Capitolo 1
Nascita della Meccanica
Quantistica
Inquestocapitoloverrannoripreseeanalizzatebrevementesialeargomentazioni
fondative della Meccanica Quantistica, sia i principali risultati che si traggono
da essa, e saranno messe in evidenza anche i principali dilemmi insiti nella
teoria, quali ad esempio il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen ed il paradosso
di Schr¨ odinger; si concluder` a con la discussione su alcune problematiche ancora
aperte nell’ambito dei modelli a variabili nascoste.
1.1 Old Quantum Theory e Legge di Born
In questa sezione vogliamo ripercorrere rapidamente i passi salienti che hanno
portato alla nascita della “vecchia” Fisica Quantistica, ma con l’obiettivo di
mettereinevidenza,storicamente,lacomparsadellaLeggediBornfindaquesta
formulazione primitiva della Teoria.
La Meccanica Newtoniana e la Teoria del Campo Elettromagnetico furono
i pilastri della Fisica, fino al termine del XIX
◦
secolo. In seguito, tuttavia,
un certo numero di fenomeni furono scoperti, ed erano totalmente incomprensi-
bili nel contesto di quelle teorie: la loro spiegazione risult` o come combinazione
di nuove ipotesi, che nel corso degli anni si cristallizzarono in quella che oggi
` e comunemente nota come la Meccanica Quantistica Moderna. Vediamo qui
brevemente i passi cruciali che condussero, man mano, all’abbandono della Fisi-
ca Classica passando attraverso una prima forma della Teoria, che oggigiorno
` e ormai nota con il termine di Old Quantum Mechanics, fino al suo definitivo
abbandono a fronte di ulteriori fatti sperimentali che non potevano, neppure in
quel primordiale schema teorico, essere spiegati.
5
6 CAPITOLO 1. NASCITA DELLA MECCANICA QUANTISTICA
Inizieremo dal concetto di corpo nero, che fu introdotto da Kirchhoff [1],
che lo defin` ı come un sistema che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica
che lo investe. Per mezzo di argomentazioni prese dalla Termodinamica, egli
dimostr` ocheladensit` adienergiaperunit` adivolumeefrequenza, ossiau(ν,T),
dellaradiazioneelettromagneticadifrequenzaν all’internodiunacavit` aisolata,
aventiparetiadiabatichemantenutaadunatemperaturaT,` eindipendentedalla
naturadelmaterialecostituentelacavit` a. SuccessivamenteWien [2], sempreda
argomentazionitermodinamiche,dimostr` olacosiddettaleggedellospostamento:
u(ν,T) =ν
3
φ(T/ν) (1.1.1)
e per giustificare la forma da dare alla funzioneφ, egli [3] suppose, seguendo
Michelson [4], che la formula della distribuzione delle velocit` a delle molecole in
ungasidealedovessepotersiapplicareallemolecolediunsolidochesicomporta
come un corpo nero, e inoltre assunse che la lunghezza d’onda e l’intensit` a della
radiazione emessa da una singola molecola siano completamente determinati
dalla sua velocit` a, e ottenne la seguente legge:
u(ν,T) =αν
3
e
−βν/T
(1.1.2)
doveα,β erano introdotte come costanti universali. La (1.1.2)` e detta Legge
di Wien. In una serie di nuovi esperimenti, Paschen [5] e Wanner [6] con-
fermarono la validit` a di questa legge per il range di frequenza corrispondente
alla luce visibile (ν ∼ 10
15
Hz) e per temperature superiori a 4000
◦
K, ma le
prime discrepanze alla Legge di Wien furono scoperte da Lummer e Pringsheim
[7] durante lo studio dell’emissione di radiazione nel range di lunghezza d’onda
12− 18μm (ν ∼ 10
13
Hz). Un tentativo successivo di dedurre u(ν,T) venne
da Rayleigh [8], calcolando il numero N(ν) dei modi normali di oscillazione
per unit` a di volume e frequenza, per la radiazione elettromagnetica nella cavit` a
chiusa, e unitamente alla correzione stabilita in seguito da Jeans [9], si stabil` ı la
relazioneN(ν) = 8πν
2
/c
3
. Supponendo, poi, che ciascuno di quei modi normali
fosseassimilabileadunoscillatorearmonicosipot` ecalcolarel’energiamediaper
mezzo della statistica di Boltzmann, per ottenere infine la seguente espressione:
u(ν,T) =
8πν
2
k
B
T
c
3
(1.1.3)
nota oggigiorno come la Legge di Rayleigh-Jeans, dove k
B
` e la costante di
Boltzmann. Pur essendo confermata alle basse frequenze (Rubens e Kurlbaum
[10]) era chiaro che la (1.1.3) avrebbe condotto alla situazione assurda seguente:
u(T)=
∞
0
u(ν,T)dν =∞ (1.1.4)
nota con il termine di catastrofe ultravioletta.
1.1. OLD QUANTUM THEORY E LEGGE DI BORN 7
Il tentativo di “accordare” i due andamenti stabiliti dalla Legge di Wien e
dalla Legge di Reyleigh-Jeans fu condotto da Planck [11] che utilizz` o anch’egli
argomentazioni termodinamiche, ma anche introdusse un’ipotesi nuova ossia
che, utilizzando il concetto di entropia sviluppato da Boltzmann e modificando
ad-hoc la statistica classica, si postulasse che l’energiaE di ogni modo normale
di vibrazione del campo elettromagnetico in una cavit` a non fosse una variabile
continua, ma anzi fosse vincolata a prendere valori discreti secondo la legge
E =nhν, essendon un intero non-negativo edh la costante di Planck [12]-[13].
La nuova legge per u(ν,T) fu allora determinata da lui come
u(ν,T) =
8πν
2
c
3
k
B
T
hν/K
B
T
exp(hν/k
B
T)−1
(1.1.5)
oggi nota come Legge di Planck, e confermata sperimentalmente da Rubens
[14].
Un altro argomento che port` o all’avvento della (Old) Quantum Theory fu
a seguito di una serie di esperimenti condotti da Hertz [15], Hallwachs [16],
Stoletow [17] e Lenard [18], che scoprirono il cosiddetto effetto fotoelettrico:
quandounalastrametallica` einvestitadaradiazioneelettromagnetica,ilmetallo
emette elettroni. Le principali caratteristiche del fenomeno sono:
• il numero degli elettroni emessi ` e proporzionale all’intensit` a della radia-
zione incidente;
• per ogni metallo esiste una frequenza di soglia ν
0
tale che per ν <ν
0
non
viene emesso alcun elettrone;
• l’energia cinetica massima degli elettroni emessi ` e proporzionale a ν−ν
0
ed ` e indipendente dall’intensit` a della radiazione incidente;
• l’emissione degli elettroni ` e praticamente istantanea, apparendo e scom-
parendo con la radiazione incidente, senza alcun ritardo apprezzabile.
Il secondo ed il terzo fatto sono inconciliabili con la teoria ondulatoria del-
la radiazione elettromagnetica, e per spiegarli Einstein [19] confront` o, da una
parte, la variazione di entropia dovuta alla radiazione emessa in accordo alla
Legge di Wien, e dall’altra parte la variazione di entropia per un sistema di par-
ticelle: concluse che la radiazione monocromatica di frequenza ν si comporta
come se fosse costituita da un numero finito di “quanti di energia”, localizzati e
indipendenti, di grandezza E = hν, ma solo nel lavoro di Lewis [20] comparve
per la prima volta il termine fotone.
Il fenomento che tuttavia gioc` o il ruolo pi` u decisivo per convincere i fisici
che la luce, in determinate circostanze, ha un comportamento corpuscolare fu
il cosiddetto effetto Compton, ossia la collisione tra fotoni X o fotoni γ su elet-
troni. Nel celebre esperimento di Compton [21] egli dimostr` o che, in seguito
8 CAPITOLO 1. NASCITA DELLA MECCANICA QUANTISTICA
all’illuminazione di un corpo con raggi X, si presenta una ulteriore radiazione
secondaria, oltre a quella dispersa dall’oggetto secondo le leggi dell’ottica ondu-
latoria, e che tale comportamento ` e indipendente dalla natura del corpo preso
in esame ma, inoltre, dipende solo dalla lunghezza d’onda della radiazione inci-
dente e dall’angolo tra il raggio incidente e il raggio secondario emesso, e che la
lunghezza d’onda della radiazione secondaria` e maggiore o uguale a quella della
radiazione incidente. Compton stesso tent` o di dimostrare questa fenomenologia
in un contesto di ottica ondulatoria, ma non riusc` ı a ottenere risultati compa-
tibili all’esperimento, pertanto giustific` o questo comportamento in un contesto
corpuscolare: per poterlo fare, per` o, era necessario introdurre per il fotone non
solo una frequenza ν ma anche una quantit` a di moto p , secondo le relazioni
seguenti:
E =hν, p =
hν
c
=
h
λ
(1.1.6)
essendo p = | p |, λ la lunghezza d’onda della radiazione incidente, e c la
velocit` a della luce nel vuoto. Dalla (1.1.6) si deduce necessariamente che la
massa del fotone deve essere nulla, ossiam
γ
= 0, e da osservazioni sperimentali
[22] si ` e ottenuto che m
γ
c
2
< 3·10
−33
MeV. Da considerazioni di cinematica
relativistica, Compton ottenne infine la seguente relazione:
λ
′ −λ=
h
m
e
c
(1−cosθ) (1.1.7)
nota come Legge di Compton, dove: m
e
` e la massa dell’elettrone a riposo, θ
` e l’angolo formato dalle direzioni delle radiazioni incidente e secondaria, mentre
λ (λ
′ ) ` e la lunghezza d’onda della radiazione incidente (secondaria).
Permoltianniall’iniziodelXIX
◦
secoloifisiciattribuivanoalleondeedalle
particelle natura opposta, per cui i fatti sperimentali precedenti posero un fon-
damentale dilemma: la luce` e un’onda oppure una particella? Al fine di riuscire
a interpretare i fenomeni di interferenza e diffrazione della luce, ` e necessario
considerare la radiazione elettromagnetica come onde, mentre per spiegare in
modo esauriente l’effetto Compton si rende necessaria un’interpretazione cor-
puscolare. La risposta a questa questione fu resa possibile intorno al 1926,
grazie al contributo di Born [23], che introdusse un’interpretazione statistica
della Meccanica Quantistica, e successivamente da Bohr [24] che introdusse il
principio di complementariet` a nel 1927. Il primo dei due lavori citati nasce dal-
l’analogo dell’esperimento classico di Young, dove al posto di considerare una
sorgente di fotoni, che disposta davanti ad uno schermo nel quale son praticate
due fendidure proietta, sopra una lastra fotografica retrostante, delle figure di
interferenza, viene invece utilizzata una sorgente isotropa di elettroni. Come
nel caso classico, si osserva che: quando una sola fenditura ` e aperta, l’intensit` a
della radiazione registrata sulla lastra fotografica ha un andamento uniforme
1.1. OLD QUANTUM THEORY E LEGGE DI BORN 9
regolare, passando da un valore nullo ad un unico massimo in corrisponden-
za della fenditura aperta, per poi diminuire ancora fino ad annullarsi; quando
entrambe le fenditure sono aperte, per` o, si presenta ancora l’usuale figura d’in-
terferenza tipica del comportamento ondulatorio della luce. Torniamo allora
a fare una considerazione sull’esperimento classico di Young: seguendo il ra-
gionamento classico, i fotoni dovrebbero avere traiettorie ben definite e, quindi,
dovrebbero giungere alla lastra fotografica dopo aver attraversato l’una o l’altra
fenditura, in modo esclusivo. Allora diventa impossibile spiegare come, nel caso
in cui sono aperte entrambe le fenditure, ci siano punti sulla lastra che regis-
trano meno fotoni rispetto al caso in cui solo una delle due fenditure ` e aperta,
ed effettivamente questa situazione ` e ci` o che sperimentalmente si osserva. Ma
c’` e di pi` u: oggigiorno disponiamo di strumentazione pi` u sofisticata e, rispetto
agli inizi del 1900, siamo in grado di ripetere l’esperimento classico di Young
utilizzando una sorgente che emetta fotoni in modo che, di volta in volta, venga
registrato solo un fotone prima che ne venga emesso uno successivo, e allora
quello che si osserva` e una registrazione randomica dell’arrivo dei fotoni sul riv-
elatore (sostituisce la lastra), e che il numero delle volte che un contatore posto
in un punto P del rivelatore registra un fotone ` e proporzionale, dopo un gran
numero di osservazioni, all’intensit` a della radiazione luminosa in quel punto,
dovuta all’apertura delle varie fenditure (sia nel caso di una sola, sia nel caso di
entrambe, producendo intensit` a differenti). Quindi, mentre un fotone ` e, sotto
l’aspetto corpuscolare, un ente localizzato nello spazio, da un punto di vista
statistico la distribuzione di probabilit` a per l’arrivo dei fotoni in un dato pun-
to del rivelatore ` e determinato dalla distribuzione dell’intensit` a della luce che
ha raggiunto il rivelatore: in questo senso, ` e pi` u preciso dire che un fotone si
comporta a volte come un’onda e a volte come una particella. Se, dunque, noi
consideriamol’ondaelettromagneticaψ( x,t )cherappresentailfotone, perquel-
lo che ci insegna l’ottica ondulatoria l’intensit` a della radiazione sul rivelatore
sar` a proprio data da |ψ( x,t )|
2
, ma questa ` e per quanto sopra coincidente alla
probabilit` a di registrare il fotone in un dato punto x del rivelatore all’istante t,
a meno di una costante moltiplicativa.
Dalle considerazioni precedenti si ottiene una prima interpretazione proba-
bilistica della quantit` a|ψ( x,t )|
2
, a partire dall’onda elettromagneticaψ, che ha
senso anche nell’ambito di sorgenti di particelle, anzich` e solo di onde elettroma-
gnetiche, come mostrano svariati esperimenti costruiti come variante di quello
diYoung, consorgentidielettronioppureneutroni. Abbiamopertantolaprima
comparsa della Legge di Born, gi` a nell’ambito della Old Quantum Theory.
Neltentativodichiarificareildualismoonda-corpuscolodellaradiazioneelet-
tromagnetica, de Broglie [25] ritorn` o a studiare l’analogia che esiste tra la Mec-
canica Analitica e la Teoria delle Onde. Ora, la traiettoria di una particella di
massa M, energia E, energia cinetica K che si muove da un punto A ad un
10 CAPITOLO 1. NASCITA DELLA MECCANICA QUANTISTICA
punto B in un campo di forza di potenziale V( r ) ` e determinata dal Principio
di Minima Azione di Maupertuis [26]:
δ
B
A
2Kdt =δ
B
A
2M(E−V( r ))ds = 0 (1.1.8)
dove gli estremi si riferiscono a cammini adiacenti con la stessa energia E
e dove t ed s sono, rispettivamente, il tempo e la lunghezza del cammino tra
quei due estremi, lungo la traiettoria della particella. D’altra parte il modulo
dell’impulsochedovrebbepossederelaparticellain r ,seintalepuntopossedesse
energia E, vale
p( r,E ) =
2M(E−V( r )) (1.1.9)
cos` ı il Principio di Minima Azione pu` o essere riscritto come:
δ
B
A
p( r,E )ds = 0, E = cost. (1.1.10)
D’altraparteilcamminoseguitodaunraggioluminosodifrequenzacostante
ν passante per i punti A e B ` e determinato dal Principio di Fermat:
δ
B
A
ds
v( r )
= 0, ν = cost. (1.1.11)
essendo v( r ) la velocit` a della luce nel punto r , nel mezzo considerato, col-
legata alla velocit` a della luce nel vuoto, c, per mezzo dell’indice di rifrazione
n( r ), cio` e: v( r ) =
c
n( r )
. Per la radiazione con frequenza ν, la corrispondente
lunghezza d’onda vale
λ( r,ν ) =
v( r )
ν
(1.1.12)
e pertanto un’equivalente formulazione del Principio di Fermat` e il seguente:
δ
B
A
ds
λ( r,ν )
= 0, ν = cost. (1.1.13)
Confrontando le espressioni date dalla (1.1.10) e (1.1.13) vediamo che il
cammino delle particelle in meccanica Newtoniana pu` o essere identificato con i
raggi dell’ottica geometrica se la lunghezza d’onda ` e modificata, in modo tale
da avere:
p( r,E ) =
A
λ( r,ν )
(1.1.14)
essendoA una funzione arbitraria diν. D’altra parte, secondo quanto si sta-
biliscedall’analisiteoricasull’effettoCompton,unraggiodilucemonocromatica
di lunghezza d’ondaλ ` e costituito da fotoni di impulso con modulop=h/λ. Il
confronto di quest’ultima relazione con la (1.1.14) port` o de Broglie a ipotizzare