele; tale proposta, tuttavia, non incontrò subito i favori della Casa
Bianca visto che negli anni '50 Washington intratteneva e ricercava rapporti cordiali con gli Stati
mediorientali, per cui da parte americana non si vedeva la necessità e l'utilità di affidare a un
piccolo Stato come Israele la tutela degli interessi statunitensi nella regione. Insomma, a
Washington ci si rifiutò di fare di Israele il cane da guardia americano della regione, preferendo
continuare a gestire in maniera indipendente e diretta la politica mediorientale, con una
conseguente maggiore libertà di manovra e maggiori benefici. Fu questo rifiuto, in ultima istanza,
a spingere Israele – la cui sindrome di accerchiamento era ed è tuttora uno dei motori più
importanti della sua politica interna ed estera – a cercare valide alternative al mancato scudo
protettivo statunitense, e trovandole infine in una strategia che mirava a creare deterrenza nei
confronti della cerchia contigua degli stati arabi tramite l'alleanza con una seconda, più distante
16 Cfr. M. Brecher, The foreign policy system of Israel, New Haven, CT, Yale University Press, 1972, p. 278.
17 Cfr. A. Cohen, Israel and the bomb, New York, Columbia University Press, 1998.
6
cerchia di Stati non arabi
18
. Ben-Gurion, tuttavia, consapevole dell'importanza di un eventuale
sostegno americano, continuò a più riprese a perorare la validità e utilità della neonata rete di
accordi che va sotto il nome di alleanze periferiche. Si ricorda, in particolare, la sua lettera del 24
luglio 1958 indirizzata direttamente al presidente americano Dwight D. Eisenhower, in cui lo
statista israeliano delineò per la prima volta la sua idea di alleanze periferiche:
Il dominio sul Medio Oriente arabo da parte di Nasser con il supporto del grande potere dell'Unione Sovietica
potrebbe certamente avere gravi conseguenze per il mondo occidentale […] Avendo visto questo pericolo crescere da
ormai diversi anni e, visto il fallimento dei tentativi di portare la pace tra Israele e Egitto che voi, Sig. Presidente,
avete intrapreso due anni fa, abbiamo cominciato a rafforzare i nostri legami con quattro Paesi vicini situati nella
cerchia esterna del Medio Oriente – Iran, Sudan, Etiopia e Turchia, con l'obiettivo di stabilire una forte diga contro il
torrente del nasserismo in salsa sovietica […] Abbiamo stabilito rapporti di mutua fiducia con il governo dell'Iran,
con il primo ministro del Sudan e con l'imperatore d'Etiopia. Recentemente, i nostri legami con il governo turco si
sono approfonditi attraverso canali segreti, separatamente e oltre le normali relazioni diplomatiche. Il nostro
obiettivo è creare un gruppo di Paesi, non necessariamente vincolati da alleanze pubbliche e formali, i quali siano in
grado, attraverso la reciproca assistenza e sforzi comuni in campo politico, economico e non solo, di resistere contro
l'espansionismo sovietico che si realizza attraverso la figura di Nasser.
19
La reazione proveniente dagli Stati Uniti, segnatamente tramite il Segretario di Stato dell'epoca
Allen Dulles, fu favorevole e di incoraggiamento nei confronti di Ben-Gurion al proseguimento
degli sforzi in atto per stabilizzare le alleanze con i Paesi periferici. Gli Stati Uniti avevano infatti
tutti i motivi per approvare un avvicinamento tra Israele, Turchia e Iran, visto il crescendo di
insidie che caratterizzavano il contesto mediorientale di fine anni '50: dal panarabismo di Nasser,
che non disdegnava l'aiuto sovietico, alla deposizione del regno hashemita filo-occidentale in
Iraq, alla debolezza della monarchia in Giordania, che non sembrava minimamente in grado di
difendere gli interessi occidentali in Medio Oriente, fino ad arrivare alla guerra civile scoppiata,
sempre nel 1958, in Libano e che portò al conseguente intervento statunitense (favorito dalla
concessione da parte di Ankara dell'utilizzo delle basi militari sul proprio territorio) finalizzato a
sostenere la presidenza del cristiano-maronita Camille Chamoun contro il tentativo di
18 A. Crooke, The strange tale of Iran and Israel, in Le Monde diplomatique, febbraio 2009
http://mondediplo.com/2009/02/05iran
19 D. D. Eisenhower, Papers as President of the United States, 1953-61 (Ann Whitman File), International Series
Box 36, Lettera del 24 luglio 1958 da Ben-Gurion ad Eisenhower.
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