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INTRODUZIONE
Osservando la situazione economica globale, si pongono in evidenza sia gli
eccessi dovuti alla dematerializzazione dei beni e servizi, sia quelli
conseguenti alla dilagante disorganizzazione e mancanza di linee guida
unitarie nello sviluppo economico di un‟area geografica, che hanno prodotto
spesso confusione individuale e effetti dannosi al benessere comune. I
problemi più ricorrenti trascurati dalla società nell‟era della globalizzazione
sono quelli dello sviluppo sostenibile e del sempre più accentuato divario tra
ricchi e poveri che hanno agevolato la concentrazione delle risorse nelle
mani di pochi e spogliato di caratteristiche e identità molti luoghi per sfruttarli
con scommesse finanziarie volte a massimizzare il ritorno nel breve periodo.
L‟economia è sempre più fragile e in continuo cambio di rotta, spesso non
curante delle conseguenze di certe manovre che danneggiano i più deboli.
Tuttavia a queste forze confuse cominciano a contrapporsi alcuni modelli che
tendono a riportare in luce le caratteristiche tipiche dei territori e delle
comunità che li popolano: sta tornando infatti in auge il tema del
riavvicinamento tra Stato e cittadinanza, nel modo in cui i ruoli delle
amministrazioni danno voce ai cittadini e svolgono una funzione democratica
che si contrappone alla più semplice, ma inefficace, imposizione di regole
senza possibilità di confronto.
In questo quadro si colloca quella visione del marketing territoriale che
intende creare valore per i fruitori di un‟area e fungere da strumento per uno
sviluppo sostenibile che tenga in considerazione del tessuto sociale che vive
in una determinata zona e che ne costituisce parte integrante. Questa
disciplina, nata in ambito aziendale, è uno strumento utile a tutti i soggetti
attivi nel territorio per individuare il corretto mix di caratteristiche strutturali e
servizi offerti per promuovere lo sviluppo della zona. Usata negli anni „60 del
secolo scorso dalle multinazionali, si è progressivamente arricchita di nuovi
contenuti e si è adattata ai cambiamenti e alle nuove esigenze in ambito
economico quali l‟internazionalizzazione e la soddisfazione dei bisogni degli
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stakeholders territoriali. Ecco perché in questa tesi analizzerò un esempio di
applicazione di questa disciplina in un‟ottica di organizzazione unitaria e
finalizzata al coordinamento degli obiettivi dell‟ economia di una Regione,
aiutando e formando i singoli attori al perseguimento degli obiettivi personali
ma tenendo anche conto del territorio, degli abitanti e quindi dell‟intero
sistema vivente. Valutando le caratteristiche del tessuto economico sociale è
d‟obbligo non trascurare le PMI (Piccole Medie Imprese) che costituiscono
una parte consistente delle imprese nel nord Italia e della Regione in oggetto:
il Piemonte. In questa Regione con un territorio caratterizzato per il 43% da
catene alpine e per il 31% da colline sono molto diffuse imprese artigiane di
antica tradizione, molte PMI ma anche grandi industrie dell‟automobile, della
meccatronica e avanzati progetti in campi come quelli delle energie
rinnovabili e della biomedica. È un territorio molto fervido che deve guardare
al futuro facendo attenzione a non scordare le proprie tradizioni. In questo
contesto la Regione ha dato vita ad un organo istituzionale che funga da
aggregatore di intenti per far fronte ai cambiamenti e alle nuove esigenze del
mercato globale: il Centro estero per l‟internazionalizzazione del Piemonte.
Varie sono le sue funzioni e gli aiuti che fornisce ai soggetti che ne fanno
parte e che si rivolgono all‟agenzia per avere informazioni e assistenza di
vario genere.
La mia tesi vuole mettere in luce la novità del ruolo che l‟agenzia in quanto
organo istituzionale svolge, essendo il primo a livello nazionale ad occuparsi
di un argomento delicato come quello dell‟internazionalizzazione, che
sicuramente risulta problematico per la maggior parte delle PMI sul territorio
italiano. Inoltre, la sua natura concertativa che valorizza il capitale umano si
presta perfettamente in un periodo come questo dove la crisi ha contratto le
disponibilità liquide. L‟approccio collaborativo tra Regione e imprese è un
valore fondante dell‟agenzia che cerca di innescare una collaborazione
virtuosa tra comunità economica e istituzioni, mettendosi al servizio degli
attori che operano sul territorio. Questo grosso sforzo non può certo risolversi
nelle stanze dei pubblici decisori che intendono guidare la trasformazione,
per risultare efficace ed entrare a far parte della fisiologia delle persone che
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vivono il territorio, deve essere comunicata in maniera coinvolgente e
condivisa da coloro ai quali preme la crescita e la modernizzazione della
Regione.
Ecco allora che entrano in gioco due aspetti fondamentali della
progettazione: la strategia e la comunicazione. Questi sono aspetti senza i
quali non si possono ottenere risultati sul lungo periodo e che tengono conto
della complessità di un sistema territoriale.
Adotterò quindi un occhio di riguardo su questi due aspetti, illustrando prima
le caratteristiche del marketing territoriale che più rispecchiano questa
visione e analizzando poi quanto è stato fatto dal CEIP.
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1. IL TERRITORIO COME SISTEMA VIVENTE
Nel periodo storico di grandi trasformazioni che stiamo vivendo,
caratterizzato dalla globalizzazione e dai processi che portano le persone ad
adattarsi a nuovi stili di vita, dobbiamo tenere conto del fondamentale punto
di partenza del nostro sviluppo : il territorio.
Esso può essere interpretato come un sistema costituito da un insieme di
attori e di risorse, sede di attività e di relazioni, guidato dal sub sistema
costituito dal “sistema governo”. È caratterizzato sia dalla dimensione
spaziale sia da quella temporale in considerazione del fatto che le sue
componenti basilari si manifestano in modo dinamico, appunto perché “vivo”.
La suddivisione amministrativa del territorio non può certamente ritenersi
quella più soddisfacente ma rimane tuttavia la più funzionale tenendo conto
di volta in volta delle problematiche che si deve affrontare .
Tuttavia i territori sono caratterizzati dall‟enorme complessità delle
connessioni presenti al loro interno che si possono schematizzare in due
circoli :
Il circolo del sistema territoriale vitale (processo socio-politico):
Visione socio-politica del territorio – Scelta dei sistemi d‟offerta del
territorio – Qualità della vita dei cittadini della comunità – Consenso
elettorale –revisione socio-politica del territorio.
I circoli dei sistemi d‟offerta del territorio (processi socio-economici):
Visione socioeconomica del sistema d‟offerta del territorio– Selezione
(attrazione e aggregazione) dei soggetti economici – Formazione degli
attori economici - Qualità e valore del sistema d‟offerta– Attrattività dei
pubblici potenziali del sistema d‟offerta – Soddisfazione dei pubblici di
riferimento e degli attori interni – revisione socio-politica del sistema
d‟offerta del territorio.
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Tali considerazioni mi suggeriscono di distinguere fra gestione del sistema
politico-territoriale e gestione dei sistemi d‟offerta territoriali, sottolineando
che vi è una precisa indicazione gerarchica: Il sistema politico-territoriale
ha il potere, legittimato dai cittadini, di selezionare, indirizzare e
controllare i sistemi d’offerta del territorio. Ecco perché è fondamentale
che vi sia consapevolezza (da parte delle istituzioni e dei privati) di cosa è
veramente il territorio e di quali sono i limiti accettabili per lo sviluppo.
Il compito della pianificazione strategica del marketing territoriale non è
quello di far crescere all‟infinito l‟area, bensì quello di portarla da una fase di
maturità e declino ad una nuova fase di sviluppo, garantendo un livello di
competitività verso gli altri sistemi territoriali.
Passerò ora ad esaminare le fasi del ciclo di vita del territorio.
Nella fase di introduzione, l‟area è dotata solo di fattori di base come la
presenza di materie prime o un basso costo della mano d‟opera. Le imprese
potranno essere indotte a localizzarsi in quelle aree, solo se motivate da
politiche di riduzione dei costi, non essendoci ancora le condizioni per
innescare un processo in grado di far nascere delle economie di
localizzazione. In questa fase il compito della pianificazione e del marketing
territoriale si dovrebbe focalizzare nel decidere quali investimenti promuovere
e incoraggiare, in funzione delle caratteristiche sociali e delle sinergie che tali
investimenti possono stringere con gli altri settori economici, poiché come
scrive Caroli: “..,nella determinazione della funzione d’uso di un’offerta
territoriale, vi sono alcune (poche) componenti che hanno rilievo
fondamentale, mentre le altre tendono ad avere funzione di supporto o di
complemento.” (Caroli, 2006, p. 151). Una buona scelta per un‟area in fase di
crescita che tenga conto dello sviluppo sostenibile, sarà quella di compiere
investimenti di tipo greenfield in modo tale da predisporre già l‟area per gli
sviluppi futuri.
Nella fase di crescita, l‟offerta localizzativa di servizi specializzati e di
laboratori di ricerca diventa la discriminante in grado, sia di sostenere i
sistemi locali nella fase di innovazione, sia di dilatare nel tempo gli esiti delle
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economie di localizzazione, innescando degli effetti circolari cumulativi, in
grado di rallentare le conseguenze dovute alle diseconomie di
urbanizzazione ed aumentare i vantaggi competitivi acquisiti. Una
componente innovativa potrebbe essere quella della collaborazione tra
Università e aziende, nel campo della ricerca avanzata, ma anche della
creazione di capitale sociale e circolazione di idee.
Le imprese interessate sono, dunque, quelle che ricercano caratteristiche
particolari dell‟area. Gli investitori sono portati ad ampliare le dimensioni dei
propri investimenti locali seguendo le direttive dei piani ( o accordi) Regionali
di sviluppo delle aree.
Nella fase di maturità, le aree tendono sempre più ad assomigliarsi ed a
offrire le stesse condizioni. La concorrenza, in questo caso, inizia a spostarsi
verso la possibilità del territorio di fornire sia un sistema di relazioni
endogene in grado di favorire il percorso di ristrutturazione del processo
produttivo al fine di operare in modo più efficace ed efficiente, sia aree ad un
prezzo inferiore rispetto ad altre realtà concorrenti.
Nell‟ultima fase, quella del declino, le caratteristiche del territorio sono
diventate ormai obsolete e non possono più essere usate per attrarre
imprese. In questo caso, si parla di processo di “de-industrializzazione”.
L‟area non è più attrattiva ed occorre che si proceda ad una nuova
industrializzazione, ovvero diviene necessario spostare il suo asintoto( vedi
figura 1) facendo leva sui fattori chiave. Nella fase involutiva si arriverà alla
dissoluzione dell‟area ed alla nascita di nuove zone.
Qui il ruolo del marketing territoriale di rappresentare l‟idea di sviluppo del
divenire del territorio diventerà fondamentale per riconvertire le diseconomie
in economie territoriali. Dovrà, infatti, capire la migliore riconversione
possibile data dai fattori caratteristici o meglio sviluppati dell‟area. Per le
imprese si pone il dilemma se continuare con l‟attuale posizione riducendo i
margini di utile o rilocalizzare la propria attività in modo da avere ulteriori
nuove possibilità di crescita. Settori che in passato hanno rappresentato
fonte di guadagno e di occupazione, con il passare del tempo e con le
continue innovazioni tecniche, hanno perso i propri vantaggi, sono divenuti
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obsoleti e, in conclusione, non sono più in grado di attrarre investimenti e di
rendere le imprese presenti in grado di competere.
FIGURA 1: IL CICLO DI VITA DEL TERRITORIO
FONTE : WWW.INFROMAZIONESCORRETTA.BLOGSPOT.COM
Tenendo conto di queste considerazioni generali è doveroso sottolineare che
per riordinare, trasformare o rilanciare un territorio bisogna confrontare le
condizioni di competitività del territorio con quelli limitrofi o addirittura ( come
nel nostro caso ) con ambienti lontani.
Ecco che diventa fondamentale una condivisione di identità che faccia da filo
conduttore per una strategia di intervento portata avanti dai soggetti
responsabili del governo (amministrativo locale ), con il contributo di altri
soggetti impegnati nello stesso territorio e disponibili a perseguire lo stesso
comune obiettivo.
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1.1 LA CAPACITÀ COMPETITIVA DEL TERRITORIO
La competizione tra territori sta assumendo in ambito economico importanza
e pervasività mai raggiunte prima, il confronto con altre zone condiziona
sempre di più la percezione della sua qualità e di conseguenza delle politiche
di sviluppo che determinano le chance di successo o declino sociale ed
economico. Tuttavia bisogna distinguere la competizione tra aree
geografiche da quella tra organizzazioni economiche poiché si incappa in
alcune insidie di tipo concettuale. Vi è un problema logico nel considerare il
territorio come un‟entità che esprima un comportamento unitario. La varietà
dei luoghi e le differenti percezioni degli abitanti e degli stakeholders
dovrebbero essere guidate o impostate da chi ha la responsabilità di governo
del territorio, o derivare dalla sintesi della volontà degli stakeholders. Un
secondo punto problematico risiede nella capacità di un contesto geografico
di stabilire relazioni, sia di natura competitiva che cooperativa, con altri
contesti. I soggetti che operano in queste direzioni sono gli attori che
operano nel territorio e gli effetti delle loro decisioni e azioni possono incidere
sull‟evoluzione del territorio, così come sue caratteristiche e particolarità
possono condizionarne gli esiti. Quindi il contesto geografico è certamente
parte della competizione attuata dai soggetti che ne fanno parte, ma non può
essere considerato il soggetto attivo che opera in prima persona .
Molteplici sono le definizioni date dalla disciplina economica, tuttavia due
sono gli assunti principali sui quali convergono unitariamente e che
costituiscono le condizioni essenziali per la competitività: la sua posizione nel
commercio internazionale combinata con il miglioramento della qualità della
vita dei cittadini. Tuttavia, sono state mosse obiezioni sul concetto di
competitività di un area geografica, poiché potrebbe avere scarso significato
concreto. L‟economista statunitense Paul Robin Krugman (“Competitiveness:
a dangerous obsession” 1994; cit. in Caroli2006 p.38) critica fortemente il
concetto di competitività applicato ad un‟economia nazionale spiegando che
il surplus commerciale di export può essere un segnale di debolezza ed è
convinto che l‟obiettivo primario deve essere il miglioramento della qualità