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«Aforismi piuttosto che prolungate argomentazioni, pamphlet piuttosto che
trattati; lettere piuttosto che articoli; confessioni piuttosto che
investigazioni; discorsi piuttosto che lezioni; teatri al posto delle aule [...]
Perché non dovremmo avere un nuovo Diogene?» (OS, p. 181)
«Ma molti avevano sollevato obiezioni sul contenuto, e alcuni avevano
dubbi sulla mia personalità: un individuo irriverente come me non
sembrava essere la persona adatta per insegnare un argomento serio
come la filosofia.» (AT, p. 179)
Introduzione
Il filosofo della scienza viennese, fattosi largo nel Ventesimo Secolo
sollevando scalpore, dovette pagare questo successo quasi a costo della sua stessa
identità, quantomeno agli occhi dei più: anarchico
1
, relativista, nichilista,
irrazionalista, eretico, iconoclasta, provocatore, saltimbanco, «tanto che alla soglia
dei 70 anni si portava ancora appresso con disinvoltura l’appellativo di enfant
terrible del pensiero contemporaneo» (Cfr. AA, p. VII). Qual è il senso del
celeberrimo “anything goes” (tradotto talvolta come “tutto fa brodo”)? Occorre
lasciarsi dietro i pregiudizi e la critica, tentando di guardare al Feyerabend di
1
«Buona parte dei critici mi ha accusato di incoerenza: sono un anarchico, dicono, eppure
discuto ancora. Quest'osservazione mi ha lasciato piuttosto allibito. Una persona che si
rivolge a dei razionalisti è sicuramente in grado di discutere con loro, ma questo non
significa che egli creda che gli argomenti risolvano un problema, sono essi a crederlo.»
(AT, p. 164).
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Feyerabend, alla sua stessa interpretazione, per così dire, escludendo la possibilità
– fin da subito – di scindere aspetti di una vita e di una personalità – e un
personaggio – sì tanto complesse: Paul Karl Feyerabend non è sempre stato un
Feyerabend; prima che suo nonno paterno sostituisse la “y” alla “i” – così che
suonasse più esotico – il cognome significava in tedesco “vigilia”, “riposo serale”
o semplicemente “pausa”
(Cfr. AT, p. 4). Si potrebbe invece, di contro, sostenere
che fin dai primi passi della sua attività intellettuale – e no – egli sia stato uno dei
più eclettici e forsennati
2
filosofi del Novecento: sin dalla gioventù, i suoi
interessi spaziarono dall’arte (teatro, canto, pittura, ecc.), alle lingue (italiano),
alle scienze (da una parte astronomia, matematica, fisica quantistica; dall’altra
storia e sociologia). Tutto questa mole di sapere, congiuntamente con le
esperienze personali e vicissitudini storiche (nazismo e arruolamento, movimenti
sessantottini, ecc.) confluiscono nei suoi scritti con eguale importanza e
contributo.
Per questa ragione, alla discussione dell’opera, e delle querelle,
feyerabendiane si ritiene fondamentale anteporre un quadro biografico (facendo
uso in primis della sua autobiografia
3
Ammazzando il tempo (AT), scritta a pochi
mesi dalla morte annunciata, e poi dello scambio epistolare con il grande «amico e
compagno nell’anarchismo»
4
Imre Latakos contenuto in Sull’orlo della scienza
2
«Ryle […] sembrava avesse detto di me che ero sveglio e impertinente come una gabbia
di scimmie”.» (AT, p. 126). Usando una metafora simile, Imre Lakatos lo definirà, in una
lettera: «[…] una scimmietta, talvolta affascinante, talvolta pericolosa.» (OS, p. 205).
3
«Ho anche iniziato a scrivere la mia autobiografia, soprattutto per ricordare il periodo
trascorso nell’esercito tedesco e come avessi vissuto il nazionalsocialismo. Ad ogni
modo, questo si è dimostrato un buon modo per spiegare come le mie ‘idee’ sono
intrecciate al resto della mia vita [corsivo mio]» (AT, p. 203).
4
Cfr. dedica in CM.
7
(OS)), laddove inserire anche il rapporto – continuità, rottura e rinnegazione
5
–
con scuola popperiana; passando poi allo scritto che più gli conferì e fama e
“persecuzione”, Contro il metodo (CM), assurto a manifesto dell’anarchismo
epistemologico; in modo da approdare, infine, alla successiva pietra miliare: La
scienza in una società libera (SSL)
6
. Inoltre, per ampliare punti di vista e
strumentazioni argomentative, si farà ricorso ad altre opere e saggi (ad es., il
Feyerabend di John Preston, come letteratura critica).
Così come Feyerabend attinse a diversi ambiti, allo stesso modo le
conclusioni raggiunte dalla sua epistemologia (ad es., il contesto di scoperta e
formulazione teorica non possono, e non è desiderabile che siano, delimitate da
una metodologia normativa ad una impresa razionale di ricerca) non restano
confinate ai limiti della scienza, bensì si dipartono verso molteplici direzioni (si
potrebbe dire, per “reintegrare” e “riabilitare” le altre tradizioni).
«Dobbiamo dunque concludere che, all'interno della scienza, la ragione non può e
non dovrebbe dominare tutto e che spesso dev'essere sconfitta, o eliminata, a
favore di altre istanze. Non esiste neppure una regola che rimanga valida in tutte
le circostanze e non c'è nulla a cui si possa far sempre appello.
Ora, dobbiamo ricordare che questa conclusione è stata tratta dalla condizione
che la scienza, quale la conosciamo oggi, rimanga immutata e che si permetta ai
procedimenti che essa usa di determinare anche il futuro sviluppo. Dato che la
scienza esiste la ragione non può essere universale e l'irrazionalità non può essere
5
«L’iniziale esagerazione di Feyerabend circa la portata della scienza, e la sua successiva
restrizione della stessa, sono due facce della stessa medaglia.» (Preston, 2001, p. 249).
6
La relazione tra i due testi è tanto stretta da avere influenzato l’uno la scrittura e la
riedizione dell’altro: parti di SSL sono state inserite in CM e in SSL si risponde ad alcune
critiche destinate a CM.
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esclusa. Questo carattere peculiare dello sviluppo della scienza costituisce un
forte elemento a sostegno di un'epistemologia anarchica. Ma la scienza non è
sacrosanta. […] Esistono miti, esistono i dogmi della teologia, esiste la
metafisica, e ci sono molti altri modi di costruire una concezione del mondo. È
chiaro che uno scambio fecondo fra la scienza e tali concezioni del mondo “non
scientifiche” avrà bisogno dell'anarchismo ancora più di quanto ne ha bisogno
la scienza. L'anarchismo è quindi non soltanto possibile, ma necessario tanto per
il progresso interno della scienza quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel
suo complesso.» (CM, p. 147) [corsivi miei]
Da ciò, quindi, ne scaturisce la necessità di una riforma, un cambiamento a
livello sociale e politico, per ottenere l’agognata separazione di Stato e Scienza ed
anche un rinnovato accesso del popolo, “dal basso” (una concisa parentesi verrà
aperta per valutare le ipotesi offerte da una democrazia fluida), di partecipazione
e, o decisione nei riguardi dell’attività di ricerca.
«La conoscenza così concepita non è una serie di teorie in sé coerenti che
convergono verso una concezione ideale, non è un approccio ideale, non è un
approccio graduale alla verità. È piuttosto un oceano, sempre crescente, di
alternative reciprocamente incompatibili (e forse anche incommensurabili): ogni
singola teoria, ogni favola, ogni mito che fanno parte di questa collezione
costringono le altre a una maggiore articolazione, allo sviluppo della nostra
coscienza. Nulla è mai deciso, nessuna concezione può mai essere lasciata fuori
da un'esposizione generale.» (CM, p.27)
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Il panorama intravisto dal filosofo viennese risulta così oggetto d’analisi
sotto gli aspetti sociologici, politici ed infine – e forse, sopratuttto, – umani e
umanitari.
«La filosofia della conoscenza di Feyerabend suggerisce la possibilità di liberare
la nostra vita intellettuale da costrizioni irrilevanti e ci stimola a usare appieno le
nostre risorse cognitive e a prendere consapevolezza del potenziale umano […]»
(Preston, 2001, p. 11)
E ancora, se «la Ragione si unisce infine alla sorte di tutti quegli altri
mostri astratti come l'Obbligo, il Dovere, la Morale, la Verità e i loro predecessori
più concreti, gli Dèi, che furono usati un tempo per incutere timore nell'uomo e
per limitare il libero e felice sviluppo» (CM, p. 147) quali saranno ora gli obiettivi
designati affinché si possa affermare di aver conseguito il tanto aspirato
progresso? «Tra gli scopi ultimi vi sono: l’umanità, il rispetto per l’individuo, la
felicità, la gioia, il piacere, l’immaginazione, il senso dell’umorismo e la
mutevolezza.» (Preston, 2001, p. 40)
Un avvertimento, prima di affrontare il percorso sopra indicato, risulta
doveroso e – si spera – augurale.
«Chiunque sia disposto a mettersi in gioco nell'affrontare un personaggio come
Feyerabend, a meno che non abbia già compiuto per vie sue personali il percorso
che egli ci sfida a fare, non può non uscirne un po’ ammaccato [corsivo mio], ma
allo stesso tempo più ricco.» (AA, p. XIV)
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I. FEYERABEND: DA SCIENTISTA AD ANARCHICO (O MEGLIO
DADAISTA)
Dal cammino di Feyerabend, lungo una settantina d’anni (1924-1994), è
possibile estrapolare, con la dovuta approssimazione, diverse fasi: gioventù
(prima della guerra), adolescenza (guerra e post guerra), maturazione (ambienti
accademici) ed infine le età adulta (insegnamento e ricerca) e anziana
(pensionamento)
7
.
1. Gioventù: attività ed interessi
Tutt’altro che settaria, la sua curiosità lo spinse sempre ad esplorare i più
disparati ambiti e, «sebbene Feyerabend sia ritenuto in primo luogo un filosofo
della scienza, i suoi veri interessi erano rivolti all’ambito più generale della
conoscenza umana […]» (Preston, 2001, p. 28).
«Complessivamente non avevo ancora messo a fuoco i miei interessi (né ci sono
ancora riuscito); un libro, un film, una rappresentazione teatrale o
un’osservazione casuale potevano farmi muovere in qualsiasi direzione» (AT, p.
32)
Comprava libri usati in grandi pacchi chiusi: «[…] romanzi, poesie, libri gialli,
saggi di tutti i tipi. Schopenauer [lo] colpì: la sua descrizione di quelli che si
imbottiscono di roba da leggere senza alcuna discriminazione sembrava adattarsi a
[lui] perfettamente.» (AT, pp. 61-62). Dedicò molte energie nell’osservazione
7
In particolare, l’ultima fase – contenutisticamente e stilisticamente distintiva – verrà
affrontata in chiusura, nell’ultimo capitolo.
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astronomica, svolta dapprima a livello amatoriale e poi come rilevatore ufficiale.
Senza alcuna compartimentazione, le arti s’inseriscono tra le sue attività
quotidiane: tra tutte il canto. Questo è un elemento presente sin dall’infanzia,
quasi un’eredità della parentela del filosofo, che non lo abbandonerà mai. «A
[suo] parere nessuna conquista di tipo intellettuale è in grado di eguagliare i
piacere che sa dare l’uso di questo strumento particolare [la voce].» (AT, p. 95) A
questa si accosta un’altra passione, coltivata a fasi alterne: il teatro.
«In qualche modo incappai nel teatro [...]. Al liceo leggevamo opere teatrali, a
ogni studente veniva assegnata una parte differente. Io dilatavo il mio
personaggio a dismisura; i buoni trasudavano Bontà, i cattivi erano il Male
Personificato.» (AT, p. 31)
2. Adolescenza: guerra e questione morale
Le tematiche morali ed etiche lo coinvolsero in superficie, senza fissare in
lui una qualche sorta di fermo convincimento, se non solo molti anni dopo la
guerra.
«Per me l'occupazione tedesca e la guerra che seguì erano un fastidio, non un
problema morale, e le mie reazioni nascevano da stati d'animo e circostanze
contingenti, non da un punto di vista ben definito.» (AT, p. 43)
Nel 1940 fu arruolato nell’Arbeitdienst (il “servizio di lavoro” previsto per
tutti i cittadini, introdotto dai nazisti) e servì nel Corpo dei pionieri tedesco
durante la Seconda guerra mondiale. Proprio durante durante la ritirata dal fronte