Le varianti comunali ai piani regolatori. L'esperienza della legge regionale del Veneto
Scopo di questo lavoro è definire le caratteristiche dei modelli urbanistici italiani in relazione da una parte agli interessi diffusi dei privati e dall’altra a quelli delle amministrazioni pubbliche, che dovrebbero tutelare i cittadini.
La qualificazione giuridica e la disciplina in materia urbanistica sono da sempre oggetto di dibattito: da un lato vengono in essere obbligazioni del privato nei confronti dell’amministrazione pubblica, e, dall’altro, la stessa amministrazione pubblica assume impegni specifici per consentire la realizzazione di un determinato assetto territoriale e, quindi, si vincola all’assunzione di scelte che devono essere motivate soltanto in nome del pubblico interesse.
Lo Stato detta la normativa di base, la normativa di “cornice”: è la legge urbanistica n. 1150 del 17 agosto 1942.
Lo Stato quindi postula i capisaldi dell’ ius aedificandi, spetterà poi ad ogni Comune integrare la legge con i propri provvedimenti e limitazioni per mezzo dei piani regolatori particolareggiati.
Il piano nella sostanza si concreta nella suddivisione del territorio comunale in zone urbanistiche e nelle localizzazioni delle infrastrutture pubbliche e delle reti urbanizzative.
Vengono predeterminati i pesi insediativi ammissibili e le infrastrutture, ma mai le caratteristiche formali e compositive degli interventi ammessi.
Nella seconda metà degli anni sessanta non solo buona parte dei Comuni italiani era privo di piano regolatore generale, ma si riteneva possibile costruire anche nelle zone di nuova edificazione senza la preventiva definizione di un Piano Particolareggiato di esecuzione.
Ciò determinò un “costruire incontrollato” che ha deturpato molte città creando ambienti urbani invivibili, ma ha anche addossato alla collettività tutti gli oneri relativi all’edificazione, massimizzando la rendita fondiaria dei proprietari delle aree oggetto di utilizzazione edificatoria.
Succedeva questo: ai privati era consentito costruire senza essere obbligati a corrispondere alcunché per dotare gli insediamenti che si andavano a realizzare delle necessarie infrastrutture. Si costruivano gli edifici ma non si predisponevano le strade, le fognature, gli spazi pubblici, le scuole e tutto ciò di cui ha bisogno la civile convivenza, restando obbligata l’Amministrazione comunale a provvedere a tutto ciò con le proprie limitate risorse economiche.
In questa grave situazione si giunse alla nascita di una disciplina legislativa che fu definita “legge ponte” cioè la legge n. 765/1967.
Questa aveva l’ambizione di rappresentare il momento di collegamento tra il sistema normativo esistente ed una radicale riforma del settore: un “ponte” tra la legge del 1942 ed una auspicata riforma.
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Informazioni tesi
Autore: | Enrico Baschiera |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Scienze Politiche |
Relatore: | Giovanni Sala |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 149 |
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