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Introduzione
L’ipotesi centrale della presente tesi è la possibile attualità della visione
estetica di Herbert Read in rapporto ai fenomeni della società contemporanea
(razionalismo scientifico, società dei consumi, post -umano, infosfera). Si è voluto
tentare di accostare questo autore – considerando il suo c ontributo estetico –
artistico, antropologico, pedagogico e sociale –, ad altre figure di pensatori
(Cassirer, Gehlen, Plessner, Dewey, Goodman, Marquard), che hanno auspicato il
passaggio da un’estetica ontologica ad un a pproccio estetico come prassi
antropologica. Tale approccio era finalizzato al superamento di una visione
antropocentrica e di dicotomie come mente– corpo, natura –cultura, spirito –
materia, presenti ancora oggi in alcune tendenze e m ovimenti teorici
(transumanesimo, iperumanesimo) per il recupero dell’unità organica biologica
dell’essere umano da intendersi come un sistema aperto all’ibridazione, alla
contaminazione, all’alterità, intesa non soltanto come tecnologia, ma anche come
teriosfera, antroposfera, infosfera e l’ambiente condizionato dagli effetti delle
sostanze psicotrope.
Nella prima parte s’intende acquisire una panoramica della contemporaneità,
cogliendo gli aspetti problematici sottesi al repentino sviluppo della tecno-scienza.
In particolare dopo aver esplicitato le peculiarità e l e problematicità insite nella
modernità e nella post -modernità, si cercherà di evidenziarne gli aspetti chiave,
quale ad esempio l’approdo a una crisi di valori positivi dettato dal limite di un
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pensiero auto-referenziale, fondato su di una visione antropocentrica frutto della
storia dell’occidente. Si prenderà quindi in esame l a nascita del post -umano e
dell’antiumanismo, considerando in particolare la possibilità che questi fenomeni
siano una deriva tecnologica del post -moderno, o del modernismo, dettata dalla
volontà di ri -creare l’uomo affidandosi esclusivamente alla tecnica, senza essere
in grado di prevedere e dominare gli esiti di tale “creazione”, alla luce delle
potenzialità biologiche dell’uomo.
L’analisi si interesserà quindi dell’a rte e dell’estetica del post –umano,
riproponendo l’atmosfera della cyber cultura degli anni ‘90 con esempi tratti dalla
letteratura, dal cinema e dall’arte e mediante le provocazioni estreme di alcuni
performer che esprimevano le inquietudini dettate dalle implicazioni e stetiche,
antropologiche e socio -economiche “dell’oggetto uomo” asservito e plasmato
dalla tecnica nella definizione di nuovi modelli di esistenza. L’attenzione verrà
infine centrata sui concetti di natura e cultura, sul loro rapporto e sulle
problematiche che pongono.
Nella seconda parte si vuole acquisire il contributo speculativo degli autori, che
sostengono la proposta di un r innovato approccio estetico, non più legato
all’ontologia, ma esplicitato come prassi antropologica. In questa ottica si
cercherà di tratteggiare come l’atto estetico sia da considerare momento attivo
esperienziale nella costruzione di un sapere che pone le basi per il successivo
momento astraente riflessivo. Il rimando ermeneutico sarà agli scritti cassireriani
sulla fenomenologia della percezione, al confronto del pensiero del filosofo
tedesco con la « posizione antropologica di Arnold Gehlen» al fine di «dare un
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profilo ancor più marcato ai caratteri del sapere estetico come prassi
antropologica. Si prenderà quindi in considerazione la teorizzazione estetica
cassireriana, la «dimensione della forma formans sottesa alle diverse forme
simboliche (il linguaggio, il mito, la conoscenza, ma anche la tecnica e la stessa
arte)». [Matteucci G., 2010, pp. 9–10 e 12.]
Si approfondiranno quindi le posizioni teoriche di Plessner, con il superamento
della dimensione corporea e la forza della sua “posizionalità eccentrica ”, secondo
cui l’uomo può r apportarsi tanto alla dimensione corporea quanto a quella
spirituale, tanto al mondo esterno quanto a quello interno., e la visione di Dewey
dell’estetica come vera esperienza organica e della ineluttabilità dell’esperire,
inteso come vivere in un medium ambientale in cui l'organismo è ineludibilmente
incluso e in cui è essenziale la priorità della connessione, o della relazione, come
"interazione dinamica funzionale tra organismo umano e ambiente, tra dimensione
fisica e dimensione sociale:
Due ultime riflessioni saranno proposte nella seconda parte relativamente alle
posizioni di Goodman sulla funzione della forma nella costruzione di mondi [Cfr.
Marchetti, 2006] ed a quelle di Marquard, secondo cui, venuto meno il principio di
realtà «sono i processi di infantilizzazione a dominare sempre di più la scena.
Cresce, così, (…) l’estraneità al mondo», cosicché l'esperienza diviene «il
remedium» contro questa estraneità al mondo».
Nella terza e ultima parte il riferimento sarà infine alla visione estetica di
Herbert Read, del quale, dopo aver tratteggiato la vita e la complessa personalità
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si cercherà di anali zzare il c ontributo culturale in ambito estetico artistico,
antropologico e pedagogico, sociale.
Si evidenzieranno così le sue posizioni in merito alle ricerche compiute
nell’ambito di saperi organicamente intesi tra estetica, arte ed antropologia,
cercando di mettere in luce come il suo contributo miri a indicare l’inscindibilità
del sentire estetico dell’uomo, de lle sue facoltà intellettuali e pratiche, per
ricostituire un’organica e vitale unità antropologica nella società contemporane a
appiattita da un razionalismo estremo a scapito dell’unità organica e di una
mancata educazione alla sensibilità.
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Parte Prima
Il post-umano, il neo-organico, la realtà virtuale. Rapporti tra
uomo, ambiente, tecnologie e arte.
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Capitolo 1 - Moderno e Postmoderno, aspirazioni e limiti di un
pensiero auto referenziale.
Nel corso del XX secolo g li assunti positivi della modernità s embrano essere
approdati, nonostante la grande spinta speculativa del pensiero occidentale, ad una
situazione di crisi estrema e forse ad un punto di non ritorno. Si tratta di assunti, in
quanto fondati sulla ragione, qualità condivisa da ogni essere umano spogliato da
dogmi e pregiudizi, che postulavano un progresso lineare indefinito ed avrebbero
dovuto contribuire a liberare, emancipare e affrancare l’uomo da ogni schiavitù,
svincolandolo dalla tradizione e proiettandolo verso il futuro.
Ne “Il Postmoderno” Chiurazzi [2002, pp. 3-20] pone in luce questa situazione
di impasse critica del concetto di progresso indefinito e la coscienza di un limite
alla logica dell ’evoluzione lineare, razionalmente concepita. M ette a confronto
entrambe le posizioni descrivendo caratteri, sviluppi e critiche reciproche del
moderno e del post moderno.
È la novità che infine condanna sempre all’obsolescenza ciò che è, e che si
impone come termine progressivo. Se da un lato si è condannati alla novità, e
quindi alla discontinuità, secondo l’affermazione di Walter Benjamin, dall’altro la
stessa novità si pone come miglioramento dell’esistente, rispetto ad ogni cosa e ad
ogni realtà che mentre “diviene” già si fa “antiquata” e peggiore. Tanto che ancora
oggi il termine “modernizzazione”, come i verbi “ammodernare” o “rimodernare”
richiamano implicitamente l’idea di miglioramento.
«Da questo spirito innovatore» afferma ancora Chiurazzi « furono mosse le
avanguardie storiche del primo Novecento, con le quali il distacco tra antichi e
moderni si comprime sempre di più nello spazio di una generazione o di pochi
anni, e l ’inseguimento del nuovo diventa addirittura anticipazione. Animate da
una forte carica critica, le avanguardie segnano non a caso il compiersi di un certo
progetto della modernità strettamente legato alla sua auto consapevolezza storica,
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e quindi il passaggio a una diversa consapevole zza che si dimostrerà
fondamentale per la comprensione del postmoderno» [Ibidem, p. 8 ss.].
Secondo le indicazioni di Robert Spaemann
1
1) il mito del progresso necessario e infinito;
, lo stesso Chiurazzi ha
sintetizzato i tratti essenziali e distintivi del moderno in alcuni punti riassumibili
come di seguito:
2) la concezione della libertà come emancipazione;
3) il progressivo dominio della natura;
4) il soggettivismo;
5) l’omologazione dell’esperienza;
6) il ragionamento formale e ipotetico;
7) l’universalismo naturalistico.
In particolare tali tratti distintivi fanno riferimento in primo luogo all’idea che
la storia tenda sempre verso il meglio, in maniera necessaria o grazie alla capacità
dell’umanità di indirizzarne il decorso, quindi alla dimensione sociale e politica,
cioè storica, dell’uomo, non pi ù legato all’etica del soprannaturale, ma
emancipato grazie all’uso della ragione che lo libera dalle catene ideologiche,
religiose, sociali e politiche. È grazie al progresso scientifico e tecnico, come
anche alla “lotta di classe”, che avviene il suo “mutamento di coscienza”, che lo
rende consapevolmente universale.
L’uomo estenderà sempre più il suo dominio sulla natura, visto che tale
dominio è condizione sine qua non del progresso stesso. Alla scienza, intesa nella
sua dimensione tecnica, si assegna il compito di realizzare questo dominio
attraverso la conoscenza delle leggi naturali: scienza e tecnica diventano così
sempre più inscindibili.
Ulteriori fattori sono rappresentati da un lato dal soggettivismo, inteso sia nel
prevalere di una dimensione scientifica e tecnica, sia come primato del metodo
quantitativo-sperimentale quale mezzo di conoscenza, fino all’estremizzazione
1
Chiurazzi, cit., p. 9, che cita R. Spaemann, Ende der Modernità/?, in Moderne oder
Postmoderne?, a e. di P. Koslowski, R. Spaemann, R. Lòw, Acta Humaniora, VCH, Weinheim
1986, pp. 19-40
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che conduce alla matematizzazione, non solo della natura, dall’altro
all’omologazione dell’esperienz a, ridotta a ci ò che è s perimentabile, e al la
definizione della verità nei termini limitativi posti dalle condizioni tecnico -
metodologiche dell’esperimento.
Se inoltre la scienza o meglio il metodo scientifico sperimentale si basa su un
ragionamento formale ed ipotetico, si fa strada l’idea di una ricerca scientifica
basata su principi razionali e funzionali che portava gli scienziati ad astrarre
completamente dal luogo, dal contesto, con il quale, anzi, veniva a crearsi
un’esplicita contrapposizione. Gli oggetti, in tale ottica, sono visti in un rapporto
di equivalenze puramente funzionali, prescindendo cioè da ogni definizione e
limitazione di spazio e tempo.
La razionalità scientifica infine si impone al di là di ogni limite storico e di
luogo. Questo è dovuto al carattere universale della ragione, che è comune a tutti
gli uomini. Si rintraccia in ciò quello che viene definito come il fondamento
dell’ideale cosmopolita illuminista, che si presenta come una secolarizzazione
dell’idea cristiana della fratellanza di tutti gli uomini in un universalismo
naturalistico che abbraccia tutti gli uomini.
La crisi del moderno si è delineata proprio a partire da esperienze che hanno
messo in discussione innanzitutto l’idea di progresso. In particolare il riferimento
è al crescente disagio dell’uomo in una. società “razionalizzata”, in cui si
affermano processi produttivi alienanti e reificanti (si pensi al taylorismo); alle
conseguenze distruttive, per lungo tempo sottovalutate, di uno s fruttamento
indiscriminato della natura; all’emergere sulla scena mondiale di nuovi soggetti
politici portatori di istanze di rivendicazione che mal si conciliano con
l’universalismo dell’età moderna, o qua ntomeno ne mettono in discussione i
presupposti naturalistici e ne denunciano i limiti storici e teorici.
A tutto questa si affiancano altri fenomeni emergenti, espressione di soggetti
che rivendicano spazi crescenti di autonomia e di soggettività. Tra questi il
fenomeno del femminismo, le rivendicazioni delle minoranze, che portano ava nti
il “diritto alla differenza” come diritto fondamentale , e infine anche l’evoluzione
18
stessa della scienza (fisica relativistica e quantistica, nuove scoperte in campo
matematico), che ha posto in discussione certi cardini del razionalismo moderno
[Ibidem, p. 9].
In questo senso vanno i tentativi di analizzare il problema delle relazioni tra
modernità, razionalità e olocausto
2
Il post -moderno si pone in maniera critica in primo luogo nei confronti di
alcuni capisaldi del pensiero umano. Il riferimento è principalmente:
.
1) all’idea di progresso.
2) al rapporto tra uomo e natura
3) al razionalismo.
La cultura post moderna mette innanzitutto in discussione la stessa idea
illuministica di progresso e della centralità dell’uomo come unico attore capace di
assumere un ruolo guida nel corso della storia.
Il postmoderno indica una condizione che tende a far saltare ogni legame di
continuità, o meglio in cui il tema della ricostruzione di una continuità (storica o
ideale) si fa problematico e si svolge secondo coordinate plurime, divergenti,
alternative, frammentarie» [Chiurazzi, cit., p. 9 ss.].
In secondo luogo viene ripensato il rapporto tra uomo e natura nei termini di
un “ridimensionamento dell’ideale baconiano che finalizzava il sapere e la scienza
al dominio della so cietà e della natura per mezzo della tecnica” con la messa in
discussione dell’oggettivismo e de l meccanicismo cartesiani, che riducevano la
natura a puro meccanismo, conoscibile secondo modalità quantificanti,
matematiche e strumentali.
In buona sostanza il postmoderno pone il problema dei limiti e delle distorsioni
del razionalismo moderno, o meglio della razionalizzazione della società e del
mondo. Ogni processo di razionalizzazione implica la riduzione a un unico ordine
attraverso principi e rapporti ch iari e univoci. Vi sarebbe cioè un unico principio
fondativo, che costringendo la realtà in uno sterile e stringente processo di
2
Cfr. Z. Bauman, Modernity and the Holocaust, Polity Press, Cambridge 1989; trad. it. di M.
Baldini, Modernità e olocausto, il Mulino, Bologna 1992.
19
uniformizzazione
3
Nella società del post-moderno queste riflessioni si traducono in manifestazioni
positive, relative agli aspetti sociali, politici, artistici e filosofici.
, annulla le differenze e le molteplicità del reale, nonché le
stesse istanze rivendicative «del carattere veritativo di esperienze diverse da
quella scientifica, in particolare quella estetica, che non si lasciano
“razionalizzare” nei termini oggettivanti del metodo sperimentale» [Chiurazzi,
cit., p. 14].
A titolo di esempio in tale contesto il Chiurazzi fa riferimento all’ecologismo e
al principio di differenza.
«L’ecologismo» si fa notare «è un movimento tipico della società post -
moderna, in quanto movimento di reazione alle degenerazioni distruttive del
dominio tecnologico sulla natura (…)si fa movimento propositivo ed
emancipante, attento al carattere sistemico e complesso del mondo
contemporaneo, nell’intento di conciliarlo con le esigenze dell’habitat, per una
riqualificazione del vivere quotidiano che porta a un nuovo m odo di intendere e
fare politica» [Ibidem, p. 14]
Il postmoderno infine sembra prospettare un modello di società fondato sulla
differenza e sul pluralismo, in cui vige il principio morale della tolleranza. I suoi
caratteri peculiari (facilità delle comunicazioni, pluralismo, estrema mobilità e
trasformazione) contribuiscono alla formazione di un contesto pluriculturale e
plurirazziale. Questa moltiplicazione delle differenze, che sembra bene
evidenziarsi nell’emergere di culture marginali o regionali, è da intendere come
richiesta di un diritto alla differenza, sottratta con la parola alla marginalizzazione
se non proprio all’esclusione. Questo ovviamente pone in discussione i canoni
della cultura dominante [Ibidem, p. 15]
4
.
Questi caratteri del postmoderno si prestano a interpretazioni divergenti: dal
punto di vista dei suoi sostenitori, costituiscono un elemento emancipativo, dal
3
Cfr. J. -F. Lyotard, La condition postmoderne, Minuit, Paris 1979; trad. it. di C. For menti, La
condizione postmoderna. Rapporto sul sapere, Feltrinelli. Milano 1985.
4
A questo riguardo si veda anche A. Bonomi, II trionfo della moltitudine. Forma e conflitti della
società che viene, Bollati Boringhieri, Torino 1996