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Introduzione.
Nel nostro lavoro esaminiamo in maniera comparata la relazione
medico-paziente nella medicina tradizionale ed in quella alternativa.
Riteniamo infatti che nella pratica medica la comunicazione tra questi
due interagenti sia un aspetto imprescindibile nel percorso di cura, per creare
un rapporto interpersonale positivo tra i due e per assicurare la riuscita della
terapia.
Poiché è cresciuta, inoltre, la consapevolezza dei diritti e dei doveri in
merito alla salute, viene messo in discussione il tradizionale rapporto medico-
paziente: non più quello paternalistico di una volta, ora il medico deve
coinvolgere il paziente nel percorso di cura ed ottenerne la fiducia.
Riteniamo inoltre che ci siano differenze, e che siano notevoli, tra le due
tipologie di medicina, sia nell'approccio col paziente che nella visione stessa di
malattia.
Abbiamo suddiviso il lavoro in quattro capitoli.
Il primo descrive i componenti dell'atto comunicativo, esamina le
funzioni della comunicazione soffermandosi anche su quella non verbale ed
infine espone le principali teorie sulla comunicazione.
Il secondo capitolo, che si apre con una rassegna storica sulla relazione
medico-paziente nella medicina tradizionale, passa in esame le diverse
tipologie della stessa dedicando ampio spazio alla medicina centrata sul
paziente. Successivamente, il capitolo mette a fuoco le principali difficoltà di
comunicazione che si possono creare tra il medico e il paziente, non
tralasciando l'importanza dell'impatto psicologico della malattia non solo sul
paziente ma anche sul medico. A tale riguardo è stata riportata un'indagine
pilota condotta a Parma agli inizi del nostro secolo, che focalizza i diversi
aspetti delle difficoltà comunicative legate alle rapide trasformazioni in ambito
tecnologico, sociale e culturale che da alcuni anni si osservano.
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Nel terzo capitolo l'attenzione è centrata sulla medicina non
convenzionale, esaminandone innanzitutto i tempi ed i fattori che ne hanno
permesso la diffusione. Segue una vasta ed approfondita rassegna dei diversi
tipi di medicine alternative e della loro diffusione in Italia.
Trattandosi di un campo dai confini sfumati, è ancora aperto il dibattito
tra i sostenitori della medicina alternativa e gli scettici, anche se vi sono stati
spunti di discussione verso una soluzione del dibattito stesso, cui accenniamo.
Il quarto capitolo riporta i risultati di una ricerca quali-quantitativa,
condotta dalla sottoscritta, in merito alla rappresentazione del paziente nei
medici allopatici e nei medici alternativi. Il campo da noi scelto ci sembra
ancora non sufficientemente ed esaustivamente investigato da parte della
letteratura precedente. Pertanto, ci è sembrato opportuno ed interessante
svolgere un‟ulteriore indagine, per contribuire a far luce su un tema degno di
essere approfondito. La scelta per una metodologia di analisi di tipo
triangolare, con l‟unione di tecniche di analisi discorsiva e tecniche di analisi
del contenuto ci è sembrata la più ricca, favorendo l‟incrocio tra uno strumento
dalla forte potenza euristica (l‟analisi delle metafore) ed uno strumento capace
di validare statisticamente le intuizioni delle analisi qualitative, quale l‟analisi
del contenuto rappresenta.
Il corpus di dati è costituito dalle trascrizioni di una serie di interviste
semistrutturate avente come oggetto la rappresentazione del paziente nei
medici allopatici e nei medici alternativi. L'analisi qualitativa si sofferma
sull'utilizzo delle metafore da parte dei medici; quella quantitativa passa in
esame il loro universo discorsivo mediante l'utilizzo di un software, T–Lab, per
l'analisi automatica del contenuto.
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Capitolo I: La comunicazione interpersonale.
La comunicazione è un elemento essenziale di molti aspetti della nostra
esperienza quotidiana ed è pervasiva, cioè avviene in ogni ambito dei rapporti
tra le persone, sia tra due individui sia a livello di gruppi.
La comunicazione serve molti scopi, alcuni dei quali forse più
importanti, ma generalmente ogni data interazione comunicativa serve una
combinazione di scopi e può produrre una combinazione di risultati.
Uno degli scopi principali della comunicazione interpersonale è quello
di imparare, ovvero di acquisire conoscenze su se stessi, sugli altri o sul mondo
in generale o, in alternativa, di apprendere determinate abilità. Un altro scopo
fondamentale è l‟innato bisogno dell‟uomo di relazionarsi, ovvero di stabilire,
mantenere e migliorare le relazioni interpersonali. Importante è anche il
tentativo che vi è alla base di ogni comunicazione di influenzare coloro ai quali
ci si rivolge, vale a dire di controllare e dirigere le loro opinioni e i loro
comportamenti col fine di persuaderli e, in qualche caso, di manipolarli. La
comunicazione tuttavia può essere mossa anche da altri obiettivi, come quello
di evasione e di divertimento, o di consolazione e sostegno nei confronti degli
altri e dei loro bisogni.
1.1. La com petenza com unicativa.
La competenza comunicativa va intesa come un “insieme di
precondizioni, conoscenze e regole che rendono possibile e attuabile per ogni
individuo il significare e il comunicare” (Zuanelli Sonino 1981).
Secondo G. Berruto (1974) , un‟interazione comunicativa avviene se il
parlante possiede ed utilizza almeno alcune delle seguenti competenze:
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Competenza linguistica, vale a dire la capacità di produrre
ed interpretare segni verbali.
Competenza paralinguistica, ovvero la capacità di regolare
alcune caratteristiche del significante, come l‟enfasi, la cadenza della
pronuncia, oltre che la capacità di intermezzare risate, esclamazioni,
etc..
Competenza cinesica, cioè la capacità di comunicare
attraverso segni gestuali, come la postura, la mimica, i movimenti del
volto o delle mani, etc..
Competenza prossemica, ovvero la capacità di modificare
gli atteggiamenti spaziali e le distanze interpersonali al momento
dell‟atto comunicativo.
Competenza pragmatica, vale a dire la capacità di
utilizzare i segni linguistici e non linguistici in modo conforme alla
situazione e ai propri scopi.
Competenza socio-culturale, cioè la capacità di
riconoscere di volta in volta le situazioni e le relazioni di ruolo, anche
in rapporto alla cultura di riferimento.
1.2. I com ponenti dell’atto com unicativo.
In base al modello elaborato da Jacobson, per far avvenire un atto
comunicativo sono necessari almeno sei elementi: l‟emittente, il messaggio, il
ricevente, il codice, il canale, il contesto.
1.2.1. L’emittente.
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L‟emittente è il punto di partenza della comunicazione. Può trattarsi di
un‟entità personale, oppure di un‟entità più complessa ed organizzata, quale
un‟azienda o un partito politico.
Goffman in “Forme del parlare” dice che nell‟emittente ci sono tre ruoli
o funzioni differenziate che chiama: animatore, autore, mandante.
L‟animatore è colui che concretamente comunica, che entra
personalmente in contatto con i riceventi e che è caratterizzato da un
particolare stile comunicativo composto, ad esempio, dall‟accento che ha, dal
suo modo di vestire, dal tono di voce con cui parla, dalle parole che utilizza,
etc..
L‟autore, invece, è colui che ha ideato il messaggio, ma non sempre la
sua figura coincide con quella dell‟animatore.
Il mandante, infine, è colui in nome del quale si parla, vale a dire colui
che si assume la responsabilità di ciò che viene detto.
1.2.2. Il messaggio.
Il messaggio è il contenuto della comunicazione, ciò su cui si comunica.
All‟interno di un messaggio si può identificare un aspetto di contenuto ed un
aspetto di relazione.
L‟aspetto di contenuto è un‟informazione su qualcosa che riguarda il
mondo, sia esso esterno all‟individuo o interno ad esso, come nel caso di uno
stato fisico. Tuttavia in ogni messaggio è contenuto sempre un secondo
messaggio, che specifica il modo in cui il messaggio deve essere considerato e
quale è la natura della relazione tra le persone coinvolte nell‟interazione.
Dunque in ogni messaggio, accanto ad un aspetto esplicito, vi è anche un
importate aspetto implicito: ad esempio, quando l‟emittente utilizza una
determinata lingua per comunicare dà per scontato che il suo interlocutore
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capisca quella lingua e che quindi sia in grado di ricostruire il significato della
frase.
1.2.3. Il ricevente.
Il ricevente è il punto di arrivo della comunicazione. Può trattarsi di un
singolo individuo oppure di un gruppo più o meno vasto di persone, come nel
caso di un pubblico. Il ricevente può esporsi direttamente alla fonte di
comunicazione oppure ricevere la comunicazione attraverso la mediazione di
qualcun altro, ma in questo caso il messaggio che gli arriva come ricevente
indiretto è un po‟ diverso da quello che gli arriverebbe se fosse un ricevente
diretto. A volte, inoltre, al destinatario designato, vale a dire colui al quale
l‟emittente si rivolge esplicitamente e che tiene ben presente quando costruisce
il suo messaggio, si può aggiungere un destinatario cosiddetto astante, cioè una
persona che capita nel campo d‟azione del comunicatore e che per caso ascolta
il messaggio.
Per lungo tempo è stata diffusa l‟idea che l‟emittente fosse l‟elemento
attivo della comunicazione, mentre il ricevente fosse quello passivo. In realtà il
ricevente è attivo quanto l‟emittente, perché il messaggio che riceve non è
uguale a quello che viene emesso, ma è il frutto di una rielaborazione.
All‟interno di essa innanzitutto il ricevente sceglie se esporsi al messaggio
oppure no (esposizione selettiva); in secondo luogo, egli estrapola dal
messaggio alcune cose e non altre (percezione selettiva); infine egli non
ricorda tutto quello che ascolta, ma solo ciò che ritiene più saliente
(memorizzazione selettiva).
1.2.4. Il codice.
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Il codice è un insieme di segni arbitrari, cioè costruiti dall‟uomo. Per
essere considerati tali, devono avere alcune caratteristiche comuni (Ricci Bitti,
Zani 1983).
Innanzitutto sono degli insiemi di segni, sia quelli molto complessi,
come una lingua, sia quelli più semplici, come un semaforo.
In secondo luogo, essi sono convenzionali ed intersoggettivi, il che
significa che non appartengono ad una coscienza individuale, ma sono comuni
ad una pluralità di interpreti.
Inoltre i codici sono producibili e riproducibili dagli interpreti, i quali
possono modificare i segni o crearne di nuovi.
I codici funzionano nei parlanti attraverso i meccanismi di codifica, vale
a dire quel processo per cui uno stato mentale diventa un segno, e di
decodifica, in cui avviene il processo inverso. Spesso, però, il parlante utilizza
più di un codice contemporaneamente ed in questo caso si ha il fenomeno della
commutazione dei codici: si pensi, ad esempio, a quando si utilizzano nella
stessa frase parole appartenenti a lingue diverse.
1.2.5. Il canale.
Il canale è il mezzo fisico-ambientale che consente la trasmissione dei
messaggi. Il canale per eccellenza è l‟aria, che è l‟elemento in cui siamo
immersi e che consente l‟uso della voce.
I canali comunemente usati dall‟uomo sono i quattro sistemi sensoriali
di cui dispone: vocale-uditivo, visivo-gestuale, olfattivo e tattile.
L‟uomo però usa anche canali artificiali, che si possono considerare
come prolungamenti e potenziamenti del suo apparato sensoriale: è il caso dei
microfono, del telefono, del microscopio, etc..
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1.2.6. Il contesto.
Il contesto è l‟ambiente della comunicazione e spesso le offre i suoi
contenuti, come nel caso in cui si comunica su qualcosa che ha come contenuto
il mondo. Esistono diverse dimensioni del contesto:
Spazio-temporale: fa riferimento al fatto che ogni
comunicazione avviene sempre in uno spazio e in un tempo. La
comunicazione faccia a faccia è caratterizzata dal fatto che i parlanti
condividono lo stesso spazio e lo stesso tempo.
Psicologica: è l‟atteggiamento con cui si entra nella
comunicazione ed è fondamentale per la sua riuscita. La comunicazione
è considerata formale quando le persone comunicano all‟interno di
ruoli, al contrario della comunicazione informale, in cui emerge
maggiormente l‟individualità dei partecipanti all‟interazione. Nelle
relazioni informali entra maggiormente in gioco l‟affettività, mentre
nelle relazioni formali prevale un atteggiamento di neutralità affettiva,
vale a dire né un atteggiamento di totale fiducia ed affidamento, né una
posizione a priori conflittuale.
Sociologico-culturale: bisogna tener presente che i parlanti
portano sempre nella comunicazione il corredo dei loro ruoli ed
appartenenze sociali e culturali. Importanti in questo senso è
innanzitutto la lingua, ma anche quella serie di valori e significati
condivisi, che gli individui danno per scontato proprio perché sanno di
appartenere allo stesso ambiente sociale e culturale.
1.3. Le funzioni della comunicazione.
Una volta analizzate le componenti dell‟atto comunicativo, sorge
spontaneo chiedersi quali funzioni assolve e di quali significati è portatore,
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vale a dire che l‟interesse non è più focalizzato ad analizzare cos‟è la
comunicazione e com‟è strutturata, ma piuttosto a cosa serve e come viene
usata per veicolare significati.
Grazie ad una serie di studi in questo senso, si è potuto ricavare uno
schema che comprende le seguenti funzioni della comunicazione:
Referenziale (o rappresentazionale)
Interpersonale (o espressiva)
Di auto ed eteroregolazione (o di controllo)
Di coordinazione delle sequenze interattive
Di metacomunicazione
Bisogna tener presente tuttavia che ogni atto comunicativo può svolgere
contemporaneamente più di una funzione.
1.3.1. L a funzione referenziale.
È ritenuta la funzione fondamentale della comunicazione e consiste
nello scambio di informazioni tra gli interlocutori a proposito di un oggetto o
referente. Spesso viene assunto come referente un fatto del mondo esterno, un
evento di cui l‟emittente vuole informare chi ascolta.
Per approfondire l‟analisi di questa funzione è necessario affrontare il
problema del significato del linguaggio, ovvero della semantica. Il termine
“semantica” indica il rapporto tra le forme linguistiche e le realtà
extralinguistiche cui fanno riferimento: uno studio adeguato a livello semantico
comporta l‟analisi del modo in cui chi parla una lingua organizza il mondo
intorno a sé, le forme linguistiche che usa e il modo in cui collega questi due
elementi (Ricci Bitti, Zani 1983).
Secondo Scherer (1980) anche i segni non verbali funzionano
semanticamente, nel caso in cui essi stessi significano un referente oppure
quando incidono sul significato dei segni verbali.