Capitolo 1: Introduzione
Questa tesi nasce per interesse e passione nei confronti di un argomento come la
comunicazione politica, poco sviluppato e radicato nella cultura del nostro paese, a
differenza di altre nazioni come Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
Un argomento tuttora poco sviluppato anche in quell'istituzione che dovrebbe
rappresentare la massima esperienza di formazione culturale: l'Università.
Partendo dalla ferma convinzione che sia la comunicazione sia la politica siano
cambiate in modo radicale negli ultimi venti anni, piø o meno quindi dalla discesa in
campo del “Grande Comunicatore” Silvio Berlusconi, verrà illustrato come esse
interagiscano tra loro e come si influenzino vicendevolmente.
Anche se sono aumentati i saggi che analizzano e discutono lo sviluppo della
comunicazione politica, non ne è stato ancora offerto un quadro esaustivo, soprattutto in
tema di campagne elettorali ed in tema di comunicazione durante le fasi di governo.
Per questo lavoro di tesi è stato scelto come case history quello della giunta Alemanno
in quanto vicino geograficamente ed in quanto esso non è stato ancora oggetto di analisi
sistematica da parte degli studiosi del settore.
Il punto di partenza teorico della tesi sarà la periodizzazione delle campagne elettorali
teorizzata da Pippa Norris.
La tesi sarà quindi sviluppata in quattro capitoli.
Nel primo si illustrerà cosa intendano per comunicazione politica i numerosi autori che
hanno provato a definirla. Vedremo come questo concetto vari, in maniera anche
piuttosto radicale, da definizione a definizione. Proveremo quindi a formulare una
sintesi di tutte queste descrizioni.
Successivamente saranno illustrati i due modelli di comunicazione politica,
pubblicistico-dialogico e mediatizzato, individuati da Mazzoleni [2004] e le tre fasi in
cui la stessa si è sviluppata secondo la teoria di Blumler e Kavanagh [1999]. Il capitolo
si concluderà con la spiegazione di alcune delle principali teorie sull'influenza dei media
nei confronti degli spettatori e sul perchØ esse siano rilevanti per approfondire lo studio
della comunicazione politica. Saranno illustrate in particolare le seguenti teorie: ago
ipodermico; effetti limitati e flusso di comunicazione a due stadi; spirale del silenzio;
agenda setting ed agenda building.
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Sono state prese in considerazione queste teorie per la rilevanza che esse hanno o che
hanno avuto, secondo l'autore, nello sviluppo della comunicazione politica.
Il secondo capitolo prenderà in analisi la periodizzazione ipotizzata da Pippa Norris
riguardo lo sviluppo storico delle campagne elettorali. Saranno illustrate le diverse
caratteristiche che definiscono le tre fasi teorizzate dalla studiosa americana.
Verranno poi illustrate altre periodizzazioni: quelle da cui lei ha preso spunto ed altre
liberamente ispirate al suo modello.
Sarà dato grande rilievo alla periodizzazione teorizzata da Novelli per il caso italiano,
basata sulla forte interrelazione tra televisione e sistema politico. Una periodizzazione
che costituisce un utile punto di partenza e che verrà ampliata discutendo della sempre
maggiore importanza acquisita dai nuovi media.
Prenderemo poi in analisi la permanent campaign provando a definire le sue
caratteristiche e vedendo in quale contesto storico essa si sia sviluppata.
Ci soffermeremo inoltre sull'avvento della negative campaign illustrando le numerose
definizioni che i diversi autori hanno dato di essa per poi guardare nei capitoli
successivi ad alcune sue applicazioni pratiche.
Illustreremo inoltre tre degli effetti diretti della permanent campaign: il proliferare dei
sondaggi, che ha spinto alcuni studiosi a parlare di sondocrazia; l'alto tasso di
professionalizzazione degli apparati politici, soprattutto per quanto riguarda la
comunicazione ed il marketing politico; la personalizzazione della politica, dovuta in
parte alla crisi dei partiti ed in parte a un diverso rapporto fra leader/candidati ed
elettori/cittadini favorito dai processi di individualizzazione della postmodernità e
dall’avvento dei media digitali.
Il terzo capitolo si concentrerà sulla campagna elettorale per le elezioni amministrative
del 2008 del Comune di Roma, che ha visto sfidarsi il candidato del centro-sinistra
Francesco Rutelli ed il candidato del centro-destra Gianni Alemanno.
Grazie alle interviste realizzate nel mese di aprile 2012 al responsabile della
comunicazione della campagna elettorale di Alemanno, Umberto Croppi, verrà spiegata
la strategia alla base delle vittoria del centro-destra.
Nel capitolo sulla campagna elettorale del 2008 verranno inoltre presentati i manifesti
che hanno caratterizzato la contesa. ¨ utile segnalare fin d'ora come lo staff di
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Francesco Rutelli abbia prodotto un numero di manifesti molto minore rispetto a quelli
prodotti dallo staff del suo avversario, Gianni Alemanno.
Nel quarto capitolo si vedrà come è cambiato nel corso della sua esperienza di sindaco il
rapporto tra Alemanno ed i cittadini romani, considerando le variazioni della fiducia in
un arco di tempo compreso dall'inizio del suo mandato, il 28 aprile 2008 fino a marzo
2012.
Per la fiducia da parte dei cittadini romani si farà ricorso ai sondaggi della società
“Datamonitor”, realizzati in tutta Italia per rilevare la fiducia dei sindaci nei comuni
capoluoghi di provincia. Nella classifica sono stati inclusi solamente i sindaci che hanno
ottenuto una fiducia pari ad almeno il 55%. I sondaggi, chiamati “Monitor Città” sono
stati effettuati con cadenza semestrale. ¨ da segnalare la mancanza delle rilevazioni
effettuate nel secondo semestre del 2010 e nel secondo semestre del 2011.
Per quanto riguarda l'ultimo anno di mandato di Alemanno, da aprile 2011 a marzo 2012
si presenterà un grafico che illustrerà come la sua fiducia sia variata di mese in mese. I
dati in questione ci sono stati messi a disposizione dalla società “DataMonitor” dopo un
incontro con la responsabile di essa, Natascia Turato, avvenuto nel mese di aprile 2012.
Verrà poi analizzata la copertura mediatica che il primo cittadino di Roma ha ricevuto
da tre importanti quotidiani : “La Repubblica”, “Il Tempo” ed il “Corriere della Sera”.
Sarà inoltre illustrato il differente coverage tra le pagine nazionali e quelle locali del
quotidiano romano “Il Tempo”.
Verrà poi confrontata la copertura mediatica ottenuta da Alemanno con quella del suo
predecessore al Campidoglio Walter Veltroni. Il confronto sarà effettuato sul rapporto
tra il numero degli articoli e quello dei titoli che “La Repubblica” ha dedicato ai due
primi cittadini nei 4 anni del loro mandato.
Sarà infine illustrata la comunicazione online di Alemanno, analizzando la sua presenza
sui principali social network, come Youtube, Facebook e Twitter, e guardando a come
egli ha strutturato i suoi blog e creato un giornale online: “Roma Capitale News”.
Obiettivo ultimo della tesi è tracciare un quadro della comunicazione di Alemanno
partendo dalla campagna elettorale del 2008 fino al maggio 2012.
Adottando le categorie proposte da Pippa Norris per descrivere le diversi fasi del
campaigning vedremo se sia possibile inscrivere la campagna realizzata da Alemanno in
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una delle tre fasi descritte dalla studiosa americana.
Analizzeremo in particolare il tasso di professionalizzazione e la durata della campagna,
il ruolo dei militanti, e l'impegno dedicato alla comunicazione sui media prestando
particolare attenzione all'analisi della comunicazione online di Alemanno.
L'illustrazione di essa non ha ovviamente pretese di generalizzazione ma può essere
utile per comprendere in che direzione stia virando la capacità di sfruttare la rete da
parte dei politici italiani. Concluderemo evidenziando le differenze tra la fase del
campaigning e quella di governing di Alemanno facendo riferimento a diverse
dimensioni della comunicazione elencate precedentemente.
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Capitolo 2: L'evoluzione della comunicazione politica
2.1 Introduzione
In questo primo capitolo spiegheremo cosa sia la comunicazione politica e come si sia
sviluppata nel corso del tempo. Partendo dalle definizioni di comunicazione e di politica
illustreremo il loro intrecciarsi dall'Antica Grecia ai giorni nostri, mediante il ricorso
alle teorie dei principali studiosi del tema.
Continueremo, poi, analizzando nel dettaglio i tre attori che definiscono il campo della
comunicazione politica e come il rapporto tra di essi sia cambiato nel tempo.
Partendo dall'illustrazione delle tre fasi della comunicazione politica e riepilogando i
principali modelli di rapporto ed influenza tra media e pubblico, concluderemo
evidenziando come il progresso e l'utilizzo dei nuovi media abbia cambiato non solo il
modo di comunicare ma anche quello di fare politica.
2.2 Che cosa è la comunicazione politica?
Che cosa si intende per comunicazione politica? Prima di iniziare a parlare di una
disciplina così particolare, si cercherà di definire questi due termini entrati ormai nel
lessico comune.
La comunicazione (dal latino cum = con e munire = legare, costruire) è al centro di ogni
esperienza sociale
Le persone, inevitabilmente, con il loro comportamento si pongono in relazione,
comunicano, con gli altri. Secondo gli studi dello psicologo Paul Watzlawick la
comunicazione non è solo un processo di trasferimento di informazioni ma un processo
avviato dall’emittente nell’intenzione di procurare cambiamenti nelle sfere cognitive,
emotive e comportamentali del ricevente. [Panzini, 2006]. Lo stesso Watzlawick
afferma che <<non si può non comunicare>> [Watzlawick, 1972, 44].
La politica (dal greco polis = città), secondo una antica definizione scolastica, è l'arte di
governare le società. Il termine si applica tanto alle attività di coloro che si trovano a
governare (per scelta popolare in democrazia, o per altre ragioni in regimi politici
diversi), quanto al confronto ideale finalizzato all'accesso alle attività di governo o di
opposizione. La politica è retorica, essa deve per sua natura raggiungere il cittadino-
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elettore, e per questo non può essere relegata nei palazzi della politica ma deve essere
comunicata, discussa con l’opinione pubblica, solo mediante tale processo è possibile
ottenere il consenso e la fiducia degli elettori. Fare politica significa anche fare
comunicazione, intesa come informazione, dialogo, partecipazione, ascolto, confronto
di idee,trasferimento di messaggio, enunciazione di progettualità. Da ciò si evince che la
comunicazione ha un’importanza primaria nel fare politica. Si comunica all’elettore per
informarlo, per farlo partecipare al progetto politico in vista del raggiungimento del
consenso. [Foglio, 2006].
La letteratura sull'argomento sottolinea inoltre ampiamente il carattere interdisciplinare
della comunicazione politica: essa infatti interessa diversi ambiti della conoscenza: dalla
sociologia della comunicazione alla scienza politica, dalla filosofia del linguaggio a
quella della conoscenza, fino ad arrivare alla semiotica ed al diritto.
Questi primi elementi permettono di comprendere quanto una disciplina come la
comunicazione politica sia estesa e difficilmente collocabile entro ambiti ristretti.
Nonostante ciò sociologi e politologi hanno provato a tratteggiarne una definizione.
Iniziamo da Dominique Wolton:
essa è il prodotto evolutivo del duplice processo di democratizzazione e di comunicazione che ha
trascritto l’ideale politico e democratico del XVIII secolo nello spazio pubblico allargato, dove le
differenti componenti hanno uno statuto legittimo [Wolton 1989, 29].
Lo stesso Wolton, però, in un intervento successivo modifica la sua definizione
sottolineando come sia difficile scindere la comunicazione pubblica dalla società civile,
dallo spazio pubblico e da quello politico, arrivando a circoscrivere il ruolo della
comunicazione politica e definendola così:
il processo attraverso il quale, in un determinato arco di tempo, si distinguono tra numerosi possibili
argomenti i temi attorno ai quali avviene lo scontro politico, perchØ altrimenti se tutto è politico, non c'è
piø comunicazione politica poichØ tutto è comunicazione politica [Wolton 1995, 111].
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Considerando solamente queste due diverse definizioni, formulate dallo stesso autore, si
può comprendere come il dibattito sia aperto, in costante sviluppo e la difficoltà di
giungere a una teoria definitiva.
Nimmo e Swanson affermano infatti come sia difficile che possa <<emergere una
master theory che comprenda tutti i diversi approcci usati per studiare la comunicazione
politica. L'idea di una simile teoria è senza senso, stanti le contrastanti
concettualizzazioni e orientamenti dei vari approcci>> [Nimmo e Swanson, 1990, 22]. I
due autori provano, comunque, a trovare un punto di sintesi:
nella sua dimensione politica la comunicazione è una forza per entrambi il consenso e il conflitto, le
campagne elettorali nelle democrazie liberali sono per entrambi il cambiamento e la stabilità; […] la
comunicazione politica è al tempo stesso fonte di potere e di emarginazione, prodotta e consumata dai
cittadini, attori piø o meno autonomi, informati, determinati e creativi, ma anche modellati da potenti
strutture [ibidem].
Un altro autore [Mancini, 2006] preferisce definire la comunicazione politica tracciando
le differenze con altre discipline come la comunicazione pubblica: infatti in quest'ultima
vi è una grado di controversia molto basso o totalmente inesistente, in quanto vengono
affrontati argomenti di interesse generale e che non prevedono disaccordo sulle
tematiche affrontate; mentre il grado di controversia è molto alto nel primo tipo di
comunicazione.
Il politologo francese Jacques GerstlØ afferma, invece, che «la comunicazione politica è
l'insieme delle tecniche e delle strategie utilizzate dagli attori politici […] per sedurre,
gestire e circuire l'opinione pubblica.[...] La stessa inoltre impregna l'intera attività
politica a tal punto che quasi tutti i componenti politici implicano un ricorso ad una
qualche forma di comunicazione» e osserva tre principali dimensioni: pragmatica,
simbolica e strutturale. [GerstlØ 1992, 14].
Nella prima dimensione, pragmatica, la comunicazione politica è utilizzata per
l'interazione tra emittente e ricevente con l'intenzione di persuadere, convincere,
sedurre, informare, comandare, negoziare e dominare.
Nella seconda dimensione, simbolica, la comunicazione passa attraverso i riti del
consenso e i riti del conflitto. Non tutte le persone infatti accettano ogni tipo di
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comunicazione in maniera passiva, ma spesso si oppongono ad essa dando origine ad
una comunicazione mediata tra emittente e ricevente. In pratica, il ricevente della
comunicazione non accetta tutto ciò che viene detto dall'emittente ma, dopo averlo
ascoltato, rielabora l'informazione e trae le sue conclusioni.
Nella terza dimensione, strutturale, la comunicazione politica è quella che transita sui
canali istituzionali (parlamento e amministrazioni pubbliche), di organizzazioni(partiti),
sui canali mediali(media audiovisivi) e su quelli interpersonali.
Un altro interessante punto di vista è quello di McNair [1995] che analizza la
comunicazione politica tramite i tre elementi che compongono il flusso comunicativo:
l'emittente, il ricevente ed il messaggio, interpretandola come finalizzata ad un
obiettivo. Gli emittenti sono tutte quelle forme messe in atto dagli attori politici per
raggiungere un determinato obiettivo; i riceventi sono quelle comunicazioni rivolte agli
attori politici da attori non politici; i messaggi sono quelle comunicazioni che
riguardano gli attori politici e le loro attività, inserite in notizie, editoriali ed altre forme
di dibattito giornalistico.
Queste complesse definizioni e teorie vengono così riassunte da Mazzoleni che vede la
comunicazione politica come
lo scambio e il confronto dei contenuti di interesse pubblico-politico prodotti dal sistema politico, dal
sistema dei media e dal cittadino-elettore [Mazzoleni, 2006,29].
Questa definizione ha il pregio di dare il giusto peso ai diversi fattori che definiscono il
processo della comunicazione politica (emittenti/attori, contenuti dello scambio,
destinatari) all'interno di un ambito concettuale rapportato all'interpretazione dello
sviluppo della democrazia moderna [ibidem]. Mazzoleni inoltre ipotizza che i cittadini-
elettori non siano solamente destinatari del messaggio ma possano a loro volta interagire
con gli altri due sistemi, divenendo fonte diretta ed indiretta del messaggio. Il sistema
politico può infatti interagire con altri attori politici, ma nel momento in cui questo
confronto avviene nell'arena pubblica i cittadini-elettori divengono il destinatario del
messaggio. Ed è questa dimensione di scambio che determina una nuova linea di
sviluppo negli studi di questa disciplina. [Mancini,2006,263].
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Negli anni ’40, quando questo campo di studi cominciava a delinearsi, non veniva
nemmeno definito con la stessa denominazione, nØ si concentrava sugli stessi oggetti.
L’attenzione era diretta a quella che si indicava come propaganda politica, in cui vi era
un attore che agiva
intenzionalmente e il cui messaggio era recepito da un destinatario considerato passivo.
Il flusso comunicativo era dunque inteso come unidirezionale. [ibidem].
La comunicazione politica come area di ricerca è nata negli Stati Uniti. Infatti in quel
periodo <<le scienze del comportamento tendevano a mettere insieme diverse tradizioni
conoscitive, non importa in quale disciplina o dipartimento universitario si collocassero,
e di fonderle in aree interdisciplinari fino ad allora considerate marginali rispetto alle
aree di ricerca piø convenzionali>> [Nimmo e Sanders, 1981, 12]. <<Nel 1956
troviamo per la prima volta qualcosa che indica la “comunicazione politica” come uno
dei tre processi intervenienti, gli altri due erano la leadership politica ed i gruppi sociali,
della mobilitazione e trasmissione dell'influenza politica>> [ibidem].
Il riconoscimento ufficiale della disciplina avviene nel 1981, quando i due autori
conferiscono alla comunicazione politica lo statuto di
area di ricerca, oggetto di distinta pubblicistica, avente riflessi professionali e politici, e fenomeno di
respiro internazionale [ibidem, 13].
La disciplina nasce e si sviluppa quindi negli Stati Uniti, proprio per questo Mauro
Calise suggerisce di non considerare l'esperienza americana come un paradigma valido
per tutti gli altri paesi e propone di analizzarla in una forma di prospettiva comparata,
ossia adattarla in rapporto agli sviluppi teorici ed empirici sviluppati nei diversi
contesti
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[Mazzoleni, 2004, 32]. Nonostante questo, non si può negare come il modello
statunitense abbia lasciato un segno indelebile nella communication research. Lo stesso
Calise afferma infatti che <<Lo sviluppo delle ricerche e delle categorie interpretative in
comunicazione politica è stato prevalentemente etnocentrico, ha riguardato cioè l'analisi
empirica della realtà politica americana ed ha riflesso sul piano normativo, i valori tipici
della political culture anglosassone>> [1993,102].
1Un'analisi comparata tra i modelli sviluppati oltreoceano e quelli attualmente utilizzati in Italia, è uno degli scopi
principali di questa tesi. [cfr cap.3].
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