9
Introduzione
Da pochi decenni la marca ha acquistato il diritto di
essere presa in considerazione negli studi di economia,
diventando valore d’immagine e capitalizzazione per le
aziende. Un profondo cambiamento ha investito il sistema
delle merci e della loro comunicazione, cambiamento che sta
mettendo in crisi i tradizionali sistemi di comunicazione. Il
concetto di brand è divenuto pervasivo ed è entrato in tutti gli
ambiti, dall’industria di prodotto, a quella dell’intrattenimento, a
quella culturale e sociale. Alla luce di ciò, non si può
sottovalutare l’importanza del brand come immagine che
racchiude e veicola l’identità dell’azienda e che spesso si
stacca dal prodotto stesso assumendo una vita propria.
Quando si parla di marche solitamente si pensa, per
l’effetto di awareness, a quelle più note, gestite e di proprietà
delle grandi imprese mainstream: le marche che ci circondano
e fanno parte della nostra vita. Nuove marche sono create
ogni giorno e in tutto il mondo, ma solo poche riescono a
entrare nella mente e nel cuore dei consumatori. Questi brand
di successo spesso hanno una storia da raccontare; molte
sono originali e innovative. IKEA, Apple, Google, Starbucks:
sono tutti grandi brand con grandi storie. Da qualche tempo,
però, si assiste a un proliferare di marche “autoprodotte”, non
collegate alle grandi aziende e meno conosciute, che seguono
vie di sviluppo diverse. Pensano in piccolo ma possono
diventare grandi: sono gli indie brand.
L’obiettivo di questa tesi è quello di arrivare ad una
definizione più precisa (anche se non definitiva) di cosa siano
10
gli “indie brand”, dal momento che nella letteratura di
marketing ci sono pochi studi circa la tematica
dell’imprenditoria indipendente: si parla di nicchia e
microimprese, ma del termine indie non v’è traccia. Questo
perché la parola indie è ripresa dall’industria musicale in cui le
etichette indipendenti si distinguono dalle major in quanto
autoproducono e promuovono i propri prodotti
indipendentemente dal circuito delle multinazionali. Applicando
questa stessa “filosofia” all’imprenditoria, si possono definire
gli indie brand.
Nel primo capitolo si illustreranno le caratteristiche
principali delle marche indipendenti: la prima è, appunto, l’
indipendenza che si riscontra sia nell’ aspetto economico (non
sono sostenuti finanziariamente da investitori e big corporation
ma si autofinanziano) che nella personalità del
fondatore/proprietario e team coinvolto che usano i principi del
“do it yourself” gestendo personalmente produzione,
comunicazione e distribuzione. Tutti hanno una storia curiosa,
divertente e affascinante alle spalle e spesso nascono da una
passione condivisa da amici, da un’intuizione che poi si
trasforma in un’impresa. Le dimensioni aziendali e il livello di
fatturato ci consentono di identificare questi tipi di brand nella
classificazione europea delle PMI, nello specifico, nella
microimpresa (aziende fino a dieci dipendenti). Scopriamo che
i brand indipendenti non riguardano solo la moda alternativa
ma i settori merceologici sono vari e comprendono numerose
tipologie di prodotti: dal cibo ai prodotti di design, bevande,
profumi, articoli per la cura della persona e per la casa. Sono
tutti molto sensibili al tema della sostenibilità ambientale e
11
seguono un’etica green; spesso si usano materiali organici,
biologici e naturali nella produzione. Danno molta importanza
all’unicità dei propri prodotti e al design; per emergere nel
mercato si distinguono proponendo edizioni limitate, creazioni
uniche, fatte a mano, magari non proponendo un nuovo
prodotto ma realizzandolo attraverso tecniche innovative o
pubblicizzandolo con modalità di comunicazione
unconventional capaci di attirare l’attenzione sull’immagine del
brand. Successivamente sarà data una definizione del target
di riferimento dei brand indipendenti, identificandolo in un
segmento di giovani orientati alla realizzazione del sé, che
rifiutano le convenzioni e cercano sempre di distinguersi dalla
“massa”, interessati ai temi ambientali ed etici, all’arte, alla
cultura, alla tecnologia, al nuovo e alla moda. A fine capitolo,
una panoramica internazionale sui brand indipendenti ci farà
capire nella pratica come si presentano.
Il secondo capitolo si concentra sulle strategie e gli
strumenti di comunicazione e distribuzione degli indie brand:
usano prevalentemente mezzi below the line come i social
network, il sito internet e/o blog personale (autogestiti), eventi
e tecniche non convenzionali come guerrilla, ambient e viral
marketing.
Il terzo capitolo approfondisce il tema della “nicchia”, in
cui operano gli indie brand, sottolineando il passaggio da un
mercato di massa a una massa di nicchie che hanno come
caratteristiche principali l’originalità e il potere differenziante
rispetto ai competitors.
12
Il quarto capitolo affronta la case history di Joe Rivetto,
brand italiano dal sapore internazionale, che ci rivela come
una piccola azienda nata quasi per “scherzo” sia riuscita a
raggiungere il mercato nazionale grazie alla mente creativa di
un team di giovani grafici e pubblicitari, dimostrando che
“piccoli è bello” ma ciò non significa che non si possa godere
del successo commerciale.
14
CAPITOLO 1
INDEPENDENT BRANDS – LE MARCHE
INDIPENDENTI
16
1.1 I significati dell’etichetta “indie”
Il termine “indipendente” applicato all’impresa (brand
indipendenti o indie brands) viene preso “in prestito”
dall’industria discografica, che si suddivide in mercato delle
major e mercato delle etichette indipendenti
1
. Le major sono
legate a multinazionali che detengono gran parte del mercato
musicale mondiale. Le indipendenti (indie labels) sono
etichette che autoproducono e promuovono i propri prodotti
indipendentemente dal circuito delle multinazionali (ma spesso
con accordi distributivi o di cooperazione
2
).
Analogamente a questa distinzione, in ambito di economia
di mercato, le aziende di produzione (o Imprese) possono
essere classificate, in base al criterio della localizzazione dei
mercati di vendita, in:
aziende locali: collocano i propri prodotti (beni e servizi)
in un ambito locale (comune, provincia, regione). Si
pensi, ad esempio, a una piccola impresa commerciale
che vende i propri prodotti nell’ambito del comune in
cui è ubicata;
aziende nazionali: collocano la maggior parte dei propri
prodotti in tutto il territorio nazionale (o in una porzione
rilevante);
aziende multinazionali: collocano la maggior parte dei
propri prodotti in diverse nazioni.
A loro volta le aziende multinazionali possono essere
ripartite in tre tipologie:
1
<http://musicaememoria.altervista.org>
2
Cfr. Mazza E., “Il mercato discografico” in Balestra A., Malaguti C. (a cura
di), Organizzazione Musica- Legislazione, produzione, distribuzione,
gestione del sistema italiano, FrancoAngeli, Milano, 2003 p.271
17
aziende multinazionali “orizzontali” che gestiscono
impianti produttivi, collocati in diverse nazioni, al fine di
realizzare produzioni simili (esempio: McDonalds);
aziende multinazionali “verticali” che producono in
alcuni paesi merci che servono come materie prime
per stabilimenti in altri paesi (esempio: Adidas);
aziende multinazionali “diversificate” che producono, in
diversi paesi, vari prodotti non direttamente collegati tra
loro (esempio: Microsoft
3
).
Facendo una distinzione sulla base delle dimensioni
aziendali, si potrà notare come la metafora musicale sia molto
appropriata: da un lato, infatti, abbiamo le multinazionali
internazionali di grandi dimensioni, sorrette finanziariamente
dai grandi azionisti; dall’altro le microimprese
4
(o anche piccole
e medie) e le aziende in fase di start up a livello locale e
nazionale. Le microimprese si possono espandere anche a
livello internazionale, poiché grazie a internet potenzialmente
possono essere reperibili in tutto il mondo, anche se bisogna
tenere sempre in considerazione i vari limiti legati alle
differenze linguistiche, di legislazione, di transazioni.
Un Independent business (o Indie business) è un
termine col quale ci si riferisce ad aziende di proprietà privata
(in opposizione alle aziende di proprietà pubblica attraverso
una distribuzione di azioni sul mercato) che solitamente
prendono la forma di ditta individuale. È un’espressione
3
Hinna L. (a cura di), Lezioni di Economia delle Aziende, Pubbliche e Non
Profit, Cedam, Roma, 2012, p.12
4
Dal 2003 la definizione di PMI della Commissione europea comprende la
subcategoria di microimpresa.
18
frequentemente usata per distinguere un’azienda unica,
indipendente dalle catene aziendali o conglomerate
5
.
È nell’ambito musicale che il termine “indipendente”
(che si riferisce principalmente al “non appartenente alle
major”) ha una sua connotazione specifica. Tale espressione
viene utilizzata per ricomprendere quegli artisti musicali che
non firmano contratti con le cosiddette etichette major (di solito
le "quattro grandi" compagnie discografiche: Warner,
Universal, Sony ed EMI, che coprono il 90% del mercato
discografico planetario), ma con le indie labels, etichette
indipendenti che, a differenza delle major, permettono
all'artista un controllo globale sulla propria produzione
(musica, testi, grafica del disco, ecc.) e una maggiore libertà
espressiva. Per questi motivi vengono spesso preferite dai
musicisti, specialmente agli esordi
6
.
È verso la fine degli anni Novanta, grazie al vasto
utilizzo di studi di registrazione privati, di masterizzatori CD e
alla diffusione di Internet, che le etichette indipendenti
iniziarono ad assumere un ruolo di mercato maggiormente
rilevante
7
. Le etichette indipendenti sono talvolta di proprietà
dell'artista stesso, cosa che gli consente di produrre la propria
musica senza pressione da parte dell'industria. Di contro, gli
artisti indipendenti possono permettersi una diffusione
radiofonica e televisiva molto inferiore e normalmente hanno
minori vendite delle loro produzioni rispetto agli artisti sotto
5
Fonte: National Federation of Independent Business <www.nfib.com>
Data ultima consultazione 20 aprile 2012
6
Definizione del New Musical Express - NME (settimanale musicale
inglese). <http://it.wikipedia.org/wiki/Etichetta_discografica_indipendente>
Data di ultima consultazione: 25 maggio 2012.
7
<http://soundcloud.com/gos-music>
19
contratto con una major
8
. Gli artisti indipendenti hanno però
spese di produzione inferiori. Occasionalmente anche alcuni
artisti già affermati, dopo aver terminato il contratto con
una major, firmano per un'etichetta indipendente. Questo
permette loro di sfruttare la notorietà già acquisita per disporre
di una maggiore libertà nella produzione dei propri album
9
.
Il termine “indie” indica anche il modo in cui il suono è
presentato o prodotto; spesso, però, è confuso con il tipo di
suono stesso, ovvero il genere musicale . In generale, il
termine è associato a un artista o a un gruppo che non fa
parte della cultura mainstream o che fa musica al di fuori
dell'influenza della stessa
10
. Infatti, sebbene lo stile musicale
di questi gruppi in realtà possa variare molto, essi vengono
definiti comunque “indie” poiché si associa il termine a un
atteggiamento "fai-da-te" e all'abilità di lavorare al di fuori dalle
grandi corporation, più che al genere musicale. Tuttavia, non è
affatto detto che un'etichetta che si definisce indipendente
garantisca un approccio libero, non orientato al marketing o
comunque a uno stile musicale prettamente commerciale; né
d'altra parte è vero che le major siano orientate
esclusivamente alla produzione di musica commerciale (band
come Radiohead, Pulp e Sonic Youth, pur essendo sotto
contratto con delle major producono musica “alternativa
11
”).
Questa stessa affermazione si può riscontrare anche
nella presunta produzione di nicchia delle imprese
indipendenti. Da un lato, infatti, ci sono brand che preferiscono
8
http://it.wikipedia.org/wiki/Etichetta_discografica
9
<http://it.wikipedia.org/wiki/Etichetta_discografica#La_nascita_delle_etichett
e_indipendenti > Data ultima consultazione > 20 aprile 2012
10
Ibidem
11
Ibidem
20
restare indipendenti a livello “etico”: produrre delle edizioni
limitate e servire un mercato di nicchia; dall’altro lato, invece,
ce ne sono altri che desiderano espandersi, senza per questo
voler rinunciare all’indipendenza.
Nel primo caso, naturalmente, c'è una tensione
intrinseca tra la ricerca della completa libertà creativa e
mantenere il marchio in vita. Infatti, gli imprenditori devono
costantemente bilanciare le proprie pulsioni creative con la
gestione della realtà finanziaria che emerge dall’attività di
sviluppo di un brand. Pur rimanendo indipendenti, anche le
marche indie hanno bisogno di lottare per il successo
commerciale o in alcuni casi devono accettare il mainstream
12
.
Come puntualizza il blogger olandese Nalden, esperto di
nuove tendenze e cofondatore di WeTransfer
13
, “essere indie”
e godersi il successo commerciale non sono due concetti che
si escludono a vicenda. «Il nostro brand è un business, non un
hobby. Non siamo dilettanti, siamo professionisti. Stiamo
investendo tutti i nostri soldi in questa impresa e ciò ha
bisogno di avere successo. Essere indie non significa che non
puoi godere del successo commerciale. Basta guardare alle
band musicali che firmano con le etichette indipendenti: solo
per il fatto che si finanziano in modo indipendente non significa
che non debbano guadagnare. E certamente non significa che
non vogliano ottenere un qualche tipo di successo
14
.» Anche
qui ricorre chiaramente la metafora dell’industria musicale. Il
12
Van Gaalen Anneloes, Indie Brands - 30 Independent Brands that inspire
and tell a story, BIS Publishers, Amsterdam, 2011, p. 7
13
WETRANSFER è un servizio on line di trasferimento file gratuito per il
consumatore finale. Si finanzia con la pubblicità che grandi aziende fanno
sul background del sito recante fotografie che pubblicizzano i propri prodotti
14
Van Gaalen A., op. cit., p. 7
21
concetto che traspare è che alla base del marketing deve
esserci un buon prodotto che, anche se dovesse passare dalla
diffusione indirizzata a un mercato di nicchia a quella di un
mercato di massa, non cambierà la sua natura “indipendente”:
basta mantenere i metodi di produzione, distribuzione e
comunicazione in linea con i propri valori indie.
Gli indie brand variano nella dimensione, si passa da
brand individuali creati da una sola persona (one man-brand)
alle piccole e medie imprese
15
. Non crescere può essere una
scelta: le maggiori dimensioni possono offrire maggiori
opportunità di guadagno ma espongono l’impresa anche a
maggiori rischi connessi al maggiore fabbisogno finanziario e
alla maggiore complessità di gestione e organizzazione. Ad
esempio, nelle imprese a conduzione familiare, crescere
significa per l’imprenditore-capo famiglia mettere
maggiormente a rischio il patrimonio familiare o comunque
rinviare nel tempo l’opportunità di prelevare utili (sotto forma di
dividendi) dall’impresa; nel caso delle microimprese, crescere
significa per l’imprenditore-manager passare da un controllo
diretto dell’attività e delle persone a un’organizzazione vera e
propria con le sue caratteristiche di spersonalizzazione
16
e che
richiede anche conoscenze più specifiche.
Per quanto riguarda i settori merceologici, tutte queste
imprese vendono prodotti differenti, dai popcorn organici agli
strumenti di portfolio online, dai vestiti ai prodotti per la pulizia
della casa e cura della persona. Nonostante le loro diverse
origini, dimensioni e tipologia di prodotti, esse hanno in
15
Ivi, p.6
16
Brioschi M.S., L’impresa e il suo contesto, Corso di economia applicato
all’ingegneria, Università degli studi di Bergamo, Bergamo, A.A. 2009-2010.
22
comune tre importanti caratteristiche che li accomunano come
veri indie brand: sono indipendenti (a livello finanziario e di
filosofia), hanno una storia che vale la pena condividere
(storytelling) e tutti loro capiscono la magia del marketing
17
.
1.2 Le caratteristiche principali degli indie brands:
autoproduzione e indipendenza
Il motivo principale per cui queste marche si
definiscono “indipendenti” è che non sono sostenute da grandi
budget, né sono spin-off
18
di grandi multinazionali o altre
grandi marche mainstream. Ma non è solo il fatto che tali
brand si sostengono economicamente in modo indipendente a
renderli “indie”, essi hanno anche un vero spirito indipendente.
L’indipendenza finanziaria significa libertà. Molti dei brand di
cui si parlerà nella tesi sono stati creati da ex pubblicitari, sia
uomini che donne, delusi dalla mancanza di libertà creativa
delle grandi aziende per cui lavoravano precedentemente
19
;
17
Van Gaalen A., op. cit., p.6.
18
Con il termine spin-off si fa riferimento al processo attraverso il quale
singoli individui o unità organizzative o produttive si separano da una
impresa esistente e danno origine ad una nuova impresa. Questa situazione
si può verificare sia quando singoli soggetti (lavoratori o dirigenti) lasciano il
proprio lavoro alle dipendenze di una organizzazione preesistente per dar
vita ad una nuova iniziativa imprenditoriale; sia in seguito alla dismissione di
una specifica attività dell’impresa originaria perché essa stessa possa
essere collocata in una nuova unità giuridicamente indipendente.
Arcaini E., Arrighetti A., Vivarelli M., Imprese che producono imprese.
Motivazioni e fattori influenti sulla formazione di spin-off, Ufficio studi della
Camera di commercio di Milano, Milano, 1997, p.7
19
Van Gaalen A., op.cit., p.7