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INTRODUZIONE
Il principale obiettivo che ci si propone di conseguire attraverso il presente
lavoro è quello di compiere un’indagine sulle recenti innovazioni che hanno
interessato il piano dello strumentario processuale di tutela dell’interesse
legittimo, con particolare riferimento all’azione di reintegrazione in forma
specifica e all’azione di condanna della p.a. all’esatto adempimento.
La scelta di assumere un tema siffatto ad oggetto dell’analisi che si intende
compiere, deriva, in primo luogo, dalla constatazione della centralità che la figura
dell’interesse legittimo, quale perno attorno al quale si sono tradizionalmente
costruite le relazioni tra potere amministrativo e cittadini coinvolti dall’esercizio
dello stesso, riveste nell’ambito della materia del diritto amministrativo.
A questa motivazione, di carattere generale, se ne affiancano altre, più
specifiche: il riferimento è, in particolare, all’esigenza di individuare le ragioni
che sono state alla base dell’estensione all’interesse legittimo della tutela
risarcitoria, anche nell’alternativa costituita dalla reintegrazione in forma
specifica, ossia di uno strumento processuale originariamente pensato per offrire
protezione alle posizioni di diritto soggettivo che venissero lese nell’ambito dei
rapporti paritetici tra privati.
L’indagine sui presupposti dell’introduzione di tale tecnica di protezione
processuale è volta a far emergere l’esistenza di una correlazione tra il piano del
diritto sostanziale e quello dei rimedi giurisdizionali: si tratta, in sintesi, di
mostrare come alla diffusione della consapevolezza, in special modo in ambito
dottrinale ed a livello legislativo, del rilievo non meramente processuale ma anche
e (soprattutto) sostanziale dell’interesse legittimo, si sia affiancato un processo
teso all’arricchimento delle forme di tutela giurisdizionale predisposte a garanzia
dello stesso.
La “scoperta” di una correlazione siffatta consente, a sua volta, di fare
riferimento ad una delle ulteriori ragioni che sono alla base della scelta
dell’oggetto della presente trattazione: in particolare, dal momento in cui si
acquisisce la consapevolezza del fatto che le evoluzioni della normativa
processuale non possono essere correttamente interpretate senza aver presente le
ragioni, sostanziali, che sono alla base di esse, si avverte l’esigenza di interrogarsi,
altresì, sull’esistenza di un processo, per così dire, “inverso”, incentrato sulle
potenziali ripercussioni che l’arricchimento dello strumentario di tutela
processuale potrebbe avere sul piano della struttura teorica tradizionale propria
della figura dell’interesse legittimo.
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Per quanto riguarda, poi, la scelta di soffermarsi sull’analisi, oltre che
dell’azione di reintegrazione in forma specifica, della tutela derivante dalla cd.
azione di condanna della p.a. all’esatto adempimento, si può dire che le
motivazioni che sono alla base di essa risiedono, in primo luogo, nel costituire
quest’ultima azione la più recente e significativa tappa di quel processo di
arricchimento dello strumentario di tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo
avviatosi a partire dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso.
In secondo luogo e, più specificamente, la necessità di soffermarsi sull’esame
dell’azione di condanna pubblicistica è una diretta conseguenza
dell’interpretazione della reintegrazione in forma specifica che è stata fatta propria
dalla dottrina e dalla giurisprudenza amministrativa prevalenti.
Si tratta, in particolare, della ricostruzione in termini “civilistici” dell’istituto,
ossia dell’interpretazione della reintegrazione in forma specifica come forma di
ristoro del danno alternativa al risarcimento per equivalente, tesa alla
ricostituzione di quella situazione che vi sarebbe stata in assenza del danno
cagionato dall’illecito della p.a. e sottoposta a quegli stessi limiti di applicazione
cui è subordinata in ambito civilistico, ai sensi dell’art. 2058 c.c..
Come precisato dagli stessi giudici del Consiglio di Stato, un siffatto modo di
ricostruire i contenuti della reintegrazione in forma specifica, fa sì che tale
rimedio trovi applicazione nel diritto amministrativo soprattutto nel caso in cui ad
essere lesi siano interessi legittimi di tipo oppositivo (a titolo esemplificativo, si
possono richiamare le seguente ipotesi: riconsegna e ripristino del bene
illegittimamente sottratto al privato; consegna di cosa uguale a quella
illegittimamente distrutta; riparazione materiale dei danni cagionati in esecuzione
di un provvedimento illegittimo) e che, invece, non si presti ad essere utilizzato
per offrire protezione agli interessi legittimi di tipo pretensivo. Ciò in quanto il
silenzio, il ritardo o l’illegittimo diniego (ossia le tipiche situazioni in cui si
configura la lesione dell’interesse legittimo pretensivo), incidono sempre su una
situazione che era e rimane insoddisfatta, per cui non vi è nulla che possa essere
reintegrato.
Proprio in una siffatta ricostruzione dell’istituto della reintegrazione in forma
specifica sembrano potersi rinvenire i presupposti che sono stati alla base del
tentativo, operato dapprima in ambito giurisprudenziale e poi anche a livello
legislativo, di predisporre un rimedio processuale che fosse idoneo a rendere piena
ed adeguata anche la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi di tipo
pretensivo; tentativo che è culminato nella previsione espressa, ad opera del d.lgs.
160/2012 (recante disposizioni correttive ed integrative del codice del processo
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amministrativo), di “un’azione di condanna al rilascio del provvedimento
richiesto” (cd. azione di adempimento, appunto), che da quel momento può essere
proposta, oltre che contestualmente all’azione avverso il silenzio, anche nel caso
dell’esperimento di un’azione di annullamento avverso un illegittimo
provvedimento di diniego della p.a. (art.34 1°comma, lett.c, c.p.a).
La previsione espressa di un’azione, generale, di condanna della p.a.
all’esatto adempimento contribuisce ad accrescere l’interesse per l’indagine, cui
abbiamo accennato poco sopra, relativa alle potenziali ripercussioni che
l’arricchimento dello strumentario di tutela giurisdizionale dell’interesse legittimo
potrebbe avere sul piano della struttura teorica tradizionale di tale figura giuridica
soggettiva, in particolar modo nella prospettiva di una progressiva assimilazione
della stessa al diritto soggettivo.
L’introduzione di tale rimedio processuale, infatti, ha contribuito in modo
significativo al passaggio del giudizio amministrativo da un modello di cassazione
correttiva della funzione pubblica a un modello attributivo di spettanza,
tradizionalmente proprio del giudizio civile; anzi, la previsione espressa di
un’azione generale di condanna della p.a. all’esatto adempimento si presta ad
essere vista come elemento di conferma di quel processo evolutivo che starebbe
portando ad un cambiamento dell’obiettivo precipuo del giudizio amministrativo.
Quest’ultimo, infatti, si starebbe sempre più caratterizzando, alla stregua del
processo civile, per assumere a suo scopo primario quello di provvedere alla
completa soddisfazione delle pretese sostanziali del singolo ricorrente piuttosto
che quello, che lo ha tradizionalmente contraddistinto, di correzione della
funzione pubblica in un’ottica di ripristino della legalità della stessa a tutela
dell’interesse generale della collettività.
Come emerge, soprattutto, dall’analisi condotta nel III capitolo del presente
lavoro, l’assunzione dei principi della pienezza e dell’effettività della tutela
giurisdizionale a “criteri guida” nell’ambito del percorso di interpretazione del
processo di arricchimento delle tutele dell’interesse legittimo, permette, al
contempo, di guardare all’introduzione dell’azione di esatto adempimento come
ad un’ulteriore tappa dell’iter di completamento dei mezzi di tutela giurisdizionale
del cittadino nei confronti della p.a. e di conservare il riferimento all’interesse
legittimo come figura soggettiva costituente il perno attorno al quale continuano, a
tutt’oggi, a svilupparsi le relazioni tra poteri pubblici e soggetti privati.
In altri termini, se si guarda all’evoluzione dello strumentario di tutela
processuale dell’interesse legittimo come ad un indice espressivo dell’attuazione
del principio di effettività della tutela giurisdizionale, anche in ambito
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amministrativo, è possibile non arrivare a mettere in dubbio la perdurante utilità
del riferimento a tale figura giuridica soggettiva e, conseguentemente, continuare
a pensare alla logica della legittimità, che all’esistenza dell’ interesse legittimo è
intrinsecamente connessa, come ad un momento essenziale e caratterizzante della
giurisdizione amministrativa.
L’esigenza di una corretta individuazione del significato e del rilievo
sistematico assunto dall’azione di reintegrazione in forma specifica e dall’azione
di condanna impone che, prima di soffermarsi specificamente sulla loro analisi, si
proceda ad una sorta di excursus storico teso, in primo luogo, a richiamare il
contesto storico e legislativo in cui la figura dell’interesse legittimo rinviene la
sua origine; a ciò sono, infatti, dedicate le pagine che compongono il capitolo I
del presente lavoro. In esso, inoltre, la trattazione relativa al contesto legislativo
in cui si è collocato, alle origini, l’interesse legittimo, si collega con una analisi
delle prime e più significative ricostruzioni dottrinali che si sono occupate di
riflettere sui contenuti da attribuire a tale posizione giuridica.
Tale analisi viene, in particolare, condotta cercando di mettere in evidenza sia
i profili di originalità recati da ciascun contributo dottrinale sia i “punti deboli”
degli stessi, ossia quelle parti della riflessione che hanno prestato il fianco ai
rilievi critici di altri studiosi ed interpreti. Seguendo una metodologia di analisi
siffatta si intende pervenire a dimostrare come le concezioni cd. sostanzialistiche
dell’interesse legittimo siano state elaborate assumendo come punto di partenza
proprio la critica alle prime ricostruzioni dottrinali dell’interesse legittimo e, in
particolare, la messa in discussione dell’idea secondo la quale tale posizione
avrebbe un rilievo meramente processuale e sarebbe destinato a ricevere una
tutela solo indiretta, riflessa, a seguito dell’esito positivo del ricorso teso
all’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo.
L’esame delle concezioni cd. sostanzialistiche dell’interesse legittimo
costituisce, a sua volta, il presupposto per iniziare ad approfondire l’analisi di quel
processo di evoluzione delle tecniche di tutela giurisdizionale dell’interesse
legittimo: appare, infatti, evidente il collegamento esistente tra la diffusione della
consapevolezza del rilievo sostanziale dell’interesse legittimo e il progressivo
affacciarsi, nella legislazione prima e in giurisprudenza poi, dei tentativi di
estensione ad esso della tutela risarcitoria.
Quando si parla di tutela risarcitoria dell’interesse legittimo, il pensiero non
può che correre alla “storica” pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione del 22 luglio 1999 che ha affermato in modo espresso l’ormai evidente
necessità di dichiararne l’ammissibilità nell’ambito del processo amministrativo.
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Tale affermazione fu compiuta soprattutto sulla scorta delle elaborazioni
dottrinali che già da tempo sottolineavano l’opportunità di un revirement del
tradizionale orientamento della giurisprudenza di legittimità, incline a negare la
risarcibilità della posizione soggettiva in esame, nonché alla luce dei recenti
interventi legislativi che avevano sottolineato la dimensione sostanziale
dell’interesse legittimo, considerandolo una posizione giuridica soggettiva
meritevole di tutela sia nell’ambito del procedimento amministrativo che sotto il
profilo processuale. Si ritiene, pertanto, necessario, prima di arrivare a trattare dei
punti essenziali della sentenza citata poco sopra, fare riferimento all’articolato
iter, dottrinale, legislativo e giurisprudenziale che ha contribuito gettare le basi per
il compimento di questo epocale revirement.
Passando, poi, all’illustrazione del quadro normativo successivo
all’emanazione della sentenza n.500/1999, dobbiamo necessariamente fare
riferimento alla legge n.205 del 2000, recante “Disposizioni in materia di giustizia
amministrativa” che, determinando l’attribuzione al giudice amministrativo del
potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la
reintegrazione in forma specifica, in ogni ambito della sua giurisdizione, ha fatto
sì che si ponessero al centro dell’attenzione di studiosi e interpreti due
fondamentali questioni: l’una attinente al rapporto tra azione di annullamento del
provvedimento amministrativo illegittimo e azione di risarcimento dell’interesse
legittimo, l’altra concernente le forme di tutela risarcitoria ammissibili alla luce
del quadro normativo vigente. Per quanto riguarda la prima questione, attinente
alla cd. pregiudizialità amministrativa, preme qui precisare che, pur avendo piena
consapevolezza della importanza sistematica da essa rivestita, si può dedicare ad
essa, in questa sede, uno spazio limitato considerato che, come ormai più volte
accennato, oggetto principale della presente trattazione è la riflessione su quella
particolare forma di tutela risarcitoria costituita dall’azione di reintegrazione in
forma specifica.
All’analisi di quest’ultima azione è, in particolare, dedicato il II capitolo: in
esso ci si sofferma, in primo luogo, sull’esame del significato assunto dall’azione
di reintegrazione in forma specifica in ambito civilistico, ossia nell’ambito in cui
essa trova le sue origini; più precisamente, si procede a richiamare le principali
prospettive ricostruttive che, nel corso degli anni, si sono diffuse in ambito
dottrinale e giurisprudenziale, con riferimento alla ricostruzione dei contenuti
dell’istituto in esame. Solo in un secondo momento l’attenzione si sposta sulla
ricerca del significato assunto dalla reintegrazione in forma specifica in ambito
amministrativo.
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Come si è già avuto modo di precisare precedentemente, proprio il
riferimento alla prospettiva interpretativa adottata dalla dottrina e dalla
giurisprudenza amministrativa prevalenti fa sorgere la necessità di completare il II
capitolo con l’analisi dell’altro, fondamentale, rimedio processuale entrato in
tempi recentissimi a far parte dello strumentario giurisdizionale di tutela
dell’interesse legittimo: l’azione di condanna della p.a. all’esatto adempimento.
Per quanto riguarda il capitolo III, esso viene costruito avendo di mira
l’obiettivo di individuare gli approdi più significativi cui sono giunti i contributi
dottrinali che si sono occupati di guardare al rilievo sistematico assunto dalle
recenti innovazioni cui si è assistito sul piano dello strumentario processuale di
tutela dell’interesse legittimo. Si procede, infatti, all’analisi critica di due diversi
modi di interpretare le potenziali ripercussioni determinate da un’evoluzione
siffatta sul piano della teoria generale; l’uno incline a mettere in discussione la
perdurante attualità e utilità della nozione di interesse legittimo per sostenere una
sua progressiva assimilazione al diritto soggettivo, l’altro teso, invece, a mostrare
la centralità a tutt’oggi conservata dall’interesse legittimo tramite
un’interpretazione dell’arricchimento del suo strumentario di tutela processuale
nella prospettiva dell’ attuazione del principio di effettività della tutela
giurisdizionale anche in ambito amministrativo.
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CAPITOLO I
L’ELABORAZIONE DELLA FIGURA DELL’INTERESSE
LEGITTIMO: UNA RICOSTRUZIONE
SOMMARIO: Premessa - 1.
L’interesse legittimo come posizione giuridica soggettiva vantata dal
soggetto nei confronti della Pubblica Amministrazione. - 1.1 Una breve ricostruzione
dell’evoluzione del sistema del contenzioso amministrativo - 1.2. Tratti essenziali del sistema di
giustizia amministrativa delineato dalla legge n.2248 del 1865, All. E. - 1.3. L’articolo 3 della
legge n.5992 del 1889 ( Legge istitutiva della IV Sez. del Consiglio di Stato): il ricorso per
l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo. - 2. Le prime ricostruzioni dottrinali inerenti
l’interesse legittimo: una prima dimostrazione del legame tra tecniche di tutela giurisdizionale e
conformazione strutturale della posizione soggettiva in esame. - 2.1. L’interesse legittimo come
interesse occasionalmente protetto. - 2.2. L’interesse legittimo come potere di reazione processuale
volto all’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo. - 2.3. L’interesse legittimo come
pretesa al corretto esercizio della funzione amministrativa. - 3. Dalla critica alle teorie dottrinali
più risalenti alla diffusione delle concezioni sostanzialistiche dell’interesse legittimo. - 3.1.
L’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva di rilievo sostanziale ma si differenzia
dal diritto soggettivo: i primi tentativi individuazione dei tratti caratterizzanti della figura. - 3.2. La
ricerca dell’oggetto dell’interesse legittimo. - 3.3. La fondamentale distinzione tra interessi
legittimi oppositivi e interessi legittimi pretensivi. - 3.3.1. La nascita della distinzione. - 3.3.2 .Il
legame tra la celebre distinzione (interessi legittimi oppositivi-interessi legittimi pretensivi) e
l’evoluzione delle modalità d’azione della P.A. - 4. Gli approdi delle elaborazioni dottrinali più
recenti mettono in discussione la perdurante esistenza della distinzione tra interessi legittimi e
diritti soggettivi. - 4.1. “Sono risarcibili: ma perché devono essere interessi legittimi?” - 4.2.
L’interesse legittimo come diritto alla legittimità dell’azione amministrativa: profili essenziali
della teoria e rilievi critici. - 5. Interessi legittimi e tutela risarcitoria. - 5.1. Il dogma della
irrisarcibilità dell’interesse legittimo: i principali argomenti sostanziali e processuali su cui era
basato. - 5.1.1. L’applicazione della tutela aquiliana ex 2043 c.c. viene inizialmente circoscritta
alle sole lesioni di diritti soggettivi assoluti. - 5.1.2. La progressiva estensione dell’area di
applicabilità della tutela aquiliana ex art.2043 c.c. non determina il formale superamento, da parte
della giurisprudenza, del dogma della irrisarcibilità degli interessi legittimi. - 5.1.3. Altri
significativi argomenti sostanziali e processuali a sostegno della tesi della irrisarcibilità delle
posizioni di interesse legittimo. - 5.2. La possibilità di superare gli argomenti sostanziali e
processuali posti a fondamento dell’irrisarcibilità degli interessi legittimi. - 5.3. La tutela
risarcitoria degli interessi legittimi nella giurisprudenza precedente la sentenza n.500/1999 delle
SS.UU. della Corte di Cassazione. - 5.4. L’affermazione della risarcibilità degli interessi legittimi
nel diritto positivo. - 5.4.1. La legge n.142/1992. - 5.4.2. L’articolo 11 comma 4 ° lett.g) della
legge delega n.59/1997 e la sua attuazione ad opera degli artt.33-34-35 d.lgs. 80/1998. - 5.4.3.
Problemi interpretativi e dubbia costituzionalità dell’art.35 del d.lgs.80/1998. - 5.5. La sentenza
delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.500/1999: una "svolta epocale”. - 5.6. La legge
n.205/2000. - 5.7. Il prosieguo della vicenda processuale di cui alla sentenza n.500/1999. - 5.7.1.
La pronuncia del giudice della rimessione e l’impugnazione di essa dinanzi alla Corte d’appello. -
5.7.2. La sentenza n.157/2003 della Cass.civ.sez.I. - 6. Lo scenario post legge n.205 del 2000: in
particolare la ricostruzione del dibattito giurisprudenziale e dottrinale sulla questione della cd.
pregiudizialità amministrativa. - 6.1. La sentenza n.500 del 1999 delle SS.UU afferma l’autonomia
dell’azione risarcitoria da quella di annullamento dell’atto amministrativo illegittimo. - 6.2. La tesi
della pregiudizialità amministrativa: gli argomenti a sostegno di essa affermati dalla
giurisprudenza amministrativa in alcune sentenze dei primi anni 2000. - 6.3. La II sezione della
Cassazione abbandona il principio dell’autonomia tra azione di annullamento e azione risarcitoria
sancito dalla SS.UU. nella sentenza n.500 del 1999. - 6.4. Le ordinanze n.13659 e n.13660 delle
SS.UU. riaffermano la tesi dell’autonomia dell’azione risarcitoria da quella di annullamento. - 6.5.
La decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2007: ulteriori argomenti a
sostegno della tesi della pregiudizialità amministrativa. - 6.6. Una parte della dottrina contesta la
tesi della pregiudizialità: i principali argomenti oggetto di dibattito. - 6.7. L’autonoma esperibilità
dell’azione risarcitoria prevista dal nuovo Codice del processo amministrativo
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Premessa
Come abbiamo avuto già modo di dire nell’introduzione generale al presente
lavoro, l’obiettivo che ci si propone di conseguire attraverso questa trattazione è,
in primo luogo, quello di compiere un’indagine sull’evoluzione delle tecniche di
tutela della posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo; tale analisi sarà, a
sua volta, funzionale ad una disamina delle conseguenze che quella evoluzione è
suscettibile di determinare sia sulla struttura del giudizio amministrativo che sulla
conformazione sostanziale della figura soggettiva oggetto di attenzione.
Data la scelta di assumere ad oggetto del presente lavoro la figura
dell’interesse legittimo, in particolare sotto il profilo delle relative tecniche di
tutela processuale, sembra doveroso sottolineare, preliminarmente, che un tema
siffatto è stato al centro della riflessione dottrinale e giurisprudenziale fino dalla
fine dell’800
1
. Da tale epoca, sino ai giorni nostri, la figura soggettiva in esame e
la sua tutela giurisdizionale sono state, infatti, oggetto di numerosi dibattiti tra
studiosi e interpreti esponenti di teorie talvolta anche assai distanti tra loro.
Tenuto conto di ciò, la metodologia d’analisi che si assumerà nel presente
capitolo, consisterà nel prendere in esame l’evoluzione della tutela giurisdizionale
dell’interesse legittimo e nell’affiancare alla trattazione di rilievo processuale, il
richiamo ai principali contributi dottrinale che, nel corso degli anni, sono stati
dedicati alla ricostruzione della struttura teorica della figura in esame,
caratterizzandosi per assumere come punto di riferimento della riflessione anche
lo status processuale che, nel momento in cui sono stati elaborati, caratterizzava
l’interesse legittimo.
1. L’interesse legittimo come posizione giuridica soggettiva vantata dal
soggetto nei confronti della Pubblica Amministrazione
L’espressione interesse legittimo fa il suo ingresso nel diritto legislativo
italiano con l’emanazione della Costituzione repubblicana del 1948, che gli dedica
una serie di significative disposizioni: si tratta in particolare degli articoli 24, 103
e 113
2
.
1
L’evento cui va ricollegato l’inizio della diffusione delle prime teorie dottrinali sull’interesse legittimo
è la legge n.2248 del 1865 ALL.E. ( su cui vd. infra) e, in particolare, agli artt. 2 e 3 della stessa, ai quali è
riconducibile la distinzione, sul piano delle forme di tutela, tra diritti soggettivi e quelli che, in epoca
successiva, la dottrina e la giurisprudenza inizieranno a definire esplicitamente come interessi legittimi ( gli
“affari non compresi” nell’articolo precedente, nella dizione ex art.3 della l.n.2248 /1865).
2
Cheli E., Costi R., Falzea A., Grossi P., Enciclopedia del diritto, Annali, Volume II, 1955, p.709