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Prefazione
Il cardinale Virgilio Noè
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nel suo testo “La Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano”,
pubblicato per l’Anno Santo del 2000, dopo aver elencato tante porte che incontriamo nella
Bibbia (la porta del Paradiso, della Gerusalemme Celeste, la porta della casa di Pietro in
Cafarnao, della città di Naim e così via) scrisse: “Non oltrepassarle frettolosamente, ma sosta
dinanzi ad esse, per leggere il messaggio che rivolgono o per ascoltarlo da quelle pagine”
2
.
La porta bronzea di San Pietro, realizzata dal Filarete, per volere di Eugenio IV (1431 - 1447),
con il suo gusto per l’antico, è da un lato, la prima testimonianza del Rinascimento, realizzato
già circa cinquant’anni prima di un altro noto monumento rinascimentale bronzeo in basilica, il
monumento funebre
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di Sisto IV (1471 - 1484) per mano del Pollaiolo
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. D’altro lato, è uno dei
pochi monumenti che sono rimasti collocati al posto originale
1 Il cardinale Virgilio Noè: Zeleta di Bereguardo 1922 – Roma 2011. Dal 1991 al 2002 presidente della
Fabbrica di San Pietro e arciprete della Basilica di San Pietro.
2 Noè 2000, p.4.
3 Il monumento funebre di Sisto IV: completato nel 1493. Nella decorazione del monumento con le figure
allegoriche femminili seminude e festoni di foglie di acanto c’è una preferenza rinascimentale: la
Teologia è rappresentata come Diana cacciatrice che si copre gli occhi per non essere abbagliata dalla
luce della Trinità; vi appare come nuova Arte a se stante la Prospettiva, distinta dalla Geometria e
teorizzata da Leon Battista Alberti nel suo trattato De Pictura del 1436; il posto d’onore, alla testa del
monumento viene riservato alla Teologia e alla Filosofia, la quale viene così distinta dalla Dialettica,
considerata ormai da Niccolò Cusano, nel De docta ignorantia scritta nel 1440, quale semplice
strumento di indagine (Rezza, Museo Storico Artistico del Tesoro di San Pietro. Monumento di Sisto IV.
Foglietto informativo). Tuttavia, le spoglie del papa non restano qui, bensì in una tomba semplice
sotterranea nella cappella dei santi Michele e Petronilla, insieme a Giulio II, suo nipote (il suo
monumento funebre è famosissimo, opera di Michelangelo, che è conservato a San Pietro in Vincoli).
4 Pollaiolo: fu chiamato a Roma da Innocenzo VIII per eseguire il proprio monumento funerario e quello
del suo predecessore, Sisto IV. (Secondo la tradizione, il monumento funebre di un Papa è
commissionato e pagato dai cardinali da lui creati durante il suo pontificato.) Nell’iscrizione sulla
tomba di Sisto IV, si legge “OPVS ANTONI POLAIOLI/ FLORENTINI ARG(ENTO) AVR(O) AERE CLARI/
AN(NO) DOM(INI) MCCCCLXXXXIII” (Opera di Antonio Pollaiolo fiorentino, celebre nell’oro, argento,
pittura e bronzo. Anno del Signore 1493). La sua firma è volutamente apposta sul bassorilievo della
Carità, la più grande delle virtù secondo san Paolo (1 Corinzi 13, 1 - 13). (La Basilica di S.Pietro.
Notiziario mensile. Anno XXIII – Agosto 2011 – N.8).
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dal tempo dell’antica basilica. Anche dopo la costruzione della nuova basilica, la porta venne
riutilizzata come la porta centrale. Delle cinque porte della Basilica di San Pietro, quella centrale,
la porta del Filarete, è l’unica che proviene dall’antica basilica. Le altre quattro, compresa la
Porta Santa
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, sono state eseguite dopo il concorso bandito dalla Fabbrica di San Pietro nel 1947
per la realizzazione di nuove porte in bronzo, in sostituzione di quelle esistenti in legno di noce
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.
La porta del Filarete quindi ci tramanda la continuità della storia della basilica di San Pietro, e
funziona ancora come una specie di collante che lega la basilica odierna a quella antica che non
esiste più.
Questa è la mia prima tesi di laurea scritta in lingua italiana (la mia vera e propria prima tesi l’ho
scritta tanti anni fa in lingua giapponese, ma in un’altra disciplina). Tutti i libri o articoli scritti
sulla porta del Filarete sono mirati per lo più per gli studiosi e spesso vi appariscono i termini
tecnici e i fatti storici come se tutti i lettori li dovessero capire istantaneamente, quindi ho
cercato di inserire le spiegazioni relative all’argomento nelle Note. Ho inserito magari un po’ la
mia fantasia da dilettante, e i miei pensieri legati al mio altro interesse, cioè gli animali (infatti
la mia prima tesi in giapponese si intitolava “I volatili selvatici che abitano in città”). Gli studiosi
hanno scritto tanto sull’iconografia delle raffigurazioni sul diritto della Porta, ma molto poco
sulla raffigurazione del suo retro, quindi ho concentrato piuttosto il mio lavoro sulla cosidetta
“Danza del Filarete e i suoi aiutanti” che si trova sul retro della porta, come si vede a p.2.
Infine, vorrei didicare questa tesi a mio marito Luciano, un fiero Sampietrino della Fabbrica di
San Pietro.
5 La Porta Santa: normalmente murata, viene aperta ogni venticinque anni in occasione dell’Anno Santo.
I pellegrini entrano in Basilica attraverso la Porta Santa, come sta scritto nel Vangelo di Giovanni (10,
9) “Io sono la porta, se uno entra attraverso di me, sarà salvo” (Barbagallo 2007, p.91).
6 Pergolizzi 2001, p.44.
Fig.3 Lo scoiattolo che “abita” nei tralci dei fregi della porta
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Capitolo I: Introduzione
1. La basilica di San Pietro (fino ad arrivare alla porta del Filarete)
Verso l’anno 96, san Clemente nella sua lettera ai Corinti scrisse “...le colonne più alte e più
giuste furono perseguite e combatterono fino alla morte. San Pietro che sopportò numerose
tribolazioni, subì il martirio andandosene al soggiorno di gloria che gli spettava. San Paolo ha
meritato la ricompensa della sua lunga pazienza: caricato sette volte di catene, bandito,
lapidato, l’araldo glorioso della fede in Oriente ed Occidente, dopo aver insegnato al mondo
intero, ricevette il martirio da quelli che governano”. Eusebio di Cesarea
cita una lettera scritta
tra la fine del II e l’inizio del III nella quale un presbitero Gaio invita un certo Proclo “Va al
Vaticano e sulla via di Ostia e troverai i trofei di questa Chiesa” (da qui, le tombe degli Apostoli
Pietro e Paolo vennero chiamate i trofei di Gaio). San Pietro, fra l’anno 64 e 67, crocifisso con la
testa in giù nel circo vaticano
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, fu seppelito vicino al luogo del suo martirio. Non essendovi
ancora un cimitero cristiano, il suo corpo fu inumato in un’area sepolcrale pagana che si
estendeva presso i giardini di Nerone a destra della via Cornelia
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. Secondo il Liber Pontificalis,
Anacleto (80 – 92c), quando era ancora presbitero, eresse sulla tomba una memoria, cioè un
monumento funerario costituito da due camere, l’inferiore per contenere il sepolcro, la
superiore per le riunioni anniversarie. Poi intorno alla camere inferiori furono seppelliti i papi del
I secolo e di metà del II, venendo così a formare iuxta corpus Beati Petri una vera necropoli
sacra. Dopo l’editto di Milano, Costantino si propose di edificare sopra la tomba una basilica
sontuosa. Essendo vietato dalla consuetudine romana di spostare il sarcofago e la memoria
Petri, gli architetti imperiali dovettero deviare la via Cornelia, abbattere il circo e rimuovere
molti sepolcri pagani; per ottenere lo spazio necessario, fu spianata una gran parte del colle
Vaticano. Per questo la tomba non si trova al centro della basilica, ma a più di due metri verso
il nord. Secondo l’uso romano, l’altare delle basiliche sorgeva sul sepolcro dei martiri e la
sepoltura veniva così a trasformarsi in un santuario sotterraneo, dai greci chiamato Martyrion e
dai romani confessione. Dopo le minacce di Vitige, Totila e Belisario
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dal 537 al 546, la memoria
1 Il circo vaticano: costruito da Caligola tra il 37 e il 41 nell’ambito della villa di Agrippina (moglie di
Germanico e madre di Caligola); disposto parallelamente all’odierna basilica; al centro della spina si
trovava l’obelisco trasportato dall’Egitto che svetta oggi al centro di piazza San Pietro (Fig.19).
2 Via Cornelia: dopo la costruzione della basilica, nel segnalare l’ubicazione del Martyrium petrino, le
fonti fanno riferimento all’Aurelia Nova e non più alla via Cornelia.
3 Le minacce di Vitige, Totila e Belisario: rispettivamente re degli Ostrogoti e re d’Italia degli anni 536 -
540, degli 541 - 552; Belisario fu il generale bizantino sotto Giustiniano. L’invasione dei Goti di Alarico
nel 410, dei Vandali di Genserico nel 455 rispettarono la Basilica.
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venne inaccessibile anche agli imperatori che chiedevano relique ed essi potevano solo
mandare giù pezzi di stoffa (brandea), santificati dall’essere deposti alla camera superiore della
memoria. Dopo l’invasione dei Saraceni dell’846 anche questo fu soppresso.
Fino al principio del secolo XIV si potevano vedere i ruderi della portica che immetteva nella
cortina S.Petri. Dalla piazza si saliva ad un ripiano sul quale si incoronava il nuovo papa e
venivano ricevuti l’imperatore che doveva essere incoronato o i sovrani che venivano a fare
omaggio alla tomba dell’Apostolo. Da qui si entrava nell’atrio, detto Paradiso (Fig.4), nel mezzo
del quale sorgeva il cantharus, formato dalla pigna di bronzo ricordata da Dante
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e ornato da
due pavoni di bronzo, restò in piedi fino al 1608. La pigna e i pavoni sono oggi conservati nel
Cortile della Pigna dei Musei Vaticani. L’atrio serviva ai catecumeni ed ai penitenti ai quali era
vietato assistere ai sacri riti. Il portico era ornato di pitture rappresentanti la vita degli Apostoli,
dal Vasari
attribuite a Margaritone d’Arezzo. La facciata della basilica era ornata di mosaici che
rappresentavano Cristo, gli evangelisti, i seniori dell’Apocalisse, Costantino orante con
un’iscrizione che alludeva alla guarigione ottenuta per intercessione di san Pietro. Sergio I (687
- 701),
che aveva introdotto la recita dell’Agnus Dei nella Messa, fece sostituire alla figura di
Cristo quella dell’Agnello immolato. Gregorio IX (1227 - 1241) rifece il mosaico con il Redentore,
la Vergine e san Pietro. Nella parete posteriore della facciata dell’atrio, fu collocato alla fine del
XIII secolo il mosaico della Navicella
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che il cardinale Stefaneschi
aveva ordinato a Giotto. Dal
portico si entrava nella Basilica attraverso cinque porte. La prima porta a sinistra era chiamata
porta iudicii perché da essa uscivano i convogli mortuari; la seconda ravenniana perché forse
per evitare litigi, entravano da essa i trasteverini che insieme ai toscani ed ai traspadani erano
chiamati ravennati; la mediana detta anche regia ed argentea, per le lamine d’argento fattevi
porre prima da Gregorio I (590 - 604) poi da Onorio I
(625 - 638) e da Leone III
(795 - 816), ma
sempre rubate (anche nell’846 dai Saraceni)
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. Eugenio IV vi fece poi collocare quella di bronzo
del Filarete, che fu adattata in seguito alla nuova Basilica. La porta a destra della mediana era
chiamata romana, riservata all’ingresso dei soli romani; l’ultima guidonea dalla quale
passavano, introdotti dalle guide, i pellegrini che venivano ad limina Apostolorum.
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4 Inf., XXXI, 58 - 60: “La faccia sua mi parea lunga e grossa / come la pina di San Pietro a Roma, / e a
sua proporzione eran l’altre ossa”. La pigna di bronzo, di m.4,23, rinvenuta nei pressi del Pantheon,
reca la firma di Publio Cincio Salvio (I secolo) e fu elaborata per un coronamento di fontana, come si
può vedere dai fori delle scaglie. Attualmente è in Vaticano su un capitello marmoreo nel nicchione del
cortile della Pigna, con sotto questi due versi della Commedia. (Fallani, Zennaro 2004, p.337). Qui
Dante sta parlando di Nembrot, uno dei giganti incontrati intorno al pozzo di Cocito.
5 Il mosaico della Navicella: realizzato per volere di Bonifacio VIII su commissione del Cardinale
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Fig.4 Il portico, la facciata e le cinque porte della basilica costantiniana
Stefaneschi: in occasione del primo Anno Santo del 1300. Ha subito nei secoli quattro spostamenti e
relativi restauri, così che oggi risulta quasi completamente rimaneggiato. Il mosaico rappresenta Cristo
e gli Apostoli su una barca durante la pesca miracolosa e la vocazione di Pietro (Luca 5, 1 - 11). La
navicella qui è il simbolo della Chiesa combattuta e mai vinta. (Barbagallo 2007, p.57).
6 Flavio Biondo nella Roma instaurata (1446) sottolinea lo strettissimo legame tra la porta argentea
donata da Leone IV (847 – 855) e quella di Eugenio IV; la superiorità materica di quella più antica è
ampiamente compensata dalla più sofisticata esecuzione della moderna. (Parlato 2001, p.526). La
porta del IX secolo e quella ancora più antica fatta realizzare da Onorio I sembrano avere lasciato un
segno sulla loro erede quattrocentesca. Di quella onoriana è nota la grande iscrizione metrica nella
quale si ricordavano nell’ordine i santi Pietro e Paolo, la Vergine e Cristo, figure che ritroviamo nella
porta del Filarete. Non è forse un azzardo pensare che sulle lamine argentate della porta leonina
fossero raffigurate le storie dei santi Pietro e Paolo, della Vergine e di Cristo. (Parlato 2001, p.527).
Anche in Dante: “Pier cominciò sanz’oro e sanz’argento, e io con orazione e con digiuno, e Francesco
umilmente il suo convento.” (Par., XXII, 88 – 90). “S.Pietro non ebbe bisogno, per la sua missione, di
riccheze: “Argentum et aurum non est mihi” (Att. Ap., III, 6), disse allo storpio che guarì, in
Gerusaemme, nel nome di Gesù, presso la porta del tempio detta “la bella”, perché rivestita in bronzo
di Corinto”. (Fallani, Zennaro 2004, p.231).
7 Turcio 1946, pp.1 – 12.