L’Italia della ricostruzione e la creazione della Cassa del Mezzogiorno. Un tentativo di porre
rimedio alla questione meridionale.
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Premessa
Il dibattito sullo squilibrio economico nel nostro paese, tra un nord
economicamente forte e produttivo e un sud pigro e arretrato, è un tema sempre
attuale e molto acceso. Il secondo conflitto mondiale, inteso in tutta la sua
gravità, peggiorò ulteriormente la situazione del Meridione anche a causa delle
ingenti perdite di risorse umane e materiali. Il nord, liberato dai tedeschi,
richiedeva materie prime per far ripartire le proprie industrie, diversamente dal
sud che invece appariva stanco e decimato nella sua popolazione, privo di
strutture e desolato territorialmente. I problemi del Mezzogiorno erano dunque
gravi nella loro portata, siccome involgenti questioni infrastrutturali, sociali e
culturali. La guerra aveva cancellato l’esile trama industriale e più che
ricostruire, occorreva "reinventare" una sua economia, attraverso un
ripensamento generale della sua struttura.
I dibattiti su come intervenire nel Mezzogiorno e nelle altre aree
economicamente depresse della penisola si accesero già all’indomani della fine
del secondo conflitto mondiale, dividendo il già diradato sciame di partiti,
circoli, salotti e correnti politiche.
L’Italia, sconfitta, ritornava alla vita democratica dopo il ventennio fascista, ma
senza nessuna certezza sul chi e sul come l’avrebbe guidata e senza nemmeno
sapere quale assetto istituzionale avrebbe assunto. Il paese, si trovava
nell’impossibilità di intervenire autonomamente in materia economica e politica,
avendo di fatto esaurito le proprie risorse al seguito dei perdenti, cosicché il
futuro dell’Italia appariva nitidamente ancorato alle mere decisioni dei vincitori
ed approcciato così ad uno scenario mondiale nuovo e incerto sia sul piano
politico, che economico. La vecchia Europa si era rivelata debole e gli attori
principali della politica erano, ormai, del tutto cambiati. I vincitori si trovarono
ben presto in disaccordo sulle politiche da adottare verso gli sconfitti, ed il
dominio assoluto delle due super potenze vincitrici (Stati Uniti e Unione
Sovietica) divideva il mondo intero in due ben distinti blocchi separati, cosicché,
l’inclusione dell’Italia nel blocco occidentale e filoamericana gettò le basi per
l'inizio di un nuovo scenario a matrice repubblicana e democratica.
Concitate fasi politiche videro il nostro paese seguire con ansia la vittoria della
repubblica, la formazione dell’Assemblea costituente e l’approvazione della
stessa Costituzione. Solo dopo le elezioni del 18 aprile 1948, con la prima
legislatura, il paese si liberò, anche se non del tutto, dalle paure di colpi di Stato
e rivolte civili. La nuova classe dirigente poté iniziare, allora, a concentrarsi
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sulle reali esigenze del paese, perseguendo in campo economico una politica
idonea a tamponare le più urgenti situazioni. Fondamentale fu la presenza guida
degli Stati Uniti, garantita dall’istituzione a Roma della Missione Eca, European
Economic Administration. L’Eca era presieduta da James Zellerbach, già noto
industriale nel campo della cellulosa e della carta
1
. Zellerbach, repubblicano
convinto, insieme al suo staff, spinse il neoeletto governo democristiano verso
una visione produttivistica del sistema economico italiano, sul modello
californiano. L’Eca tracciò, di concerto con gli economisti italiani (tra cui gli
uomini dell’Iri), le linee guida della ricostruzione, più avanti realizzata
attraverso gli importanti aiuti del Piano Marshall. Per ciò che attiene agli
interventi progettati per il sud, fu approntato, nel nome di un graduale
incremento della produttività, un vasto programma di interventi in opere
pubbliche, che comprendevano bonifiche di intere aree depresse ed una
meccanizzazione massiva. Questi piani trovarono una loro idealizzazione nella
progettazione dell’intervento straordinario e nell’istituzione della Cassa del
Mezzogiorno.
Dunque, in un momento così delicato, furono uomini coraggiosi come Donato
Menichella, Pasquale Saraceno e Ezio Vanoni a porre sul tavolo della
discussione nazionale i problemi del sud del paese. La questione meridionale era
stata messa in secondo piano dalla più urgente e delicata discussione sulla Carta
costituente che aveva offuscato ogni altra questione. Per garantire al
Mezzogiorno quell’attenzione che meritava, Menichella e Saraceno fondarono la
Svimez. Alla Svimez fu infatti concepito il disegno di legge 1170 che, tuttavia,
subì diverse modifiche prima di divenire legge, le quali, inevitabilmente, ne
deviarono le iniziali prerogative. Fu comunque una vittoria per la stessa Svimez,
per il nuovo meridionalismo e per il sud in generale.
Oggi, numerosi studi hanno posto grande attenzione alle manovre economiche e
politiche compiute in quei delicati frangenti storici. Le scelte operate in quegli
anni delinearono quello che sarebbe stato, negli anni successivi, l’assetto
politico ed economico italiano con i suoi pregi e i suoi difetti. Se ancora oggi
tutti concordano sulla scelta repubblicana e filoamericana, dubbi residuano
invece sulle decisioni di politica economica adottate dai governi De Gasperi,
cosicché ad eccezione delle linee seguite a difesa della lira e della
stabilizzazione economica, i provvedimenti adottati per l’attuazione della terza
fase lasciano invece tuttora perplessi molti studiosi.
L’esigenza di ricucire il gap economico tra nord e sud dell’Italia, fu un impegno
che segnò tutta la vita di Pasquale Saraceno e dell'attività profusa nella di lui
creata associazione, la Svimez. Il risultato degli studi di questa Istituzione fu un
vasto piano d’investimenti di durata decennale, coordinato da un ente capace di
muoversi con autonomia (la Cassa del Mezzogiorno) fatta oggetto però di un
vivacissimo quanto costante e duraturo dibattito parlamentare fino al 1992,
allorché il suo operato cessò definitivamente con la formale soppressione
1
P. Ginsborg, Prefazione, in E. Bernardi, La riforma agraria in Italia e gli Stati Uniti. Guerra fredda,
Piano Marshall e interventi per il Mezzogiorno negli anni del centrismo degasperiano, Il Mulino,
Bologna 2006.
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dell'Ente. Soggetto, all'epoca, certamente interdisciplinare, con attività che
spaziavano anche in ambito sociale, culturale e politico e, sia pur con vistosi
limiti, anche in campo economico. Rifiutando facili analisi telegeniche che
inquadrano il fenomeno partendo dai suoi risultati, questo lavoro di fatto
concentra i propri sforzi nella ricerca delle ragioni scritte e non scritte sul
"concepimento" stesso della Cassa del Mezzogiorno ad opera della Svimez, sui
dibattiti parlamentari ed extraparlamentari che ne hanno accompagnato la sua
creazione, ed infine per cercare di far emergere come la stessa origine dell'Ente
sia stato un tentativo di una classe politica di fornire risposte ad uno dei
problemi più sentiti del paese. Si è cercato di riassumere le principali posizioni
politiche espresse sulla Cassa del Mezzogiorno da parte dei partiti italiani,
ripercorrendo passo dopo passo sia la discussione parlamentare (sin dalla
presentazione del disegno di legge), che le numerose interrogazioni con i vari
ordini del giorno sino alla sua definitiva approvazione. Emergono dal lavoro
svolto, diversificate posizioni di maggioranza e opposizione, numerosi scontri ed
altrettanti accordi raggiunti tramite compromessi. Riecheggia alla fine di questo
percorso di ricerca l’appassionata voce del relatore di maggioranza, l’onorevole
Jervolino, la critica ragionata dell’onorevole Corbino, (tesa a migliorare la
legge) e il rifiuto aprioristico e preconcetto dell’onorevole Pietro Amendola che
invece invocava una legge completamente diversa che portasse ad una rottura
degli equilibri e delle gerarchie sociali. Sembra evidente, leggendo più volte i
verbali dei dibattiti parlamentari, come l’intervento speciale realizzato all'epoca
dal governo si fosse del tutto progressivamente allontanato da quello originario,
progettato invece dai tecnici della Svimez come la giusta vittoria per il sud.
La scelta di questo soggetto di studio è consona alla volontà di far rivivere in
queste pagine il clima di speranze e di grandi attese, ma anche quello delle forti
tensioni e paure che aleggiavano in quegli anni nel Parlamento e nell'intero
paese. Tra la seconda metà degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, con il
passaggio dalla seconda alla terza fase economica, crebbero, infatti, di pari passo
le speranze e i dubbi sul futuro dell’Italia.
L’istituzione della Cassa del Mezzogiorno fu presentata dalla dirigenza
democristiana come la pietra angolare della nuova politica d’investimenti per
rilanciare l’Italia, primo vero passo verso la terza fase economica. La Cassa,
doveva rappresentare il tentativo di dare una risposta ai molti problemi
strutturali e sociali di una vasta e popolosa area del paese e di invertire la rotta in
un’area alquanto depressa. Lo Stato, tentava attraverso l’intervento straordinario
di unire economicamente e socialmente l’Italia. La Casmez avrebbe dovuto
ottenere i risultati che secoli di amministrazioni ordinarie e leggi speciali non
avevano dato. L'Ente, fu così creato in un ambiente politico e sociale in cui si
intrecciavano aspirazioni ed esigenze, speranze e attese. La maggioranza,
proponendo il disegno di legge in Parlamento, dichiarava di avvertire l’esigenza
di uscire dall’ordinarietà della prassi della Pubblica amministrazione e di
realizzare un intervento straordinario coordinato da un ente speciale, snello e
capace di assumere veloci decisioni. La determinazione del governo De Gasperi,
della Svimez e della Banca d’Italia furono tesi a superare, con uno sforzo
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economico notevole, i divari e gli squilibri strutturali, economici e sociali tra il
sud, il centro e il nord dell’Italia.
L’Ente, merita, nella storia italiana del Novecento, uno spazio di rilievo, in
quanto, si configura come una novità assoluta per gli obiettivi che le furono
affidati, per le risorse che ebbe a disposizione e per l’organizzazione che seppe
darsi. La Cassa del Mezzogiorno riuscì a portare a termine diversi risultati
importanti. I successi principali furono ottenuti nel tanto agognato campo delle
infrastrutture, che rimane oggi una delle principali carenze del sistema Italia. La
Cassa intervenne su: viabilità minore, sanità, rete comunicativa, rete idrica, rete
scolastica, edilizia pubblica e altro ancora. L’iniziativa pagò, forse alla fine,
"dazio" per l'eccessivo carico di aspettative e di compiti riposti su di essa.
I problemi del Mezzogiorno sono ancora oggi lontani dal trovare una soluzione e
sembrano ancor più drammatici in questo momento di crisi internazionale.
Sebbene l’attenzione mediatica resti alta e tutti siano ancora convinti che
investendo sulle infrastrutture il sud possa andare incontro ad un raggiante
cammino, in questi anni, non sono stati riscontrati interventi adeguati da parte di
istituzioni nazionali ed europee. La questione meridionale, nonostante
l’intervento della Cassa, resta ancora aperta. Si avverte, eccome, la mancanza di
un Ente che funga da punto di riferimento e guidi i tentativi di rinascita e
sviluppo del territorio. Restano, così, attualissime le parole pronunciate da
Pasquale Saraceno, deus ex machina della Casmez, nella Introduzione al
Rapporto 1989 sull’economia del Mezzogiorno: «Insomma, se la storia recente
ha profondamente cambiato i termini economici e tecnici della questione
meridionale, la sua essenza resta quella indicata dai grandi meridionalisti del
passato: quella, cioè, di una grande questione etico - politica, che investe le
stesse fondamenta dello Stato unitario»
2
.
2
S. Zoppi, Una lezione di vita. Saraceno, la Svimez e il Mezzogiorno, Il Mulino, Bologna 2002.
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rimedio alla questione meridionale.
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Introduzione
Questo elaborato cerca di ricostruire le delicate fasi seguite al secondo conflitto
mondiale e di ripercorrere le vicende che hanno portato alla creazione della
Cassa del Mezzogiorno. Una rilettura step by step delle più importanti vicende
italiane intercorse tra la fine del conflitto e la presentazione in aula del disegno
di legge per l’interevento straordinario. Chi scrive è convinto dell’importanza
degli effetti di alcune vicende contingenti sull'approvazione del disegno di legge,
dalle rivolte contadine al dibattito sulla riforma agraria e sui fondi Erp. Una
rilettura del passato, che ha come obiettivo individuare e comprendere meglio
quali fattori e circostanze abbiano potuto agevolare o influire sulla realizzazione
dell’intervento speciale e quali forze lo abbiano invece ostacolato o ne abbiano
solo distorto l’originario indirizzo.
Pasquale Saraceno, profondo conoscitore della situazione economica italiana,
per via dei molti anni trascorsi all’Iri, fu tra i primi a percepire che, cessata la
guerra, la nuova situazione stava procurando un nuovo accrescimento del divario
economico tra nord e sud. Saraceno capì, prima e meglio di altri, che si erano
create le prospettive per un intervento dello Stato che incidesse concretamente
sulla struttura economica italiana. La fine della guerra e l’afflusso dei fondi Erp
davano l’opportunità, unica, di unire economicamente l’Italia, riprogettando la
struttura economica meridionale. L’obiettivo della politica italiana per il sud non
doveva essere quella di ricostruire l’economia prebellica (come auspicavano in
molti) ma edificare una nuova economia basata sul settore secondario,
sull’industria. Infatti, tale comparto, rappresentava, a suo parere, l’unica via per
ricucire il "gap" economico esistente. Toccava allo Stato farsi protagonista della
nuova vita economica italiana intervenendovi concretamente con la costruzione
di infrastrutture al fine di favorire lo sviluppo dell’iniziativa privata. Il sud, per
gli uomini della Svimez, non era uno dei tanti problemi dell’economia italiana, il
sud era «il problema» dalla cui soluzione sarebbe dipeso il destino economico e
sociale dell’intera Italia. Per tale ragione, fu elaborato il grande progetto di un
intervento straordinario aggiuntivo che, affidato a un organo coordinatore ma
svincolato dai più farraginosi controlli, operasse per la rinascita del
Mezzogiorno.
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rimedio alla questione meridionale.
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Questo elaborato è articolato in cinque parti, alle quali è aggiunta un’appendice
recante i disegni di legge sulla Cassa del Mezzogiorno, prima e dopo l’esame
della Commissione speciale presieduta dall’onorevole Salvatore Scoca.
Nella prima parte, costituita da due capitoli, sono riassunte le vicende italiane
successive alla fine del secondo conflitto mondiale. Si è cercato di ripercorrere
le vicende politiche ed economiche del nostro paese dalla fine del conflitto
bellico fino all’elezione della prima legislatura. Un tuffo in un passato non tanto
remoto che offre diversi spunti di riflessione. È stato un tentativo di raccontare
l’animosa atmosfera dell’Italia del dopoguerra, con una ricostruzione degli
scenari nazionali, influenzati naturalmente da quelli internazionali e dagli
uomini che a quel tempo furono veri protagonisti dei dibattiti in Parlamento e
sulle testate dei giornali italiani più importanti. La storia di quegli anni racconta
di un’Italia spaccata in due, tra i sostenitori del Fronte e quelli della Dc, tra chi
stava con Mosca e chi con Roma, per usare la terminologia dell’epoca. Furono
anni, vissuti tra grandi speranze per un futuro migliore e le molte frustrazioni per
le difficoltà del presente; anni dei grandi sacrifici, dei primi elettrodomestici e
della certezza che il futuro dei figli sarebbe stato migliore di quello dei padri. In
particolare, un paragrafo è dedicato alle difficili elezioni del 1948, quale
momento più delicato vissuto dalla giovane Repubblica italiana. L’Italia,
nell’aprile 1948, decise quale strada intraprendere tra due sentieri molto diversi,
furono giorni di paure ed euforie. Il Fronte era certo della vittoria, mentre la Dc
cercava di recuperare consensi. La vittoria della Dc fu, soprattutto,
un’approvazione da parte degli italiani del percorso, intrapreso dal governo De
Gasperi, d’integrazione nel circuito filooccidentale in uno scenario
internazionale, nel quale, ormai, si delineava una spaccatura netta tra «est e
ovest», dunque tra due blocchi contrapposti. Sono raccontate in questo capitolo
le vicende di un paese che cercava la sua strada verso una nuova stabilità
politica, sociale ed economica.
Nella seconda parte, si è cercato di entrare, concretamente, nelle specifiche
dinamiche dell’azione politica italiana degli anni a cavallo tra il 1945 e il 1950,
analizzando le vicende che, convergendo, hanno portato alla creazione della
Cassa del Mezzogiorno. Tra i grandi problemi che l’Italia presentava nel
dopoguerra, il più importante era certamente la questione meridionale. Dagli
uomini dell’Iri venne l’idea di creare la Svimez, e da quest’ultima il progetto di
un vasto piano d’investimenti per le aree depresse. Questo progetto fu alla base
del disegno di legge 1170 proposto in Parlamento dalla maggioranza. La legge
proposta prevedeva la creazione di un nuovo ente di diritto pubblico che avrebbe
coordinato l’intervento straordinario nel Mezzogiorno. Un ente innovativo che
creò grosse aspettative intorno a sé. La Cassa del Mezzogiorno fu infatti
concepita come strumento agile, capace di azioni concrete e decisioni veloci. Per
questo motivo si scelse di dare personalità giuridica all’ente invece di creare la
solita azienda di Stato. La Cassa fu posta, da un punto di vista giuridico, come
soggetto creditore nei confronti dello Stato. La nuova classe dirigente italiana
provò a farsi carico di un problema antico: veniva finalmente affrontata, con un
piano organico, la questione meridionale. A Pasquale Saraceno, ideatore della
legge 1170, si è dedicato uno specifico capitolo in cui si è cercato di ripercorrere
L’Italia della ricostruzione e la creazione della Cassa del Mezzogiorno. Un tentativo di porre
rimedio alla questione meridionale.
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la sua vita, le vicende che influirono sulla sua formazione e le linee ispiratrici
del suo pensiero sociale. Si è cercato di rendere il giusto spazio al grande
impegno profuso per il suo paese dallo studioso valtellinese. Il suo impegno non
si limitò solo a progettare interventi per le aree depresse del sud, ma ad elaborare
finalmente un piano per ottimizzare l’intera economia nazionale. Saraceno era
convinto che dall’unificazione economica della penisola, sarebbe derivato un
nuovo sviluppo che avrebbe poi consentito all’Italia di giocare un ruolo da
protagonista assoluto in Europa. La creazione della Svimez e della Cassa del
Mezzogiorno, furono, in questo senso, i suoi più grandi successi.
Nella terza parte si è cercato di tracciare un quadro dell’iter legislativo seguito
dalla Cassa del Mezzogiorno alla Camera. Dall’annuncio della specifica
proposta di legge (letta in aula il 17 marzo dal Presidente del Consiglio) si è
seguito l’evolversi della discussione parlamentare fino alla sua approvazione,
avvenuta il 13 luglio con votazione a scrutinio segreto. Si è dato risalto alle
discussioni e agli scontri che hanno infiammato l’aula. Si è cercato di far luce
sulle numerose modifiche apportate dalla Commissione speciale presieduta
dall’onorevole Scoca e su quelle, ancor più numerose, richieste
dall’opposizione. Dal dibattito esaminato, si evince il carattere nuovo e
innovativo della legge, l’ampiezza dei provvedimenti presi e l’importanza del
carattere continuativo dell’intervento. La maggioranza non mancò di rimarcare
l’importanza dello sforzo che si apprestava a compiere, soprattutto perché
giungeva all’indomani della raggiunta stabilità economica, cioè della
realizzazione della seconda fase. Rimasero deluse le opposizioni che invece
richiedevano l'istituzione di un’azienda statale con maggiori fondi a disposizione
per incidere sulle strutture sociali del sud. Si è cercato di descrivere i caratteri
fondamentali che il disegno di legge assegnava alla Cassa, il meccanismo con
cui erano assegnati gli stanziamenti e le opere che il nuovo organismo doveva
realizzare. La Cassa passò l’esame della Camera dopo un lungo dibattito e un
duro scontro tra maggioranza e opposizione; non passò però l’esame con la
realtà, non riuscendo a risolvere il divario economico italiano.
La quarta parte cerca di tracciare un quadro della storiografia prodotta intorno
all’intervento straordinario e alla questione meridionale, cercando di evidenziare
come la questione meridionale si sia imposta all’attenzione nazionale attraverso
il dibattito politico prima, e la disamina storica, poi. Si è cercato di riassumere le
principali tappe che hanno portato a definire la questione meridionale: dai primi
riferimenti non organici ai problemi del sud, fino all’intervento di Nitti; dal
convegno di Bari del 1944, fino ai nuovi scenari storiografici offerti dalla
globalizzazione. Sono state sottoposte a disamina le diverse interpretazioni che
sono state date sulle cause del divario economico italiano e posto in evidenza le
diverse correnti storiografiche che si sono occupate della questione, fornendo
spazio agli autori di area Svimez che hanno sostenuto la Cassa del Mezzogiorno
e le linee del nuovo meridionalismo. Questi autori, pur riconoscendo i limiti
dell’intervento straordinario, non ne rinnegavano il principio ispiratore (secondo
il quale senza l’intervento speciale il divario tra le due Italie sarebbe cresciuto
maggiormente) ma ben individuando sul versante politico i responsabili del
fallimento dell’intervento straordinario e della degenerazione della spesa
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rimedio alla questione meridionale.
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pubblica. Troppi interessi, troppo clientelismo politico, troppo affarismo e una
carenza di controlli efficaci, avevano consentito il fallimento degli interventi per
il sud. Questi autori tracciano dunque una distinzione fondamentale tra le
prospettive del neomeridionalismo e quanto effettivamente realizzato dal
governo. La criminalità organizzata e la borghesia parassitaria avevano avuto
vita facile nell’inserirsi negli appalti e nell’appropriarsi delle risorse pubbliche
per i propri intenti. Di avviso diverso erano i critici dell’intervento straordinario
che, in diverso grado, accomunavano invece politici e tecnocrati in una
condanna unanime dell’interevento speciale. Questi autori rimproverano, la
Cassa del Mezzogiorno, di essere una struttura imposta dall’alto, che non era in
grado di coinvolgere le popolazioni e il territorio e che l’affluenza incessante di
denaro pubblico aveva provocato una dipendenza, un assoggettamento a forme
di assistenzialismo che avevano impedito la nascita di un mercato autonomo
nelle aree depresse. Altre critiche sono poste alla Cassa perché seppur dotata di
una grande autonomia, aveva finito per farsi imbrigliare dagli interessi della
politica e dai gruppi monopolistici del nord. Per gli autori della corrente
Gramsciana, in particolare, la Cassa era servita a permettere lo sviluppo delle
aziende del nord, le quali proprio nel sud avevano trovato un mercato
privilegiato e un’abbondante manodopera a bassi costi.
La quinta parte si articola in due capitoli. Nel primo, dopo un lavoro di ricerca
presso la biblioteca Federiciana di Fano, si è cercato di estrapolare i molti pareri
espressi dai principali quotidiani italiani sulla Cassa del Mezzogiorno. Si sono
esaminate cinque testate giornalistiche, due di opposizione: «l’Avanti» e
«l’Unità»; due quotidiani della maggioranza: «La Voce Repubblicana» e «Il
Popolo»; e il maggior quotidiano italiano: «Il Corriere della Sera». Si è tentato
di evidenziare le grandi attese riposte sulla Casmez dai giornali della
maggioranza e, d’altro canto, l’indifferenza e la rabbia riversata su di essa dai
giornali dell’opposizione. Nel secondo capitolo, a conclusione del lavoro svolto,
si sono tracciate le conclusioni sull’argomento. Naturalmente, oggi i pareri su
questo Ente sono di natura eterogenea. Le opinioni spaziano dalle posizioni
critico- positive a quelle che condannano la Cassa del Mezzogiorno come freno
per lo sviluppo del sud. Questo lavoro non vuole promuovere o bocciare
l’operato della Cassa del Mezzogiorno, né l’efficacia della terza fase economica.
Come si evince dalle pagine che la compongono però, questo studio cerca di
rendere atto del tentativo di una classe politica, nuova e segnata dalle difficoltà
della guerra, di porre rimedio ai gravi ed endemici problemi della nostra
penisola e di cercare una nuova stabilità economica e politica. Gli uomini di
governo, dopo aver fatto fronte alle necessità immediate, tra attacchi speculativi
e crisi idriche, cercarono di avviare una seria politica d’investimenti, ripartendo
proprio dal sud. Sebbene risulti chiaro che quanto realizzato dal governo fosse
molto lontano da quanto auspicato dai tecnici della Svimez, la Cassa resta una
vittoria per il sud. Infatti, nel difficile contesto della ricostruzione, il tentativo di
porre rimedio alla questione meridionale attraverso la creazione della Cassa del
Mezzogiorno resta, a parere di chi scrive, una delle più belle attestazioni
dell’impegno politico democristiano verso l’Italia meridionale.
L’Italia della ricostruzione e la creazione della Cassa del Mezzogiorno. Un tentativo di porre
rimedio alla questione meridionale.
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In appendice è presente, infine, il disegno di legge numero 1170 proposto dal
governo e la sua riformulazione ad opera della Commissione speciale. La
Commissione apportò diverse modifiche prima che il disegno fosse proposto
all’esame del Parlamento. Il disegno fu presentato dal presidente del consiglio
Alcide De Gasperi nella seduta del 17 marzo 1950. Si componeva di quattro
titoli: 1) Costituzione, programmi e finanziamenti; 2) Disponibilità finanziarie
della Cassa; 3) Organi e amministrazione della Cassa; 4) Disposizioni generali e
finali. Il disegno di legge, per un totale di ventiquattro articoli, risulta abbastanza
chiaro nella sua stesura ed evidenzia la snellezza della struttura organica e i fini
che si volevano raggiungere con la creazione della Cassa del Mezzogiorno. Per
tale ragione si è ritenuto opportuno inserirlo.
Nella stesura di questo elaborato si è prevalentemente teso a privilegiare autori
in grado di fornire strumenti chiari e vividi per ricostruire le vicende storiche
analizzate. Si è ritenuto opportuno avvalersi di testi ricchi di citazioni, anche
personali, degli autori. Di grande aiuto per la stesura della seconda parte
dell’elaborato è stato il testo di Guido Vigna su Pasquale Saraceno. Vigna
descrive con passione l’uomo che voleva unificare economicamente l’Italia ed il
suo costante impegno per il paese. Per la terza parte, si è fatto uso di fonti
dirette, quali i resoconti parlamentari disponibili on line sul sito istituzionale
della Camera. Per la quarta, è stato ritenuto fondamentale acquisire i diversi
contributi dello storico Giuseppe Galasso sulla storia del Mezzogiorno e sulla
questione meridionale. Per la quinta parte si è utilizzata la ricchissima collezione
di quotidiani custoditi presso la biblioteca comunale Federiciana di Fano.