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1. INTRODUZIONE
Il presente lavoro si propone di esaminare le modalità attraverso cui l‟Unione
europea elabora e attua la sua politica di sicurezza esterna (Politica estera e di
sicurezza comune o PESC), intesa come l‟insieme degli strumenti posti in essere
dall‟Unione per fronteggiare quelle situazioni percepite come minacce, in quanto
suscettibili di mettere in pericolo la sicurezza dei suoi Stati membri e la pace
internazionale. La popolazione dell‟Unione europea sfiora i 500 milioni di persone
ed è la terza nel mondo per ordine di grandezza dopo quelle della Cina e dell‟India.
Le sue dimensioni e il suo impatto in termini commerciali, economici e finanziari
fanno dell‟Unione una delle principali potenze mondiali: essa è all‟origine della
maggior parte degli scambi commerciali e genera un quarto della ricchezza
mondiale.
Ma le dimensioni e la straordinaria espansione economica degli ultimi decenni
comportano anche una doverosa assunzione di responsabilità: infatti, oltre ad essere
una potenza commerciale sempre più influente, negli ultimi anni l‟Unione europea si
è dotata di una propria politica estera e di sicurezza che le dovrebbe consentire di
parlare e agire con una sola voce sulla scena mondiale.
L‟Unione opera insomma a tutto campo sul piano internazionale, con una continua
espansione della propria azione e con un peso politico crescente; a questo punto il
problema che si pone è quello di conformare le strutture, i meccanismi e gli strumenti
d‟azione al ruolo di protagonista sulla scena internazionale che ormai le compete, in
coerenza con l‟obiettivo di rafforzare “l‟identità dell‟Europa e la sua indipendenza al
fine di promuovere la pace, la sicurezza e il progresso nell‟Europa e nel mondo”
(come recita il Preambolo del Trattato sull‟Unione europea). E tuttavia proprio in
questo settore, lo sviluppo del processo comunitario è passato attraverso la continua
dialettica tra istanze integrazioniste ed intergovernative: esso è stato possibile solo
grazie alla faticosa ricerca di compromessi e mediazioni per tener conto delle ragioni
e anche delle pressioni dei singoli Stati membri
1
. Infatti, come ricorda il noto giudice
Antonio Tizzano, «above all, what remains is a fragmented and divided structure,
1
A. TIZZANO, Note in tema di relazioni esterne dell’Unione Europea, in Luigi Daniele (a
cura di), Le relazioni esterne delle’Unione europea nel nuovo millennio, Milano, 2001, pp. 31-32.
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which fails to establish in the area of external powers, as for the internal, an organic
and comprehensive framework and a clear allocation of competence between the
Union and its Member States. The debate between the “supranationalists” and
“intergovernmentalists” is most evident in the convoluted and still vague definition
of the scope of the Community’s external powers»
2
.
I conflitti regionali scoppiati in Europa e nelle altre parti del mondo all‟inizio degli
anni „90 (tra gli altri, gli scontri in ex Jugoslavia, Guinea-Bissau e Palestina) e la
necessità di combattere il terrorismo internazionale all‟alba del nuovo millennio,
hanno convinto i leader europei a istituire i necessari strumenti diplomatici e
d‟intervento. Il cammino per implementare questi strumenti è stato lungo e
complicato, ma il Trattato di Lisbona può essere considerato un punto d‟arrivo
apprezzabile di tale cammino. Esso, tenendo conto delle evoluzioni politiche,
economiche e sociali e volendo rispondere alle aspirazioni dei cittadini europei,
contiene nuove regole che disciplinano la portata e le modalità della futura azione
dell‟Unione e ha consentito di adeguare le istituzioni europee e i loro metodi di
lavoro, di rafforzare la legittimità democratica dell‟Unione e di consolidare i valori
fondamentali che ne sono alla base.
Proprio sulla base degli articoli contenuti nel suddetto trattato (entrato in vigore il 1°
dicembre 2009), in questa tesi vengono presentati i principi generali della Politica
estera e di sicurezza comune dell‟Unione europea e, per meglio comprendere come
l‟Europa sia arrivata ad un tale livello di integrazione, vengono presentate le tappe
storiche fondamentali che in circa sessanta anni hanno condotto alla firma del
Trattato di Lisbona da parte dei 27 Stati membri (vedi cap. 2). La Politica estera e di
sicurezza comune si esplica attraverso atti, decisioni e accordi che vengono adottati e
conclusi da particolari organi che devono sottostare a specifiche regole: nel cap. 3
sono presentati gli organi competenti in questo campo e i compiti che ad essi sono
assegnati dai trattati. Infine, nel quarto e ultimo capitolo, viene presentato un caso
concreto, quello della crisi libica. Dopo una necessaria premessa sulla storia recente
del paese nordafricano e l‟esposizione del contenuto della risoluzione 1973 delle
Nazioni Unite, adottata nel marzo scorso per proteggere i civili ed imporre un cessate
2
L‟espressione è di A. TIZZANO, The foreign relations law of the EU between
Supranationality and Intergovernmental model, in Enzo Cannizzaro (edited by), The european Union
as an actor in international relations, The Hague – London – New York, 2002, p. 137.
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il fuoco tra lealisti e ribelli, viene illustrato il relativo comportamento assunto dai
singoli Stati e, in particolare, dall‟Unione europea, considerata come soggetto
politico a carattere sovranazionale ed intergovernativo, attraverso le dichiarazioni e
gli atti ufficiali adottati dai suoi organi.
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2. PREMESSA STORICA
2.1 Principi generali: la dimensione politica dell’azione esterna
dell’Unione europea
L‟azione esterna dell‟Unione europea può essere suddivisa in due ambiti: quello
economico (regolamentato nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea,
TFUE) e quello politico (vedi Trattato sull’Unione europea, TUE). Il campo
politico prevede una cooperazione intergovernativa (Consiglio europeo e Consiglio)
e nel corso degli anni ciò ha comportato non poche tensioni istituzionali e difficoltà
di coordinamento, con effetti negativi sulla coerenza generale dell‟azione
comunitaria.
Il quadro istituzionale è stato disciplinato in modo unitario all‟interno del TUE per
tutti i settori di attività dell‟Unione. Gli artt. 23-46 all‟interno del Titolo V del TUE
(formato da 55 articoli in totale) regolano l‟azione esterna dell‟Unione: in particolare
gli artt. 23-41 definiscono le norme e le procedure per la politica estera e di sicurezza
comune, mentre gli artt. 42-46 regolano la politica europea di sicurezza e difesa.
Gli obiettivi comuni dell‟Unione europea (art. 21 TUE) vengono perseguiti
attraverso l‟azione dell‟Unione sulla scena internazionale che si fonda sui principi di
democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell‟uomo e delle
libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e
solidarietà, indipendenza e integrità dell‟Unione, promozione della cooperazione
internazionale in conformità ai principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto
internazionale.
Sulla base di questi principi, il Consiglio europeo adotta all‟unanimità delle decisioni
(art. 22 TUE) che definiscono gli interessi strategici e gli obiettivi dell‟azione esterna
dell‟Unione europea. Le decisioni hanno portata generale e presentano obiettivi di
varia natura, che possono riguardare le diverse politiche esterne dell‟Unione; esse
concorrono a riunire in un approccio globale gli obiettivi e gli strumenti dell‟Unione
e degli Stati membri nei diversi settori delle relazioni esterne.
Infine, ricopre un‟importanza vitale il cosiddetto principio di coerenza (art. 21, n. 3,
co. 2, TUE), cioè il coordinamento tra le politiche esterne dell‟Unione europea e la
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PESC/PESD: questo principio opera come criterio di comportamento per le
istituzioni che devono fare in modo che le decisioni prese nell‟ambito dei vari settori
di competenza siano prive di contraddizioni e, in particolare per quanto riguarda le
relazioni esterne, che esse operino in modo sinergico sulla scena internazionale. In
questa direzione l‟Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza
svolge un ruolo fondamentale, infatti egli «vigila sulla coerenza dell‟azione esterna
dell‟Unione». Questo, insieme a una definizione più sistematica e integrata delle
competenze e degli strumenti di azione dell‟Unione in campo internazionale,
garantisce una maggior coerenza generale dell‟azione esterna dell‟Unione europea.
2.2 Nascita ed evoluzione della cooperazione nella politica estera e di
sicurezza tra gli Stati membri
Le origini della cooperazione europea in materia di politica estera e di sicurezza
risalgono agli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale. Nel
1957, quando nacquero le Comunità europee, l‟obiettivo era quello di riunire le
nazioni e i popoli europei colpiti dalla guerra. La necessità di sviluppare le relazioni
esterne aveva due motivazioni principali: i sei Stati membri originari (Italia, Francia,
Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Germania), mentre eliminavano le barriere
commerciali reciproche, sentivano la necessità di assumersi una responsabilità
comune per le proprie relazioni commerciali con l‟esterno. «Così nacque la politica
commerciale comune, il primo settore in cui i Paesi dell‟Unione europea hanno
messo insieme la propria sovranità nel nome di un interesse comune. Al contempo,
gli Stati membri si accordarono per condividere le spese finanziarie per l‟assistenza
alle loro ex colonie, in particolare in Africa, via via che acquistavano l‟indipendenza.
Con le adesioni all‟Unione di altri Paesi, essa si è dovuta assumere nuove
responsabilità, dovendo quindi dare una fisionomia ben precisa alle proprie relazioni
con il resto del mondo e con le organizzazioni internazionali»
3
.
La gestione delle relazioni esterne dell‟Unione è un processo dinamico e, infatti, nel
progettare la propria politica estera l‟Unione stessa ha dovuto tener conto anche di
3
Estratto da L’UE nel mondo. La politica estera dell’Unione europea, edito dall‟Ufficio
delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo, 2007, p. 5.