business. Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra la rete ed i media
tradizionali, la storia della comunicazione indica che l'avvento di una
nuova tecnologia crea una ridefinizione dei ruoli e delle funzioni di tutti
gli altri media all'interno del sistema complessivo dei mezzi di
comunicazione, sia per quanto riguarda le caratteristiche peculiari
attribuite ai singoli media, sia al tipo di linguaggio utilizzato. Platone ci
ha tramandato l'avversione di Socrate per la scrittura, che a suo dire
menomava la funzione della memoria e limitava il carattere dialogico
della parola. Del resto accuse più o meno simili sono state rivolte, già
agli albori della sua nascita, alla televisione, che con il suo flusso
seduttivo di immagini istupidiva le menti dei giovani. Per quel che
riguarda il linguaggio, l'avvento di un nuovo media porta prima o poi
alla creazione ed all'elaborazione di linguaggi opportuni in grado di
sviluppare le potenzialità e le specificità del nuovo mezzo. Prima che ciò
si realizzi il nuovo media è tributario del linguaggio delle tecnologie ad
esso più vicine. Così come la televisione all'inizio recupera il linguaggio
della radio e del cinema definendo solo successivamente strategie
comunicative più adeguate, anche la rete - ed il medium che la contiene:
il computer - si è evoluta con modalità diverse. Inizialmente considerata
tributaria della scrittura e per estensione della stampa, è approdata a
forme di comunicazione in cui il modello visivo di trasmissione ed
elaborazione della comunicazione ha, ed avrà, sempre più rilevanza
anche in relazione alla caratteristica centrale dei nuovi media:
l'interattività.
Eppure la stessa interattività ha già portato alla rinascita del senso
del tatto e l'orizzonte futuro sembra convergere verso un, sempre più
forte, coinvolgimento dei sensi nelle attività umane. Questo orizzonte,
non ancora realizzato, è da sempre presente nella fantasia di scrittori e
scienziati. Così mentre la rete internet è solo un momento
nell'evoluzione dei media interattivi, già sembrano visibili i primi veri
segnali di integrazione forte tra televisione digitale, telefonia ed internet,
appunto. L'orizzonte più prossimo sembra delineare un universo mediale
a tutto tondo, non delimitato da quelli che in definitiva sono gli angusti
prolungamenti dei sensi informatizzati: mouse, monitor e altro.
Un'attualizzazione di quell'information space, teorizzato da Doug
Engelbart nel '68 ispirandosi al Memex di Vannevar Bush.
Al di là della cornice, dell'uso e della natura delle interfacce nelle
applicazioni informatiche, il mio studio tenderà, soprattutto, ad
approfondire il versante visivo di quei contenuti web che maggiormente
sembrano sensibili all'applicazione e alla sperimentazione di una
modalità non solo grafica e ipertestuale di comunicazione. Si farà
riferimento ai software ed ai linguaggi usati per la realizzazione e
l'implementazione dei prodotti, in altre parole alle tecnologie che sono a
monte di tutto e che definiscono, fortemente, quello che sarà il prodotto
finale.
Per fare questo verrà svolta una ricognizione attorno al ruolo che la
scienza dei calcolatori, con il suo apporto teorico e pratico, ha trasfuso in
quella che è l'attuale panorama multimediale della rete. Concetti quali
ipertesto, rete, cyberspace, oltre che essere metodologie operative
portanti sono anche dei costrutti teorici potenti tali da richiamare attorno
a sé un immaginario collettivo radicato e fluido, veicolato da media quali
televisione, stampa nonché da eventi pubblici. Ed il ruolo contaminante
di queste tecnologie della comunicazione nello sviluppo commerciale e
nel linguaggio stesso del web, sarà oggetto di una riflessione che si
chiederà se la natura, eminentemente visiva, di queste tecnologie sia già
ibridata allo sviluppo comunicativo della rete. La funzione estetizzante
propria della comunicazione pubblicitaria sembra, infatti, essersi
impadronita del modo in cui si pensa e si comunica in rete.
Particolare attenzione sarà rivolta agli aspetti cognitivi, ossia quelli
legati alla percezione, alla costruzione di modelli rappresentazionali ed
affettivi e quelli connessi ai processi di memorizzazione e si proverà a
tracciare analogie e differenze tra le diverse routine cognitive messe in
atto dai media in esame (o psicotecnologie
1
come verranno in seguito
definiti).
Tutti questi discorsi partono dalla considerazione che, nella nostra
cultura, la modalità visiva di conoscenza sia primaria, per molti aspetti,
rispetto a quella verbale. L'esperienza umana è segnata profondamente
dall'esperienza visiva. Del resto i primi tentativi di scrittura furono
pitture murarie e qualcosa di simile si ripete con le esperienze pittoriche
dei bambini pre-alfabetizzati: sembra che sia più naturale esprimersi per
immagini. Il discorso che svolgerò, trova la sua ragione proprio negli
sviluppi delle interfacce iconiche e dei formati multimediali dove
l'elemento iconico sembra essere sempre preponderante. All'origine del
potere che il mondo delle immagini sembra suscitare in noi appaiono
concorrere essenzialmente fattori legati allo sviluppo ontogenetico dei
meccanismi cognitivi umani. Tali meccanismi si sono evoluti a partire
dalla necessità biologica ed adattiva di adeguarsi e sopravvivere in
ambienti ostili dove l'attenzione per i mutamenti dello stesso e la
repentina modifica del proprio stato risultavano essenziali alla
sopravvivenza.
1
De Kerckhove Brainframes, mente tecnologia mercato ('91)
Baskerville Bologna 1993
Successivamente, con l'evoluzione, si è sviluppata nell'uomo la capacità
di manovrare sistemi simbolici e di effettuare operazioni su di essi. Da
qui inizia l'uso di supporti esterni che svolgeranno la funzione di
estensori della mente e che interagiranno nella costruzione delle
rappresentazioni della realtà.
Ad un storia evolutiva dei meccanismi cognitivi si affianca, quindi, una
storia dei processi socio-culturali in modo che il cerchio si chiuda
ritornando a quella che alcuni hanno definito società dell'immagine e
altri, con una definizione più generale, società della comunicazione:
ovvero quello spazio in cui si ricongiungono il sistema dei media, il
mondo del business e quello delle tecnologie informatiche.
Capitolo I
Prima erano i pittogrammi:
la modalità iconica nella storia dell'uomo
1.1 Un paio di definizioni di comunicazione
Lo sviluppo del web si è posto al centro della convergenza di tre mondi:
quello dell'informatica, dei media tradizionali e dell'economia. Da ciò
deriva che l'oggetto del nostro studio sia un argomento concettualmente
complesso e multi sfaccettato, per cui per cercare di comprenderlo è
opportuno separare e considerare singolarmente i diversi campi.
All'origine di ogni mezzo di comunicazione c'è l'esigenza umana di
comunicare, termine che di per sé già eccede in definizioni. La
comunicazione può essere intesa, allora, come quel comportamento di un
essere vivente in grado di influenzarne un altro. Questa definizione di
impronta behaviorista presuppone che l'atto comunicativo debba essere
accompagnato da una modificazione osservabile nel destinatario che sia
conseguenza dell'atto stesso.
La comunicazione può, ancora, essere intesa come scambio di valori
sociali, condotto secondo determinate regole. Questa concezione
elaborata nell'ambito dello strutturalismo si rifà ai contributi
antropologici di Claude Lévi-Strauss e a quelli linguistici di Roman
Jackbson.
2
L'approccio pragmatico, derivato dalla teoria matematica della
comunicazione di Shannon-Weaver, postula, invece, che la
comunicazione riguardi essenzialmente il trasferimento di informazioni
da un soggetto ad un altro attraverso un canale ed un codice che sia
comune ad entrambi. L'etimologia del termine "informazione" deriva
infatti dal latino informo
3
che significa "plasmare"," dare forma"; da qui
il significato di educare, plasmare intellettualmente tramite la trasfusione
2
Morcellini Le scienze della comunicazione Il Mulino Bologna 1994 pag. 124
3
Ibidem
di nozioni. Questa teoria rivolge l'attenzione all'ottimizzazione del
risultato comunicativo attraverso un controllo della perdita di
informazione del canale. Essa ha insieme con il modello
comportamentista stimolo-risposta, fornito la chiave concettuale e
metodologica per l'estensione di questa accezione del termine nell'ambito
della comunicazione broadcast e in particolar modo nell'ambito
pubblicitario. Le scienze sociali hanno invece posto l'accento sul
carattere di condivisione di un medesimo significato o universo di
significato, fra due o più soggetti. Monti infatti precisa che: "la
comunicazione (…) significa condivisione. Essa non significa inviare
messaggi, ma va intesa come un atto sociale e reciproco di
partecipazione, atto mediato dall'uso di simboli significativi tra individui
e gruppi diversi"
4
. Quello che viene messo in evidenza da questo
modello è l'attenzione su un agire dotato di senso nel quale i soggetti
possono scambiare un'enorme quantità di messaggi, senza però dover
attribuire all'informazione gli stessi significati, e arrivando a produrre
forme interattive altrettanto efficaci. Appare chiaro che emerge una
suddivisione netta tra due distinti gruppi di definizioni del termine
comunicazione. La comunicazione intesa come processo di trasmissione
che in un'ottica macrosociale crea un sistema circolatorio delle
informazioni, all'interno del quale si inscrivono concezioni anche distanti
tra loro, accomunate dalla visione in cui "l'essere umano appare come un
soggetto il quale, più che agire in piena autonomia, è egli stesso agito
dalla struttura sociale"
5
.
Il secondo gruppo di definizioni, invece, è fortemente incentrato sulla
metafora del legame, del potere di agglomerazione dell'attività
4
Monti, voce Comunicazione, in Demarchi, Ellena, Cattarinussi (a cura di) in
Nuovo dizionario di sociologia pag. 447 citato in Morcellini op.cit. pag. 131
5
Morcellini op.cit. pag.135
comunicativa e delle sue caratteristiche di elemento fondativo della
socialità. Le posizioni teoriche di Apel e Habermas, imperniate
reciprocamente sul concetto di "comunità illimitata della
comunicazione" e sulla teoria dell'"agire comunicativo"
6
ne sono un
esempio.
Senza entrare nello specifico dei paradigmi ispiratisi alle varie
concezioni della comunicazione, emerge che l'influenza della prima
accezione è propria dei media tradizionali che, in seguito, come vedremo
in seguito ha per certi versi monopolizzato la stessa accezione di
comunicazione, mentre la seconda ricalca più da vicino il paradigma
comunicativo proprio della rete.
Possiamo considerare la storia della cultura umana come storia
dell'ispessimento della crosta infosferica. Chiamo crosta infosferica
l'universo dei segnali portatori di informazione, di una qualsivoglia
informazione, di un qualsivoglia (…) significato. (…) La storia della
civiltà è ispessimento di questo spazio dei segni, espansione della sfera
artificiale significante nell'ambito dell'ecosfera complessivamente
intesa.
L'universo dei segni portatori di significato intenzionale si allarga e si
complica man mano che le tecnologie di produzione e diffusione di
questi segni si perfezionano e si amplificano e si ramificano".
Franco Berardi Mutazione e cyberpunk
7
6
Ivi pag.136
7
Costa & Nolan Genova 1993 pag.28
1.2 Scritture per immagini, pittogrammi ed altro
C'è differenza tra l'elaborare un'informazione non sensoriale e una
sensoriale? In altre parole se leggiamo o studiamo un concetto mettiamo
in atto meccanismi cognitivi diversi di quando guardiamo un'immagine,
al di là della natura di quest'ultima?
Per secoli l'esperienza percettiva dei sensi è stata ritenuta inferiore in
confronto al ragionamento logico-deduttivo, e non bisogna andare molto
indietro per imbattersi nello scetticismo riguardante la presenza di
intelligenza nell'atto percettivo. Eppure i primi esperimenti di scrittura
erano ben lontani dal presentare il grado di astrazione tipico del nostro
alfabeto fonetico.
Anche se viviamo nell'estensione della scrittura, non bisogna
dimenticare che così come il linguaggio si è sviluppato a partire
dall'imitazione del suono, l'evoluzione della scrittura è iniziata con
l'imitazione di forme di oggetti o di esseri reali. In altre parole la
modalità iconica di rappresentazione è alla base di tutta la scrittura, per
cui occorre riconoscerle un posto d'onore nella storia dell'uomo,
semplicemente perché è precedente la scrittura. Tutte le scritture
moderne sono pittoriche nei loro caratteri poiché originariamente erano
scritture per immagini.
Circa trentacinquemila anni prima dell'era cristiana, nel Paleolitico
superiore, iniziano ad apparire qua e là nell'Europa occidentale oggetti
all'apparenza inutili: sono soprattutto piastrine di pietra e d'osso incise
con serie di tratti ritmati, disposti in un certo ordine e spaziati piuttosto
regolarmente. La loro funzione è quella di mantenere le informazioni al
posto dell'uomo.
Tra il venticinquemila e il quindicimila a.C. si sviluppa l'arte parietale,
attestata dai disegni e dalle pitture delle grotte di Altamira e Lascaux e di
numerosi altri siti sparsi per il mondo. Le raffigurazioni riguardano scene
di caccia e momenti rituali di gruppo realizzate con tratti fortemente
stilizzati e colori straordinariamente vivaci.
Non è semplice rispondere alla domanda principale che emerge subito: si
tratta di un linguaggio? E in caso affermativo, quale messaggio
trasmette?
Secondo gli antropologi l'insieme delle figure delle pitture di ogni
sito rappresenta un insieme coerente di segni visivi che parlano un
linguaggio da percepire nella totalità dei suoi aspetti, un sistema di segni
destinato a esprimere concezioni religiose e mitiche del mondo. Per lo
più i ricercatori vi vedono espressa l'idea tipica - del più antico pensiero
cinese - di una dialettica fondamentale tra l'elemento femminile
fecondato e l'elemento maschile fecondante: tratti, file di segni
puntiformi come aste o bastoncini, per quanto riguarda quelli maschili, e
triangoli, ellissi, circoli chiusi per quelli femminili. Dunque più che il
bisogno di registrare fatti o avvenimenti rilevanti, rimane la necessità e
il tentativo di simboleggiare le immagini più note e rilevanti, passando
ben presto da un valore pittorico dei segni e dei disegni ad un valore
simbolico. Questa forma embrionale di comunicazione non ha quasi
nulla in comune con quella che sarà la scrittura vera e propria.
L'arte parietale si esaurisce in modo repentino tra il 9000 e l'8000
a.C., a quest'epoca appartengono ossa dipinte, ciottoli dipinti con segni
geometrici che secondo alcuni costituirebbe una vera e propria scrittura
embrionale, sono segni di enumerazione il cui numero è di solito 21 o
29, il che fa pensare ad annotazioni delle fasi lunari.
Jean Abélanet, che si è occupato del sito francese della Vallée des
Merveilles, ha parlato di segni senza parole. Le effigi di uomini, donne
animali e scene varie riprodotte su artefatti d'osso o pietra sono stati
definiti disegni-messaggi il che lascia intendere che queste forme siano
degli strumenti di comunicazione in cui il ricevente non può ignorare il
codice e le convenzioni grafiche usate dall'emittente.
L'avvicinamento alla scrittura avviene in modo graduale attraverso
un processo lento di astrazione dei segni pittorici che li allontana dal loro
originario contenuto pittorico e referenziale della realtà. Dunque dai
disegni ai simboli. Quest'evoluzione da luogo prima ai pittogrammi, che
rinviano ad immagini concrete, poi agli ideogrammi,che rimandano ad
un'idea. La cultura degli indiani pellerossa ci fornisce un esempio
calzante perché la loro scrittura, che viene ancora utilizzata, è fatta di
pittogrammi detti descrizioni- rappresentazioni, che in maniera grafica e
lineare narrano della storia, di spedizioni lontane o addirittura
proclamano divieti di passaggi. Spesso queste sequenze di pittogrammi
si leggono da destra a sinistra, da sinistra a destra o a senso alternato.
Sempre in America, ma questa volta Centrale si trovano le iscrizioni
dei Maya e Aztechi. Nonostante la ricchezza di queste iscrizioni, la loro
scrittura rientra nella pittografia, in quanto non presenta un carattere
fonetico. Queste iscrizioni rimangono segni muti, eccitano
l'immaginazione con toni non di rado enfatici, avvolgendo di valore
connotativo le immagini.
Nonostante tutta la produzione iconica, le culture primitive e
prealfabetiche rimangono essenzialmente culture di tipo orale. Walter
Ong
8
ha definito l'oralità primaria, quella relativa a culture che non
hanno mai conosciuto la scrittura così come la intendiamo noi. E'
8
Ong L'interfaccia della scrittura Il Mulino Bologna 1989 pag.43
importante soffermarsi un attimo su questo argomento per capire bene le
relazioni che intercorrono tra una tecnologia di comunicazione e i suoi
risvolti sulla psiche. L'autore sostiene che in una cultura orale la mente
conosce "una sorta di identificazione e di immedesimazione fra chi
conosce e ciò che è conosciuto, nelle quali l'oggetto della conoscenza e
la totalità dell'essere che conosce subiscono una sorta di fusione, con
modalità che le culture alfabetiche hanno sempre ritenuto insoddisfacenti
per la loro vaghezza, la loro confusione e in un certo senso la loro
intensità e la loro partecipazione"
9
.
Le culture orali si appropriano della realtà e tramandano la conoscenza
attraverso l'uso di formule ricorrenti, generate e condivise dall'intera
comunità. In questo contesto la parola ha principalmente il compito di
gestire la memoria sociale e l'intelligenza si identifica proprio con la
memoria, soprattutto uditiva. Nonostante la creazione di un vasto
repertorio di immagini e simboli, le culture oraliste hanno come senso
privilegiato proprio l'udito. Questa centralità del potere della voce è
perdurata ben oltre l'ingresso dell'alfabeto fonetico e della scrittura nella
storia dell'uomo, avvenuta intorno al 1500 a.C. Tale data corrisponde
alla trasformazione dei geroglifici egiziani in scrittura demotica con
valore fonetico. Tuttavia la scrittura ha iniziato realmente a diffondersi
con i Fenici e dall'VIII secolo a.C. con i Greci. Non a caso Thot e
Prometeo sono ritenuti, l'uno in Egitto e l'altro in Grecia, gli dei inventori
dell'alfabeto.
Nell'iconografia sumera la saggezza è rappresentata da una testa con
grandi orecchie, mentre alla gente ispirata capitava di udire delle voci
più che avere delle visioni. L'orecchio è di gran lunga il canale abituale
dell'informazione mentre l'espressione orale denota la verità.
9
Ivi pag. 34
Infatti fondendosi con la coscienza di chi la pronuncia la parola fornisce
direttamente, senza mediazione alcuna, un senso reale di continuità con
la vita, un senso di adesione concreto visto che essa stessa vi
partecipava. La forma legittima del tempo è il cerchio: ogni frase che
non è periodicamente ripresa e ripetuta a voce alta, è destinata a
scomparire, così come i racconti, i riti e i miti sono mantenuti pressoché
immutati dalla ruota delle generazioni.