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INTRODUZIONE
La sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente e la diffusione della cultura della
sostenibilità occupano un aspetto importante nella vita quotidiana di ciascuno di
noi, consumatori sempre più responsabili e consapevoli delle pratiche etiche e a
tutela dell’ambiente.
Sono molteplici le piccole e medie imprese (PMI) e le grandi aziende che nel
corso degli ultimi anni hanno deciso di integrare ai tradizionali processi produttivi
e distributivi, delle procedure di responsabilità ambientale e sociale come ad
esempio: l’utilizzo di energia solare negli stabilimenti produttivi e commerciali; la
riduzione di emissione di gas nocivi e inquinanti in ambito produttivo e
distributivo sfruttando il trasporto su rotaia; il riciclo e il riuso di materiali di
scarto per produrre nuova energia (riciclo pre-consumo); l’adozione di iniziative
di recupero di prodotti e/o componenti riciclabili al termine della loro funzione
strumentale (riciclo post-consumo). Molte di queste aziende comunicano tale
impegno attraverso la consolidata pratica del bilancio sociale e del bilancio
ambientale (Corporate Social Responsability). Ma quest’ultima, seppur sia una
delle pratiche più riconosciute quando si parla di responsabilità ambientale e
sociale d’impresa, non è la sola iniziativa a essere adottata dalle aziende. Ad
esempio, all’interno del sistema-moda l’innovazione responsabile delle imprese
può essere attuata e comunicata attraverso numerose strategie in fase produttiva e
in fase distributiva.
Le aziende possono investire maggiori risorse in ambito produttivo: per la ricerca
di fibre , filati e altri semilavorati privi di additivi chimici o altre sostanze
inquinanti - quella che viene definita come moda biologica - per la ricerca di
processi di riciclo di fibre naturali e non, e di materiali di scarto - moda del riciclo
pre e post consumo; (3) in percorsi di moda solidale - per la produzione di beni
nel rispetto dei diritti dei lavoratori, senza avvalersi del lavoro minorile e
4
~ 2 ~
migliorando contemporaneamente le condizioni di lavoro e di vita dei propri
dipendenti.
Altresì, in ambito distributivo le imprese possono dedicarsi: alla ricerca di
modalità di trasporto pulito e sostenibile; all’impiego di materiali eco-friendly e/o
riciclati per l’esposizione dei propri prodotti all’interno dei punti vendita;
all’impiego di materiali eco-friendly e/o materiali riciclati per il packaging dei
beni offerti.
Lo stage formativo effettuato presso lo Studio Design Giacomucci di Ancona ha
rappresentato l’occasione per avvicinarsi e interessarsi a questo particolare
impiego di materiali ecologici - soprattutto carta e cartone - per la creazione di
ambienti e atmosfere sostenibili in ambito retail e contract/eventi fieristici o
esposizione temporanea dei prodotti - arredi con materiali riciclati, materiali
ecologici al 100%. In questo studio, dopo un’analisi del quadro teorico in ambito
manageriale-economico - relativo al marketing esperienziale e all’economia delle
esperienze - e nell’ambito della psicologia ambientale - che indaga sul rapporto
tra atmosfera di vendita e comportamenti d’acquisto degli individui - abbiamo
orientato l’attenzione verso quei fattori che hanno spinto le imprese - in
particolare nel sistema-moda - ad adottare in ambito produttivo e distributivo
delle iniziative di green design, aspirando alla creazione di esperienze d’acquisto
e di consumo ecosostenibili. Dopo esserci soffermati sull’approccio sviluppato dal
marketing ambientale e dopo una prima introduzione al green design e
all’architettura eco-sostenibile - in particolare al design e all’architettura che
sfruttano le numerose potenzialità di un materiale percepito come povero, quale il
cartone nella parte conclusiva del lavoro viene presentata una rassegna di imprese
(dalla grande distribuzione ai punti vendita nel settore del fashion retail) che
hanno deciso di attuare alcune delle strategie di green marketing - strategie
ecology-pull, strategie in house e strategie ecology-push – giocando con i
materiali riciclati, nello specifico con la versatilità e la duttilità del cartone, dal
packaging agli allestimenti degli spazi di vendita e ai prodotti propri offerti sul
mercato.
5
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CAPITOLO I
ESPERIENZA D’ACQUISTO E DI CONSUMO: LO STATO DELL’ARTE DELLA
LETTERATURA
La crescita di un’impresa e la sua permanenza sul mercato attraverso un posizionamento
coerente possono essere influenzate dalla scelta dei canali distributivi. Per difendere e
rafforzare i legami con i propri consumatori attraverso un continuo e tempestivo
soddisfacimento delle loro esigenze e per far fronte a una pressione competitiva sempre
più intensa, è necessario che ogni azienda dedichi maggiori risorse nel ricercare nuove e
coinvolgenti formule distributive. Nel settore retail sono diverse le tipologie di retail
store che si sono sviluppate: dai classici negozi monomarca ai flagship store, dagli
shop-in-shop all’interno di gallerie commerciali agli esclusivi concept store, fino a
giungere alla nuova tendenza ovvero i temporary store o pop-up store, spazi di vendita
da consumare frettolosamente. Risulta ormai limitativo attribuire allo spazio di vendita
il ruolo di semplice luogo di esposizione. In esso è sempre più presente l’attività
relazionale dell’acquisto: l’azienda ricerca costantemente un rapporto con i potenziali
acquirenti, per poter “chiacchierare” con loro e narrare la propria storia, facendo vivere
un’esperienza di shopping unica.
Da un punto di vista teorico, su questi temi è possibile evidenziare lo sviluppo parallelo
di due ambiti di ricerca complementari: (1) gli studi concernenti il comportamento
d’acquisto del consumatore e (2) i contributi della letteratura manageriale e di retailing.
6
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1.1 Cenni introduttivi al Consumer Behavior
Lo studio del comportamento del consumatore - Consumer Behavior - prende avvio
negli Stati Uniti verso la fine degli anni ’60. Il processo di sviluppo di tale disciplina si
affianca al marketing management, fornendo utili elementi per l’analisi di tutte quelle
attività che non solo precedono, ma accompagnano e seguono le decisioni di acquisto
dell’individuo. Dall’analisi della letteratura possono essere individuati tre principali
filoni di studio del Consumer Behavior: l’approccio cognitivo
1
; l’approccio
comportamentale e l’approccio esperienziale.
L’approccio cognitivo che nasce dai contributi della psicologia cognitivista
2
, ne
richiama i modelli di tipo “stimolo-risposta”. Essi considerano i processi d’acquisto del
consumatore individuale e prevedono delle reazioni agli stimoli ambientali, che si
traducono in comportamenti dettati da ragioni di tipo economico, esperienziale o
psicosociale. La componente affettiva può essere presa in considerazione nel momento
in cui è necessario conferire una giustificazione a comportamenti non interpretabili dal
punto di vista cognitivo come ad esempio gli acquisti d’impulso. Questo punto di vista
focalizza l’attenzione sia sulle modalità di acquisizione delle informazioni ambientali
attuate dagli individui, sia sulle modalità di attribuzione di significato e di
interpretazione di tutti quei simboli che possono guidarli e orientarli nei comportamenti.
Gli acquirenti, considerati degli elementi dell’ambiente, avviano dei processi mentali
(attenzione-comprensione-integrazione) per poter ricercare attivamente, sulla base degli
obiettivi da perseguire
3
, le informazioni nell’ambiente e attuare un processo di selezione
tra tutti gli stimoli esterni ricevuti. Secondo Bettman
4
, con questi processi l’individuo si
lega indissolubilmente all’ambiente, ricoprendo un ruolo attivo poiché da un lato ricerca
e interpreta le informazioni attraverso un proprio processo percettivo e cognitivo,
1
L’approccio cognitivista e l’approccio behaviorista possono essere identificati come approcci di stampo
tradizionale.
2
Per approfondimenti sul tema si rimanda a Howard e Sheth (1969); Bettman, Johnson, Payne (1991).
3
È un processo che Bettman definisce come Information Processing Model: l’individuo sviluppa un
pensiero logico per prendere una decisione d’acquisto.
4
Bettman, J.R., E. J. Johnson e J. W. Payne. (1991), “Consumer Decision Making.” in Handbook
of Consumer Behaviour, Eds. T.S. Robertson and H.H. Kassarjian. New Jersey: Prentice Hall,
Henglewood Cliffs. Sul modello di Bettman si veda anche Massara F., (2003), In-store marketing e valore
per il cliente: un modello interazionista per indagare l’esperienza d’acquisto, working paper dell’Istituto
di economia e marketing, IULM, Milano, n. 7, ottobre, pp. 1-30.
7
~ 3 ~
dall’altro comunica nuove informazioni e stimoli ad altri soggetti
5
del contesto.
L’applicazione di questo approccio all’ambito del consumo ci permette di definire
l’individuo come thinker: colui che acquista solo dopo un’attenta valutazione
6
dei
vantaggi, dei rischi e dei costi. Secondo Kotler
7
, il consumatore in quanto decisore
mette in atto un processo di acquisto costituito dalle seguenti fasi: l’attività di pre-
acquisto –nella quale l’acquirente ricerca tutte le informazioni e i dettagli utili per
avvicinarsi all’acquisto–, la decisione di acquisto – dove si considerano il prodotto, la
marca, lo stile, la quantità e il luogo–, il comportamento di utilizzo cioè le modalità
d’uso del bene, le percezioni post-acquisto con un’attenta valutazione del rapporto tra le
proprie aspettative e il livello di soddisfazione post-acquisto.
A differenza dell’approccio cognitivo, nel filone di studio comportamentale o
behaviorista
8
si considera la diretta relazione tra comportamento dei soggetti e stimoli
ambientali tralasciando i processi mentali. Ai fattori ambientali viene attribuita una
valenza condizionante, essi sono percepiti come fonte di reazioni da parte degli
individui: attraverso l’esperienza, gli stimoli ambientali condizionano le condotte dei
soggetti. I modelli comportamentali considerano il processo stimolo-risposta ma non
focalizzano l’attenzione sul processo di trasformazione degli stimoli esterni, in
comportamenti di acquisto/consumo.
L’approccio esperienziale considera l’insieme di fattori affettivi ed emotivi dei soggetti
come la principale componente capace di influenzare le scelte e i comportamenti
d’acquisto dei consumatori. Ecco perché si è sviluppato solo in anni recenti: ha trovato
terreno fertile in quel mercato che tenta sempre più di far leva sulla dimensione
irrazionale del cliente, esaltando la dimensione simbolica e valoriale di beni e servizi
offerti. Il punto di vista esperienziale al consumo si riferisce più che al singolo atto di
acquisto, all’esperienza complessiva di consumo: la valutazione pre-acquisto, la scelta
del prodotto e la valutazione post-acquisto sono influenzate dalla capacità dei beni e/o
5
Gli altri soggetti possono essere considerati come imprese o altri consumatori.
6
Si intende una valutazione di tipo comparativo tra prodotti della stessa categoria merceologica o tra
marche alternative.
7
Kotler, P. (1973), “Atmospherics as a marketing tool”, in Journal of Retailing, vol. 49, n. 4 winter, pp.
48-64.
8
L’approccio comportamentale riconosce l’esistenza dei processi cognitivi attivabili dall’individuo, ma
nell’analisi del comportamento non fa riferimento in alcun modo alla sua consapevolezza.
8
~ 4 ~
servizi di generare delle sensazioni esperienziali nel consumatore.
9
Per mezzo di questa
esperienza l’ individuo, designato come feeler
10
, crea la propria identità: egli è alla
costante ricerca di un total product
11
capace di conferirgli prestigio sociale o di
legittimare la sua appartenenza ad un gruppo sociale o di differenziarlo dagli altri
consumatori.
Con la pubblicazione del noto articolo di Holbrook e Hirschman
12
all’interno del
Journal of Consumer Research, l’aspetto esperienziale del consumo che fino a quel
momento era stato tralasciato nella letteratura scientifica, ha assunto un notevole grado
di importanza. I due autori definiscono il consumo secondo un approccio
fenomenologico, descrivendolo come un “primarily subjective state of consciousness
with a variety of symbolic meanings, hedonic responses, and esthetic criteria”
13
.
L’esperienza di consumo è un flusso di “fantasies, feelings and fun”
14
, ovvero viene
applicato il principio del piacere al processo di uso e consumo di beni e servizi.
Consumer behavior e marketing sono discipline strettamente legate tra loro, capaci di
influenzarsi a vicenda: se da una parte la segmentazione del mercato attuata dalle
imprese considera le molteplici esigenze dei consumatori, dall’altra parte le stesse
strategie di marketing (di prezzo, di comunicazione, di prodotto e distributiva) ne
esaltano le differenze
15
.
In questa sede è interessante approfondire l’analisi dell’esperienza di acquisto
considerando anche l’approccio interazionista proposto da Massara
16
(cfr. fig. 1) che
9
Essi sono aspetti difficilmente misurabili. Holbrook, M., Hirschman E.C., sostengono che “By focusing
on the configuration of activities involved in consumption, this view point calls attention to the experience
with a product that one gains by actually consuming it.” Holbrook, M., Hirschman E.C. (1982), “The
experiential aspects of consumption: consumer fantasies, feelings, and fun”, in Journal of Consumer
Research, vol.9 (September), p. 137.
10
Sono così definiti i consumatori che acquistano sulla base di emozioni, sensazioni e immagini. In tal
caso il valore d’uso del prodotto viene meno e lascia spazio ad esempio alla capacità di comunicare un
certo status. Oppure la scelta di acquisto indipendente dal valore d’uso, si lega ai requisiti estetici e alla
capacità ostentativa del bene.
11
Corsivo dell’autore. Kotler, P., op. cit.
12
Holbrook, M., Hirschman E.C., op. cit.
13
Nostro corsivo, ibidem.
14
Ibidem.
15
Le strategie di marketing possono esaltare differenti esigenze o differenti comportamenti di consumo
tra gli individui, ad esempio differenze relative alla disponibilità di spesa (strategie di prezzo), offerta di
prodotti d’alta moda in boutique selezionate o prodotti d’abbigliamento presenti nei department store
(strategie di distribuzione).
16
Massara F., op. cit.
9
~ 5 ~
tenta di spiegare ciò unificando l’approccio esperienziale di Holbrook e Hirschman e il
modello tradizionale di scelta dell’acquirente di Bettman, Johnson e Payne. Tale
modello comprende nella parte inferiore tutto quel bagaglio di esperienze, motivazioni,
valori, aspettative, stati emotivi puramente personali e soggettivi che l’individuo porta
con sé e considera nella scelta del punto vendita. I due principali valori ricercati dal
consumatore nello shopping, insieme alle aspettative cognitive ed affettive
sull’atmosfera che si formano nella sua mente, possono influenzarlo nella scelta dello
spazio d’acquisto. Tale ipotesi viene sostenuta dall’indagine di Eroglu e Harrel
17
dove si
osserva che, gli acquirenti orientati verso il valore funzionale dello shopping
selezionano i punti vendita sulla base della convenienza economica e valutano
negativamente tutti quegli stimoli che possono disturbare il raggiungimento degli
obiettivi
18
, mentre coloro che ricercano un’esperienza piacevole selezionano eventi
eccitanti caratterizzati da elementi di sorpresa. Infatti coloro che ricercano valori
edonistici nello shopping, risultano più propensi a considerare positivamente stimoli
inaspettati - ovvero elementi di sorpresa che presentano l’ambiente diverso rispetto a
quello atteso - e contemporaneamente sono maggiormente aperti agli stimoli e più
propensi a essere manipolati mentalmente e/o fisicamente da quella particolare
atmosfera.
Nella parte superiore, secondo il modello di Stimolo-Organismo-Risposta, si
considerano le caratteristiche oggettive (di tipo estetico, funzionale e le variabili umane)
provenienti dall’ambiente, gli effetti emotivi degli stimoli esterni sull’acquirente e i
conseguenti comportamenti attuati da quest’ultimo come reazione. L’atmosfera di
vendita viene descritta da Eroglu e Harrel come “a characteristic or dimension, external
to the person, that can be encoded and used to categorize a stimulus object”
19
.
Dall’interazione tra il background personale del consumatore –la sua predisposizione
verso l’ambiente attiva o ricettiva
20
– e le modalità di risposta agli stimoli
21
–olistica o
17
Eroglu, S., Harrell, G.D., (1986), “Retail crowding: theoretical and strategic implications”, in Journal
of Retailing, vol. 62, n. 4, pp. 346-363.
18
Ovvero stimoli che possono interferire nel processo di percezione-cognizione-azione.
19
Ibidem.
20
La predisposizione attiva o ricettiva dipende dal valore che l’acquirente ricerca nello shopping.
21
La risposta agli stimoli ambientali dipende dall’atmosfera del punto vendita, ricca di caratteri funzionali
ed estetici.
10
~ 6 ~
analitica– secondo Massara è possibile delineare quattro stati emotivi: di sottomissione
emotiva, di adattamento edonistico, di adattamento utilitaristico e infine di controllo
razionale
22
. La sottomissione emotiva è il prodotto di una predisposizione attiva
dell’individuo nei confronti dell’ambiente e di una reazione interna agli stimoli di tipo
olistico, caratterizzata da un eccesso di eccitazione che non permette di elaborare le
informazioni per raggiungere il valore utilitaristico dell’esperienza di acquisto.
Fig. 1: Il modello interazionista delineato da F. Massara. Fonte Massara F.
Dalla parte opposta l’adattamento edonistico si caratterizza per una predisposizione
ricettiva del soggetto accompagnato da reazioni interne di tipo olistico: le aspettative di
una elevata eccitazione vengono confermate, il soggetto viene coinvolto in
un’esperienza multisensoriale. Lo stato emotivo definito come controllo razionale
prevede l’applicazione da parte del consumatore di un eccessivo controllo cognitivo che
“inibisce il conseguimento del valore edonistico”
23
. L’adattamento utilitaristico, infine,
è uno stato emotivo nel quale il soggetto sfrutta gli stimoli ambientali in modo analitico
per raggiungere i propri obiettivi.
22
Massara F., p.20, op. cit.
23
Ivi, p. 20.
11
~ 7 ~
1.2 Dalla parte delle imprese: il marketing esperienziale e l’economia delle
esperienze
Dall’analisi dei principali contributi della teoria economica, il consumo ha assunto
costantemente interpretazioni innovative e originali. Con Schmitt
24
è nata la necessità di
individuare dei strumenti manageriali, in grado di arricchire beni e servizi, di contenuti
emozionali e di significato, rendendoli fonte di esperienza; mentre con Pine e Gilmore
25
l’esperienza stessa viene considerata come oggetto di scambio.
Spesso i consumatori attuano dei comportamenti d’acquisto irrazionali, imprevedibili e
d’impulso. In tal senso, è necessario adottare una logica più ampia e flessibile rispetto a
quella di bisogno-acquisto-beneficio tipica dell’approccio cognitivo al consumo.
1.2.1 Il marketing esperienziale di Schmitt
Schmitt distingue il marketing tradizionale da quello esperienziale (cfr. tab. 1): le
emozioni sono considerate una fonte indispensabile per attrarre i consumatori
26
, per
mantenerli e fidelizzarli nel tempo. Il vantaggio competitivo di un’impresa viene quindi
ricercato coinvolgendo emotivamente il cliente e creando delle esperienze. Schmitt
osserva la necessità di creare esperienze olistiche, capaci di stimolare sinergicamente ed
efficacemente tutti i moduli strategici esperienziali che egli definisce come Strategic
Experiential Module. Essi possono essere considerati come elementi che una marca può
utilizzare per produrre un’esperienza con il proprio cliente. Schmitt, a tal proposito,
paragona l’esperienza olistica a una ruota esperienziale che prevede l’uso di molteplici
elementi esperienziali per rafforzare la relazione con il consumatore.
24
Schmitt, B.H., Experiential marketing: how to get customers to sense, feel, think, act, and relate to your
company and brands, Free Press, New York, 1999, citato in Schmitt B., (1999), Experiential marketing,
in “Journal of Marketing Management”, vol. 15, pp. 53-67.
25
Pine J.B., Gilmore J.H., The Experience Economy, Harvard Business School Press, Boston, 1999, citato
in Pine II, B.J., Gilmore, J.H., (1998) “Welcome to the experience economy”, in Harvard Business
Review, vol. 76, n. 4, pp. 97-105;
26
Secondo Schmitt, le sensazioni fisiche ed emotive stimolate nell’esperienza di acquisto e di consumo
possono non solo attrarre il consumatore, ma anche mantenere il suo legame con l’impresa e quindi
fidelizzarlo nel tempo.
12