11
I.
Infotainment: un approccio sociologico
“La televisione è la prima cultura genuinamente democratica, la prima
cultura disponibile a tutti completamente retta da ciò che la gente vuole.
La cosa più terrificante è ciò che la gente vuole”.
Clive Barnes
1.1 La società post-moderna tra apocalittici e
integrati
Infotainment è una parola di origine americana che nasce
dall’unione di information (informazione) ed entertainment
(intrattenimento), usata per indicare il fenomeno della
spettacolarizzazione dell’informazione. L’infotainment ha
prodotto un rimescolamento dei generi, soprattutto
televisivi, trasformando anche i programmi di informazione
in forme di spettacolo. A partire da Cattive notizie. La
retorica senza lumi dei mass media italiani di Michele
Loporcaro – testo che mi è stato di ispirazione per questo
lavoro – ho ritenuto opportuno collocare l’infotainment in
12
un contesto sociologico individuando due fattori che hanno
permesso la nascita e lo sviluppo di questo fenomeno.
La nascita dell’infotainment è dovuta da una parte alla
diffusione e alla concezione dei mezzi di comunicazione di
massa nella società post-moderna; dall’altra all’espandersi
delle tv commerciali. Al giorno d’oggi non c’è ancora un
significato condiviso da parte degli studiosi del termine
post-modernismo. La difficoltà nel definire questo termine
sta nel fatto che esso viene usato all’interno di numerosi
contesti per testimoniare alcuni cambiamenti della società
contemporanea. Possiamo ritrovare questo termine nel
campo della critica letteraria, nel campo dell’arte, negli
ambiti della filosofia, dell’antropologia culturale e delle
scienze sociali dove compare per la prima volta nel lavoro di
Arnold Toynbee A Study of History del 1954. Il sociologo
Mike Featherstone mette in contrapposizione i termini
“modernità” e “post-modernità” (Featherstone, 1989)
sottolineando che ciascuno di essi fa riferimento a un’ epoca
differente: la modernità, così come viene definita nella
teoria sociologica tedesca di fine Ottocento, inizio
Novecento, consiste nella razionalizzazione dell’economia,
del diritto e della società; la post-modernità indica il
13
passaggio da un’epoca all’altra scaturita dall’ “emergere
d’una nuova totalità sociale, con propri principi
organizzativi distinti” (Featherstone, 1989). Per dare forza a
queste sue affermazioni Featherstone si appoggia al pensiero
di altri grandi sociologi come Jameson, Lyotard e
Baudrillard affermando che l’idea di una transizione verso
un’età post-industriale, dettata dal passaggio dalla modernità
alla post-modernità, è l’elemento che accomuna il pensiero
di questi tre sociologi. Secondo Lyotard il termine post-
moderno indica “lo stato della cultura dopo le
trasformazioni subite dalle regole dei giochi della scienza,
della letteratura e delle arti” (Lyotard, 1979) dalla fine degli
anni ’50 fino ai giorni nostri, in cui diviene fondamentale il
ruolo della tecnologia nel creare una mentalità nella quale il
sapere diviene merce che dovrà poi essere venduta. Secondo
Jameson “è la cultura a dettare i significati della realtà
politica, economica e sociale, anzi acquista a sua volta un
valore economico, perché diventa un prodotto” (Jameson,
1992). Jameson, afferma Featherstone, individua nella
trasformazione della realtà in immagini e nella
“frammentazione del tempo in una serie di continui
presenti” (Featherstone, 1989), le due caratteristiche
distintive della cultura post-moderna. Stando a Featherstone,
14
i media sono un esempio che racchiude in sé entrambe
queste caratteristiche. A parere di Baudrillard, il passaggio
dalla modernità alla post-modernità si caratterizzerebbe per
la sostituzione di un universo sociale produttivo con uno
riproduttivo, sostituzione determinata dal sorgere di nuove
forme di tecnologia e d’informazione. Baudrillard ritiene
che con l’avvento del post-modernismo il vecchio sistema di
produzione per lo scambio viene rimpiazzato dalla
produzione di segni per la comunicazione. Il termine post-
modernismo come reazione a un modernismo ormai
superato inizia ad essere ampiamente usato nell’ambito della
letteratura e della sociologia tra la fine degli anni ’60, e i
primi anni ’70.
Ho voluto passare brevemente in rassegna il pensiero di
questi sociologi per chiarire sotto quale accezione parlerò di
società post-moderna: una società che, rispetto alla
precedente, abbandona la razionalizzazione dei cardini
prettamente industriali, come il potere economico, per
sostituirli con la centralità della cultura trattata come merce,
della tecnologia e dell’informazione. Il concetto di società
post-moderna parte dalla constatazione “che informazione e
conoscenza stanno diventando fattori talmente cruciali da
15
condizionare […] persino i meccanismi della produzione e
del mercato” (Mattioli, 2003: 175). Ma vediamo come si è
arrivati alla società post-moderna.
Quella che era definita società di massa si trasforma
repentinamente nella “società dei mezzi di comunicazione di
massa”. In questo periodo si delineano due schieramenti,
che si distinguono per l’opposta valutazione che danno circa
la società di massa: “apocalittici” e “integrati” (Eco, 1964).
Gli apocalittici sono i critici della società di massa, gli
integrati pensano invece che la suddetta società riesca a
portare il mondo occidentale verso la migliore delle società
possibili.
1
Negli anni ’60 Marshall Mc Luhan, considerato il
padre della sociologia della comunicazione di massa, aveva
visto oltre, elaborando il concetto di villaggio globale con il
quale evidenziava la standardizzazione dei messaggi
veicolati dai mass media, che contribuiscono a creare un
pubblico omogeneo che consuma lo stesso prodotto
informativo. Inoltre i membri di questo “villaggio” “grazie
1
Tra gli apocalittici possiamo ricordare alcuni membri dell’Istituto per
la Ricerca Sociale di Francoforte, tra cui M. Horkheimer, T. W. Adorno,
E. Fromm e H. Marcuse; del filone degli americani possiamo citare C. W.
Mills, D. Riesman e V. Packard.
Tra gli integrati occorre ricordare tra gli altri: P. Lazarsfeld, B. Berelson,
H. Gaudet, L. Festinger, E. Shils, D. Bell e M. Mc Luhan.
16
al telefono, alla radio, alla televisione – e oggi anche grazie
ai nuovi media come internet – possono comunicare
liberamente tra loro” (Mc Luhan, 1962) senza alcun
ostacolo.
Come abbiamo accennato, a partire dagli anni ’70 si delinea
quella che viene definita società post-moderna. Come nella
società di massa, anche qui troviamo una distinzione tra
pessimisti e ottimisti che inquadra nel migliore dei modi le
due caratteristiche fondamentali – posizionate esattamente
agli antipodi – della post-modernità: da un lato “la caduta
dei grandi sistemi ideologici”
2
; dall’altra “lo sviluppo dei
sistemi di comunicazione e di informazione” (Mattioli,
2003: 166). Tra i maggiori apocalittici della società post-
moderna troviamo Baudrillard che ritiene che
l’individuo si dissolva nel processo di comunicazione, con
la conseguente perdita del senso del reale e l’accettazione
di una realtà che è finzione, simbolo, convenzione, che
2
La caduta delle ideologie era stata ipotizzata dopo la fine della
Seconda guerra mondiale, e si è concretizzata con l’abbattimento del
Muro di Berlino e con la fine del comunismo nell’Europa Orientale.
Dopo questi eventi sembrano essersi estinte le differenze tra
liberalismo e socialismo, con la progressiva scomparsa del secondo e
con il liberalismo che riesce ad esportare – grazie alla tecnologia – la
propria tradizione democratica in gran parte del mondo.
17
costruisce identità fittizie, perché non conta più ciò che è,
ma ciò che appare (Baudrillard, 1983).
Come vedremo, l’infotainment rispecchia in buona parte il
pensiero del sociologo francese, in quanto lo spettatore-
massa o il lettore-massa
3
identificano la realtà mostrata dai
media con il mondo reale. La post-modernità ha contribuito
a far nascere proprio questo tipo di spettatore che, “grazie”
alla caduta delle ideologie, perde ogni interesse a rapportarsi
criticamente nei confronti della società. Infatti per
Baudrillard la post-modernità è come un mondo in cui
simulazioni e modelli appiattiscono completamente la
distinzione tra il reale e l’apparente: nel “mondo simulato”
di Baudrillard la tv rappresenta il mondo.
Quello della perdita del senso del reale non è l’unico aspetto
negativo evidenziato dagli apocalittici dell’età post-
moderna. Il senso di incertezza e la mancanza di oggettività
sono rintracciabili in tutte le sfaccettature di questa società.
Come evidenzia il sociologo tedesco Beck, la post-
modernità è definibile come una “società del rischio”. Il
rischio, secondo Beck, è “il segno distintivo e la misura
dell’incertezza che caratterizza l’età post-moderna”
3
Termine con il quale viene identificato il pubblico tipico della società
post-moderna (Loporcaro, 2005: 24).
18
(Mattioli, 2003: 169), ed è rintracciabile in una serie di
comportamenti individuali e globali
4
, che derivano dalla
complessa struttura della società post-moderna e dalle sue
molteplici manifestazioni. I mass media giocano un ruolo
fondamentale in questo periodo perché, oltre ad intrattenere
ed informare, socializzano. In questo competono con la
famiglia, la scuola e tutti gli altri gruppi di socializzazione
primari e secondari, quindi sono da considerarsi a tutti gli
effetti “colpevoli” delle accuse, sopra citate, degli
apocalittici della società post-moderna.
Ma bisogna guardare anche l’altra faccia della medaglia,
ricordando che la post-modernità è caratterizzata – oltre che
dalla caduta delle ideologie – anche da un fattore positivo:
lo sviluppo incessante dei mezzi di comunicazione e di
informazione. Da questa parte del “campo” troviamo gli
integrati, che hanno fiducia nel futuro di questa società
perché, secondo loro, “l’informazione rende tutti gli
individui più consapevoli, liberi, partecipi” (Mattioli, 2003:
4
I rischi globali sono collegati al funzionamento del sistema sociale:
rischi ambientali (effetto serra), rischi bellici (terrorismo
internazionale), rischi alimentari (“mucca pazza”), rischi nucleari
(Chernobyl), rischi sociali (persecuzioni politiche e religiose), rischi
sanitari (AIDS e SARS) che “costringono ad una revisione dell’idea
sostanzialmente ottimista e positiva del modernismo” (Beck,
1992;1996).
19
170). Alcuni sociologi come Bell e Naisbitt elogiano la
società post-moderna che, oltre a sviluppare processi di
comunicazione in grado di trasformare la divulgazione del
sapere, è caratterizzata da un intenso progresso tecnologico
che non solo migliorerà il tenore di vita della popolazione
ma contribuirà anche a far nascere nuovi posti di lavoro.
Ma è soprattutto in un modello creato dalla sociologa
americana Wendy Griswold che possiamo collocare il
fenomeno dell’infotainment: il modello del diamante
culturale. Questo modello può essere descritto come
una sorta di quadrilatero ai cui vertici si collocano le
quattro macrovariabili che interagiscono nello sviluppo dei
fenomeni culturali: il sistema sociale, che funge da
contesto; i soggetti produttori di cultura (i mass media, ma
anche la scienza e il sistema formativo); i soggetti
consumatori di cultura (il pubblico, l’audience, i vari
gruppi sociali); e gli “oggetti” culturali prodotti (valori,
informazione, spettacolo, credenze religiose, norme di
senso comune) (Mattioli, 2003: 171).
L’infotainment può essere inserito perfettamente in questa
prospettiva inquadrata dalla Griswold, aggiungendo come
ultimo tassello la nascita delle tv commerciali che, come
vedremo, – soprattutto in Italia – giocano un ruolo
determinante come soggetti produttori di cultura, solamente
20
che gli oggetti culturali prodotti riguardano maggiormente
lo spettacolo e l’intrattenimento anziché l’informazione e la
cultura.
In definitiva possiamo affermare che non esiste una teoria
unitaria sulla società post-moderna, perché quest’ultima si
presenta come una società mutevole, in costante sviluppo,
dove, a causa della caduta delle ideologie, non esiste un
valore assoluto e razionale ma ne esistono molti, rincorsi e
successivamente abbandonati dalle persone per stimoli e
bisogni differenti
5
. Abbiamo delineato il primo dei due
fattori principali che hanno portato alla nascita
dell’infotainment: la concezione dei mezzi di comunicazione
di massa nella società post-moderna. Prima di analizzare il
secondo fattore – quello della nascita e dello sviluppo delle
tv commerciali – vale la pena soffermarsi sugli effetti che i
media hanno sulle persone e sulla società.
5
Il sociologo Bauman, grande critico della società post-moderna,
afferma che: “il successo dell’uomo post-moderno nella vita dipende
dalla sua rapidità nello sbarazzarsi dei modelli, piuttosto che
nell’acquistarne” (Bauman, 2000).
21
1.2 Gli effetti dei media: dalla manipolazione alla
socializzazione
Ho ritenuto opportuno soffermarmi sugli effetti dei media
per inquadrare nel migliore dei modi il fenomeno
dell’infotainment in un contesto sociologico. Alcune delle
teorie sugli effetti dei media che andremo ad analizzare
sono, cronologicamente, antecedenti alla nascita delle tv
commerciali, e quindi allo sviluppo dell’infotainment, però
possiamo sovrapporre i due aspetti e provare a dimostrare
che gli effetti dei media – sulla società e sul pubblico –
possono coincidere con gli effetti dell’infotainment.
Per chiarire cosa si intende per effetto, possiamo
innanzitutto considerare – con Gianni Losito (2007: 68) –
tre punti principali:
a) che cosa può indurre un effetto;
b) su chi questo effetto viene esercitato;
c) rispetto a che cosa.
22
Riguardo al primo punto, gli effetti possono essere generati
da un testo
6
mediale o da parti di esso (es.: una scena
cruenta di un film), oppure dai generi (es.: le fiction
televisive e le soap opera), o dai singoli mezzi – come la
televisione – e dalle comunicazioni di massa in generale.
Riguardo al secondo punto, i destinatari dell’effetto possono
essere interi gruppi sociali (es.: la famiglia, il gruppo dei
pari, ecc.), determinate categorie di pubblico (es.: bambini,
adolescenti, casalinghe, anziani, ecc.), fino alla società tutta.
Infine riguardo al terzo punto, gli effetti possono agire su
svariate componenti:
singole opinioni, singoli atteggiamenti, singoli
comportamenti, oppure azioni e relazioni sociali,
rappresentazioni individuali e collettive della realtà o di
particolari aspetti di essa, e anche, […] le sub-culture o la
cultura
7
(Losito, 2007: 69).
6
La linguistica testuale chiama “testo” ogni messaggio linguistico
unitario e completo usato da qualcuno (emittente) per comunicare
qualcosa a qualcun altro (ricevente), cioè ogni insieme di parole di
senso compiuto e di forma unitaria: quest’ultima espressione si
riferisce alla compiutezza esteriore del testo, che deve presentare
confini ben precisi e individuabili, ossia un inizio e una fine.
7
Intendendo per “cultura” “l’insieme delle conoscenze, delle idee, dei
valori, delle norme, delle credenze e delle forme simboliche diffusi in
una determinata società” (Losito, 2007: 69).