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2. INTRODUZIONE
2.1. BaSeFood
BaSeFood (Sustainable exploitation of bioactive components from the Black
Sea Area traditional foods) è un programma di ricerca e di collaborazione di 3 anni,
nato nell’Aprile 2009 e finanziato dall’Unione Europea, che si pone l’obiettivo di
valorizzare alcuni prodotti tipici dell’area del Mar Nero, valutandone in particolare la
bioattività e i potenziali effetti positivi sulla salute.
Il progetto consiste in un gruppo di ricerca di 13 partners, sei dei quali locali
dell’area del Mar Nero, provenienti da Bulgaria, Georgia, Romania, Russia, Turchia e
Ucraina, a cui si aggiungono sette collaboratori europei operanti in Italia, Regno
Unito, Portogallo, Grecia e Serbia, ognuno con una propria competenza (figura 2.1).
La ricerca fornirà un contributo scientifico caretterizzando, sotto diversi aspetti,
alcuni dei principali cibi tradizionali dell’area del Mar Nero, attraverso l’uso di
rigorose teniche di sperimentazione analitiche e biologiche. I principi fondamentali
alla base del progetto nascono da una maggiore preoccupazione, nei paesi
indutrializzati, verso le malattie cronico-degenerative legate a cattive abitudini
alimentari; inoltre il concetto di promozione della salute è divenuto un potente
strumento per aggiungere valore al cibo ed è sempre più preso in considerazione
dall’industria alimentare.
A questo proposito, negli ultimi tempi, le sostanze bioattive, contenute nei
prodotti alimentari, sono oggetto di numerosi studi.
Le sostanze bioattive sono componenti non-nutrienti dei cibi a base vegetale
con potenziali effetti benefici sulla salute. Questi composti hanno molte proprietà
biologiche rilevanti, tra cui l’attività antiossidante, ovvero la capacità di contrastare lo
stress ossidativo. Le proprietà antiossidanti dei frutti e delle verdure più comunemente
consumate sono ben documentate, al contrario di quelle dei cibi tradizionali che sono
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presi meno in considerazione e, nonostante questi siano una straordinaria risorsa di
sostanze bioattive, non esiste ancora una raccolta di dati sulle loro capacità
antiossidanti.
Per prodotto tradizionale si intende un alimento prodotto in un determinato
ambiente, con delle specifiche condizioni pedo-climatiche, attraverso un processo
produttivo tradizionale. I prodotti tipici sono caratterizzati dal forte legame con il
territorio che ne determina le particolari caratteristiche e sono spesso considerati un
concentrato di elementi positivi connessi a molti aspetti della loro catena di
produzione.
Alla luce di tutte queste considerazioni gli obiettivi principali del progetto
BaSeFood sono:
Ricercare e identificare i prodotti tradizionali dell’area del Mar Nero.
Definire e caratterizzare i nutrienti dei 33 alimenti tradizionali selezionati con
appropiate analisi.
Effettuare studi per evidenziare le proprietà benefiche per la salute.
Mappare e descrivere il processo produttivo di questi prodotti tradizionali e il
loro contenuto di composti bioattivi.
Valutare le opinioni dei produttori e dei consumatori così da ottimizzare la
produzione di tali alimenti, al fine di aumentarne la qualità e la disponibilità.
Diffondere i risultati della ricerca per migliorare la conoscenza e lo sviluppo
sostenibile di questi prodotti tradizionali.
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Figura 2.1. – BaSeFood partners
2.2. Halva e Tahini
Una parte del contributo dei patner italiani, attraverso l’università di Bologna, al
progetto BaSeFood consiste nello studio dei composti bioattivi e della stabilità
ossidativa della halva, prodotto tradizionale dell’area del Mar Nero e del Medio
Oriente.
Il nome halva, con le sue varianti dipendenti dalle varie lingue, indica un
prodotto dolciario largamente diffuso nella zona dei Balcani, in Asia centrale e
occidentale, in India e in Nord Africa. Esiste una grande quantità di varianti che
dipende dai diversi ingredienti miscelati alla soluzione zuccherina di base e che
possono essere: farina, burro, cioccolato, frutta candita e semi di oleaginose.
Le principali tipologie di halva sono due: una a base di farina miscelata a
zucchero e olio (figura 2.2), di consistenza gelatinosa; l’altra a base di pasta di sesamo,
o altri semi oleaginosi (tahini) e zucchero, di consistenza più friabile, tahini-halva
(figura 2.3).
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Il progetto BaSeFood ha preso in considerazione il processo produttivo della
tahini-halva, tipologia di halva più diffusa e consumata in Bulgaria, e si propone di
determinare la ritenzione di alcuni componenti bioattivi nelle fasi principali del
processo e di valutare la shelf life del prodotto finito.
La tahini-halva è composta essenzialmente da una pasta di semi di oleaginose
tostati e macinati, chiamata tahini, e zucchero. I semi utilizzati per produrre la tahini
sono soprattutto semi di sesamo e girasole, ma è possibile trovare anche tahini ottenute
da mandorle, noci, semi di zucca, arachidi e nocciole. La halva è omogenea, solida ma
friabile e caratterizzata da filamenti sottili. Schiacciata tra le dita si frantuma e non
diventa appiccicosa. Quando la si mangia non dovrebbe attaccarsi ai denti, ma
dovrebbe risultare friabile. La tahini-halva contiene intorno al 50% di carboidrati, il
15-20 % di proteine e circa il 20-25 % di olio, è inoltre ricca di minerali e vitamine
(Mosleh, 1944; El-Deeb et al., 1956; Illany, 1965; El-Taibany, 1970; El-Dokany,
1965).
La prima produzione artigianale di halva risale al XVIII ed il XIX sec.
relazionata alla coltivazione di oleaginose e alla lavorazione di oli vegetali. Ebbe
inizio subito dopo l’insediamento degli Ottomani nei Balcani, che introdussero la
coltura del sesamo e del papavero, semi molto utilizzati per la produzione di olio e di
tahini-halva. Dopo la liberazione dagli Ottomani, in Bulgaria fu introdotta anche la
coltivazione di girasole non solo come pianta ornamentale, ma soprattutto ai fini
alimentari, divenuta al giorno d’oggi la più utilizzata per la produzione di questo
prodotto tipico.
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2.2.1. Lavorazione tradizionale
La tecnologia di produzione è rimasta sostanzialmente fedele alla lavorazione
tradizionale, che prevedeva un processo organizzato in molte fasi importanti come la
preparazione dei semi per la macinazione e la macinazione stessa. I semi erano puliti
dalle impurità in apposite vasche, di legno o acciaio, riempite con acqua salata; vi
rimanevano in ammollo per 24 ore facilitando la separazione della buccia dal seme
pulito. Questi semi erano poi messi in sacchi che venivano colpiti con una spessa
stecca di legno e successivamente venivano triturati in macine d’acciao andando a
costituire la tahini. In una caldaia di rame stagnato venivano riscaldati zucchero con
acqua e mescolati continuamente, lo sciroppo era pronto solo quando, raffreddandosi,
filava; a questo punto venivano aggiunti acido tartarico o citrico. A parte veniva
preparato l’estratto di Good King Henry, bollendo le radici in acqua, e veniva aggiunto
in piccole quantità allo sciroppo per rendere spumoso tutto il composto. Infine veniva
aggiunta la tahini in quantità uguale alla quantità di zucchero utilizzata e il composto
riscaldato e mescolato per 2-3 ore formava la halva.
L’introduzione di innovazioni tecnologiche ha automatizzato il processo e la
quantità, nonchè la qualità di tahini-halva prodotta sono migliorate, sostituendo ad
esempio parte dello zucchero con glucosio, che ne riduce la dolcezza e la friabilità.
Figura 2.2. – Halva a base di farina
Figura 2.3. – Tahini-halva
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2.2.2. Processo produttivo
La tahini-halva è ottenuta da semi di oleaginose finemente macinati (tahini),
miscelati ad una massa zuccherina. Le due matrici sono mantenute assieme in una
massa omogenea da emulsionanti che, in alcuni casi, sono preparati in forma di
estratti. Nel caso della halva bulgara oggetto di studio è stato utilizzato come
emulsionante l’estratto di radice di Chenopodium Bonus-Henricus L., conosciuto come
estratto di Good King Henry.
Il processo produttivo prevede quattro operazioni principali:
1-Preparazione della pasta-tahini:
La pasta-tahini è un ingrediente base nella preparazione della halva, ma viene
largamente consumato anche come prodotto tal quale. Originariamente la pasta-
tahini era ottenuta dalla macinazione di sesamo bianco, in seguito sono stati
utilizzati anche altri semi per la sua produzione.
La pasta-tahini è un alimento ad elevato contenuto calorico: 100g di tahini
apportano circa 600 calorie ed è composta da un 57-65% di olio (con una
prevalenza di acido oleico e linoleico), da un 23-27 % di proteine (ricca di
metionina, cistina e triptofano) e alcuni minerali come calcio, fosforo, potassio
e magnesio (Abu-Jdayil et al., 2002).
La preparazione della tahini prevede una preliminare pulitura dei semi dalle
impurità, seguita da un’ operazione di decorticazione. La differenza nel
trattamento dei differenti semi consiste principalmente nella fase di
decorticazione, finalizzata a separare il pericarpo, ossia il guscio esterno, dal
seme. Per semi che hanno il pericarpo saldamente adeso, come i semi di
sesamo, si procede con una prima fase di ammollo durante la quale si gonfiano
velocemente e la buccia così inumidita diventa più elastica permettendo di
rimuoverla più facilmente.
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L’acqua nella quale i semi sono messi in ammollo ha una temperatura tra i 20°C
e i 50°C, i semi gonfiandosi aumentano il proprio volume del 20-40% e il
pericarpo assorbe circa il 15% in più di acqua rispetto al seme permettendo la
sua rottura.
La durata di questa fase non dipende solo dalla temperatura, ma anche dalla
tipologia di seme e varia dai 30 ai 180 minuti. La fase di ammollo termina
quando i semi si rompono tra le dita e il pericarpo si separa. I semi sono quindi
messi in una soluzione di cloruro di sodio al 18-19% che favorisce la
separazione della buccia. Questo processo si basa sulla significativa differenza
di densità tra pericarpo, composto soprattutto da cellulosa con densità maggiore,
e seme, composto essenzialmente da olio e con densità minore. Mettendo i semi
in salamoia i tegumenti di rivestimento, più pesanti, si depositeranno sul fondo,
separandosi dai semi.
Successivamente i semi sono raccolti e lavati per eliminare il cloruro di sodio
che resta in una piccolissima percentuale (0,06-0,1%).
La decorticazione di altri semi, come quelli di girasole, viene effettuata per
rottura della pericarpo, vengono utilizzati decorticatori a dischi e a cilindro che
applicano una leggera pressione sul seme consentendo l’apertura del pericarpo.
Le bucce sono poi separate con dei getti d’aria e, in seguito, ponendo i semi in
acqua, dove i tegumenti esterni, più leggeri, salgono in superficie e possono
essere rimossi. I semi sono poi drenati e centrifugati per eliminare l’acqua
assorbita.
La fase successiva prevede la tostatura dei semi a 160°C per circa 75 minuti,
mescolandoli continuamente. Il contenuto di umidità dopo la tostatura sarà
ridotto all’1-1,5%, facilitando la successiva operazione di macinazione. Un
contenuto maggiore di umidità darebbe come risultato una pasta-tahini con
struttura più grossolana. I semi tostati si inscuriscono, divenendo di colore
marrone scuro, a causa della formazione di melanoidine, polimeri azotati
prodotti dall’interazione tra gli zuccheri riducenti e gli aminoacidi. I processi