Introduzione
“Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, come è ora evidente dalle
osservazioni dell’incremento delle temperature globali dell’aria e delle temperature degli
oceani, dello scioglimento diffuso di neve e ghiaccio, e dell’innalzamento globale del livello
del mare”
“E' estremamente improbabile che i cambiamenti climatici globali degli ultimi 50 anni possano
essere spiegati senza forzanti esterni, ed è molto probabile che non siano stati causati solo
dalle cause naturali conosciute”.
“La maggior parte degli aumenti nella media delle temperature globali dalla metà del XX
secolo, è molto probabilmente (al 90%) dovuta all’aumento osservato della concentrazione di
gas ad effetto serra causato dall’attività umana”.
Sono queste le conclusioni del quarto Rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti
sul cambiamento climatico (IPCC). Alla base di tali affermazioni vi sono milioni di
osservazioni combinate dell'atmosfera, degli oceani e della superficie terrestre. La
comunità scientifica non ha dunque più dubbi sulla correlazione esistente tra il
riscaldamento globale e le concentrazioni di gas serra, che sono aumentate di oltre il
30% dalla Rivoluzione Industriale ad oggi. I cambiamenti climatici rappresentano
forse la più grande minaccia che l'umanità abbia mai dovuto affrontare.
Come altri problemi ambientali indotti dall'uomo (ad esempio l'inquinamento), i
cambiamenti climatici possono e devono essere affrontati con gli strumenti della
teoria economica. La disciplina nota come economia dei cambiamenti climatici si
divide in due sotto-discipline: l'economia della mitigazione e l'economia
dell'adattamento. L’economia del cambiamento climatico è modellata dalla scienza; è
questa che detta la struttura dell’analisi economica e quindi delle politiche. Pertanto,
prima di addentrarmi nell'analisi della mitigazione e dell'adattamento, dedicherò un
primo capitolo di introduzione allo stato attuale della conoscenza scientifica sul
fenomeno dei cambiamenti climatici, che trova fondamento nei rapporti del già
1
menzionato IPCC.
Nel secondo capitolo esporrò le nozioni di base dell'economia della mitigazione. Le
emissioni di anidride carbonica sono un'esternalità negativa e le strategie di
mitigazione rappresentano proprio quei “correttivi” necessari per fronteggiare ciò che
l'economista inglese Nicholas Stern ha definito il “più grande fallimento del mercato
mai verificatosi”. L'atmosfera è un bene comune, e in particolare rientra nella
categoria dei global commons. Il problema dei cambiameni climatici può essere
quindi anche analizzato nell'ottica del governo dei beni collettivi.
Il terzo capitolo approfondirà invece gli impatti dei cambiamenti climatici, e
quindi i concetti di vulnerabilità e adattamento. Mentre i paesi sviluppati sono i
maggiori responsabili delle attuali concentrazioni di gas serra, i paesi in via di
sviluppo e meno sviluppati subiranno (e alcuni già subiscono) i maggiori impatti dei
cambiamenti climatici a causa della loro maggiore vulnerabilità. Vulnerabilità non solo
geografica, ma anche economica, dovuta ai bassi redditi, alla minore diversificazione
dell'economia, e quindi alla maggiore dipendenza da settori particolarmente sensibili
ai cambiamenti climatici, come il settore agricolo e il turismo. Ma la vulnerabilità è
anche funzione della loro capacità di adattamento, la quale a sua volta dipende
fortemente dal livello di sviluppo economico. Mi soffermerò infine su quella che
definisco la forma più estrema di adattamento dell'uomo ai mutamenti climatici e
ambientali: le migrazioni verso luoghi in cui le condizioni sono migliori.
2
1. Conclusioni scientifiche sui cambiamenti climatici
1.1 Il quadro istituzionale. L'UNFCCC e il Protocollo di Kyoto
La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è un
trattato ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull'Ambiente e sullo
Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on Environment
and Development), informalmente conosciuta come Summit della Terra, tenutasi a
Rio de Janeiro nel 1992. Entrata in vigore il 21 marzo 1994, rappresenta la prima
iniziativa di cooperazione internazionale diretta a ridurre gli effetti dei gas serra. Il suo
obiettivo dichiarato è "stabilizzare la concentrazione di gas serra nell'atmosfera ad un
livello tale da prevenire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema
climatico". Il trattato non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle
nazioni individuali; era quindi legalmente non vincolante. Esso includeva tuttavia
previsioni di aggiornamenti (denominati "protocolli") che avrebbero posto i limiti
obbligatori di emissioni. Il principale di questi è il protocollo di Kyoto, adottato nel
Dicembre 1997, durante la terza Conferenza delle Parti, che integrando la
Convenzione Quadro stabilisce impegni di riduzione ben distinti per ogni paese.
1.2 Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)
L'IPCC è un organismo delle Nazioni Unite, istituito nel 1988 dalla Organizzazione
Mondiale per la Meteorologia (Wmo) e dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite
(Unep), allo scopo di fornire ai politici una valutazione obiettiva e corretta della
letteratura tecnico-scientifica e socio-economica disponibile in materia di cambiamenti
climatici, impatti, adattamento e mitigazione. E' importante sottolineare che questo
ente non svolge ricerca propria ma attraverso l'apporto di esperti di varie discipline
provenienti da tutto il mondo. L'attività principale dell'Ipcc è quella di realizzare ogni
sei anni i Rapporti di Valutazione scientifica (Assessment Reports) sullo stato delle
conoscenze nel campo dei cambiamenti climatici. Ma anche, i Rapporti Speciali
3
(Special reports) e gli Articoli Tecnici (Technical Reports) su argomenti ritenuti di
particolare interesse scientifico. E' importante ricordare che l'IPCC è l'organismo
ufficiale che fornisce l'informazione scientifica per le deliberazioni della Convenzione
Quadro sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Il primo Rapporto di Valutazione (First
Assessment Report – FAR) é stato pubblicato nel 1990, il secondo (Second
Assessment Report – SAR) nel 1995, il terzo (Third Assessment Report – TAR) nel
2001 e il quarto (Fourth Assessment Report – AR4) nel 2007. Ogni rapporto include le
valutazioni dei tre Gruppi di lavoro IPCC (WGI, WGII, WGIII), i corrispondenti
Riassunti per i decisori politici (Summaries for Policymakers) ed un Rapporto di
sintesi (Synthesis Report). Il Gruppo di Lavoro I (Wg1) si occupa delle basi
scientifiche dei cambiamenti climatici (osservazioni strumentali, osservazioni indirette
e proiezioni climatiche con modelli e scenari); Il Gruppo di lavoro II (WgII) si occupa
della vulnerabilità dei sistemi naturali ed umani, degli impatti dei cambiamenti climatici
su essi e delle opzioni di adattamento; Il Gruppo di Lavoro III (WgIII) si occupa della
mitigazione dei cambiamenti climatici (in altre parole della analisi dei diversi scenari di
riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra). Le frasi chiave dei quattro rapporti di
valutazione possono dare un'idea di come si è arrivati progressivamente alla (seppur
parziale) conoscenza del fenomeno dei cambiamenti climatici:
1.Primo rapporto (1990): “Un’ampia visione della scienza dei cambiamenti climatici,
che discute le incertezze e le evidenze del riscaldamento.”
2.Secondo rapporto (1995): “il bilancio delle evidenze suggerisce che c'è una distinguibile
influenza umana nel clima globale.”
3.Terzo rapporto (2001): “gran parte del riscaldamento degli scorsi 50 anni è probabilmente
(> 66%) attribuibile alle attività umane.”
4.Quarto rapporto (2007): " E' estremamente improbabile che i cambiamenti climatici
globali degli ultimi 50 anni possano essere spiegati senza forzanti esterni, ed è molto
probabile che non siano stati causati solo dalle cause naturali conosciute".
4
1.3 Il Quarto Rapporto di Valutazione - I Principi Fisici di Base
Il Gruppo di Lavoro I rappresenta la base scientifica in materia di cambiamenti
climatici e il punto di partenza per i decisori politici. Dal 1990 ci sono stati numerosi
progressi scientifici: un numero di dati nuovi e più completi, analisi più sofisticate di
tali dati, miglioramenti nella comprensione dei processi e nella loro simulazione
tramite modelli. Esso descrive i progressi raggiunti nella comprensione dell'apporto
antropico e naturale ai cambiamenti climatici, dei cambiamenti climatici osservati, dei
processi climatici e delle loro relazioni di causa-effetto (attribution) e della valutazione
delle proiezioni dei cambiamenti climatici futuri.
Contributi naturali e antropici al cambiamento climatico
• Le concentrazioni globali in atmosfera dei principali gas serra, come l’anidride
carbonica e il metano, sono notevolmente aumentate a causa dell’attività
umana dal 1750 (anno di riferimento del periodo preindustriale). La
concentrazione globale di CO2 è aumentata da un valore preindustriale di 280
ppm (parti per milione) a un valore di 379 ppm nel 2005, che supera i valori
massimi degli ultimi 650.000 anni (da 180 a 300 ppm) come determinato
dall’analisi delle carote di ghiaccio.
• le attività umane hanno provocato dal 1750 un riscaldamento climatico, che è
notevolmente più elevato di quello provocato dall’attività solare.
• La comprensione dell’influenza antropogenica nel riscaldamento e nel
raffreddamento del clima è migliorata rispetto al TAR, portando alla
conclusione, con confidenza molto elevata (“very high confidence”), che
l’effetto globale medio netto delle attività umane dal 1750 sia stato una causa
di riscaldamento.
Osservazioni dei cambiamenti climatici recenti
• Gli anni dal 1995-2006 sono stati fra i più caldi mai registrati da quando è nata
la meteorologia moderna (1850).
• il trend di riscaldamento lineare per gli ultimi 50 anni è quasi il doppio di quello
5
degli ultimi 100 anni.
• l’aumento totale della temperatura superficiale atmosferica dal 1850-1899 al
2001-2005 è di 0.76 [da 0.57 a 0.95]°C.
• la temperatura media degli oceani è aumentata fino ad almeno 3000 m di
profondità
• i ghiacciai montani e la copertura nevosa sono mediamente diminuiti in
entrambi gli emisferi.
• la perdita di ghiaccio in Groenlandia e in Antartide ha molto probabilmente
contribuito all’innalzamento del livello marino fra il 1993 e il 2003.
• il livello medio globale dei mari è cresciuto mediamente di 1.8 mm per anno dal
1961 al 2003, ma più velocemente dal 1993 al 2003 (circa 3.1 mm per anno).
La crescita totale per il XX secolo è stata stimata pari a 0.17 m.
• la temperatura media dell’Artico è cresciuta quasi del doppio di quella globale
negli ultimi 100 anni.
• dal 1970, in particolare nelle zone tropicali e sub-tropicali, si sono avuti periodi
più lunghi e più intensi di siccità.
• La frequenza degli eventi di forte precipitazione è aumentata sopra la maggior
parte delle terre emerse, in linea con il riscaldamento e con gli aumenti
osservati di vapore acqueo in atmosfera.
• i cicloni tropicali forti sono aumentati di numero nel Nord Atlantico dal 1970
(correlazione con un aumento delle temperature marine tropicali).
Il clima del passato
• Le informazioni paleoclimatiche confermano che il riscaldamento dell’ultimo
mezzo secolo è inusuale rispetto ai precedenti 1300 anni
• soltanto durante l’ultimo periodo interglaciale di circa 125.000 anni fa le regioni
polari erano più calde rispetto a oggi per un lungo periodo, e il livello globale
marino era circa 4-6 m più alto dell’attuale.
Comprensione e “attribuzione” dei cambiamenti climatici
• Rispetto al TAR del 2001 la maggiore disponibilità di dati climatici ha permesso
6
di attribuire con maggiore confidenza il riscaldamento climatico degli ultimi 50
anni all’aumento osservato della concentrazione di gas-serra di origine
antropica.
• Il diffuso riscaldamento dell’atmosfera e degli oceani osservato, insieme alla
perdita di masse di ghiaccio, supporta la conclusione che è estremamente
improbabile
1
che i cambiamenti climatici globali degli ultimi 50 anni possano
essere spiegati senza forzanti esterni, ed è molto probabile che non siano stati
causati solo dalle cause naturali conosciute.
Proiezioni climatiche future
• Fin dal primo Rapporto dell’IPCC del 1990, le valutazioni delle proiezioni
suggerivano aumenti delle temperature medie globali comprese fra 0.15 e 0.3
°C per decennio nel periodo 1990- 2005. Ora questi valori possono essere
confrontati con quelli osservati, di circa 0.2 °C per decennio, rafforzando la
fiducia nelle proiezioni su breve periodo.
• Anche se le concentrazioni di tutti i gas-serra e di tutti gli aerosol fossero
mantenute costanti al livello dell’anno 2000, nei prossimi due decenni si
verificherebbe un ulteriore trend di riscaldamento di circa 0.1° C per decennio,
causato principalmente dalla lenta risposta degli oceani
• Continuare ad emettere gas serra ad un tasso uguale o superiore a quello
attuale, causerebbe un ulteriore riscaldamento e provocherebbe molti
cambiamenti nel sistema climatico globale durante il XXI secolo; questi
cambiamenti molto probabilmente potrebbero essere maggiori di quelli
osservati durante il XX secolo.
• É molto probabile che eventi di estremo caldo, ondate di calore e forti
precipitazioni continueranno a diventare più frequenti.
• In base ad una vasta gamma di modelli, è probabile che i futuri cicloni tropicali
(tifoni e uragani) diventeranno più intensi, con punte della velocità del vento in
1
Per indicare le probabilità valutate di un esito o di un risultato sono stati utilizzati i seguenti termini, usando il
giudizio degli esperti (“expert judgment”): Virtualmente certo (“Virtually certain”) > 99% probabilità che
avvenga, Estremamente Probabile (“Extremely likely”) > 95%, Molto Probabile (“Very likely”) > 90%, Probabile
(“Likely)” > 66%, Più probabile che no (“More likely than not”) > 50%, Improbabile (“Unlikely)” < 33%, Molto
improbabile (“Very unlikely)” < 10%, Estremamente Improbabile (“Extremely unlikely”) < 5%.
7
aumento e precipitazioni più forti associate ad un continuo incremento delle
temperature marine superficiali dei tropici.
• Anche se le concentrazioni di gas serra venissero stabilizzate, il riscaldamento
antropogenico e l’innalzamento del livello del mare continuerebbero per secoli
a causa delle scale temporali associate ai processi climatici e ai feedback.
• Le emissioni antropogeniche di anidride carbonica passate e future
continueranno a contribuire al riscaldamento ed al sollevamento del livello del
mare per più di un millennio, a causa delle scale temporali richieste per la
rimozione di questi gas dall’atmosfera.
Figura 1. Variazione della temperatura su scala globale e continentale
Fonte: IPCC, 2007. Confronto delle variazioni della temperatura alla superficie su scala continentale e globale
osservati con quelle risultanti dalle simulazioni effettuate con i modelli climatici usando forzanti naturali e
antropogenici. Le medie decennali delle osservazioni sono mostrate per il periodo 1906-2005 (linea nera),
raffigurate rispetto al centro del decennio e relative alla corrispondente media per il periodo 1901-1950. Le linee
sono tratteggiate dove la copertura spaziale è minore del 50%. Le bande ombreggiate in blu mostrano l’intervallo
dal 5 al 95% per 19 simulazioni di 5 modelli climatici che usano solo i forzanti naturali dovuti all’attività solare e ai
vulcani. Le bande ombreggiate in rosso mostrano l’intervallo dal 5 al 95% per 58 simulazioni di 14 modelli climatici
che usano sia i forzanti naturali sia quelli antropogenici.
8
2. Economia dei cambiamenti climatici. La necessità di
strategie di mitigazione
«Alone we can do so little; together we can do so much» (Helen Keller)
«Climate change represents the greatest and widest-ranging market failure ever
seen» (Sir Nicholas Stern)
2.1 La natura dell'economia dei cambiamenti climatici
La comunità scientifica non ha dunque più dubbi sulla correlazione esistente tra il
riscaldamento globale e le concentrazioni di gas serra, che sono aumentate di oltre il
30% dalla Rivoluzione Industriale ad oggi. La figura 2 mostra il trend delle emissioni
di anidride carbonica dal 1750 al 2010 ed evidenzia un forte aumento a partire dagli
anni 50 del XIX secolo.
Figura 2. Emissioni globali 1750-2010
Fonte: Carbon Dioxide Information Analysis Center
9
I cambiamenti climatici rappresentano la più grande minaccia che l'uomo abbia mai
dovuto affrontare. Non si tratta, tuttavia, solo di un problema ambientale. È bensì un
problema economico. Alla base dell'economia dei cambiamenti climatici vi è infatti il
riconoscimento che le emissioni sono un effetto collaterale della crescita economica e
che pertanto sono necessari dei “correttivi”. Occorre cioè porre in essere una serie di
misure di mitigazione per limitare le emissioni di gas serra e per ridurre le loro
concentrazioni atmosferiche. Col termine mitigazione si fa riferimento all'insieme delle
azioni e delle politiche adottate per minimizzare la portata del cambiamento climatico.
Tali politiche sono indirizzate sia ad ottenere una diminuzione delle emissioni globali
di gas serra, sia a migliorare la capacità di assorbimento degli stessi da parte del
pianeta. Al primo scopo contribuiscono le politiche le politiche di efficienza energetica,
in particolare nei settori industriali energivori, le politiche di promozione delle fonti di
energia alternative agli idrocarburi, e gli stimoli forniti alla ricerca scientifica, per
esempio in materia di cattura e stoccaggio del carbonio. Al secondo contribuiscono
invece principalmente le pratiche di afforestazione e riforestazione. La letteratura
dominante guarda ai cambiamenti climatici come un'esternalità negativa, e quindi
come a un fallimento di mercato. Le emissioni di gas serra sono generate dalla gran
parte delle attività umane e la figura 3 ne mostra la scomposizione per settore.
Figura 3. Emissioni antropogeniche di gas serra globali per settore (2005)
Fonte: Climate Analysis Indicators Tool, World Resources Institute.
10