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Il lavoro parte con un breve riassunto della biografia di Sergio Leone, dall’inizio a Cinecittà fino a
coronare il sogno di poter girare un film nella maestosa Monument Valley, per finire con il
progetto sull’assedio di Leningrado che rimase sulla carta a causa della morte prematura avvenuta
nel 1989.
Quindi in una seconda parte verranno prese in analisi le altre due opere della trilogia leoniana e
verrà trattato il tema della memoria.
La sezione successiva contiene un riassunto del romanzo da cui è stato tratto il soggetto e un
riassunto della trama dell’opera.
Si continua poi con le varie fasi della realizzazione del film, la pre-produzione, la produzione, e la
post-produzione, inoltre viene presentato uno speciale della rivista “Segnocinema” del 2004
dedicato al ventennale della morte del regista.
Il capitolo successivo prende in esame vari aspetti del film, sociologici, cromatici, psicologici.
Infine la parte finale dedicata alla scheda del film comprendente gli aspetti tecnici, quale il
formato, colore, anno produzione, etc, nonché la scheda con personaggi e interpreti, premi e
riconoscimenti ottenuti, e la colonna sonora.
La decisione di lavorare su questo film nasce dalla mia passione per il mondo del cinema, in
particolare per quest’ opera definita unanimemente un capolavoro e riconosciuto come uno dei
migliori film della cinematografia mondiale, anche se a causa di scelte sconsiderate in fase di
distribuzione non ha avuto i premi meritava. Concludo sperando di aver aggiunto qualcosa di
nuovo alla già corposa letteratura sull’argomento.
CAPITOLO PRIMO
PROFILO BIOGRAFICO DI SERGIO LEONE
Sergio Leone nasce a Roma il 3 gennaio 1929, da Vincenzo Leone, pioniere del cinema muto
italiano che adotterà lo pseudonimo di Roberto Roberti, e dall’attrice Edvige Valcarenghi: avendo
questi ascendenti era inevitabile l’avvicinamento al mondo del cinema, che avvenne quando aveva
18 anni, e a diciannove scrisse la sua prima sceneggiatura. Come comparsa partecipò anche a Ladri
di biciclette di De Sica.
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I suoi primi lavori oltre allo scrivere sceneggiature sono principalmente assistente regista o
direttore della seconda unità in produzioni hollywoodiane di grande importanza girate a Cinecittà,
ad esempio Ben Hur e Quo Vadis?. Nel 1959 subentra a Mario Bonnard, colpito da una malattia
che lo costrinse ad abbandonare il set, alla regia di Gli ultimi giorni di Pompei al quale aveva
collaborato alla sceneggiatura.
Nel 1961 debuttò ufficialmente come regista ne Il colosso di Rodi, riuscendo a dimostrare che anche
con un budget ridotto si poteva realizzare un film spettacolare: purtroppo il film non ebbe il
successo sperato e allora venne ‘retrocesso’ ad aiuto regista: comunque sia aveva ormai scelto
un’altra strada, abbandonando il genere peplum (che al pubblico non piaceva più) e virando verso il
western, che rivitalizzò.
Nel 1964 girò Per un pugno di dollari traendo ispirazione dal film di Akira Kurosawa La sfida del
samurai (1961), declinandolo nel genere western e chiamando in squadra Tonino Delli Colli alla
fotografia ed Ennio Morricone alle musiche. Con questo film lanciò nell’Olimpo di Hollywood
Clint Eastwood, che fino ad allora aveva lavorato in alcune serie televisive.
Con questo film si inaugura un nuovo genere cinematografico, lo spaghetti-western e introduce
quelle che sono le prime caratteristiche del cinema di questo regista: l'uso della soggettiva,
l'alternanza in fase di montaggio di sequenze con campi molto lunghi e brevi flash di primissimi
piani, ma soprattutto il silenzio, creato fra parentesi di musiche incalzanti e piene di suspense. Il
film ebbe un grande successo, ma Kurosawa accusò Leone di plagio e vinse la causa, assicurandosi
i diritti di distribuzione del film in Giappone, Corea e Taiwan, e una percentuale del 15% dello
sfruttamento commerciale.
Leone apprezzò il lavoro di attore di Eastwood, tanto che lo inserì come protagonista anche nei due
film successivi, Per qualche dollaro in più del 1965, e Il buono il brutto, il cattivo del 1966, film
che chiude la “trilogia del dollaro” di Leone. La sua abilità come regista cresce di pari passo con
budget a disposizione sempre maggiori e con positivi riscontri al botteghino.
A questo punto, nel 1967 a Sergio Leone vengono proposti due progetti, entrambi appartenenti al
genere western: Caravans, un film ad alto budget negli USA su proposta di Robert O'Brien,
presidente della MGM, e Ricordati di Abilene con Jean-Paul Belmondo e Ursula Andress da
realizzare con la United Artists. Ma il regista accettò invece la proposta della Paramount di girare
un western interamente negli States, con la possibilità di avere un budget elevato.
C’era una volta il West venne girato negli Usa nello splendido scenario della Monument Valley, in
Italia e in Spagna. Chiamerà a collaborare al soggetto Dario Argento e Bernardo Bertolucci:
curiosamente il film non ebbe in Italia il riscontro positivo che ottenne invece da parte della critica
internazionale. Con questa pellicola si apriva una nuova trilogia del regista, la “trilogia del tempo”.
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Nel 1971 girò Giù la testa, con James Coburn e Rod Steiger, esprimendo con questo film le sue
riflessioni sull’umanità e la politica, vincendo in Italia il David di Donatello per la migliore regia.
Ormai era una celebrità in tutto il mondo, e venne invitato a essere un membro della giuria del
Festival di Cannes nel 1971 e un membro della giuria del Festival di Berlino nel 1978.
Dagli Stati Uniti gli arriva nel 1972 la proposta di dirigere Il Padrino, ma declinò l’offerta in quanto
lavorava per il firmare il suo capolavoro: C’era una volta in America, progetto che aveva in mente
già da prima di dirigere C’era una volta il West e tratto dal romanzo Mano armata (The Hoods)
scritto dal gangster Harry Grey, con Robert De Niro nel ruolo del protagonista ( cosa che mandò su
tutte le furie Clint Eastwood per non essere stato contattato). Il film ebbe grande successo di
pubblico e critica in tutto il mondo, tranne che negli USA in cui fu proposta dalla produzione una
versione dimezzata nella durata, e sconvolta nella struttura temporale. Il banalissimo rimontaggio
dell'opera causò un flop inevitabile sul mercato americano, anche se la versione originale proposta
anni dopo in VHS riscosse grande apprezzamento. Il film è considerato come uno dei migliori del
genere nonché della storia del cinema.
Lavorò in seguito alla sceneggiatura di Troppo forte (1986) di Carlo Verdone, con il quale instaurò
un rapporto di sincera amicizia.
Il suo ultimo progetto era il film Assedio di Leningrado sull’omonimo episodio della Seconda
guerra mondiale, purtroppo morì per infarto il 30 aprile 1989. Il film avrebbe dovuto raccontare
oltre che le pagine più drammatiche della guerra in Russia, una storia d'amore tra un giornalista
americano e una ragazza russa, in un ideale messaggio di pace fra le due superpotenze.
L'URSS di Gorbaciov, in piena perestrojka, aveva già concesso alla casa di produzione del regista
un'autorizzazione di massima per le riprese sul suolo sovietico ma la morte di Leone fece sfumare
tutto. Nel 2001, poi, il regista Jean Jacques Annaud si ispirò alla sceneggiatura leoniana per Il
nemico alle porte, trasferendo però l'azione nell'Assedio di Stalingrado.
L'altro grande progetto che rimase incompiuto è il tanto sognato remake di Via col vento di Victor
Fleming (1939), basato sull'omonimo romanzo di Margaret Mitchell, che Leone aveva sempre
considerato di gran lunga superiore alla trasposizione cinematografica. Sergio Leone è stato anche
regista di spot pubblicitari, come nel caso del premiatissimo "Il diesel si scatena" girato nel 1981,
su commissione della Publicis, per reclamizzare la Renault 18.
Nel 2004 è stato reso pubblico dal figlio un lungo trattamento inedito, quasi una pre-sceneggiatura,
di una cinquantina di pagine, intitolato Un posto che solo Mary conosce, pubblicato poi in esclusiva
mondiale dal noto mensile di cinema italiano Ciak. Di quest'ultimo affascinante progetto, l'unico di
cui rimane una stesura completa ed esauriente della trama e dei personaggi, già alcuni biografi
avevano anticipato l'esistenza e caldeggiato la realizzazione. Scritto insieme a Luca Morsella, suo
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aiuto-regista in C'era una volta in America, e da Fabio Toncelli, autore di documentari, si trattava di
un progetto per un nuovo film western, nato inizialmente per due grandi attori americani (si parlò
allora delle stelle nascenti Richard Gere e Mickey Rourke). Le vicende dei protagonisti si svolgono
sullo sfondo di un grande affresco storico, la Guerra di secessione americana, secondo le linee e le
tematiche più pure del cinema "leoniano".
La salma del regista è sepolta nel piccolo cimitero del borgo di Pratica di Mare.
CAPITOLO SECONDO
TRILOGIA DEL TEMPO DI SERGIO LEONE: OSSERVAZIONI GENERALI
In tutti e tre i film della cosiddetta “Trilogia del Tempo” di Leone, C’era una volta il West, Giù la
testa, C’era una volta in America, compare il tema della strada ferrata e delle stazione, ovviamente
declinato in diverse accezioni.
In C’era una volta il West la ferrovia è il simbolo della conquista americana del selvaggio West,
della vittoria della civiltà sulla natura, e insieme rappresenta la nascita della nazione americana
:infatti il sogno del magnate della strade ferrate Morton è quello di portare fino al ‘blu del Pacifico’
la ferrovia: vuole impossessarsi della fattoria di McBain, trucidato da Frank e dagli altri sicari,
avamposto della civiltà e che è destinata a diventare la stazione di una grande città, in quanto unico
posto in cui c’è acqua potabile nel giro di parecchie miglia e quindi punto di passaggio obbligato
della ferrovia.
La città di Sweetwater è il sogno della vita di Brett McBain, che purtroppo non vedrà realizzato ma
che la futura sposa Jill riuscirà (e sarà aiutata) a concretizzare dopo alterne vicissitudini. Già
all’inizio Leone evidenzia la perdita dell’innocenza della nascente nazione americana, con
l’assassinio del piccolo Timmy McBain da parte dello spietato Frank.
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Il film ha in Sweetwater, nome beffardo ma allo stesso tempo portatore di speranza per il contesto,
il suo inizio e la sua fine. Dopo alterne vicende che prendono forma nel corso della narrazione
l’unico personaggio reduce della storia e che starà a Sweetwater sarà proprio Jill, che in quanto
donna incarna lo spirito della nuova America.
Armonica sarà l’unico uomo ad essere sopravvissuto agli ultimi momenti del West in agonia;
tuttavia come si può notare è sì una pedina fondamentale del film, ma allo stesso tempo rappresenta
anche un elemento anomalo: come si vedrà più avanti non è sbagliato se lo si considera una
incarnazione del Tempo e forse anche del Destino, un deus ex machina: una volta chiuso il cerchio
e aver aiutato Jill McBain a realizzare il sogno del defunto marito, uccide Frank, proprio a
Sweetwater: quindi avendo terminato il suo compito si defila, ormai la città sta prendendo forma e
alla fine la strada ferrata è giunta a Sweetwater annunciata dal fischio della locomotiva: Armonica
e Cheyenne si allontanano, quest’ultimo è moribondo a causa di Morton ‘mister ciuf ciuf’ che lo ha
colpito a morte. Jill va dagli operai al lavoro sotto il sole cocente e porta loro da bere: tutti si
stringono in cerchio intorno a lei che sarà il nucleo nascente dell’America che va verso Ovest.
In Giù la testa,considerato il film più politico di Leone, ambientato nel Messico rivoluzionario,il
treno diventa mezzo privilegiato per spostarsi da e verso i punti più caldi della rivoluzione,dalla
campagna alla città.
Con il treno Juan si dirige a Mesa Verde a coronare il sogno di assaltare la banca, e su questo treno
farà la conoscenza del dottor Villega che è una delle menti della rivoluzione.
Dopo che l’esercito ha massacrato i figli di Juan a San Isidro e lo stesso Juan viene liberato da John
prima di essere fucilato, i due decidono di farla finita con la rivoluzione e di andare negli Stati
Uniti: il Destino però li fa rientrare di prepotenza nel turbine rivoluzionario: sullo stesso treno
infatti viaggia il governatore, e per questo motivo viene bloccato dai ribelli. Il governatore cerca
una via di fuga e finisce per caso nel vagone di John e Juan; John sta per sparargli, poi lascia che sia
Juan a farlo, ne ha diritto per quello che è successo ai suoi figli. Ora Juan è anche consapevolmente
un eroe della rivoluzione.
Il treno rappresenta il “viaggio” di redenzione del dottor Villega (l’ultimo viaggio!) che avendo
ceduto alle torture del colonnello Ghunter Reza ha tradito i rivoluzionari che sono stati fucilati:
John lo vuol con sé per fermare il treno dei soldati di Reza, e Villega caricherà di carbone il
motore di quella che per sua volontà sarebbe divenuta la sua bara, riscattando così l’infame
tradimento e facendo una morte da eroe.
Dopo lo scontro dei due convogli ci sarà una battaglia presso i binari dove John troverà la morte
per mano di Gunther Reza e lo stesso Reza morirà per mano di Juan: quindi John si farà saltare in