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Introduzione
Il presente elaborato è dedicato all’analisi della figura di Giona,
vescovo della diocesi francese D’Orleans (c.a. 760-843), e alla sua opera
fondamentale: il De Institutione Regia, considerato uno degli specula principis
più importanti d’età carolingia. Si tratterà di studiare anzitutto la figura di
Giona e di collocarne l’esperienza, all’interno del più ampio contesto storico
di appartenenza, in modo tale da poter mettere in luce l’attiva partecipazione
alle vicende culturali, politiche e sociali del poliedrico scenario del suo
tempo.
L’indagine si suddivide in quattro capitoli:
Nel primo capitolo presenterò un rapido quadro del contesto storico
politico di riferimento, illustrando le vicende dei principali sovrani e
descrivendo gli avvenimenti più significativi che hanno interessato l’Impero
carolingio dalla sua nascita fino alla sua dissoluzione.
Il secondo capitolo sarà dedicato propriamente all’analisi del genere
degli specula principis, alle sue origini e alla sua tradizione. Si indicano con
tale termine gli scritti appartenenti a quel filone di letteratura politico-
religiosa dedicato all’educazione del principe; gli specula principis,
letteralmente “specchi del principe”, dovevano fornirgli infatti lo “specchio”
in cui riflettersi e conoscersi, apprendendo cosi quali dovevano essere i
comportamenti da seguire. Ci si soffermerà dunque anzitutto sulle
caratteristiche di questo genere, sulla metafora vera e propria dello specchio
e sui suoi sviluppi, per poi passare ad un’analisi dei fondamentali speculatores
carolingi e delle loro opere, tra i quali si inserisce anche lo stesso Giona.
Il terzo capitolo può essere considerato come “il cuore” di questo studio.
Mi occuperò qui di proporre una presentazione dei tratti salienti della vita di
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Giona e della produzione letteraria a lui connessa, soffermandomi su quella
che assieme al De Institutione Laicali risulta essere la sua opera più
importante: il De Institutione Regia. In essa possiamo trovare espressa infatti a
chiare lettere quella che può essere definita una vera e propria etica della
regalità, di cui Giona si fa portatore. Cercherò di mettere in evidenza da un
lato come Giona si sia ivi occupato di analizzare il ruolo proprio del sovrano
e le caratteristiche che questi deve immancabilmente possedere per poter
essere ritenuto un buon governatore. Dall’altro lato cercherò di mostrare
come Giona abbia messo in relazione la figura del sovrano con quella del
sacerdote, soffermandosi efficacemente sul rapporto sussistente tra
sacerdozio e regalità, attraverso la proposta di una concezione dualista che
assegna ai due ambiti un ruolo autonomo-cooperativo nella guida della
societas cristiana.
Nel quarto ed ultimo capitolo cercherò infine di mettere a confronto il
ruolo del sovrano con il ruolo del laico nella società cristiana, attraverso
l’analisi di uno dei capolavori di Giona, il De Institutione Laicali, che può
essere considerato uno dei più importanti specula laicorum di età carolingia.
Cercherò di mostrare inoltre, come Giona, abbia voluto in questo modo
inserirsi all’interno dell’ampio progetto di riforma della società cristiana
promosso da Ludovico il Pio: componendo il De Insititutione Laicali, egli ha
dato vita ad un vero e proprio trattato di etica per l’intero ordo laicorum, cosi
come era già stato fatto per gli altri due ordini in cui si suddivide la società
cristiana secondo il modello gregoriano, quello dei monaci e quello dei
sacerdoti.
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1) Descrizione del contesto storico-politico dell’età carolingia
Il IX secolo è ricordato dagli storici come il secolo della disgregazione e
della decadenza del Sacro Romano Impero, o Impero carolingio. Tale rapida
dissoluzione non poteva di certo essere prevista all’inizio del secolo, quando
Carlo Magno, incoronato imperatore la notte di Natale dell’800 per mano di
papa Leone III, esercitava il suo dominio e il suo potere su gran parte
dell’occidente Europeo.
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L’Impero aveva visto i suoi albori già dopo lo sfaldamento del regno
dei franchi. Alla morte del re merovingio Clodoveo
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, i figli, procedendo alla
divisione del territorio, avevano dato vita a ben tre regni autonomi: la
Neustria, la Borgogna, e l’Austrasia. Successive spartizioni territoriali
avevano accelerato contemporaneamente la decadenza della dinastia
merovingia e favorito l’ascesa dell’aristocrazia delle singole regioni. È in
questo contesto che si colloca la nascita di una nuova figura, quella dei
cosiddetti “maestri di palazzo”, ovvero agenti del re con il doppio incarico di
funzionari pubblici e di amministratori dei beni regi. In particolare sono i
maestri di palazzo d’Austrasia a prendere ben presto il controllo della
situazione generale.
Nel VII secolo, all’interno dell’aristocrazia dei maestri di palazzo
d’Austrasia, si afferma la famiglia degli Arnolfingi (la stessa che più tardi
sarebbe stata chiamata dei Pipinidi e poi dei Carolingi). Essi vedono in breve
1
Cfr. F. CAMASTRA (a cura di), La disgregazione dell’impero carolingio, teoria e prassi politica nel
nono secolo, Editrice Vannini, Brescia 1983, p. 5.
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Clodoveo I, nato nel 465, fu il primo re de Franchi appartenente alla dinastia dei
Merovingi. Salì al potere nel 481, succedendo al padre Childerico. Si impadronì di Parigi nel
493; debellò i Germani nel 496 a Tolbiac, e i Visigoti nel 407, cui tolse l’Alsazia. Poco dopo la
battaglia di Tolbiaco del 496 in cui vinse gli Alemanni, si convertì al cristianesimo; si fece
battezzare nella cattedrale di Reims da san Remigio iniziando con il suo esempio la
conversione dei Franchi al cattolicesimo. Morì nel 511. ( P. FEDELE, Grande dizionario
enciclopedico III seconda edizione, Unione tipografico-editrice torinese, Torino 1955. P.714).
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tempo crescere vertiginosamente la loro potenza acquisendo un potere
ampio a tal punto da permettergli addirittura di regnare al posto dei re
legittimi. È con Pipino di Heristal
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che si definisce ufficialmente la situazione.
Egli riesce a sconfiggere rispettivamente i maestri di palazzo di Neustria e
Borgogna, unificando nelle sue mani il territorio che era stato fino a quel
momento diviso e comportandosi come un sovrano vero e proprio.
Una più solida e completa unificazione è portata avanti dal figlio di
Pipino, Carlo Martello
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. Egli procede mantenendo il potere costituito dal
padre, ma gli attribuìsce una più marcata coloritura a difesa della cristianità,
realizzando una vera e propria sintesi politico-religiosa.
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Nella prima metà
del VII secolo questa sintesi prende forma a tutti gli effetti nella
collaborazione tra Carlo Martello e il missionario Winfrith-Bonifacio.
Quest’ultimo era una monaco sassone dell’Inghilterra meridionale che
assunse il nome di Bonifacio recandosi a Roma come pellegrino, dove fu
consacrato vescovo e nominato legato papale per le sue missioni in
Germania. È proprio così che la sintesi politico-religiosa arriva a coinvolgere
direttamente anche la sede papale.
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Pipino di Heristal, nipote per madre di Pipino di Landen e padre di Carlo Martello nacque
nel 640 circa. Governò l’Austrasia con il titolo di duca, dopo la successione di Dagoberto
avvenuta nell’anno 680. Tenne fronte al Maggiordomo del regno di Neustria, Erboino, che
voleva mettere il reame sotto l’autorità di Teodorico III. Dopo averlo ucciso nel 681, costrinse
il principe Teodorico III a nominarlo prefetto di palazzo, diventando in questo modo
Maggiordomo unico per i regni di Austrasia e Neustria. Morì nel 714, lasciando come erede
il figlio Carlo Martello. (P. FEDELE, Grande dizionario enciclopedico…, cit., X, p.42)
4
Carlo Martello, figlio illegittimo di Pipino di Heristal fu duca d’Austrasia. La sua
successione alla morte del padre venne contestata dalla matrigna Plectrude, che lo fece
arrestare nel 714. Riuscì ad evadere di prigione e a prendere il potere nel 715. Nel 732 riuscì a
fermare a Poitiers le truppe musulmane, bloccando così la conquista araba dell’Europa. Morì
nel 741. . ( P. FEDELE, Grande dizionario enciclopedico.., cit., III, p.36) .
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Cfr. G. PICCINNI, Il Medioevo, Bruno Mondatori, Roma 2004, pp. 48-50
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Alla morte di Carlo Martello, i figli Pipino il Breve e Carlomanno
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si
preoccupano di rafforzare questa sintesi. Il ritiro in monastero di
Carlomanno e il conseguente abbandono del potere politico, insieme al
martirio subito da Bonifacio, sono segni evidenti del rinnovato clima
religioso in cui andava ad inserirsi il regno dei franchi e della complessità
dell’ideologia che si andava formando.
L’ideologia cristiana carolingia comincia a delinearsi in modo più
compiuto con quello che può essere identificato come l’elemento rivelatore
per eccellenza: l’elevazione al trono di Pipino il Breve
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nel 751 in sostituzione
della dinastia merovingia e l’alleanza con il papato al fine di ottenere la
legittimazione per la sua elezione regale. Papa Stefano II concede infatti in
Francia l’unzione regia al nuovo re e ai suoi figli, il quale si era li recato per
chiedere aiuto ai longobardi.
Con Carlo Magno, successore e figlio di Pipino il Breve, si apre per
l’Impero una delle stagioni più significative dal punto di vista culturale, ben
rappresentata dal diacono Alcuino di York, il nobile anglosassone che
attratto dalla grandezza del re arriva alla sua corte esercitandovi la più alta
efficacia intellettuale.
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In meno di trent’anni Carlo Magno riesce a
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Carlomanno, figlio maggiore di Carlo Martello, nacque nel 707. Alla morte del padre,
ereditò l’Austrasia, la Svevia e la Turingia, che governò come Maggiordomo, senza assumere
il titolo di re. Dopo tante battaglie, nel 747 rinunciò al potere e si fece religioso, lasciando in
mano al fratello pipino il Breve tutti i suoi titoli e i suoi possedimenti. Morì a Vienne, nel 754.
( P. FEDELE, Grande dizionario enciclopedico.., cit., III, p.36)
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Pipino III detto il Breve, figlio di Carlo Martello, e padre di Carlomanno I e Carlo Magno,
nacque a Jupille nel 714. Fu maggiordomo di Palazzo di Neustria (741-751) e di Austrasia
(747-751). Nel 751, un’assemblea di Franchi riunita a Soissons proclamò Pipino re dei
Franchi, mentre Childerico III, ultimo dei Merovingi, venne deposto e chiuso in convento.
Poco dopo il papa Stefano II si recò in Francia per chiederegli aiuto contro la minaccia
longobarda. Si strinse cosi un accordo, per cui Pipino si impegnava a proteggere la Chiesa
romana e a far restituire a san Pietro le terre occupate da Astolfo. Stefano secondo in
compenso, unse e proclamò solennemente Pipino re dei Franchi. Morì a Saint Denis nel 768.
( P. FEDELE, Grande dizionario enciclopedico.., cit., X, p.43)
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Cfr. G. TABACCO, Le ideologie politiche del medioevo (Piccola biblioteca Einaudi), Einaudi,
Torino 2000, pp 29-32.