Nota linguistica
In accordo con il Catálogo de las Lenguas Indígenas Nacionales
1
, il Messico riconosce
oggi 11 famiglie linguistiche articolate in 68 lingue (agrupaciones lingüisticas), delle quali sono
state ulteriormente individuate un totale di 364 varianti linguistiche. Le lingue della famiglia
maya, che è seconda solo al náhuatl per numero di parlanti
2
, sono parlate negli stati di
Tabasco, Chiapas, Veracruz, San Luis Potosí e nella penisola yucateca (Campeche, Quintana
Roo e Yucatán, dove abita il gruppo propriamente detto maya); superano i confini nazionali
con consistente presenza in Guatemala, Belize e Honduras
3
. Lo Yucatán è il primo stato
messicano per numero di parlanti una lingua indigena.
La lingua maya yucateca attuale deriva dall’età classica precolombiana (200 – 925 d.C.),
il cui sistema pittografico per glifi era riservato solo a una ristretta elite religiosa. Dalle
distruzioni occorse con la conquista si conservano oggi i tre codici di Dresda, Madrid e Parigi,
che raccolgono preziosi scritti prevalentemente di carattere esoterico. Analogamente agli
sviluppi sociolinguistici dello spagnolo yucateco, la lingua maya attuale si è arricchita di prestiti
e ha elaborato locuzioni per referenti linguistici apparsi durante e dopo la colonizzazione,
mentre altri termini cadevano in disuso. La scrittura a caratteri latini si impose poco a poco
attraverso l’opera di cristianizzazione e castillanización delle popolazioni indigene, elaborando
alfabeti su base latina che restituissero la diversità dei fonemi maya. Ad oggi, la lingua maya ha
carattere prevalentemente orale; scrivere e leggere la maya sono pratiche riservate agli studiosi
11
1
Fonte: Instituto Nacional de Lenguas Indigenas (INALI), Catálogo de las Lenguas Indígenas Nacionales: Variantes
Lingüisticas de México con sus autodenominaciones y referencias geoestadísticas. Pubblicato nel Diario Oficial del 14/01/2008
e reperibile al sito web www.inali.gob.mx, 16/09/2010.
2
Anticipo che, anche tra istituzioni ufficiali governative (tra queste CDI e INEGI), i dati quantitativi rispetto a
popolazione indigena e popolazione parlante una lingua indigena non sono univoci perché non lo sono i
parametri di analisi. Tornerò brevemente sulla questione nel primo capitolo.
3
Distribuzione delle varianti linguistiche maya al di fuori della penisola: Tabasco: chontales; Chiapas: tojolabales,
tzotziles, tzeltales, lacandones, mochós, ch’oles, chujes, mames, kanjobales, jacaltecos e cakchiqueles; Veracruz e
San Luis Potosí: huaxtecos o teenek; Belize: mopanes, mayas e kekchíes; Guatemala, quichés, cakchiqueles, achíes,
tzutuhiles, itzáes, mopanes, chujes, acatecos, ixiles, mames, pokomames, pokomchíes, awakatecos, chalchitecos,
kanjobales, jacaltecos, chortís e kekchíes; Honduras: chortís.
addetti ai lavori e solo in minima misura agli alunni delle scuole primarie bilingue, istituite in
Messico dal 1955. L’opera più consistente e determinante nella formalizzazione linguistica
maya è il Diccionario Maya Cordemex (México, Ediciones Cordemex, 1980); su questa base nel
1984 la Comisión de Difusión del Alfabeto Maya ha approvato l’alfabeto ufficiale per la lingua
maya, che ha apportato anche alcune semplificazioni grafiche rispetto alle precedenti
sistematizzazioni.
Non disponendo di questo strumento linguistico, per la traduzione e la traslitterazione
dei vocaboli presenti in questo lavoro ho fatto riferimento al Manual de Vocabolario Maya-
Español e al Curso de Lengua Maya para Investigadores in tre volumi, elaborati dalla M.stra Hilaria
Máas Collí (Máas 2008). I testi supportano il corso frontale tenuto dalla stessa autrice, del
quale ho frequentato alcune lezioni nel primo periodo del soggiorno, e aderiscono al sistema
proposto dal Diccionario Maya Cordemex. Il Manual de Vocabolario è piuttosto ridotto e sintetico,
ma include la gran parte dei vocaboli cui farò riferimento. A complemento del Manual ho fatto
riferimento al dizionario maya-spagnolo / spagnolo-maya pubblicato on-line dalla UADY
4
; per
il significato di alcuni termini specifici dello spagnolo yucateco, invece, ho affiancato la
consultazione del dizionario yucateco-spagnolo pubblicato on-line dall’Ayuntamiento di
Mérida al sito Mérida, un lugar lleno de história
5
.
Nel trascrivere le interviste riportate in appendice ho fatto attenzione a mantenere
inalterati alcuni usi linguistici locali e propri della comunicazione orale, quali ad esempio: l’uso
del maschile per il femminile o del singolare per il plurale (e viceversa); il suono g intervocalico
(es. haygan anziché hayan); le varianti locali di alcuni termini (es. sartenera anziché sarteneja;
haktùun anziché haltùun); la contrazione della locuzione nada más in namás. Inoltre nel parlato è
assai frequente la citazione in discorso diretto; data la ricorsività di questa pratica e la sua
rilevanza in quanto modalità comunicativa locale, ho ritenuto più appropriato trascrivere i
passaggi in discorso diretto come incisi separati da virgole, anziché ricorrere al virgolettato.
12
4
http://www.mayas.uady.mx/diccionario/index.html, consultato tra agosto del 2008 ad aprile 2011.
5
http://www.merida.gob.mx/historia/habla.html, consultato dicembre del 2008 ad aprile 2011.
In mancanza di un riscontro sonoro, per chiarire la pronuncia dei fonemi assenti nella
lingua italiana e per rendere fruibili i termini che appaiono nel testo, riporto a seguire uno
schema del sistema di traslitterazione alfabetica cui mi sono attenuta
6
; a questo sistema,
comparato con i testi della bibliografia di area, mi sono appoggiata anche per la trascrizione di
termini maya che non compaiono nel Manual de Vocabolario. Il segno diacritico ’ indica la
glottalizzazione consonantica o vocalica, che produce nel primo caso un suono implosivo. Gli
accenti ´ e ` indicano i toni vocalici. I nuclei sillabici che formano le parole si compongono
combinando i seguenti fonemi consonantici e vocalici.
CONSONANTI: b, ch, ch’, h, k, k’, l, m, n, p, p’, s, t, t’, ts, ts’, w, x, y (prestiti spagnoli: d, f, g, r, rr ).
Le indicazioni che seguono riguardano i soli fonemi assenti nella lingua italiana.
ch Affricata palato-alveolare. Si pronuncia come nell’italiano “accento”.
ch’ Affricata palato-alveolare glottalizzata. Es. ch’ooy, secchio.
h Fricativa velare sorda. Vicina alla pronuncia della j spagnola, ma più debole. Es.
hmèen, sacerdote maya.
k Occlusiva velare sorda, pronunciata come c nell’italiano “cane”.
k’ Occlusiva velare glottalizzata. Es. ìik’, vento.
p’ Occlusiva bilabiale sorda glottalizzata. Es. p’el, sgranare fagioli.
t’ Dentale glottalizzata. Es. t’oh, il suono dell’acqua.
ts Affricata alveolare sorda. Si pronuncia come nell’italiano “pazzo”.
ts’ Affricata alveolare glottalizzata. Es. ts’òon, cacciare
w Semiconsonante labiale. Si pronuncia come nell’italiano “uovo”.
x Fricativa palatale. Si pronuncia come il gruppo –sh– nella lingua inglese.
y Semiconsonante palatale. Vicina alla pronuncia della l l spagnola, ma più
debole.
13
6
Le indicazioni e la tabella dei suoni vocalici sono elaborate comparando le indicazioni fonetiche delle seguenti
fonti: Hanks 1990; Máas 2008; Advertencias al dizionario maya-spagnolo on-line, pubblicate alla pagina web
dell’Universidad Autónoma de Yucatán (http://www.mayas.uady.mx/diccionario/advertencia.html, consultato tra
la fine del 2008 ad aprile 2011).
VOCALI: a, e, i, o, u combinate con tre toni (alto ´, neutro, basso `), lunghezza (vocale doppia) e
l’occlusione glottale intervocalica oppure seguita a vocale.
lunga
(tono alto)
corta
(tono basso)
neutra
riarticolata
lunga
glottalizzata
neutra
glottalizzata
a
áa
áak, tartaruga
àa
kàax, gallina
a’a
a’al, dire
áa’
(non riscontrato)
a’
ha’, acqua
e
ée
péek, movimento
èe
pèek’, cane
e’e
ch’e’en, pozzo
ée’
(non riscontrato)
e’
he’, uovo
i
íi
míis, scopa
ìi
mìis, gatto
i’i
k’i’ik, sangue
íi’
(non riscontrato)
i’
chi’, bocca
o
óo
óotsil, povero
òo
òok, piede
o’o
ts’ono’ot, cenote
óo’
(non riscontrato)
o’
p’o’, lavare
u
úu
túub, saliva
ùu
tùuch, ombelico
u’u
p’u’uk, guancia
úu’
chúu’, onda
u’
k’u’, nido
14
Introduzione
1. Messico e nuvole
Comprai il biglietto dell’aereo, tenevo la mia meta tra le mani. Il nome di un Paese, uno
Stato, una città. Malgrado avessi letto un po’ di tutto, dagli articoli scientifici alle guide
turistiche, realizzai di non riuscire a comporre alcuna immagine verosimile della mia prossima
ubicazione geografica. O meglio, non riuscivo a immaginarmi in azione lì, in quelle terre che il
mio personalissimo album di aspettative dipingeva con i forti contrasti pittorici di Frida Kahlo,
incursioni zapatiste a volto coperto e un’atipica colonna sonora di Paolo Conte. Non era la
prima volta che mi preparavo per un viaggio in un Paese sconosciuto e lontano, eppure ora era
strano non essermene già un pochino appropriata, non averci già messo piede con la fantasia.
Pur sapendo che si trattava di un passaggio comune a tanti studenti in partenza per il campo,
questa curiosa reazione fece vacillare per alcuni giorni il mio slancio e la voglia di partire per la
mia prima destinazione: Mérida, Yucatán, Messico sud orientale. Era il primo di tanti momenti
in cui sentii la necessità di tornare a visitare i luoghi da cui era originata la mia idea di ricerca,
le motivazioni e le domande che bussavano in coda agli anni di studio all’università. Lessi e
rilessi il progetto di ricerca finché giunse il giorno di preparare lo zaino.
2. Capire cosa, scegliere come e decidere dove
Anche la scrittura del progetto di ricerca è stata, a suo modo, un viaggio. Degli anni di
formazione universitaria considero fondamentale l’incontro con la teoria antropologica della
costruzione sociale del rischio e sue implicazioni nell’analisi dei processi di attribuzione di
colpa (Beck 2000; Douglas 1996a, 1996b; García 2005; Hewitt 1983; Lupton 2003; Oliver-
Smith 1996). Quest’unico campo di indagine, come spero emergerà in questo lavoro, accorpa i
temi che via via mi avevano appassionato: nesso uomo-luogo, corpo, sensazioni, salute, criteri
locali di abitabilità (Lawrence e Low 1990; Ingold 2000) e taskscape (Ingold 2000). Tutto ciò ha
15
a che fare con lo stile cognitivo di una comunità, con il tipo di sapere che essa produce e su cui
si fonda, e con le pratiche e relazioni simboliche che perpetuano tale sapere e permettono la
riproduzione della società stessa: era ciò che intendevo approfondire nella ricerca etnografica.
Centrale quindi anche l'idea di costruzione socio-culturale della percezione sensoriale (Goody
2002; cfr. Hanks 1990, Lock 1993), che implica necessariamente l’assunzione di una
prospettiva diacronica e che nella mia futura ricerca avrei considerato con riferimento alla
temporalità dell’esperienza individuale e della vita di una comunità, che superando gli scarti
generazionali assume una profondità storica. In questo senso, lo studio della vulnerabilità
sociale di una comunità a un determinato evento nella sua costruzione storica si accompagna
allo studio del mutamento sociale, o meglio allo studio della percezione locale dello stesso. Alla
base del quadro teorico che ha generato le mie riflessioni, lo sguardo olistico e sistemico
dell’approccio ecologico-relazionale di Tim Ingold (Ingold 2000 e 2001); una teoria che
coniuga il fatto che ciascun umano esperisce direttamente un'unica esistenza – la propria, e la
esperisce tutta intera, con la necessità analitica di estrapolare delle variabili concettuali
dall'esperienza del mondo per poterne capire il funzionamento. Una teoria nella quale
l’esperienza sul campo avrebbe poi preso senso e corpo; ma il campo ancora mancava,
nonostante un vecchio desiderio di conoscere l’America Istimica.
Avevo presente invece una precisa tipologia di problemi oggettivi cui agganciare i temi
che più mi stavano a cuore: contaminazione ambientale
1
. Mi affascinava la portata simbolica e
teorica di questo concetto e di una sua possibile manifestazione. Mi affascinava nello stesso
modo in cui, bambini, siamo affascinati dai mostri, che ci fanno paura ma che non possiamo
smettere di guardare dalla porta socchiusa. Mi sembrava che un problema di contaminazione
ambientale che mettesse a rischio la salute umana avrebbe avuto come principale terreno di
elaborazione il corpo, inteso come sintesi di corpo personale, sociale e politico (Lock 1993;
16
1
Nella lingua spagnola l’unico termine contaminación, come pollution in inglese, indica tanto “contaminazione”
quanto “inquinamento”. Ho preferito titolare la tesi con quest’ultimo termine perché, come ho potuto rilevare
nel corso delle interviste, nell’uso comune contaminación rimanda immediatamente alla grave contaminazione
atmosferica e ambientale in cui vessa Ciudad de México.
Lock e Scheper-Hughes 2006); come espressione della relazione società-ambiente; come
prodotto culturale e come strumento di antropopoiesi. Un caso di contaminazione avrebbe
compromesso il rapporto di comunità locale con il proprio territorio, scardinando o
comunque mettendo in atto processi culturali di ridefinizione del corpo e dell’ambiente.
Questo, in particolare, mi affascinava. Avevo individuato i due terzi del progetto di ricerca: su
cosa lavorare ed entro quali principi teorici, aspetto che implicava tacitamente anche una
modalità di approccio, un come. Il campo continuava a mancare, continuavo a immaginarlo.
Mi rendevo ben conto di essere partita alla rovescia, almeno rispetto al normale
andamento del pensiero antropologico che per sua natura parte da un contesto ben situato.
Questa inettitudine mi disturbava molto, e non mi aiutavano le informazioni che andavo
cercando sui disastri più clamorosi nei contesti sociali più difficili. Tutto mi sembrava
egualmente interessante, almeno fino al momento in cui la mia sensibilità fu toccata
dall’avvicinamento con una particolare realtà etnografica: l’occasione per ancorare il mio
progetto a uno Stato e poi a una comunità si presentò nel corso del convegno La ricerca sul
campo, organizzato nel maggio 2008 all’Ateneo veneziano. L’incontro con l’antropologa
Patrizia Quattrocchi
2
, relatrice al convegno, mi aprì la strada verso lo Yucatán – uno dei tre
stati
3
che occupano l’omonima penisola nel Messico sud-orientale, a hacer la brecha
4
alla ricerca
di un municipio yucateco dove situare la mia ricerca. Iniziai così ad avvicinarmi a un “dove” ben
più complesso e denso dei miei “cosa” e dei miei “come”.
3. Un progetto nel progetto
La relazione riguardava il ruolo delle parteras yucateche, levatrici tradizionali maya
specialiste del sapere e delle pratiche relative alla nascita e al parto. Non sapevo praticamente
17
2
Ricercatrice in antropologia medica a Mérida presso il Departamento Medicina Social y Salud Pública
dell’Universidad Autónoma de Yucatán del Centro de Investigaciones Regionales (CIR) “Dr. Hideyo Noguchi”
del (UADY).
3
Con Campeche e Quintana Roo.
4
Letteralmente, fare breccia. Indicare l’attività con cui, finita la stagione delle piogge, il milpero maya entra nel
monte (selva) tagliando col machete le piante e gli arbusti ora rigogliosi, aprendosi il sentiero che lo condurrà a
selezionare il terreno adatto alla preparazione della milpa (si veda il cap. 1).
nulla dell’area di cui stava parlando, a parte che lì si trovavano le piramidi e i siti archeologici
maya nonché la meravigliosa costa del Caribe spossata dai resort e dagli hurracanes. Il racconto
mi richiamò, evocando contesti e tematiche che evidentemente trovarono una forte eco in me,
e presi subito contatti con Patrizia. L'individuazione dell'area, così come il reperimento dei dati
che mi hanno poi consentito di formulare l'ipotesi di lavoro, è stata possibile quindi grazie al
dialogo con lei e con un altro ricercatore del CIR, Angel G. Polanco Rodriguez, chimico-
biologo. La mia proposta di tesi si collegò al loro progetto di ricerca biennale titolato Salud y
medio ambiente: cáncer cervicouterino y mamario, factores de riesgo por agroquímicos y alimentos contaminados
en el estado de Yucatán
5
. A motivare il progetto, ragioni di ordine scientifico e istituzionale. Il
CIR, oltre che centro universitario di ricerca, è organo tecnico e parte della commissione di
monitoraggio e valutazione dei Programmi di Ordinamento Ecologico e Territoriale a carico
della Secretaría de Desarrollo Urbano y Medio Ambiente (SEDUMA).
Fig. 1. Estados Unidos Mexicanos, cartina politica.
18
5
Io stessa sono entrata come borsista nel progetto, approvato e finanziato dall’organo federale del Consejo
Nacional de Ciencia y Tecnología (CONACYT) de México, avendo come referenti dell’Universidad Autónoma de
Yucatán Angel Polanco Rodríguez e Patrizia Quattrocchi.
Obiettivo era lavorare fianco a fianco di SEDUMA e della Secretaría de Salud, ora
Servicios de Salud Yucatán (SSY) per potenziare i risultati «relacionando la salud ambiental con
el estado de conservación y contaminación de los ecosistemas del Estado de Yucatán»
6
. I dati
epidemiologici di morbilità e mortalità rispetto al cancro alla cervice uterina e al seno
legittimano l’ipotesi di studio, dimostrando anche una maggiore incidenza di casi in municipios
7
considerati, secondo i parametri di censo dell’Instituto Nacional de Estadística y Geografía
(INEGI), ad alta marginalidad (fig. 2 e 3). A fronte del parziale esito dei Programmi sanitari
ufficiali, che non hanno ottenuto i risultati sperati nella diminuzione dei tassi di morbilità e
mortalità, secondo i ricercatori del CIR si rendono necessari programmi di ricerca alternativi «a
partir de una reflexión crítica y con un enfoque ecosistemico integral». Infatti:
el riesgo de morir por cáncer entre las mujeres que viven en municipios y localidades rurales mayas es
más alto, en comparación con las áreas urbanas, ya que están expuestas a factores de riesgo del medio
ambiente, como consumo de agua y alimentos contaminados con agroquímicos y pesticidas, así como
tambíen a factores socioculturales por parte de las mujeres, teniendo una percepción tal vez inofensiva de los agroquímicos.
(Corsivo mio).
Fig. 2. Fonte: Angel G. Polanco Rodríguez, Cambio climático, salud humana y desarrollo sostenible (documento
informatico), CIR-UADY, luglio 2008.
19
6
Questi e i virgolettati immediatamente seguenti citano la presentazione del progetto allegata alla richiesta di
finanziamento al CONACYT, della quale riporto alcuni estratti nell’Allegato B.
7
Unità territoriali e amministrative paragonabili alle nostre province.
Fig. 3. Fonte: Angel G. Polanco Rodríguez, Cambio climático, salud humana y desarrollo sostenible (documento
informatico), CIR-UADY, Jul. 2008.
Fig. 4. Livelli di contaminazione dell’acqua sotterranea in Yucatán. Analisi di qualità chimica e batteriologica
effettuate sui pozzi di estrazione dei sistemi di acqua potabile nei 106 municipios (in giallo è individuato quello di
Teabo). I parametri chimici considerati per la mappatura sono quei 5 su 22 eccedenti rispetto ai limiti permessi
dalla Norma Oficial Mexicana: nitrati, cloruro, sodio, durezza totale, cadmio. Fonte: Pacheco et al., 2004: 176.
20
I parametri che misurano l’analisi dei dati di censo, così come loro elaborazione in
termini di marginalidad, si agganciano ai criteri economici che ovunque misurano la ricchezza e
il welfare di un Paese. La mia ricerca ha fatto parte – e questa tesi ne farà parte come prodotto
finale – del progetto in questione; ho scelto il mio pueblo all’interno di una selezione
individuata dai ricercatori sulla base dell’analisi di dati quantitativi, inoltre il mio inserimento
nel progetto ha parzialmente determinato la scelta di approfondire alcuni temi a scapito di
altri. Il mio posizionamento rispetto al progetto mi collocava quindi nell’intersezione tra
valutazioni di ordine tecnico e statistico (le stesse che hanno motivato il progetto) e domande
di interesse antropologico (le stesse che hanno motivato la mia tesi e che pure il progetto
stesso invocava): premesse diverse che danno luogo a pre-giudizi diversi
8
.
La mia primissima bibliografia di area era la stampata della richiesta di finanziamento al
CONACYT, comprendente una descrizione dettagliata delle aree e modalità di ricerca, la sua
rilevanza, i risultati previsti, i precedenti, i consueti dettagli logistici e i preventivi di spesa;
seguirono un paio articoli
9
troppo aspri per il mio palato letterario, trattandosi di studi di
biologia e chimica sul livello di contaminanti potenzialmente cancerogeni rilevato in alcuni
municipi yucatechi. Mi feci così una prima idea della contaminazione, un problema di
dimensioni ignote, in corso di studio, dovuto a un insieme di cause di origine antropica:
diserbanti e pesticidi impiegati per scopi agricoli; pesticidi usati nel controllo vettoriale
10
21
8
L’apertura, la sensibilità e soprattutto la considerazione profonda per la ricerca qualitativa da parte di tutti i
ricercatori che hanno collaborato al progetto è, credo, un lusso per chi come me è interessato all’antropologia
nelle sue possibilità applicative. D’altro canto il CIR è un centro multidisciplinare, con importanti precedenti di
dialogo tra scienze “dure” e scienze sociali. La mia ricerca, condotta autonomamente, è stata una parte della
ricerca qualitativa che ha previsto altri metodi di indagine (interviste strutturate e questionari), seguiti da più
ricercatori in maniera indipendente. In linea generale e al di là di questo specifico progetto, credo che le premesse
e pre-giudizi diversi cui accenno debbano sempre essere chiare ed eventualmente negoziate a priori tra i
ricercatori, in ogni contesto di lavoro multidisciplinare.
9
Rodas et al., 2008; Pacheco, Cabrera e Pèrez 2004.
10
Nello Yucatán, come in altre zone tropicali, vi sono malattie virali endemiche trasmesse dalla puntura di
zanzare infette; tecnicamente, la competenza vettoriale di una popolazione di zanzare comporta che i virus si
replichino ad altro titolo all'interno degli organi della zanzara, e siano trasmessi efficacemente ad un ospite al
momento della puntura. Il vettore di febbre gialla e dengue, virus bersaglio delle campagne di prevenzione e
promozione alla salute, è la zanzara della specie Aedes Aegypti. Gli studi citati e altri in bibliografia del progetto,
analizzano la permanenza nei tessuti adiposi di DDT e altre sostanze (alcune vietate da anni, come il DDT), il
permanere nella catena alimentare e gli effetti sulla salute e l’ambiente anche a distanza di anni.
contro le infezioni tropicali; nitrati derivanti da carenze del sistema fognario e da mancato
trattamento di acque reflue di allevamenti animali, soprattutto suini (fig. 4).
Andavo raccogliendo bibliografia, cercando immagini e articoli “sui maya yucatechi”,
ma mi mancava ancora qualcosa che potesse saldare insieme, in via definitiva, le mie idee.
Trovai la chiave che stavo cercando nell’avvicinarmi alla conoscenza del territorio da un punto
di vista socio-culturale e soprattutto morfologico
11
: l’acqua sarebbe stata al contempo
elemento e criterio d’indagine. Attraverso l'analisi delle pratiche e costruzioni simboliche a essa
correlate, e seguendone gli itinerari spaziali, intendevo avvicinarmi all'interpretazione nativa
della contaminazione che proprio nell'acqua sembrava trovare il suo principale veicolo; infatti,
data l'alta permeabilità del suolo yucateco, con le piogge stagionali le sostanze presenti in
superficie penetrano nell'articolato sistema di acque sotterranee, che attraverso pozzi e sistemi
di pompaggio costituiscono fonti dirette di approvvigionamento idrico per le attività
antropiche.
Tuttavia le cose apparentemente più semplici tendono a essere anche quelle che
racchiudono maggiore complessità, e la mia scelta acquiferina semplificò sul piano teorico il mio
progetto ma amplificò le difficoltà su quello pratico: per mettere in luce le implicazioni socio-
culturali dell'acqua in quanto elemento e principio naturale, e allo stesso tempo riflettere il
carattere fluido, pervasivo e capillare dell'acqua in quanto sostanza, avrei dovuto adottare una
molteplicità di prospettive difficilmente praticabile nel concreto. Lo farò nella forma che
prenderà questa tesi, così come cercai di farlo sul campo, accompagnandomi alle domande di
ricerca con le quali avevo articolato il tema.
4. Cinquanta litri e mille domande
A dire il vero sarebbero cinquanta più cinque espandibili, allungando la parte
superiore. Aveva consigliato bene il commesso, un alpinista austriaco di cui avevo deciso di
22
11
Le cause e modalità di diffusione dell’inquinamento, così come gli aspetti geomorfologici dell’area, sono trattati
in modo più esteso nel corso dei capitoli 1 e 2.
fidarmi. Il mio nuovo zaino da trekking e l’equipaggiamento da campeggio rivelavano tutta la
prudenza di un materno «Ma metti che piove…», nonostante sapessi perfettamente che la mia
permanenza sarebbe caduta in pieno nella stagione secca, da dicembre a maggio. E comunque,
come più tardi mi ricordarono spesso a Teabo, «de antes no era así, ¡siempre se sabía cuando
iba a caer la lluvia!»
12
. Portavo con me lo stretto indispensabile più alcune fotografie scattate
poco prima di partire al mio paese nella piana campagna trevigiana: gli orti; i campi con ciò
che restava dei raccolti di mais; il fiume Sile arginato da palizzate di canne palustri ed equiseti;
le rare geometrie di terra inerbita e curva, memore di palù bonificati
13
; le file di gelsi, ciascuno
col suo grosso nodo cicatrizzato dalle strópe
14
. Pensavo che sarebbe stato interessante portare
qualche immagine della mia terra, non immaginavo le facce piene di stupore che quelle
immagini avrebbero suscitato. Con pochi vestiti portavo anche la curiosità che vidi poi in tanti
sguardi, quelli che la gente di Teabo rivolgeva a me come alle mie foto.
Ci abituammo relativamente presto l’uno all’altra, Teabo e io. Poco a poco,
percorrendo le strade polverose, imparando a salutare con quel gesto efficace che sembra dire
tu’ux ka bin?
15
(anziché accompagnare un più comprensibile ¡Buenas tardeees!), molte cose
cominciarono ad apparirmi più ovvie, scontate. Era in quei momenti, tra un rezo
16
e una
conversazione, che avevo bisogno di ricordarmi da dove ero partita, quali erano le mille
domande che portavo nello zaino dalla capacità ideale.
23
12
Doña Marga, dalle note di campo del 18/01/09.
13
Un paesaggio vicino a quello descritto nell’etnografia di Nadia Breda (Breda 2001). In molte occasioni mostrai
le foto alla gente di Teabo, e spesso mi è stato chiesto di parlare dell’agricoltura del mio paese: si trattava sempre
di vivaci momenti di confronto e condivisione, che si accompagnavano a un ricco scambio di informazioni da
entrambe le parti.
14
Rami di gelsi o di salici, che per la particolare flessibilità del legno trovano vari usi nell’agricoltura locale, specie
per distendere le viti lungo i filari. Il loro uso è oggi quasi scomparso, essendo sostituito da fili di metallo rivestiti.
15
Significa “dove vai?”, domanda rivolta in forma di saluto quando s’incontra qualcuno per strada. É una delle
primissime brevi frasi che ho imparato in lingua maya. Provo a spiegare la forma e a restituire l’efficacia del gesto
di saluto, anche se la spiegazione scritta rende farraginoso qualsiasi linguaggio iconico o performativo. Si tratta di
un movimento rotatorio della mano sull’articolazione del polso, che ruotando dall’interno verso l’esterno dà un
senso di apertura verso l’interlocutore; il movimento si effettua piegando il gomito, così da portare la mano
all’incirca all’altezza della spalla.
16
Celebrazione del rosario. Si organizzano rezos per le più varie occasioni, dagli anniversari di morte ai
compleanni. Normalmente l’ospite sacrifica uno o più pavos de patio (tacchini di cortile) alla Virgen de Guadalupe,
al Santo Jesus o al santo cui è devoto e prepara la comida per tutti gli invitati. Viene chiamata una rezadora del pueblo
che alle 12 inizia a recitare i cicli di Ave Maria e Padre Nostro; al termine si condivide il pasto, dopo averne
offerto una porzione all’immagine o alla statua del santo.
Le avevo ordinatamente riposte in scomparti più o meno omogenei, divisi per
interesse tematico. Avevo articolato una lunga serie di interrogativi che mi avrebbero guidato
verso una possibile storia dell’acqua in rapporto ai criteri nativi di ambientabilità (Breda 2005).
Quali percorsi compie l'acqua nel territorio di una comunità? In che momenti di tali
percorsi le persone si relazionano con l'acqua e tra loro? Che significato e funzione assumono
nei rapporti interpersonali questi momenti e spazi di relazione? Quale funzione svolgono lo
spazio e il tempo dedicati all'acqua nella gestione delle risorse e nell'organizzazione
territoriale? In che modo la rete idrica (artificiale e naturale) e l'architettura del paesaggio si
strutturano e modificano reciprocamente? Come si è sviluppata nel tempo questa mutua
costruzione? É possibile nella percezione locale guardare all'acqua come parte di una storia
condivisa tra coloro che abitano il presente e coloro che hanno abitato il passato? L’acqua e la
terra; l’acqua e il corpo; l’acqua e la casa. Rapporti mai banali che, sul campo, si sarebbero
esplicitati continuamente nelle abitudini, nel pensiero e nelle parole dei miei interlocutori.
Rapporti che mi avrebbero condotto lungo sentieri inaspettati a lavorare sull’idea di
contaminazione; che avrebbero rivelato quali fossero le logiche culturali, interne alla comunità,
più o meno refrattarie al dialogo con il radicale mutamento sociale della storia recente.
Più si andava rafforzando l’idea di una vulnerabilità sociale in qualche modo collegata
alle possibilità delle persone di entrare a conoscenza, assumere e partecipare socialmente della
formazione di istanze decisionali, più quest’idea mi riportava echi del pensiero antropologico
messicano, dalla teoria del controllo culturale (Bonfil 2005, Flores 1997), alla critica alle
politiche indigeniste (cfr. ivi; Bartolomé 1998; González 2004), alle riflessioni di García
Canclini sulla produzione del sapere come strumento di emancipazione sociale (García 2010).
In che modo la comunità e i suoi rappresentanti partecipavano della catena decisionale
istituzionale? C’erano delle strategie politiche/identitarie messe in atto dalla comunità locale in
relazione alla gestione del sistema idrico? In che direzione circolava l'acqua nelle relazioni di
potere cittadino-istituzione? Quale logica di potere ne era sottesa?
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