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INTRODUZIONE
Che cos‟è l‟Europa? Così l’Economist intitolava un articolo il 12 febbraio del Duemila,
cercando di riassumere e di ricordare gli scopi dell‟Unione europea dopo la deriva di Haider e
dei nazionalisti in Austria. Il titolo dell‟articolo fu poi ripreso da Terry G. Jordan nel 2007
nell‟opera The European culture area. La stessa domanda è stata il punto di riferimento
sempre presente in questo lavoro e la risposta ad essa, se possibile, l‟obiettivo che ci siamo
prefissi di raggiungere.
Nel momento in cui ci si porge la domanda molte sollecitazioni e molte problematiche
vengono in mente: l‟Europa e la spinosa questione dei suoi confini, dei suoi limiti a Oriente;
l‟Europa fisica e la sua nozione di continente; l‟Europa politica e l‟Europa mercato; l‟Europa
che compare quotidianamente sui giornali con i suoi problemi economici e le sfide globali che
si trova ad affrontare, l‟Europa in declino e l‟Europa che attende la sua rinascita.
L‟Europa che abbiamo tentato di analizzare rappresenta tutte queste questioni, le quali si
intrecciano alla sua base e si congiungono alla radice del suo esistere: è l‟essenza dell‟Europa
che fin dalla sua denominazione abbiamo voluto indagare e scoprire. Non era nostra
intenzione raccogliere compilativamente una tesi sullo stato attuale dell‟Europa, e quindi
dell‟Unione Europea, ma studiare e capire come, dove e quando essa si è formata e qual è il
suo significato e il suo scopo oggi.
L‟Ue rappresenta se vogliamo la tappa finale di una storia lunga secoli, durante i quali il
termine Europa ha mutato significato, confini e valori, mantenendo però dei caratteri propri
che la contraddistinguono da ciò che è altro da sè. Il concetto di Europa è un concetto ancora
in fieri, in continuo mutamento. Studiando la storia si può vedere come esso si sia formato e
come sia cambiato, sotto la spinta dei popoli e degli uomini che hanno fatto di questa parola a
volte una bandiera, a volte qualcosa da rigettare. Sotto questa nozione si nascondono le più
grandi idee del mondo, grandi scoperte, magnifici ideali, come anche i più crudi misfatti ed
orrori.
Il primo capitolo è dedicato all‟analisi delle radici della cultura e dell‟identità europea. Come
ha scritto lo storico Franco Cardini riguardo ad esse, “l‟Europa non è una carota, non ha
un‟unica radice a fittone, bensì radici molteplici, ramificate, intrecciate fra loro” e tutte queste
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radici convivono, confliggono e alimentano (spesso senza che ce ne rendiamo conto) la nostra
cultura.
La ricerca ha preso le mosse dalle radici più lontane, forse oggi le più dimenticate, quelle
provenienti dalla Grecia classica dei filosofi, da Socrate e Platone, là dove si trovano le prime
attestazioni del nome Europa. Siamo passati poi al mondo romano, che ha creato o tentato di
creare la prima vera unione politica sul suolo continentale, con le sue leggi e la sua
organizzazione degli spazi. L‟eredità classica (romano e greca) è poi riuscita a rimanere in
vita e a perdurare nell‟Europa medievale grazie al lavoro dei monaci cristiani nelle abbazie e
allo studio nelle Università; si è impreziosita grazie agli apporti delle popolazioni barbariche e
della tradizione islamica, ritrovando una sua unità apparente sotto l‟egida del Cristianesimo.
Un‟unità apparente perché presto anche l‟Europa cristiana si sfalda, divisa al suo interno dalle
varie correnti, testimoniando l‟eterna lotta e le continue lacerazioni che soggiacciono alla
nostra identità, forse realmente impossibilitata a diventare una e realmente destinata a
rimanere plurima. La civiltà europea è progredita anche per effetto delle continue lacerazioni
interne, le quali le hanno conferito quel carattere di dinamicità che la differenzia dalle altre
civiltà. La critica costante dei suoi valori, la spinta ad oltrepassare ciò che si riteneva ormai
antiquato, il desiderio di realizzare le proprie utopie hanno perennemente alimentato lo
sviluppo dell‟identità europea. Forse oggi ci troviamo di fronte ad una civiltà ormai stanca,
logora e ignara anche del suo passato e della propria identità.
Nel secondo capitolo viene affrontata la genesi dell‟idea di un‟Europa unita e la storia degli
uomini che hanno teorizzato e vissuto per la sua unione. La domanda presente nella nostra
mente durante la stesura di questo capitolo riguardava la capacità di costruire un‟unione
politica degli Stati europei nonostante la pluralità dei valori e delle identità nazionali o
regionali che costituiscono l‟identità europea.
Erroneamente si pensa che la costruzione politica di un‟Europa unita sia un pensiero
tipicamente contemporaneo, in realtà il desiderio e la possibilità di un‟unione era vivo e
presente agli albori dell‟Europa moderna, per poi raggiungere il suo apice in età illuminista
grazie all‟abate di Saint-Pierre, a Leibniz e a Kant e in seguito in età romantica con Hugo e
Mazzini. Nel secolo appena trascorso, specialmente in conseguenza delle distruzioni delle due
guerre mondiali, l‟idea della pace sul suolo continentale e di un‟unione tra gli Stati europei è
attecchita negli animi di intellettuali, politici ma anche di uomini comuni. Esemplari sono
state le esperienze e le battaglie in favore dell‟Europa del conte Coudenhove Kalergi e di
Altiero Spinelli.
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Il terzo capitolo riguarda la parte più attuale, ed è rivolto alla descrizione dello sviluppo
dell‟integrazione politica degli Stati Europei. Partendo dalla dichiarazione Schumann del
1950 si arriva fino all‟ultimo Trattato di Lisbona del 2007, delineando i successi, le
problematiche e le fratture in seno al processo di unificazione. Vengono ripercorse le tappe
più importanti, gli eventi storici che hanno segnato e in qualche modo orientato le decisioni
dei governi europei e riportate le critiche mosse agli stessi governanti e all‟attuale Unione.
L‟ultimo paragrafo, in particolar modo, traccia brevemente delle possibili e ipotetiche rotte da
seguire per il futuro. La nave europea non è destinata a raggiungere in breve tempo un porto
sicuro, un attracco definitivo, ma può sicuramente tentare di veleggiare verso di esso con una
rotta più ferma..
La scelta del titolo della tesi: “la costruzione dell‟Europa tra essere e avere” segue questa
direzione; la necessità di una scelta coraggiosa tra un‟Europa forte e cosciente della sua
identità e un‟Europa destinata ad essere unita solamente dalle leggi del mercato implicano
delle rotte che non sempre sono compatibili.
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CAPITOLO I
Breve storia dell’identità europea
“Domandarsi che cosa sarà l’Europa domani o che cosa
sia oggi significa anzitutto domandarsi come l’Europa è
diventata tutto ciò che è.”
Hans-Georg Gadamer
“Si parla senza fine dell’Europa in senso politico ,ma si
trascura la questione di sapere che cosa sia realmente
e da dove è nata.”
Jan Patocka
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1.1 L’eredità greca
La leggenda di Europa è uno degli antichi racconti della mitologia greca: Europa, figlia del re
fenicio Agenore, fu una bellissima vergine di cui il sommo Zeus in persona si innamorò. Il
dio, trasformatosi in un maestoso toro bianco, riuscì a rapire la fanciulla, che raccoglieva fiori
in riva al mare, e da lì la trasportò all‟isola di Creta dove le dichiarò il suo amore. Da questa
unione nacque in seguito Minosse, il re giudice , e da lui discende la stirpe reale di Creta.
Fratello di Europa fu Cadmo, che spedito alla ricerca della sorella dal padre Agenore, fondò
sul suo cammino la celebre città di Tebe in Beozia, e inventò l‟alfabeto dando così origine ai
primi frutti della civiltà greca in principio ed europea in seguito.
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Ricercare le origini dell‟Europa significa anche scovare i significati e i miti nascosti dietro
l‟etimologia di questa parola, e le leggende che ad essa sono collegate.
Europa, nel mito greco, rappresenta la bellezza, la fertilità, è l‟incarnazione dell‟eros
femminile a cui lo stesso padre degli dei non riesce a resistere: è la personificazione di una
terra che assume il suo nome, una terra non del tutto conosciuta che all‟epoca non aveva
l‟odierna accezione. Il fatto che il suo primo figlio fu Minosse è degno di sottolineatura:
costui è anche detto il re legislatore, e proprio l‟organizzazione politica basata su leggi
condivise dai suoi cittadini sarà una delle caratteristiche della civiltà europea.
Per i Greci del V-VI secolo A.C. l‟Europa non aveva confini ben definiti, è la terra a
settentrione descritta dai primi esploratori, è successivamente la terra delle colonie che
formeranno la Magna Grecia. Europa è anche la terra del sole che cala e preludio della notte, è
la terra dell‟oscurità, la terra a ovest.
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Spazzaferro G., “Il mito, il sogno, la storia: confini trasversali” in Paneuropa, geografia e storia di un’idea, Utet,
Torino, 2000.
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L‟etimologia della parola è ancora alquanto discussa, il termine deriverebbe dall‟assiro erebu,
che indica il “tramonto”, l‟occidente, e dal verbo erepu, “oscurarsi”. In accadico,che è la
lingua madre dell‟assiro, significa “oscurità”, “regno dei morti” (e infatti il regno dei morti
era collocato a ovest, là dove tramontava il sole). In fenicio è attestato ereb che denomina
ancora l‟oscurità, il tramonto.
Secondi altri studiosi il termine significherebbe “faccia larga”, ed è quindi riferibile alla luna.
Europa sarebbe quindi una divinità lunare e lo Zeus che l‟avrebbe rapita nient‟altro che il dio
cretese del sole. L‟unione tra Zeus ed Europa rappresenterebbe l‟unione classica tra Sole e
Luna.
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Come si diceva in precedenza, l‟Europa dei Greci non presenta gli stessi limiti geografici che
accettiamo noi oggi (se è poi mai possibile dare dei confini specifici a questa zona); ma è
comunque da qui, da quell‟antico popolo, che dobbiamo partire per cercare di dare un senso,
un significato, un‟identità appunto al nostro continente.
Le prime attestazioni che abbiamo del termine Europa le ritroviamo nella poesia omerica,
nell‟ inno ad Apollo, quindi nel VII-VI secolo a.C. A quell‟epoca non tutto il continente era
conosciuto dai Greci, che solo secoli più tardi iniziarono l‟opera d‟espansione e di scoperte al
di fuori della loro penisola. Nuove tracce della parola Europa emergono nella tradizione greca
in Erodoto. Lo storico, per la prima volta, ci offre una definizione ben precisa del termine:
Europa è la terra ad ovest del Mar Nero e dell‟Egeo, fino all‟oceano occidentale. Escluso è
tutto il territorio russo: naturalmente differente era la concezione geografica greca; ma in
Erodoto ciò che conta non sono tanto i limiti territoriali, quanto la distinzione culturale che
sussiste tra le popolazioni europee, quelle delle terre esposte al tramonto, e quelle dell‟Asia.
Gli Elleni, che sono la popolazione più evoluta, vengono contrapposti agli Asiatici. Oltre al
diverso grado di “evoluzione” (Erodoto infatti distingue le popolazioni in “barbare”,
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M. Grazia Melchiorri, Europa sogno dei saggi, Marsilio, Venezia, 2001.
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“selvagge” e “civili”) ciò che veramente contraddistingue i Greci dagli Asiatici (che possono
essere comunque uniti dallo stesso livello di civiltà, si vedano le colonie greche in Asia
Minore) è il principio di libertà.
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Gli asiatici sono i popoli sottomessi al dominio dei Persiani, impero esteso tra Vicino e Medio
Oriente, sudditi e schiavi di un unico re, imperatore e dio, a lui debitori e da lui comandati. I
Greci invece sono i rappresentanti e campioni della libertà, delle prerogative civili e politiche,
sono uomini liberi di decidere il proprio destino seguendo i propri dei e le proprie leggi.
Eschilo nella sua opera “I Persiani” farà dire al Coro: “ Di nessun uomo son detti né schiavi
né sudditi ”.
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Questo è il principio che sottosta alla distinzione di Erodoto: non solamente il
livello culturale ma sopra ogni cosa il rispetto delle libertà. Isocrate, l‟oratore greco che nel
380 a.C. scrive un panegirico per esortare i Greci contro i Persiani, esalta le libertà di Atene e
degli Elleni stessi, affermando che potevano vantare il nome di Greci tutti coloro che
potevano vantare la stessa tradizione culturale nonostante le differenze etniche. Per Isocrate la
Grecia era l‟Europa, ma il punto qui è che il termine Europa nasce non tanto per designare
una specifica area geografica, quanto una determinata regione culturale i cui confini sono
sempre in continuo movimento. Il geografo greco Strabone, vissuto secoli più tardi, nella sua
opera parla di un‟Europa differente dagli altri continenti per superiorità morale e civile, per la
“gran varietà delle forme, e per il valore dei suoi uomini e dei suoi regimi politici, e poiché è
stata la dispensatrice alle altre della maggior parte dei suoi beni nativi.”
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Una regione culturale, dunque, che sorge, si forma e prende coscienza di sé per difendere la
propria tradizione e la propria identità contro un‟ invasione esterna. Lo storico Chabod
afferma che il concetto di Europa deve per forza formarsi per contrapposizione, in quanto c‟è
qualcosa che non è Europa, ed è proprio a partire dal confronto con questa non-Europa che la
3
Claudio Cerreti, Un’idea d’Europa, in Lizza G. ( a cura di), Geografia della nuova Europa, Utet, Torino, 2000.
4
La citazione è stata opportunamente utilizzata da Claudio Cerreti in op. cit. vedi sopra.
5
Guglielmo Scaramellini, I fondamenti geografici dell’idea di Europa dall’età delle grandi scoperte a oggi, in De
Zerbi C. ( a cura di), Europa, grande spazio, Vita e pensiero, Milano, 1991.
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nostra identità prende forma. La prima contrapposizione tra l‟Europa e qualcosa che Europa
non è, afferma quindi Chabod, si ha proprio con il pensiero greco. Dalle guerre persiane ad
Alessandro Magno il pensiero greco si è sempre più radicato e rafforzato sulla base di questa
contrapposizione con il mondo asiatico: due mondi opposti per costumi e organizzazione
politica, distanti per attitudini e spirito morale.
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Tale distanza era sottolineata dallo stesso
Aristotele, che riteneva i popoli asiatici sì intelligenti e industri, ma privi d‟animo e abituati a
vivere in sudditanza e in servitù. Questa distinzione correrà poi intramontabile nel corso della
storia, la piccola Europa campione delle libertà contro il gigante asiatico simbolo di servitù e
tirannia.
Ma ciò che fa della Grecia il punto di partenza di questo nostro studio non è solo la sua storia,
o la difesa della sua indipendenza, o l‟esser stata l‟avamposto della nostra civiltà contro una
civiltà rivale, ma è ciò che più l‟ha contraddistinta e l‟ha resa modello nei secoli successivi
fino ai nostri giorni. Edmund Husserl disse in una sua celebre conferenza nel 1935: “
L‟Europa spirituale ha un luogo di nascita. Non parlo di un luogo geografico, di un paese, per
quanto anche questo sia legittimo; parlo di una nascita spirituale che è avvenuta in una
nazione, o meglio in singoli uomini e in singoli gruppi di uomini di questa nazione. Questa
nazione è l‟antica Grecia del VII e del VI secolo a.C.
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Il filosofo tedesco fa riferimento a quella grande trasformazione, a quel radicale mutamento di
pensare il mondo circostante e l‟uomo che ne fa parte, che prende il nome di filosofia. Nei
Greci di quel periodo si delinea un nuovo atteggiamento nei confronti di ciò che li circonda
tale da produrre un nuova forma mentis che è propria dell‟animo greco ed europeo in seguito.
Quel gruppo di uomini, di filosofi, alla ricerca della verità, i vari Talete, Anassimandro,
Eraclito, Parmenide, seguiti poi da Socrate, Platone e Aristotele, sono i fautori della nascita
dell‟Europa spirituale e della rinascita dell‟uomo.
6
Federico Chabod, Storia dell’idea d’Europa, Laterza, Roma-Bari. 1977.
7
Edmund Husserl, Crisi e rinascita della cultura europea, Marsilio, Venezia, 1999, p.56-57.
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Il termine “filosofia” sta a indicare per Husserl lo studio delle scienze universali, del cosmo,
della totalità di ciò che è: nasce con la filosofia una nuova mentalità che sarà poi alla base
della scienza moderna così come noi la intendiamo. Scrive Werner Jaeger: “ I Greci,
considerati dal presente, rappresentano rispetto ai grandi popoli storici dell‟Oriente un
progresso radicale, un nuovo grado in tutto ciò che concerne la vita dell‟uomo nella comunità.
Questa è impostata, presso i Greci, su fondamenti affatto nuovi ”.
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Quali sono questi “ fondamenti affatto nuovi ” di cui parla Jaeger ? Sono le idee, le idee
platoniche, che inaugurano un nuovo modo di pensare, di ragionare, che trasformano l‟uomo
e il suo stile di vita. Si crea così una piccola comunità di uomini, riuniti sotto la comune
ricerca della verità, caratterizzata dalla produzione e dalla verifica di idee, idee sempre pronte
a essere formulate e riformulate in un processo infinito. E‟ Socrate che dà il la a questo nuovo
modo di ragionare tramite il metodo dialettico e la famosa domanda “ Che cos‟è?”, a spingere
tutti gli uomini, tutti i suoi concittadini ateniesi senza distinguere sesso, classe sociale o
bellezza verso una ricerca interiore che è alla base della filosofia, ed è Platone a
sistematizzare questo nuovo modo di pensare.
E‟ una rivoluzione culturale
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, che sostituisce la tradizionale cultura arcaica greca, basata sulla
creazione di miti, sulla tradizione poetica enciclopedica di Omero e Esiodo, sull‟oralità come
forma di trasmissione del sapere, sulle credenze religiose, con una nuova cultura che stimola
il processo ragionativo, che non si fonda su facili credenze , che rafforza l‟utilizzo della
scrittura. Si passa dalla recitazione di formule poetiche e religiose alla formulazione di
dialoghi contrassegnati da una serie di fitte domande e risposte, con la conseguenza che
nell‟uomo greco si forma quella che con termine moderno si definisce autocoscienza. E‟ il
pensiero dell‟uomo che, guidato e sostenuto dalla maieutica socratica, si spinge oltre le
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Werner Jaeger, Paideia, La formazione dell’uomo greco, Bompiani, Milano, 2003, p.3.
9
Giovanni Reale, Radici culturali e spirituali dell’Europa, Per una rinascita dell’uomo Europeo, Raffaello Cortina
Editore, Milano, 2003.
10
semplici evidenze per indagare su ciò che è e anche su ciò che non è : “La dialettica era uno
strumento per ridestare la coscienza dal suo linguaggio di sogno e per stimolarla a pensare
astrattamente”.
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Figura chiave di questo processo, lo ripetiamo, è Socrate. Grazie a lui si introducono nel
pensiero greco nuovi elementi, come il dubbio, l‟ironia, la riflessione razionale ordinata, la
ricerca sistematica e sopratutto la scoperta di una comunità civica unita e tesa verso la ricerca
di comuni valori: “ Sembra che qui corra il displuvio tra il mondo di un generico pensare e
quello nascente del conoscere”.
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La morte di Socrate, il suo tragico suicidio segna la fine tra
il vecchio mondo costellato di miti religiosi e da credenze erronee e il nuovo mondo guidato
criticamente dalla ragione e dalla scoperta del dubbio. E‟ significativo che Socrate è accusato
dai suoi concittadini di corruzione dei giovani, di negazione delle divinità tradizionali e
dell‟introduzione di nuove, e dunque accusato di empietà e di sovvertire le vecchie norme
della società ateniese. Il nuovo dio socratico è il demone interiore che lo spinge a sovvertire le
norme della società, è lo spirito indagatore mosso dalla curiosità che lo fa ricercare nuovi
valori, non è altro che la coscienza interiore che preme per liberarsi dalle catene del mito,
delle falsità e delle menzogne. E‟ la spinta verso non più un metodo contemplativo e ascetico,
ma verso una critica attenta e una ricerca scrupolosa che vuole cambiare il mondo. La morte
di Socrate, scrive Condorcet, è “ un avvenimento
importante nella storia dello spirito umano. Esso fu il primo delitto che la guerra tra la
filosofia e la superstizione abbia generato.” Socrate avviò la rivoluzione dell‟etica umana su
cui si fondò la filosofia europea
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: ecco perché può essere considerato uno dei padri della
nostra cultura e della nostra civiltà.
10
E. A. Havelock, Cultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone, Laterza, Roma-Bari, 1995, p.219.
11
Umberto Cerroni, Le radici culturali dell’Europa, Manni, Lecce, 2001.
12
Victor Ehrenberg, Società e civiltà in Grecia e Roma, Il saggiatore, Milano, 1973