2
Spesso, le reti nazionali, che si tratti di trasporti, energia o telecomunicazioni, si
sono sviluppate senza tenere conto della dimensione comunitaria.
L’Unione europea, in effetti, ha l’ambizione di costruire delle “grandi reti” su
scala dell’intero continente europeo, prefigurando in tal modo l’organizzazione
politica dell’Europa di domani.
L’importanza delle infrastrutture per la promozione dell’integrazione e la
stimolazione della crescita economica è stata riconosciuta da tempo: iniziò il
Parlamento europeo nel 1992 inserendo per la prima volta il supporto finanziario
per le infrastrutture di trasporto nel bilancio CE.
Ancora prima erano state alcune grandi imprese riunite, nella Tavola rotonda
europea, ad individuare le reti transeuropee (RTE) come un attributo
indispensabile per la creazione del mercato unico.
Con il Trattato di Maastricht (istitutivo dell’Unione europea), entrato in vigore nel
novembre 1993, le RTE sono ufficialmente diventate uno degli obiettivi prioritari
della Comunità (a loro è dedicato il Titolo XII del trattato).
Parlare di reti transeuropee (Trans-European Networks), significa inserirsi in una
strategia di messa in opera del Libro Bianco, intitolato Crescita, competitività,
occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo, presentato
ed approvato al Consiglio europeo di Bruxelles nel dicembre 1993 (è il cosiddetto
“Libro Bianco Delors”, dal nome dell’allora presidente della Commissione).
Il Piano Delors non si discosta dall’approccio del Titolo XII sulle TENs, il quale
prevede una politica progressiva fondata innanzitutto su quello che esiste, quindi
su interoperabilità e interconnessioni delle reti esistenti.
Esso non apporta alcun progresso concettuale alla nozione di grandi reti
transeuropee, tranne che per le giustificazioni d’efficacia tanto per il mercato
unico che per le politiche comuni e l’aggiunta di una dimensione congiunturale
collegata alla creazione potenziale di posti di lavoro.
Delors si limita – per accelerare le decisioni – a proporre un metodo basato su
due punti di forza: identificazione dei progetti prioritari e definizione dei mezzi di
finanziamento.
3
Nel suo complesso il Libro Bianco echeggia indubbiamente la filosofia e le tesi di
altri precedenti testi comunitari, ma se ne distingue per le priorità individuate e
per la concatenata articolazione data loro.
Sotto il profilo del contenuto, pur sviluppando un’analisi di ampia portata, si
esprime non tanto su specifiche iniziative normative, quanto su specifiche opere
strutturali indicandone i costi.
Questa precisione ne ha agevolato l’immediata messa in opera, subito intrapresa
nell’ambito di due gruppi di lavoro ad hoc che avevano predisposto per il
Consiglio europeo di Corfù (24-25 giugno 1994) dei rapporti, frutto di una
collaborazione fra Commissione e Stati membri, sulle ulteriori azioni da porre in
essere.
Il “gruppo Christophersen”, composto da rappresentanti personali dei capi di
Stato e di governo, ha assistito la Commissione riguardo alle reti di trasporto e di
energia.
Il “gruppo Bangemann”, composto da personalità del settore delle
telecomunicazioni, ha esaminato le misure specifiche da prendere in
considerazione, sul piano nazionale e comunitario, per quanto riguarda le
infrastrutture nel settore dell’informazione e, più in generale la società
dell’informazione.
Il Consiglio europeo di Essen (9-10 dicembre 1994) ha fatto proprie le principali
raccomandazioni della relazione del “gruppo Christophersen”, confermando
l’elenco di 14 progetti prioritari nel campo dei trasporti e di 10 progetti prioritari
in materia di energia.
Nonostante tutto, la responsabilità maggiore per l’ideazione e la realizzazione
delle reti transeuropee rimane ai singoli governi europei, oltreché naturalmente
agli stessi operatori del settore.
Il ruolo dell’Unione è di fungere da catalizzatore e di risolvere i problemi,
integrando le proposte degli Stati membri in un programma, incoraggiandoli a far
avanzare i progetti e cercando di trovare soluzioni ai problemi di carattere
finanziario e normativo.
4
L’Unione europea dovrà operare a diversi livelli:
• coordinando il lavoro degli Stati membri attraverso l’adozione di piani
direttivi europei in settori chiave; essi aiuteranno i governi ad individuare ed
attuare progetti a dimensione sia europea che nazionale;
• agevolando i contatti operativi tra promotori, utenti, industria e organismi di
ricerca;
• creando standard comuni per assicurare la compatibilità tra i vari tratti delle
reti transeuropee e la loro immediata interconnessione;
• lanciando iniziative politiche volte a migliorare il mercato interno, soprattutto
in settori come quello delle telecomunicazioni, quello della distribuzione
energetica e quello dei trasporti ferroviari;
• incoraggiando gli investitori privati (mediante studi di fattibilità, progetti
pilota, garanzie sui prestiti….).
Le RTE contribuiranno certamente ad una più stretta cooperazione ed all’unione
politica europea, nonché all’instaurarsi di più solidi legami con i Paesi limitrofi
dell’est e del sud e al consolidamento della posizione economica e politica
dell’Unione.
Come tutti i grandi progetti, anche le TENs sono più facili da programmare che
da realizzare; gli ostacoli alla loro realizzazione sono principalmente di due tipi:
• i singoli Stati membri non hanno necessariamente le stesse priorità e le
procedure amministrative sono laboriose;
• i bilanci pubblici, già in difficoltà, non consentono il finanziamento della
totalità del costo del progetto.
Gli Stati membri attribuiscono un’importanza diversa a questi progetti, che
talvolta sono visti come “concorrenti” di altri progetti. Inoltre gli interessi
regionali o nazionali prevalgono spesso sull’interesse comune europeo.
Per arrivare poi ad un accordo all’interno di uno stesso Stato, ad es. tra
un’azienda ferroviaria ed il governo, occorre del tempo ed ancora più tempo è
necessario per un accordo tra più amministrazioni nazionali o aziende ferroviarie.
5
Tenuto conto della dimensione dei progetti, in tutti i Paesi le procedure di
pianificazione e autorizzazione sono alquanto lunghe e nel caso di progetti
transfrontalieri il ritmo è imposto dall’iter più lento.
Il finanziamento è anch’esso un problema, ma talvolta meno grave degli ostacoli
politici e amministrativi.
Occorre trovare nuovi mezzi per mobilitare un consistente volume di capitale
privato in quanto i fondi pubblici non possono da soli coprire i costi delle RTE.
In conclusione possiamo definire le reti transeuropee come quelle infrastrutture
moderne e tecnologicamente avanzate che collegheranno l’Europa e
contribuiranno a rafforzare l’economia, a creare nuovi posti di lavoro e a
migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.
Perché delle reti transeuropee? Per la loro efficacia ed impatto sull’occupazione?
Per tentare di migliorare l’infrastruttura per tutta l’economia europea? Una cosa è
certa, che si tratti di telecomunicazioni, trasporti o energia, per far fronte alla
concorrenza degli USA e del Giappone, la qualità delle infrastrutture collettive
europee è un fattore fondamentale.
6
CAPITOLO PRIMO
LE RETI TRANSEUROPEE E IL DIRITTO
COMUNITARIO
1.1 Una rete unica di infrastrutture
La realizzazione di uno spazio senza frontiere interne non può essere assicurato
unicamente da regole giuridiche.
Per garantire la libera circolazione dei fattori produttivi, infatti, è indispensabile
dotarsi di infrastrutture idonee in grado di facilitare le comunicazioni.
Occorre garantire altresì il rafforzamento della coesione economica e sociale,
avendo riguardo al divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo
delle regioni meno favorite
1
.
È proprio partendo da tali premesse che la lettera (n) dell’art. 3 del Trattato di
Maastricht prevede che l’azione della Comunità comporti l’incentivazione della
creazione e dello sviluppo di reti transeuropee
2
.
Alle politiche di realizzazione e di gestione delle infrastrutture nell’Unione
europea è dedicato il Titolo XII
3
del presente trattato (artt. 129B, 129C e 129D).
Il primo articolo parla di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei
trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.
Esso non ne dà una definizione ma una nozione operativa, connettendola alle reti
e all’individuazione dei settori.
La definizione di infrastrutture, anche se il termine è di larghissimo uso, non è del
tutto piana.
1
Vedi articoli 7A e 130A del Trattato di Maastricht.
2
Lettera (o) dell’art. 3 del testo consolidato dopo il Trattato di Amsterdam.
3
Diventerà il Titolo XV (artt. 154,155 e 156).
7
Il termine “infrastrutture” è usato nel linguaggio economico per designare quel
complesso di beni capitali che, pur non utilizzati direttamente nel processo
produttivo, forniscono una serie di servizi che sono ritenuti indispensabili per il
funzionamento del sistema socioeconomico (strade, linee ferroviarie, porti, scuole,
ospedali….)
4
.
La loro importanza, anche considerando i soli aspetti quantitativi, può essere
facilmente dimostrata da un semplice dato: lo stock di queste opere pubbliche, nei
paesi industrializzati, si aggira intorno al 35-40% dello stock di capitale
complessivo
5
.
Come le infrastrutture hanno storicamente portato all’allargamento dei mercati
facendoli diventare nazionali, oggi le infrastrutture europee irrobustiscono la
formazione del mercato europeo e dell’identità europea.
È necessario evitare una liberalizzazione selvaggia che prevederebbe solo gli assi
nazionali (come Parigi-Lione) o internazionali (come Londra-Amsterdam-
Francoforte-Milano), che producono redditi sicuri.
“Se le cose venissero lasciate alle forze del mercato senza alcuna interferenza
politica, la produzione industriale, il commercio, la finanza, le assicurazioni, i
trasporti internazionali, e, in effetti, quasi tutte le attività economiche che in
un’economia in sviluppo tendono a dare profitti superiori alla media, e inoltre la
scienza, l’arte, la letteratura, l’istruzione, e in generale tutta l’alta cultura si
concentrerebbe in alcune città o regioni, lasciando il resto del paese in una specie
di grande palude”
6
. Ad evitare questa liberalizzazione sono posti gli artt. 129B e
129C, particolarmente primo comma, ultimo periodo, secondo cui l’azione della
Comunità tiene conto della potenziale validità economica dei progetti,
statuendo che si debba tenere conto, quindi confrontare, bilanciare, ponderare, la
4
Premetto che uso la parola in senso ampio, seguendo la nozione di infrastruttura che veniva data
nel Rapport sur le développement dans le monde 1994. Une infrastructure pour le développement,
Washington, Banque mondiale, 1994, particolarmente p.2, che indica le attività che alcuni
economisti classificano come “capitale sociale fisso”.
5
L’importanza delle infrastrutture, anche di quelle più tradizionali operanti come infrastrutture sul
territorio, è sintetizzata nei dati forniti dall’Eurostat e riportati da G.Zanetti, in Edilizia vol. III,
Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1993.
6
La citazione in virgolette è tratta da G. Myrdal, Development and under-development. A note on
the mechanism of national and internazional economic inequality, The Caire, National Bank of
Egypt, 1956.
8
validità economica, che non va vista in termini di redditività finanziaria, perché la
formula ricordata deve essere letta “tenuto conto dei fattori economici, sociali e
tecnici; che in tale contesto, il concetto di validità implica, al di là della
redditività finanziaria dei progetti, anche altri elementi come l’affidabilità e la
sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il rafforzamento della coesione
economica e sociale e la protezione dell’ambiente nella Comunità”
7
.
In questo quadro, potremmo affermare che l’art.129B si pone come
completamento del sistema degli artt.2 e 37 e degli artt.85 e 86 del Trattato di
Roma, nel senso che se questi ultimi sono strettamente basilari all’integrazione
europea, attraverso l’instaurazione di un mercato interno aperto che deve essere
corretto con i procedimenti previsti a tutela della concorrenza, il primo è non
meno strettamente connesso alla coesione europea.
L’economia di un sistema di mercati aperti e concorrenziali è riaffermata nel
secondo comma dell’art.129B come quadro fondamentale entro cui le azioni, che
devono essere assunte, vanno collocate in un equilibrio che di volta in volta deve
essere ricercato e trovato.
Lo stesso comma prosegue affermando come l’azione della Comunità miri a
favorire l’interconnessione e l’interoperabilità delle reti nazionali, nonché
l’accesso a tali reti. In modo particolare tenendo conto della necessità di
collegare alle regioni centrali della Comunità le regioni insulari, prive di
sbocchi al mare e periferiche.
In questo quadro, l’Unione è anche produzione di esternalità
8
positive, oltre che di
correzione di esternalità negative e di diseguaglianze.
7
Così il decimo considerando della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno
1996, n.1254/96/CE, che stabilisce un insieme di orientamenti relativi alle RTE nel settore
dell’energia, in GUCE L.161, 29 giugno 1996. L’art.6, ottavo comma della decisione predetta
dice che “la valutazione della validità economica di cui al paragrafo 1 terzo trattino, si fonda su
un’analisi costi/benefici, che tiene conto di tutti i costi e benefici, compresi quelli a medio e/o a
lungo termine, inerenti agli aspetti ambientali, alla sicurezza d’approvvigionamento ed al
contributo alla coesione economica e sociale”.
8
Possiamo definire esternalità un tipo particolare di interdipendenza, e cioè quando nella funzione
di utilità di un soggetto economico compaiono variabili reali determinate da scelte effettuate non
dal soggetto stesso, ma da altri soggetti i quali, nell’effettuare tali scelte, non tengono conto delle
ripercussioni sui soggetti considerati. Definizione tratta da A. Fossati, Economia pubblica.
Elementi per un’analisi economica dell’intervento pubblico, Franco Angeli editore, 1994.
9
Le norme del Trattato di Maastricht sulle reti transeuropee investono i poteri, gli
obiettivi della Comunità europea, i mezzi per raggiungerli, i procedimenti per la
loro specificazione.
L’art.129B attribuisce alla Comunità la materia delle RTE, in particolare, il primo
comma attribuisce il potere di concorrere alla costituzione e allo sviluppo delle
reti stesse.
Ciò comporta il potere di dettare norme (anche tecniche specifiche, secondo il
primo comma, secondo trattino, dell’art.129C), di assumere provvedimenti e
decisioni per azioni comunitarie, di provvedere a proprie allocazioni (art.129C,
primo comma, terzo trattino) mediante il Fondo di coesione
9
, previsto
dall’art.130D per l’erogazione di contributi finanziari a progetti in materia di
ambiente e di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture dei trasporti, e
di provvedere a concorsi finanziari a favore degli Stati membri per progettazioni.
La norma parla di concorso della Comunità.
Dobbiamo chiederci se la formula debba essere interpretata nel senso che la
materia o il settore non sia riservato alla competenza esclusiva della Comunità e,
quindi, che alle attività comunitarie possa applicarsi il principio di sussidiarietà
10
(art.3B), se e in quanto gli obiettivi possano essere realizzati dagli Stati membri e
se in quanto non vi sia una competenza esclusiva comunitaria.
Non vi è dubbio che una RTE non possa essere realizzata da un solo stato.
Possiamo pensare, però a reti che colleghino più stati. In tal caso, la competenza
apparterebbe agli stati e la Comunità agirebbe solo nel rispetto dell’art.3B.
L’enunciato dell’art.129B, parlando di Comunità che concorre, intende dire che il
concorso è necessario, che non possono darsi concettualmente RTE senza che vi
sia il concorso della Comunità, quanto meno nel senso che si ha in una materia
riservata alla competenza comunitaria, e cioè si abbia il concorso necessario per
9
Verrà trattato in un successivo capitolo (relativo al finanziamento delle RTE).
10
Questo principio consta di due capisaldi. Da un lato, prevede un’espressa riserva di legge per la
capacità di agire della Comunità, la quale si attiva nei limiti delle competenze che le sono conferite
dal Trattato stesso. Dall’altro, rileva che “nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, la
Comunità interviene…soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non
possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle
dimensioni e degli effetti…essere realizzati meglio a livello comunitario…”.
Sull’argomento vedi A. Tizzano, Le competenze dell’Unione e il principio di sussidiarietà, Il
diritto dell’Unione europea, Giuffrè editore, n.1-2/1997.
10
cui essa può intervenire quando lo ritiene opportuno, escludendo con questo suo
intervento le competenze degli stati.
La decisione
11
del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 1996, n.
1254/96/CE, nel suo ottavo considerando afferma che un’azione comunitaria di
orientamento in materia di RTE dell’energia è necessaria, nel rispetto del
principio di sussidiarietà: sembrerebbe che con questo non venga seguita
l’interpretazione che è stata fornita.
Nel nostro caso la competenza in tema di TENs non può considerarsi esclusiva
per quanto riguarda costruzione e sviluppo delle reti, dal momento che il testo
dell’art.129B fa un esplicito riferimento all’attività di concorso della Comunità e
non di riserva alla Comunità dell’istituzione di reti.
Potremmo chiederci se la competenza sia esclusiva per quanto riguarda il
coordinamento.
Le reti transeuropee di per sé superano le dimensioni e i confini statali e, dal
momento che il Trattato istituisce una competenza di coordinamento per l’Unione
europea, questa dovrebbe essere esclusiva.
La statuizione dell’art.129C, secondo comma, potrebbe sembrare escluderlo dal
momento che viene previsto che gli Stati membri coordinano tra loro, in
collegamento con la Commissione, le politiche svolte a livello nazionale che
possono avere un impatto rilevante sulla realizzazione degli obiettivi di cui
all’articolo 129B; il che impone intese e ricerche di intese ma non attribuisce
poteri vincolanti alla Commissione e non le da una funzione di coordinamento
secondo un modello di sovraordinazione, ma solo di equiordinazione, con pieno
rispetto del principio di sussidiarietà.
Queste considerazioni portano a condividere l’interpretazione data dalla
Commissione che ha fatto riferimento all’osservanza del suddetto principio
nell’azione della Comunità.
Essa perché possa agire debbono ricorrere tre condizioni (una dimensione europea
o transeuropea, maggior efficacia dell’azione comunitaria rispetto a quella di uno
11
Vedi anche la decisione n.1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio
1996, nel suo sesto considerando.
11
stato o di un gruppo di stati, necessarietà comprovata da indicatori qualitativi e, se
possibile, quantitativi)
12
.
È noto che mancando un elenco delle materie in cui l’Unione europea è fornita di
competenza esclusiva, la discussione è sempre aperta.
12
Consiglio europeo di Edimburgo, 11-12 dicembre 1992.
12
1.2 Gli orientamenti sulle reti transeuropee
L’art.129C (primo trattino) del Trattato di Maastricht afferma che per conseguire
gli obiettivi di cui all’art.129B, la Comunità: stabilisce un insieme di
orientamenti che contemplino gli obiettivi, le priorità e le linee principali
delle azioni previste nel settore delle reti transeuropee; in detti orientamenti
sono individuati progetti di interesse comune.
Il testo parla, dunque di orientamenti
13
, usando, per connotare un atto, una
denominazione particolare, in un senso diverso da quello indicato nell’art.189.
Come tali gli orientamenti sarebbero atipici perché non elencati nel Trattato
14
. Si
tratta di un tipo di atto che, forse, al momento non appare molto studiato
15
.
Esso ha sicuramente funzioni programmatorie al servizio di politiche comunitarie
(art.7A e art.130A) con un contenuto determinato per concorrere alla costituzione
e allo sviluppo di RTE nei settori specificamente individuati.
Opportunamente gli orientamenti vengono avvicinati ai programmi generali
previsti per l’ambiente dall’art.130S, comma terzo, ai programmi quadro di
ricerca e sviluppo tecnologico previsti dall’art.130I, per cui possono essere
considerati come atti di programmazione, se questa nozione può essere
considerata utile.
Essi, secondo l’art.129D, primo comma, sono adottati dal Consiglio, che
delibera in conformità della procedura di cui all’articolo 189B e previa
consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.
13
Guidelines nel testo inglese, Leitlinien in quello tedesco, orientations in quello francese.
14
C. Zanghi, Istituzioni di diritto dell’Unione europea, Torino, Giappichelli, 1997, per cui i
programmi, ai quali gli orientamenti sono vicini o addirittura coincidenti, sono atti atipici
vincolanti.
15
Nell’ordinamento dell’Unione vi è una folla di deliberazioni, risoluzioni, libri verdi, bianchi,
documenti programmatici, memorandum, relazioni programmatiche o propositive e via dicendo,
una serie di atti definibili in negativo, tutti riconducibili agli atti atipici non vincolanti. Si tratta di
atti che non hanno effetti giuridici tipici vincolanti, non pongono norme, neppure norme che
vincolano altri soggetti o uffici ad emanare norme come avviene per le direttive (che, peraltro,
hanno anche una loro efficacia diretta). Tuttavia essi costituiscono elementi non irrilevanti in
qualsiasi ordinamento e nei processi politico-istituzionali che si svolgono nell’ambito degli
ordinamenti, in quanto costituiscono, almeno talvolta, consigli, messaggi, stimoli di
convincimenti, parametri di giudizio per gli organi degli apparati, ma anche per l’opinione
pubblica, e possono essere tenuti in considerazione per valutare l’osservanza del dovere di leale
cooperazione al quale si riferisce l’art.5 del Trattato di Roma.
13
Quindi, la peculiarità del procedimento è la riserva assoluta di codecisione
16
, data
l’importanza della materia da considerare strategica nella politica di integrazione
europea.
Impiego il termine riserva, che di solito è usato per un atto (riserva di legge o di
regolamento), per un procedimento, per mettere in risalto la funzione che essa ha
in un ordinamento come quello comunitario.
L’enunciato normativo dell’art.129C può non apparire chiaro. Infatti, pur
attribuendo un nome particolare, che in questa accezione potremmo considerare
tipico, non riconduce gli orientamenti ad una delle caselle degli atti tipici secondo
il diritto comunitario, anche se, pur non dicendolo espressamente, conferisce agli
orientamenti effetti vincolanti.
Ciò è deducibile quanto meno in relazione all’attività di ausilio finanziario di cui
all’art.129C, terzo trattino, che può essere esercitata per progetti d’interesse
comune finanziati dagli Stati membri e individuati nell’ambito degli
orientamenti di cui al primo trattino.
Anche l’impiego del procedimento di codecisione, che di solito è volto a formare
atti normativi vincolanti, testimonia a favore della presenza di effetti cogenti.
L’interpretazione delle norme che è stata data dagli organi comunitari e la prassi
che è stata seguita sono state determinanti per la configurazione degli
orientamenti come decisioni.
L’atto di deliberazione di orientamenti è stato assunto con forma e qualificazione
di decisione nell’atto così intitolato del 23 luglio 1996, n.1692/96/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo
della rete transeuropea di trasporti
17
. Successivamente è stata pubblicata una
rettifica di questa decisione
18
.
16
Nella procedura di codecisione (art.189B) il Parlamento europeo è in grado di bloccare l’azione
del Consiglio, potendo respingere, al termine della procedura e con una decisione presa a
maggioranza assoluta dei suoi membri, l’atto legislativo adottato dal Consiglio. La procedura è
assai complicata in quanto si snoda in vari fasi, tese al raggiungimento di un accordo tra
Parlamento e Consiglio, con l’eventuale intervento addirittura di un Comitato di conciliazione
composto, da un lato, dai membri del Consiglio o da loro rappresentanti, e dall’altro da altrettanti
rappresentanti del Parlamento.
17
In GUCE L.228, 9 settembre 1996.
18
In GUCE L.15, 17gennaio 1997.
14
Per l’energia abbiamo avuto la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio
del 5 giugno 1996, n.1254/96/CE
19
, che stabiliva un insieme di orientamenti
relativi alle RTE nel settore dell’energia, modificata con la decisione del 29
maggio 1997, n.1047/97/CE
20
.
La decisione n.1254/96/CE ha fatto seguito a quella del Consiglio europeo del 28
marzo 1996, n.391/96/CE
21
, relativa ad un insieme di azioni volte a creare un
contesto più favorevole allo sviluppo delle RTE nel settore dell’energia, approvata
ai sensi dell’art.189C
22
e non, come gli orientamenti, a norma dell’art.189B. In un
caso e nell’altro decisioni, l’una art.189C del Consiglio europeo, l’altra del
Parlamento e del Consiglio.
Per le telecomunicazioni abbiamo avuto la decisione del 17 giugno 1997, n.
1336/97/CE
23
relativa ad un insieme di orientamenti per le RTE in questo settore.
Essendo riconducibili alle decisioni, gli orientamenti sono senza dubbio vincolanti
per i destinatari da essa designati, e cioè, nel nostro caso, per i singoli Stati
interessati
24
e per le istituzioni comunitarie.
Le politiche delle reti possono essere perseguite anche con altri strumenti in
quanto collegate a politiche industriali o politiche di quegli stessi settori delle
infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni ed energia. In altre parole, come una
politica dei trasporti non prescinderà da una politica di reti e avrà aree confinanti o
addirittura sovrapposte con quella, altrettanto una politica di telecomunicazioni
dovrà avere zone di collegamento con quella delle reti di telecomunicazioni.
Queste due politiche non impiegheranno lo strumento degli orientamenti;
potranno impiegare quello di atti normativi che vincoleranno non solo i
destinatari, come nel caso degli orientamenti, ma la generalità quando venga usato
19
In GUCE L.161, 29 giugno 1996.
20
In GUCE L.152, 11 giugno 1997.
21
In GUCE L.161, 29 giugno 1996.
22
Quest’articolo descrive la procedura di cooperazione, dove ad avere l’ultima parola è pur sempre
il Consiglio. Se esso è unanime, può adottare l’atto comunitario anche contro il parere del
Parlamento. Ma ciò può avvenire solo in seconda lettura, dopo che il Parlamento si sia espresso e
dopo che eventuali emendamenti da esso proposti siano stati esaminati.
23
In GUCE L.183, 11 luglio 1997.
24
Vedi l’art.24 della decisione n.1692/96/CE; l’art.3 della decisione n.1047/97/CE; l’art.12 della
decisione n.1254/96/CE.
15
lo strumento del regolamento, e quello delle direttive dotate di efficacia diretta,
quando ricorrano i ben noti presupposti.
Gli orientamenti possono porsi come presupposti non necessari, ma solo fattuali.
Ad esempio, gli orientamenti sulla rete dei trasporti potranno e dovranno (per un
canone di buona amministrazione) concorrere a determinare le decisioni in
materia di accesso generalizzato alle reti e infrastrutture dei trasporti, area di
grande importanza, così come potrà avvenire per le telecomunicazioni, il cui
settore continuerà ad essere regolato da direttive e da decisioni.
Avremo norme su questa materia assunte con direttiva
25
, come nel caso della
direttiva 97/33/CE
26
del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 1997,
sull’interconnessione nel settore delle telecomunicazioni e finalizzata a garantire
il servizio universale e l’interoperabilità attraverso l’applicazione dei principi di
fornitura di una rete aperta (ONP), che regolano submaterie di cui parla l’art.129B
come le interconnessioni.
Lo strumento normativo consente quindi di regolare in modo più incisivo quello
che gli orientamenti non potrebbero regolare; la loro funzione appare essere
soprattutto quella di individuare i progetti che dovranno essere realizzati in via
operativa nel quadro normativo che statuisce le regole per l’interconnessione,
l’interoperabilità, l’accesso alle reti
27
.
Gli orientamenti hanno il connotato di imporre vincoli, in particolar modo nei
confronti di coloro che devono provvedere all’attività normativa e amministrativa
che è necessaria per le azioni previste dall’art.129C, siano essi uffici comunitari o
degli Stati.
25
Vedi anche direttiva 96/48/CE del Consiglio del 23 luglio 1996 relativa all’interoperabilità del
sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità. In GUCE L.235, 17 settembre 1996.
26
In GUCE L.199, 26 luglio 1997.
27
La decisione n.1692/96/CE, art.1, secondo comma, dice che gli orientamenti “costituiscono un
quadro generale di riferimento ad incoraggiare le azioni degli Stati membri e, se del caso, della
Comunità per l’attuazione di progetti di interesse comune volti a garantire la coerenza,
l’interconnessione e l’interoperabilità della rete transeuropea dei trasporti nonché l’accesso a tale
rete. Questi progetti costituiscono un obiettivo comune, la cui realizzazione dipende dal grado di
maturità e dalla disponibilità di risorse finanziarie, fatto salvo l’impegno finanziario di uno Stato
membro o della Comunità. Gli orientamenti sono altresì volti a facilitare l’impegno del settore
privato”. Possiamo riscontrare analoga statuizione nella decisione n.1254/96/CE, in cui manca
una formula che parli di quadri di riferimento, ma il cui allegato è intitolato “reti transeuropee nel
settore dell’energia. Elenco indicativo dei progetti di interesse comune”.