5
Nella seconda metà degli anni sessanta non solo buona parte dei Comuni italiani
era privo di piano regolatore generale, ma si riteneva possibile costruire anche
nelle zone di nuova edificazione senza la preventiva definizione di un Piano
Particolareggiato di esecuzione.
Ciò determinò un “costruire incontrollato” che ha deturpato molte città
creando ambienti urbani invivibili, ma ha anche addossato alla collettività
tutti gli oneri relativi all’edificazione, massimizzando la rendita fondiaria
dei proprietari delle aree oggetto di utilizzazione edificatoria.
Succedeva questo: ai privati era consentito costruire senza essere obbligati a
corrispondere alcunché per dotare gli insediamenti che si andavano a realizzare
delle necessarie infrastrutture. Si costruivano gli edifici ma non si
predisponevano le strade, le fognature, gli spazi pubblici, le scuole e tutto ciò di
cui ha bisogno la civile convivenza, restando obbligata l’Amministrazione
comunale a provvedere a tutto ciò con le proprie limitate risorse economiche.
In questa grave situazione si giunse alla nascita di una disciplina legislativa che
fu definita “legge ponte” cioè la legge n. 765/1967.
Questa aveva l’ambizione di rappresentare il momento di collegamento tra il
sistema normativo esistente ed una radicale riforma del settore: un “ponte” tra la
legge del 1942 ed una auspicata riforma.
La riforma non venne realizzata, ma hanno invece trovato effettiva
applicazione i meccanismi introdotti appunto da tale legge del 1967 volti
ad obbligare le Amministrazioni comunali a dotarsi di un piano regolatore
e a vincolare i proprietari interessati ad operare trasformazioni
urbanistiche delle loro aree a sopportare gli oneri economici necessari alla
realizzazione delle infrastrutture urbanizzative necessarie.
La legge del ’67 impose l’obbligo dell’esistenza dei piani particolareggiati
6
per procedere ad edificazioni: venne posta la parola fine ad alcuni dei
fenomeni maggiormente negativi che avevano caratterizzato lo sviluppo
urbano delle nostre città.
Oggi si parla di piani particolareggiati con riferimento ai piani regolatori
emessi dai Comuni per regolare l’attività edificatoria.
La legislazione regionale ha cercato di dare una maggiore flessibilità e
dinamicità ai Piani Regolatori sottolineando un’ evidente differenziazione
dei livelli e dei contenuti della pianificazione comunale.
Viene operata una sostanziale distinzione tra parte strutturale e parte
operativo-gestionale del Piano Regolatore Generale, che può essere
identificata come la linea tendenziale della pianificazione comunale così
come delineata da alcuni testi legislativi regionali. In particolare
condividono tale impostazione le LL.RR. Toscana n.5/1995, Umbria
n.31/1997, Emilia-Romagna n.20/2000, Liguria n. 36/1997.
Interessante sarà considerare la produzione legislativa di queste ultime due
Regioni in relazione con la legge n.21 del 5 maggio 1998 della Regione
Veneto ponendo l’accento sul problema relativo alle varianti ai Piani
Regolatori Generali che possono essere adottate dai Comuni.
7
Capitolo I
IL PIANO REGOLATORE GENERALE
SOMMARIO: 1.Principi generali - 2. Cenni d’ordine storico e di legislazione comparata. La
legge n.1150 del 17 Agosto 1942 - 3. Il contenuto dei piani regolatori. Piani territoriali di
coordinamento, piani generali; piani regolatori comunali, piani particolareggiati - 4. Elaborati e
documenti del Piano Regolatore Generale – 5. Procedimento formativo del piano regolatore –
5.1. L’approvazione del piano col silenzio-assenso.-6. L’incidenza del piano regolatore generale
nella facoltà e nei diritti dei privati connessi con la proprietà edilizia. L’art 869 cc e le speciali
prescrizioni della legge urbanistica e dei piani regolatori - 7. Attuazione ed esecuzione del piano
regolatore generale – 8. La disciplina del piano regolatore generale nelle Regioni a statuto
speciale
1. Principi generali
Il principale strumento urbanistico a livello comunale è il piano regolatore. Esso
comprende sia i provvedimenti amministrativi generali a contenuto
sostanzialmente normativo, sia l’insieme di documenti grafici e tecnici allegati al
provvedimento. La pianificazione urbana ha come caratteristica peculiare quella
di mostrare in modo esaustivo gli interventi sul territorio e l’organizzazione dei
relativi strumenti strutturali. Il piano non solo deve soddisfare i bisogni degli
utenti per i quali è predisposto, ma deve essere compatibile con lo sviluppo
economico, sia esistente sia potenziale. In questo senso la progettazione
8
urbanistica è frutto dell’integrazione di varie soluzioni a diversi stati e livelli,
tanto spaziali quanto economici e sociali.
La base della pianificazione urbanistica è l’ “urbanistica”, disciplina che studia il
territorio; essa è strettamente collegata ad altre discipline come la sociologia,
l’economia politica, la statistica, la geografia, la scienza dell’amministrazione.
La pianificazione urbanistica è funzione essenziale dei pubblici poteri ed è
oggetto di una dettagliata regolamentazione giuridica in continua evoluzione.
Sotto l’aspetto normativo la pianificazione urbanistica è etimologicamente
riferibile all’urbs (urbanistica dal latino: scienza urbanistica: “sistemazione
delle città esistenti, la pianificazione di quelle nuove” – lt. Urbs - urbis,f, città,
parola di origine mediterranea riferibile alla parola “orbe”, circolo, globo,
mondo) cioè la disciplina dell’organizzazione e dello sviluppo dei centri abitati,
ma che oggi ha assunto un significato più vasto che ricomprende l’intero
territorio in relazione anche ad una molteplicità di interessi ulteriori quali la
diversificazione funzionale delle aree, l’armonia delle forme architettoniche, la
conservazione di determinati ambiti
1
.
Il governo del territorio nasce appunto dalla pianificazione urbanistica, ma è
anche la risultante di tutte le prescrizioni che influenzano e determinano la
trasformazione e in genere quindi l’uso del suolo. Il governo del territorio è una
funzione essenziale tanto che un’autorevole dottrina definisce governo del
territorio la “politica degli usi ordinati del territorio”
2
. Al governo del territorio
possono essere ricondotte le pianificazioni di settore, i programmi di
finanziamento di opere pubbliche e sociali e i piani che riguardano le
partecipazioni statali. La dicotomia tra urbanistica e prescrizioni di competenza
statale influenzanti la pianificazione urbanistica regionale è particolarmente
1
Cerulli Irelli V. Corso di diritto amministrativo Torino 1997
2
Giannini, M.S., Istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 1981, p.635
9
evidente sia nel settore delle opere pubbliche statali, sia nei settori della tutela
del paesaggio e dell’ambiente e della difesa del suolo. È proprio in ordine a tali
materie che esiste una difficoltà di determinazione del contenuto accentuata
anche dai plurimi significati che alcuni termini assumono nella legislazione e da
una certa giurisprudenza della Corte Costituzionale.
La pianificazione territoriale trova la legittimazione costituzionale sia
nell’art.97 C. sia nell’art.41 C. Il primo contiene il principio della riserva di
legge, organizzativa e funzionale della p.a., il secondo afferma che la
pianificazione territoriale è un modello di pianificazione regolatrice, imperatrice
ed intersoggettiva, che indirizza e coordina, proprio attraverso il programma,
l’attività economica pubblica e privata a fini sociali. Il piano regolatore generale
disciplina allora un bene giuridico astratto che è caratterizzato strutturalmente
dalla immaterialità e funzionalmente dalla pertinenza alla collettività
3
.
Poiché il piano regolatore rientra nelle funzioni amministrative in materia
urbanistica (art.117 C.) trasferite alle regioni nell’ambito dell’assetto e
dell’utilizzazione del territorio, è necessario sottolineare i principi generali che
vincolano le Regioni. Essi sono:
a) principio di unitarietà della Repubblica, che ha consentito di ricondurre i
limiti della materia urbanistica entro confini più ristretti rispetto a quelli
tracciati dalla disposizione normativa contenuta nell’art.80 del d.P.R. 616;
b) principio di legalità, “che, in quanto informatore dell’intera fascia di relazioni
tra legge e amministrazione deve essere opportunamente tenuto presente nella
formazione di leggi organiche sul territorio, anche da parte delle Regioni a
statuto speciale”;
3
Assini N. e Mantiri P. Manuale di diritto urbanistico Milano 1997
10
c) principio di riserva di legge a garanzia della uniformità di contenuto e della
procedura di formazione dello strumento urbanistico generale;
d) principio del coordinamento amministrativo (art. 97 Cost.) interpretato
dapprima come mero rispetto della separazione delle competenze tra le varie
autorità amministrative istituzionalmente competenti alla cura di differenti
interessi pubblici, ma in seguito interpretato dalla Corte Costituzionale come
autorità amministrativa che deve curare l’intesa con le altre autorità
amministrative con le quali il nuovo provvedimento venga ad interferire. Tale
principio è stato pure considerato come leale e aperta collaborazione tra Stato
e Regioni;
e) principio autonomistico (artt.5 e 128 ss. Cost.), secondo cui la Regione a
statuto speciale “pur potendo sostituire gli strumenti urbanistici previsti dalla
legge 1150/1942 con strumenti di più ampia efficacia nello spazio, non
potrebbe comunque mai annullare completamente l’autonomia politico-
amministrativa dell’Ente locale riducendolo al rango di mero organo istruttore
del progetto di strumento urbanistico, oppure introdurre modifiche d’ufficio
senza adottare una tecnica di partecipazione e di contraddittorio che
garantisca l’autonomia politico-amministrativa del medesimo”.
4
f) principio della articolazione delle funzioni amministrative, per cui la legge
regionale non potrebbe concentrare competenze istruttorie e decisorie in capo
ad un medesimo organo od ufficio;
g) principio di imparzialità della pubblica amministrazione (art.97 Cost.) inteso
come neutralità della funzione tecnico-professionale, la c.d. discrezionalità
4
Piccozza E., Assetto ed utilizzazione del territorio e bellezze naturali nello Statuto della Regione
Sarda e nella legislazione statale e regionale successiva, in Bollettino degli interessi Sardi n.4/84,
610ss
11
tecnica, e di non discriminazione della funzione decisionale di indirizzo
politico-amministrativo;
h) principio di ragionevolezza e di esternazione del procedimento e del
provvedimento di formazione del piano, inteso come obbligo di ricerca della
soluzione logica e congruamente affermata nelle giustificazioni e nelle
motivazioni;
i) principio di buon andamento della pubblica amministrazione, inteso come
efficacia nella formazione dello strumento urbanistico generale;
j) principio di garanzia delle posizioni e situazioni giuridiche soggettive, sia
delle formazioni sociali intermedie che dei singoli nonché delle associazioni
di tutela degli interessi diffusi.
I principi, invece, originari dell’urbanistica derivanti dalla legge 1150/’42 sono i
seguenti:
a) necessità della catena pianificatoria
b) programmaticità del piano regolatore generale
c) generalità delle previsioni del piano regolatore generale estese a tutto il
territorio comunale
d) restrizione del concetto di urbanistica e quindi dei contenuti del piano
regolatore alla disciplina dell’assetto e dell’incremento edilizio dei centri
urbani e allo sviluppo del territorio
e) efficacia a tempo indeterminato del piano regolatore sia per le prescrizioni sia
per i vincoli
f) coordinamento necessario tra autorità procedente e autorità statali interferenti
g) limitazione dell’uso delle varianti al piano regolatore ai casi di dimostrata
necessità
12
2. Cenni d’ordine storico e di legislazione comparata. La legge n.1150
del 17 Agosto 1942
I piani regolatori edilizi rientrano nell’ambito delle iniziative pubbliche dirette a
promuovere il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Nello
specifico, per mezzo dei piani regolatori, la Pubblica Amministrazione
interviene nella sfera degli interessi dei privati, connessi con l’attività edilizio-
urbanistica.con una serie di discipline e di norme. Allo stesso genere di iniziative
appartengono anche altre forme di interventi pubblici, come ad esempio i piani
di ricostruzione e i regolamenti edilizi comunali.
Potrebbe essere interessante fare un confronto con la pianificazione urbanistica e
il suo sviluppo storico, nei vari paesi europei.
In Francia sono di considerevole importanza i Projets d’extension et
d’aménagement emanati soprattutto in previsione della ricostruzione degli abitati
distrutti dalla guerra del 1914-1918. Le varie disposizioni di legge sono state poi
riunite e coordinate nel “codice dell’urbanistica e dell’abitazione”, che disciplina
le strutture e le funzioni degli organi urbanistici centrali e periferici, le
pianificazione comunale e intercomunale, le licenze edilizie, la lottizzazione
delle aree fabbricabili, le costruzioni per alloggi, impianti pubblici e industrie.
Successivamente sono da ricordare i decreti sulle ZUP (zones à urbaniser en
priorité) dei Comuni di maggiore importanza urbanistica e sulle ZAD (zones
d’aménagement différé) corrispondenti ai settori posti a margine delle ZUP.
Per quanto riguarda la Germania meritano menzione la Legge prussiana del
1875 sugli allineamenti, contenente disposizioni anticipatrici dei moderni piani
di costruzione. Dal 1932 al 1937 ci fu una produzione di norme esecutive
13
particolari per numerose città che prevedevano due tipi di nulla osta a costruire
(permesso di costruzione; permesso urbanistico) e norme generali sulle
lottizzazioni. La legislazione del dopoguerra è stata caratterizzata da una
accentuazione della normativa regionale. È da sottolineare la legge del 1953
sulla espropriazione dei terreni fabbricativi con norme varie sulle modalità e
condizioni di esproprio, sulla determinazione delle indennità e sulle procedure
per contestazioni. Ricordiamo inoltre la legge 23-VI-1960 che ha regolato le
modalità generali di piano, di salvaguardia, utilizzazione dei terreni,
espropriazione, urbanizzazione.
In Austria la normativa urbanistica appartiene alla competenza dei Lander e si
concreta in regolamenti edilizi emanati dai medesimi. L’attività edilizia deve
avvenire nel rispetto del Regulierungsplan che corrisponde sommariamente al
nostro piano regolatore
5
.
In Inghilterra col Town and Country Planning Act, entrato in vigore nel 1933 e
integrato poi da successivi testi fino alla nuova legge urbanistica del 1959, è
stata riordinata tutta la materia urbanistica in relazione ai piani di sviluppo,
all’espropriazione delle aree da parte degli enti pubblici, ai contributi di
miglioria, alla tutela delle bellezze naturali e artistiche
6
.
Per quanto concerne il legislatore italiano, la materia dei piani regolatori ha
trovato una prima regolamentazione positiva nella L.25-VI-1865, n.2359, sulle
espropriazioni di pubblica utilità in cui non solo si stabiliva quali Comuni
potevano addivenire alla formazione di piani regolatori, ma si ponevano anche le
norme essenziali di procedura per la loro progettazione, approvazione e
5
Sisi E. Le legislazioni urbanistiche in Belgio, Inghilterra, Francia, Germania, Olanda,
Danimarca, Svezia, Italia. Arezzo, 1964
6
Pacelli M. Pianificazione urbanistica e proprietà privata in alcuni paesi europei in Rass. Lav.
Pubb. 1993; ISLE (istituto per la documentazione e gli studi legislativi) L’urbanistica nella
legislazione di alcuni paesi europei Milano 1993
14
pubblicazione, se ne fissavano le caratteristiche e l’efficacia nei confronti dei
terzi.
Successivamente ci sono stati ulteriori interventi legislativi, di carattere
frammentario e con riferimento a casi e situazioni particolari, sino a che con la
L.17-VIII-1942, n.1150, disciplinante in materia organica e completa tutta la
materia urbanistica, anche il settore dei piani regolatori ha trovato una sua
aggiornata regolamentazione sulla base delle nuove esigenze che si erano nel
frattempo imposte.
3. Il contenuto dei piani regolatori. Piani territoriali di
coordinamento, piani generali e piani regolatori comunali, piani
particolareggiati
È necessario distinguere fra oggetto e contenuto del piano regolatore generale.
L’oggetto, essendo un atto amministrativo generale, è un interesse pubblico
complesso, quello urbanistico-territoriale. Tale oggetto deve essere messo in
relazione ad un bene giuridico immateriale, il territorio, e a tutti i suoi aspetti
normativi, gestionali, di salvaguardia.
Il contenuto è l’insieme delle prescrizioni e previsioni, normative e grafiche;
bisogna inoltre distinguere anche tra contenuto come provvedimento e contenuto
come documento (tavole, planimetrie).
Il contenuto del piano regolatore comprende: prescrizioni c.d. eteronome, cioè
formate da atti non appartenenti al sistema della pianificazione territoriale, e
prescrizioni autonome, cioè che vengono poste autonomamente, e inserite in un
medesimo ordine o sistema di normazione urbanistico territoriale. Esistono più
15
modi di recezione da parte del piano regolatore generale delle prescrizioni
eteronome o di quelle autonome; questi modi sono:
a) l’inserimento automatico di prescrizioni o vincoli attraverso
l’approvazione di un piano o progetto di settore;
b) l’obbligo di recezione da parte del piano regolatore generale di
prescrizioni eteronome o autonome, ma subordinate, la cui omissione
costituisce vizio di legittimità del piano regolatore generale;
c) l’obbligo di adeguamento del piano regolatore generale a provvedimenti
e/o strumenti sovraordinati d’intervento in ordine al quale le competenti
autorità regionali e comunali conservano un limitato ambito
discrezionale;
d) l’inefficacia delle previsioni di piani regolatori generali antecedenti a
quelle della disposizione, piano o provvedimento successivo.
Le prescrizioni eteronome possono essere raggruppate all’interno di altri beni
giuridici immateriali ritenuti più meritevoli di protezione nell’ordinamento
giuridico vigente: la protezione dell’ambiente, la protezione di altri beni giuridici
immateriali soprattutto culturali, la protezione di beni di proprietà collettiva, la
protezione di beni di privati di rilevanza e interesse pubblico. Per essere recepita
in un piano regolatore urbanistico, la fonte eteronoma deve essere anch’essa un
provvedimento ed un livello di pianificazione. Tuttavia molto spesso tali
prescrizioni eteronome sono contenute nei più disparati atti dei pubblici poteri
statali, regionali e locali: atti di indirizzo, di direzione, di coordinamento, di
unificazione e di vincolo.
I contenuti autonomi dei piani regolatori generali possono essere divisi in due
categorie:
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1) quelli in senso improprio, ricezioni di piani urbanistico territoriali di
livello sovraordinato;
2) quelli in senso proprio, cioè assunti discrezionalmente dai competenti
organi territoriali, in base ad una riserva di legge statale o regionale.
Il piano regolatore deve prendere in considerazione l’intero territorio comunale;
la varia articolazione dei piani regolatori generali può essere unificata in base
alle nozioni di zonizzazione, localizzazione, destinazione d’uso.
Per zonizzazione si intende la divisione in zone del territorio comunale secondo
una metodologia urbanistica (c.d. “zooning”), già utilizzata ai primi del secolo
dagli urbanisti. Tale metodologia è stata recentemente criticata perché ritenuta
troppo statica e contraria ad una tempestiva recezione delle istanze economico-
sociali in continua evoluzione della collettività locale. Nella prassi di redazione
dello strumento urbanistico generale l’operazione viene svolta in due tempi: -
prima attraverso la scelta e la definizione dei parametri generali ed astratti che si
ritiene di dover adottare – successivamente attraverso l’applicazione di tali indici
alle singole zone.
Gli indici più comunemente usati sono: l’indice di edificabilità, l’indice delle
distanze e dei distacchi dai confini, esterno ed interno, il tipo di edilizie
ammesse.
L’uso del termine prescrizione (per designare il contenuto della zonizzazione) e
del termine vincolo (per designare il contenuto della localizzazione) non è
giuridicamente esatto, in quanto prescrizioni e vincoli sono medesimi
componenti del potere conformativo urbanistico edilizio.
Un ulteriore problema della zonizzazione è quello funzionale ed è riassunto nella
locuzione “destinazione d’uso”. Si tratta della scelta d’uso consentita all’interno
della zona, subzona o comparto.