Riassunto
Il cancro non è una malattia unica, dovuta a un’unica causa e curabile mediante un
unico trattamento: esistono oltre 200 diversi tipi di cancro, ognuno con i suoi
fattori di rischio, le sue caratteristiche morfologiche e biologiche e uno specifico
trattamento terapeutico.
Le neoplasie sono dovute alla combinazione di più cause, definite fattori di
rischio, che agiscono simultaneamente sulle cellule, fino a provocare delle
anomalie genetiche, morfologiche e funzionali, che rappresentano il primo passo
verso la cancerogenesi.
Alcuni fattori di rischio (predisposizione genetica, familiarità per neoplasie,
invecchiamento) non sono modificabili; per altri, invece, è possibile uno stretto
controllo, in modo da limitare al massimo il rischio d’insorgenza del cancro.
Tra i fattori di rischio modificabili, un ruolo fondamentale è svolto
dall’alimentazione: studi hanno dimostrato che una dieta equilibrata, ricca di fibre,
proteine di origine vegetale, vitamine e sali minerali e che apporti una quantità
minore di grassi e proteine di origine animale, oltre che di alimenti raffinati e
sostanze di sintesi (dolcificanti sintetici, additivi alimentari), rappresenta un
fattore protettivo nei confronti delle neoplasie.
Altrettanto importante è l’azione “terapeutica” della nutrizione: infatti, nel
paziente neoplastico sono frequenti squilibri nutrizionali, che possono tradursi in
vere e proprie sindromi metaboliche, che compromettono, tra l’altro, l’efficacia
della terapia oncologica.
È fondamentale perciò fornire al malato oncologico un valido supporto
nutrizionale, che comprenda la somministrazione di una dieta ben bilanciata (per
via naturale o artificiale) e un’assistenza di tipo tecnico, in modo che il paziente
riesca ad affrontare al meglio le terapie e gli effetti collaterali che ne derivano.
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1 INTRODUZIONE
“La perdita di peso rappresenta una limitazione all’effetto delle terapie, con
risultati di minor efficacia”: questa la dichiarazione di Maria Luisa Arnerio,
primario di Dietetica e Nutrizione clinica presso l’ospedale Cardinal Massaia di
Asti, che fa capire quanto sia importante il supporto nutrizionale ai pazienti affetti
da neoplasie.
Nel corso della patologia neoplastica, diversi possono essere i motivi che
inducono nel paziente una perdita di peso: si va dall’ostruzione meccanica di
alcuni tratti dell’apparato gastroenterico, che impediscono fisicamente il transito
degli alimenti, ad alterazioni metaboliche, dovute al metabolismo proprio del
tessuto tumorale.
Causa di calo ponderale può essere anche la stessa terapia oncologica, che può
avere effetti collaterali quali nausea, vomito e alterazioni del gusto, che inducono
il paziente a rifiutare il cibo, soprattutto nelle ore immediatamente successive al
trattamento.
L’apporto insufficiente di calorie e nutrienti, se protratta per lunghi periodi, può
provocare una sindrome metabolica nota come cachessia neoplastica: circa il 75%
dei pazienti oncologici è affetto da tale sindrome e il 20% di questi muore per le
complicazioni dovute, appunto, agli squilibri metabolico-nutrizionali.
Per evitare di andare incontro alla cachessia neoplastica, è bene monitorare lo
stato di nutrizione del paziente fin dalla diagnosi di neoplasia, in modo da
correggere immediatamente eventuali squilibri nutrizionali.
È necessario controllare periodicamente (a intervalli di 1-3 mesi, a seconda delle
condizioni generali del paziente) il peso corporeo e valutare l’apporto
nutrizionale, tramite la compilazione del diario alimentare o la somministrazione
di interviste alimentari basate su metodiche standardizzate e validate in oncologia;
altrettanto importanti sono la valutazione della composizione corporea e del
dispendio energetico, oltre che di tutti i parametri ematochimici, che consentono
di escludere il rischio d’insorgenza di cachessia neoplastica.
Per il paziente neoplastico in grado di alimentarsi per via naturale è sufficiente
l’elaborazione di un piano dietetico personalizzato, che fornisca la quantità
adeguata di macro- e micronutrienti e il giusto apporto calorico e idrico; è
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accertata la validità del nutritional counseling nel supporto “tecnico” ai soggetti
affetti da neoplasie, così come quella del follow-up nutrizionale, che comprende
tutta una serie di valutazioni volte a confermare l’efficacia del piano dietetico
formulato.
Nel caso in cui il paziente non sia in grado di alimentarsi per via naturale o,
comunque, questa via assicuri un introito calorico e di nutrienti inferiore al 50%
del fabbisogno stimato, si rende necessario il ricorso alla nutrizione artificiale
(NA), che distingue due tecniche nutrizionali differenti: la nutrizione enterale
(NE), che consiste nel somministrare apposite soluzioni nutrizionali, direttamente
nello stomaco o nell’intestino, attraverso sondino nasale o gastrostomia, e la
nutrizione parenterale (NPT), che prevede, invece, la somministrazione di miscele
di nutrienti elementari direttamente in vena, tramite accesso venoso periferico o
centrale.
La nutrizione ha anche una funzione preventiva nei confronti delle neoplasie:
numerosi studi (La Vecchia, 1997) hanno evidenziato che una dieta caratterizzata
da un ridotto apporto di grassi e proteine di origine animale e da un buon apporto
di fibre e proteine di origine vegetale (ca. 30 mg/die) rappresenta un fattore
protettivo contro la cancerogenesi.
Una certa azione preventiva è dovuta anche ad alcune vitamine (vitamine A C, E,
D, acido folico, vitamina B
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) e sali minerali (zinco, selenio, ferro); al contrario,
hanno azione promuovente nei confronti di alcuni istotipi tumorali il consumo di
alcol, alcuni additivi alimentari ed alcune sostanze, che sono presenti
naturalmente negli alimenti o che vi si formano in seguito ai trattamenti di cottura
e/o conservazione.
Non esiste, comunque, un modello dietetico in grado di assicurare in maniera
assoluta contro il cancro: l’ideale sarebbe adottare un’alimentazione il più
possibile varia, che comprenda sia gli alimenti di origine animale, sia di origine
vegetale e che assicuri il mantenimento di un peso corporeo fisiologico e
dell’integrità metabolica dell’organismo.
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2 IL CANCRO
2.1 Generalità
Il cancro, anche detto tumore o neoplasia, può essere così definito: “[…]
Neoformazione di tessuto che si origina in seguito a un processo anormale di
differenziazione e riproduzione delle cellule e che si accresce in modo autonomo,
progressivo e senza finalità. […]”. (Enciclopedia Generale DeAgostini, 1998).
In base all’influenza che esercita sull’ospite, il cancro può essere definito benigno
o maligno. Il primo presenta una crescita lenta, centrale ed espansiva, con
struttura e morfologia simile al tessuto di origine, un metabolismo che non
interferisce con quello dell’ospite, non dà metastasi e non tende a recidivare se
asportato; il secondo, invece, presenta crescita veloce, periferica e infiltrante, una
struttura e una morfologia diverse dal tessuto di origine, un metabolismo che
interferisce con quello del soggetto ospite, provocando la cosiddetta cachessia
neoplastica, dà metastasi e può dare recidive se asportato.
Il cancro è dovuto primitivamente ad una mutazione del DNA, solitamente
somatica, in quanto colpisce una cellula dell’organismo e non viene trasmessa in
maniera ereditaria, tranne che per alcune eccezioni, quali il retinoblastoma
(tumore della retina) e alcuni casi di carcinoma mammario e del colon. Si tratta di
un “processo che comporta più stadi e più cause” (Bonadonna - Robustelli della
Cuna, 1994), in cui si ha l’interazione simultanea o sequenziale di due o più fattori
eziologici. Tra questi fattori sono inclusi sicuramente gli agenti cancerogeni, di
natura chimica, fisica, ambientale, farmacologica o ormonale, in grado di
provocare un aumento significativo nell’incidenza di determinati tumori nei
soggetti esposti alla loro azione rispetto a quelli non esposti.
Il processo di cancerogenesi, innescato da uno di questi agenti, si divide in due
fasi: l’iniziazione e la promozione. La prima è un passaggio rapido e irreversibile,
provocato dalle alterazioni indotte dall’azione del cancerogeno a livello del DNA
cellulare: l’iniziazione da sola non è in grado di causare la degenerazione
neoplastica, ma una cellula alterata può trasmettere alla sua progenie la
potenzialità di diventare una cellula tumorale. La promozione, invece, è un
processo lento, ripetitivo e reversibile in cui agenti promuoventi, solitamente non
cancerogeni (detti co-carcinogeni) portano alla fine dello stato di latenza del
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cancro: è noto come nei primi stadi della promozione si verifichi un’intensa
proliferazione cellulare, sia a carico delle cellule iniziate sia di quelle sane, mentre
successivamente l’azione iperplastica diventa selettiva solo per le prime.
Il periodo di latenza (tempo che intercorre tra il primo contatto con l’agente
cancerogeno e la manifestazione della neoplasia) ha una durata che varia da poche
settimane ad alcuni anni, a seconda del tipo di cancerogeno, delle dosi e delle
caratteristiche delle cellule colpite all’interno dell’organismo. Al termine del
processo di cancerogenesi, la cellula normale si è trasformata completamente in
una cellula tumorale, che si caratterizza per la capacità di riprodursi
incessantemente, incontrollatamente e continuamente.
Alla promozione segue la progressione tumorale, durante la quale le cellule
neoplastiche acquisiscono l’andamento invasivo e la capacità di sviluppare
“colonie” a distanza, le metastasi.
La progressione tumorale inizia con lo sviluppo di lesioni precancerose, con
aumento del numero (iperplasia) o variazione di forma, dimensione o
organizzazione (displasia) delle cellule di un determinato tessuto o organo. Le
lesioni precancerose sono circoscritte, raramente si manifestano e possono
insorgere anche 15-20 anni prima della neoplasia vera e propria; a seconda delle
diverse circostanze ambientali, possono regredire spontaneamente e
completamente, restare stazionarie per anni oppure evolvere in neoplasia maligna.
2.2 Epidemiologia
L’epidemiologia dei tumori studia la frequenza di presentazione delle neoplasie
nelle popolazioni umane e i suoi determinanti. Si avvale delle stesse metodiche
dell’epidemiologia generale, ma si caratterizza per alcune specificità dovute alle
peculiarità dei tumori maligni, quali: nosologia ben definita, bassa incidenza,
elevata letalità, tempi d’induzione e latenza generalmente lunghi, manifestazioni
acute estremamente rare.
Il termine incidenza indica il numero di nuovi casi della malattia che si verificano
in un determinato intervallo di tempo, in una popolazione ben definita; si
definisce, invece, letalità la probabilità di morire entro un certo intervallo di
tempo per chi è affetto da neoplasie: complemento della letalità è la
sopravvivenza.