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Sintesi
L’obiettivo del presente lavoro è di analizzare come Mulino Bianco,
azienda leader nel settore dei prodotti da forno, persegue il suo successo e cerca di
mantenerlo attraverso una buona comunicazione.
Una comunicazione che assume caratteri diversi da quelli passati in quanto
si deve adattare ai cambiamenti che stanno investendo la società di oggi.
Si parla di comunicazione integrata, il cui concetto verrà brevemente
trattato nel capitolo 2.
Il capitolo 1, invece, ha lo scopo di contestualizzare il cambiamento che
stiamo vivendo e riassume l’evoluzione della mentalità economica nel susseguirsi
degli anni. Tale capitolo è, inoltre, oggetto di correlazione con argomenti affrontati
nel corso dei miei studi e trattati dalla Professoressa Maria Cristina Martinengo.
Il capitolo 3 si focalizzerà sul settore dei prodotti da forno per illustrarne le
tendenze e le caratteristiche dei consumatori e del contesto competitivo.
Negli ultimi capitoli si entrerà nel vivo della trattazione in cui sarà
esaminato il caso Mulino Bianco.
Nel capitolo 4 verrà illustrata la comunicazione dell’azienda nel susseguirsi
degli anni per sottolineare come l’immagine ed i principi legati al marchio sono
rimasti immutati nel tempo. Ogni azione è stata progettata in funzione dei bisogni
degli italiani e questo ha permesso di costruire una forte identità di marca che
renderà molto difficile, ad un’altra azienda, sostituirsi a quel posizionamento di
mercato.
Nel capitolo 5 si mostrerà come Mulino Bianco gestisce le strategie di
comunicazione integrata ed il capitolo 6 sarà dedicato all’analisi di una ricerca
portata avanti dalla sottoscritta per studiare le reazioni alle strategie dell’azienda da
parte dell’ambiente che la circonda (Consumatori, Concorrenza, Opinione pubblica).
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Introduzione
Stiamo vivendo in un’epoca di transizione dal moderno al postmodermo e
questo costringe le imprese a rivedere le proprie strategie di produzione e di vendita.
Il protagonista del cambiamento è il consumatore il quale sta divenendo un
soggetto piø consapevole, informato, attivo, attento, scrupoloso, esigente e anche
irrazionale e meno fedele.
Le imprese devono accorgersi e cogliere in tempo questo cambiamento se
non vogliono rimanere indietro e perdere la propria competitività.
Devono essere consapevoli del fatto che non è piø possibile produrre in
serie tanti prodotti tutti uguali e sperare di convincere la società a adeguarsi a tale
offerta.
Il motore della produzione, oggi, sono le esigenze dei consumatori ed è in
funzione di esse che le imprese devono creare prodotti e servizi.
Mulino Bianco, già dagli anni ’70, ha saputo ascoltare ed interpretare le
esigenze dei consumatori creando un prodotto in funzione di esse.
La capacità di un’azienda risiede, anche, nel fatto di saper prevedere e
cogliere un bisogno latente, ancora inespresso, renderlo concreto e soddisfarlo
attraverso i prodotti giusti.
Soddisfare un bisogno manifestato ancora timidamente è una delle armi piø
importanti per catturare la fedeltà delle persone e per acquisire una posizione di
vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.
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Capitolo 1
Una società in cambiamento
1
L’impresa per raggiungere i
suoi scopi deve costantemente
confrontarsi con il mondo esterno e
divenire soggetto di comunicazione.
Tale mondo, oggi, sta subendo
numerosi e significativi cambiamenti
che costringono l’impresa a adottare
strategie completamente nuove e per
fare ciò è opportuno che chi produce e
chi vende prenda immediatamente
consapevolezza del nuovo contesto
verso cui ci stiamo dirigendo.
Stiamo entrando in un’epoca nuova che differisce molto da quella
precedente e l’errore che spesso si commette è di non prenderne coscienza,
proseguendo per la propria strada, convinti di poter adattare le vecchie strategie.
“E’ singolare, e patetico insieme, che molti insistano nel non vedere il
nuovo, nel sottolineare la continuità con il passato”.
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1
L’immagine è un’opera di Marco Adami ed è stata usata come copertina del libro di G.Fabris Il
nuovo consumatore: verso il postmoderno. La figura vuole rappresentare l’ambiguità che
caratterizza il post moderno: il modello è un androgino che indica il superamento della
contrapposizione tra maschile e femminile tipico della postmodernità. Inoltre la parte inferiore del
corpo è coperta con un patchwork, un’altra metafora della nuova epoca.
2
Gianpaolo Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, F. Angeli, Milano, 2003
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La società di oggi è definita società in transizione e la direzione verso cui
ci stiamo spostando è la cosiddetta postmodernità.
Il consumatore è colui che sta subendo cambiamenti significativi nel suo
modo di pensare, di agire, di consumare e rappresenta la variabile piø importante
verso cui le imprese devono prestare attenzione.
L’epoca che stiamo gradualmente abbandonando è rappresentata da quella
moderna: epoca in cui si afferma l’industrialismo che portò all’abbandono della
società tradizionale in cui l’agricoltura occupava la posizione centrale.
Il modello di produzione della società industriale era quello fordista il
quale stava ad indicare una forma di produzione basata sul metodo della catena di
montaggio con lo scopo di aumentare la produttività e ridurre i costi di produzione.
La teoria che permise la nascita del Fordismo risale alla fine del 1700
quando Adam Smith
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(1723 – 1790) scoprì i vantaggi che la divisione del lavoro
poteva portare nella produzione.
Figura 1.1 Adam Smith
Nella sua opera “La ricchezza delle nazioni” del
1776, Smith mostrava come scomponendo la produzione
in una serie di operazioni elementari si otteneva, in unità
di tempo, una produzione maggiore e l’esempio proposto
era quello degli spilli.
Scomponendo la produzione di uno spillo per dieci operai, ciascuno adibito
a mansioni specializzate e diverse, il tasso di produttività aumentava da 20 a 4.800
spilli giornalieri: ciascun lavoratore produceva una quantità di merce 240 volte
superiore a quello di un operaio isolato.
3
Adam Smith, filosofo ed economista scozzese, gettò le basi dell’economia politica classica. E’
considerato il primo degli economisti classici.
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La spiegazione di quest' incremento risiedeva nell’aumento dell’abilità
manuale dell’operaio (la specializzazione) e nella riduzione del tempo occorrente per
passare da una operazione all’altra.
Le osservazioni di Adam Smith trovarono sviluppo sessant’anni dopo con
Frederick Taylor, (1856 – 1915) un ingegnere e imprenditore statunitense che
ricercò dei metodi per migliorare l’efficienza della produzione e da cui deriva il
Taylorismo: teoria economica che si fondava sul principio che la migliore
produzione derivava dall’affidamento ad ogni lavoratore di un compito specifico da
svolgere in un determinato tempo e in un dato modo. (Principio del one best way:
esistenza di un unico modo migliore per svolgere l’operazione).
Figura 1.2 Frederick Taylor
Qualsiasi operazione poteva essere scomposta e
studiata nei minimi particolari e secondo Taylor, questo
doveva essere il compito dei manager i quali dovevano
stabilire qual era il compito specifico per ogni lavoratore, in quanto tempo doveva
svolgerlo e in che modo. (L’uomo giusto al posto giusto)
Figura 1.3 Il sistema taylorista
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Nel 1913 un imprenditore statunitense, Henry Ford, s' ispirò alle teorie di
Taylor ed applicò tale metodo alla sua società automobilistica che creò a Detroit.
Successivamente, il taylorismo si diffuse in tutta l’industria manifatturiera.
Figura 1.4 Henry Ford
Da qui prende vita il Fordismo, la cultura della
crescita illimitata, caratterizzato da una produzione basata sulla catena di montaggio
al fine di aumentare la produttività.
I beni venivano prodotti in serie ed erano omogenei e standardizzati in
modo da sfruttare le economie di scala.
Si sviluppò, così, la società di massa in cui dominava l’idea di una crescita
continua ed illimitata e le aspettative per il futuro erano certe e positive.
L’industria occupava la posizione centrale nel sistema e produrre era
l’unico obiettivo delle aziende per far fronte alla domanda in crescita di quel
periodo.
La strategia di Ford si basava sulla riduzione del prezzo dell’automobile
per conquistare il mercato di massa.
“Chiunque può avere una Ford T di qualsiasi colore, purchØ sia nera”.
Questa frase di Ford sintetizza la tecnologia della catena di montaggio
fordista: un prodotto standardizzato offerto ad un prezzo basso per renderlo
accessibile alle masse.
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Il modello Ford T era l’unico modello di auto che in quel periodo era
prodotto ed il colore era solamente il nero.
Figura 1.5
Ford model T e la catena di montaggio
Ford era consapevole che questo modo di lavorare portava ad una perdita
di soddisfazione nel lavoro e perciò pagava salari piø alti della media per
compensare il malumore degli operai.
E' stato, inoltre, introdotto il cottimo differenziale: un sistema retributivo
calcolato e diversificato sulla base della quantità di lavoro svolto.
Questo contribuì a migliorare i salari e a creare nuove condizioni di
mercato migliorando la qualità della vita.
I lavoratori si trasformavano da produttori in consumatori del loro stesso
prodotto poichØ producevano una merce e percepivano un salario adeguato per
comprarla.
Il modello fordista, però, andò in crisi agli inizi degli anni ’70.
La produzione di massa portò al consumo di massa e alla crescita delle
esigenze dei consumatori e il concetto di “qualsiasi colore, purchØ nero” non fu piø
appropriato.
Attraverso il consumo aumentò l’individualismo e il senso d'identità e i
consumatori cominciarono a desiderare beni sempre piø diversificati per potersi
distinguere e affermare il proprio status.
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Ad abbattere la filosofia fordista partecipò anche lo shock petrolifero del
‘73 che distrusse la convinzione dell’inesauribilità degli input di produzione e portò
alle stelle i prezzi del petrolio e delle materie prime.
Infine, un’ulteriore elemento significativo fu la saturazione del mercato dei
beni industriali durevoli, come le automobili e gli elettrodomestici, che mandò
definitivamente in crisi l’idea di crescita illimitata dell’economia e le certezze sul
futuro cominciarono a frantumarsi.
Si arrivò, così, alla produzione snella (lean production): principio alla base
del sistema Toyota elaborato dalle imprese giapponesi e per la precisione inventato
presso l’industria Toyota negli anni 1940 - 1950.
Il sistema Toyota capovolse la visione fordista che si basava sulla
convinzione che si sarebbero trovati clienti per tutto ciò che si produceva.
Con questo nuovo sistema ci si avvicinava alla condizione di produrre solo
quello che era già richiesto dal cliente.
Nel fordismo le decisioni di cosa e quanto produrre erano prese a monte
mentre con il Toyotismo le decisioni di produzione si prendevano solo dopo aver
ricevuto l’ordine.
Nella fabbrica circolavano solo componenti già ordinati seguendo la logica
dello just in time in cui ciascun componente arrivava all’assemblaggio solo nel
momento preciso in cui serviva e nella quantità necessaria.
Il sistema Toyota era perciò piø attento agli sprechi e piø capace
nell'adattamento al mercato.
A questo punto, inizia la transizione verso il postfordismo, la cultura del
limite, che assume come modello base il sistema Toyota, lavorando con tempi brevi
e con programmazione a breve termine (poche settimane o pochi mesi).
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Da una prima fase d' orientamento alla produzione per far fronte ad una
domanda in continua crescita, gradualmente si arriva ai giorni nostri passando per
una serie di fasi intermedie:
Orientamento alla vendita, collocato nel periodo della grande crisi del ‘29
quando, la caduta delle borse statunitensi, provoca una riduzione drastica della
domanda di mercato ed un aumento dell’invenduto facendo emergere i primi
problemi di sovrapproduzione.
Le imprese rivedono le proprie strategie indirizzandole verso il tentativo di
stimolare il piø possibile le vendite per far fronte agli eccessi.
Se prima il motto era vendere tutto ciò che si riesce a produrre in questa
fase si capovolge in produrre tutto ciò che si riesce a vendere.
Orientamento al marketing, fase successiva in cui la vendita diventa solo
il risultato finale di un lungo processo. Ciò che stimola la domanda è una nuova
scienza, appunto il marketing, il quale esercita una serie d'interventi che vanno dalle
ricerche sul consumatore alle strategie di distribuzione e dalle problematiche del
prezzo alla gestione di svariate tecniche per stimolare la domanda. Si cominciano,
quindi, a considerare gli effettivi bisogni dei consumatori senza limitarsi a risolvere
il problema delle merci invendute convincendo ad acquistare a tutti i costi.
Orientamento al consumatore, fase attuale.
Può sembrare una visione simile alla fase precedente, ma la differenza
profonda sta nel considerare il consumatore come un elemento attivo e indipendente
che possiede dei bisogni propri la cui soddisfazione deve essere l’obiettivo
principale da raggiungere.
L’orientamento al marketing, invece, ha una visione ancora limitata del
consumatore il quale è considerato come un territorio da conquistare.
Non si tiene ancora completamente conto del fatto che è lui ad avere “il
coltello dalla parte del manico” e ad influenzare in modo attivo le strategie che le
imprese devono adottare per soddisfare le sue esigenze.
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E’ proprio quest’ultima fase il punto cruciale del cambiamento che sta
investendo la nostra società.
Oggi l’impresa si deve confrontare con un consumatore piø maturo, dotato
di diverse sfaccettature. E’ un soggetto irrazionale che può cambiare il suo
comportamento di consumo da un giorno all’altro.
Per questo l’impresa deve costantemente monitorarlo ed imparare ad essere
sempre piø flessibile per adeguare di volta in volta le sue strategie. In caso contrario
correrebbe il rischio di rimanere indietro e lasciare il passo ad imprese rivali in grado
di soddisfare per prime le esigenze dei clienti.
“Il patchwork è una buona metafora della società postmoderna, che ha
come assi portanti il rifiuto di ideologie totalizzanti, il pluralismo, il relativismo, il
pensiero debole, l’olismo, l’incredulità, l’apparenza, lo spettacolo, il disincanto,
l’ironia, il gioco, il sincretismo, l’ossimoro, il flusso, la superficie, la citazione, il
collage, il recupero selettivo del passato, la quotidianità, l’assenza di regole, la
parodia, il polimorfismo, il multiculturalismo, l’irriverenza, la pluralità degli stili e
dei linguaggi, le coordinate plurime”.
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Il nuovo consumatore tende ad essere meno fedele alla marca. Questa deve
essere costantemente rinforzata incorporando una buona dose di servizio e di
attributi non solo tangibili ma anche e soprattutto intangibili.
Non basta piø mostrare cosa un prodotto può fare, elencando le sue
caratteristiche. E’ necessario che il consumatore, attraverso un determinato prodotto,
viva delle vere e proprie esperienze che lo coinvolgano nella totalità dei sensi.
Sorge la necessità di personalizzare il proprio consumo, non ci si
accontenta piø di prodotti omogenei e standardizzati poichØ il consumatore sente il
bisogno di distinguersi e mostrare alla società la posizione che occupa e il suo stile
di vita.
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Gianpaolo Fabris, Societing. Il marketing nella società postmoderna. Egea, 2009, Milano