6
1.1 LE ORIGINI DEL RITO
Il carnevale è un rito-spettacolo, legato ai cicli agrari primaverili. E‟ una festività che
precede il periodo di Quaresima e le principali attività della festa si svolgono nei mesi di
febbraio e marzo. Il carnevale aveva in passato una funzione propiziatoria per quanto
riguarda l‟agricoltura e l‟allevamento, svolgendosi in concomitanza con l‟arrivo della
primavera, augurando abbondanza e ricchezza, e anche una funzione liberatoria degli
istinti dell‟uomo e di affrancamento momentaneo del popolo dal giogo del potere con
modalità gioiose, satiriche, comiche che si manifestavano nello spettacolo ritualizzato. Lo
spettacolo era creato grazie all‟utilizzo di mascheramenti e di sfilate per le vie della città.
L‟origine del carnevale è probabilmente legata a ritualità di origine greca e romana, ma si
ritrovano analogie anche con culti di origine egizia. La festività antica che possiede più
corrispondenze con il carnevale e dalla quale probabilmente esso ha avuto origine è quella
dei Saturnali romani.
I Saturnali romani prevedevano una cerimonia religiosa con celebrazioni di carattere
orgiastico; era consuetudine, inoltre, scambiarsi doni augurali: si eleggeva un re per
scherzo, gli schiavi venivano sollevati temporaneamente dai loro doveri, si abolivano le
distanze sociali e si consideravano sospese alcune leggi e norme
1
. I Saturnali duravano tre
giorni, dal 17 al 19 dicembre, poi aumentati nell‟età Imperiale, durante i quali si tenevano
banchetti nelle case private, ma anche per le pubbliche strade. Il dio Saturno, per i Romani,
era associato al dio greco Crono che, secondo la tradizione, aveva regnato durante l‟Età
dell‟Oro, periodo mitico in cui uomini e animali vivevano in armonia e la gioia e il
benessere imperavano in ogni luogo.
Anche altre feste pagane possono essere annoverate tra le possibili fonti dell‟origine
del carnevale: i Baccanali e le feste dedicate alla dea Iside.
1
voce: Saturnale, D.E.I., vol. X, pag. 847, col. 3, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma , 1970
7
I Baccanali erano dei rituali dedicati al dio Bacco (Dioniso per i Greci) ed erano
celebrati originariamente una volta l‟anno per tre giorni. Il loro svolgersi in primavera li ha
associati a pratiche religiose propiziatorie per la semina e le messi e per augurare la
prosperità dei terreni. Spesso erano in concomitanza con la fine della transumanza e vi
prendevano parte i pastori che tornavano alle loro abituali abitazioni e tutte quelle
comunità che vivevano lontano dai grandi centri. Diventavano così delle occasioni di
incontro e rinnovo del patrimonio genetico, in quanto, una pratica comune durante i
Baccanali era l‟attività orgiastica dei partecipanti.
La festa in onore della dea egizia Iside, adottata anche da Roma, è utile per tracciare
un‟ipotetica origine etimologica della parola Carnevale, in modo da riuscire anche a
determinarne la storia e le peculiarità.
Una ipotesi, infatti, è determinata proprio da questa festa. La parola carnevale è stata
proposta come derivazione dal latino currus navalis. Le celebrazioni della dea Iside
prevedevano, infatti, un
“battello a ruote, preceduto da gruppi burleschi di personaggi
travestiti, su cui era trasportato, nelle solennità a lei dedicate, il
simulacro della dea egiziana, protettrice dei marinai, tra le danze e i
canti liturgici della popolazione della capitale, ancora verso la fine
dell’età imperiale”
2
.
L‟ ipotesi più accreditata, però, è quella che propone l‟etimologia della parola carnevale
sempre dal latino, ma dall‟espressione carnem levare (togliere la carne), in quanto il
periodo di carnevale precede quello della Quaresima, durante la quale è vietato il consumo
di carne, fungendo quindi da monito nel nome per essa. Ci sono molti esempi che
avvalorano questa ipotesi; nella maggior parte delle lingue romanze la parola carnevale
conserva questo significato: spagnolo carnestolendas; al catalano carnestoltes o
carnistoltes; al francese carême-prenant, al provenzale e spagnolo antico entroydo, allo
2
Bronzini G.B., Origini ritualistiche delle forme drammatiche popolari, Adriatica, Bari, 1974
8
spagnolo moderno antruydo, autrujeo, al portoghese introido (< Introitus): forme
dipendenti, concettualmente, dalle espressioni della Chiesa carnem laxare, carnis levamen,
e simili. Anche presso gli Slavi il periodo di carnevale si chiama in lingua ceca Masopust
(da maso = carne e pustiti = lasciare)
3
.
1.2 CARATTERISTICHE PRINCIPALI
Oltre ad avere analogie con analoghe feste rituali di altre culture, il Carnevale
coincide con il passaggio dall‟inverno alla primavera, simbolo del risveglio della natura e
non ha nessi con riti appartenenti alla religione cristiana.
Il principio comico che regna durante il carnevale non possiede alcun tipo di
collegamento con dogmatismi religiosi e non conserva nulla di ecclesiale: non si domanda
nulla durante il carnevale e non si esige niente, se non puro divertimento. Tutto ciò che può
esserci è una parodia dell‟organizzazione ecclesiastica
4
. E‟ una festa, quindi, puramente
popolare.
La data di inizio di questa festa tradizionale può oscillare dal 26 dicembre, giorno di
Santo Stefano, come attestato per il paese pugliese di Putignano, in provincia di Bari
5
,
all‟Epifania
6
, al più comune 17 gennaio, giorno in cui ricorre la festa di Sant‟Antonio
Abate, contraddistinta dal rito della benedizione degli animali domestici, addobbati con
nastri e campanelli per l‟occasione
7
. Il carnevale avrà termine il Mercoledì delle Ceneri,
con eccezione per il carnevale ambrosiano, che conta quattro giorni in più, arrivando alla
prima domenica di Quaresima; questi quattro giorni vengono denominati carnevalone
8
.
3
Ibidem
4
Bachtin M., L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino, 1979
5
Sisto P., L’ultima festa. Storia e metamorfosi del Carnevale in Puglia, Progredit, Bari, 2007
6
Stoichita V.I., Coderch A.M., L’ultimo carnevale, Goya, de Sade e il mondo alla rovescia, il
Saggiatore, Milano, 2002
7
Sisto P., L’ultima festa cit
8
voce: Carnevale, D.E.I., vol. II, pp. 806-807, col. 3-2, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma,
1970
9
Il carnevale nei secoli si è evoluto ed ha perso molte delle sue peculiarità. Quando si
vuole esaminare questa antica e importante festa popolare, bisogna considerare che il vero
carnevale ormai non esiste più. Il vero carnevale è quello che ha attraversato il Medioevo e
il Rinascimento, giungendo all‟Età dei Lumi. Con il XIX secolo molte pratiche sono state
via via abbandonate, fino a giungere alla prima metà del XX secolo, durante la quale è nato
il carnevale in senso moderno, quello che tutti conosciamo, quello delle sfilate dei carri
allegorici, delle parate e dei concorsi per la maschera più bella o per il gruppo che ha
deliziato il pubblico con la coreografia più entusiasmante. Caratteristica che ci porta,
inoltre, a comprendere che l‟antico carnevale è ormai defunto, è la divisione tra chi
partecipa attivamente alla festa, prendendo parte alle sfilate, e chi invece assiste
passivamente; nel carnevale tradizionale questa scissione non esisteva: tutti partecipavano
attivamente indossando una maschera
9
. Il carnevale era una festa coinvolgente e non ci si
poteva sottrarre alle attività che venivano svolte in quel periodo. Non esisteva il
palcoscenico e la platea: in questo caso si sarebbe parlato di teatro, mentre il carnevale è
quotidiano, è vita. Al carnevale non si assisteva ma si condivideva, in quanto era una festa
universale.
Le caratteristiche principali del carnevale possono essere ricondotte alla licenziosità,
all‟eccesso nel bere e nel mangiare, nel sesso e nella violenza, al ribaltamento delle norme
sociali, al travestimento, alla gioia sfrenata
10
, al corteo e all‟espulsione finale del
carnevale
11
. In passato, in particolare durante il Medioevo e il Rinascimento, era il periodo
dell‟anno in cui si viveva il mondo alla rovescia, in cui le distanze sociali e le differenze
erano attenuate ed era concesso anche infrangere alcune regole e leggi. Molto spesso le
autorità civili ed ecclesiastiche non potevano porre chissà quali limiti a questa festa
popolare, anche se non sono mancati alcuni provvedimenti per mitigare alcune pratiche
9
Stoichita V.I., Coderch A.M., L’ultimo carnevale cit.
10
Ivi
11
Sanga G., Personata libido, in La ricerca folklorica, contributi allo studio della cultura delle
classi popolari, Interpretazioni del carnevale, Grafo edizioni, Brescia, 1982, vol. 7, pp. 5-12
10
particolarmente pericolose o offensive. Alcuni studiosi hanno anche osservato che il
carnevale poteva essere considerato una “valvola di sfogo” annuale, utile per poter
mantenere ordine durante il resto dell‟anno
12
. Interessanti sono le immagini proposte in
un‟apologia dedicata alla Festa dei Folli di Parigi del 1444:
“Facciamo queste cose per burla non sul serio, come è antica usanza,
in modo che una volta all’anno l’insensatezza che è innata in noi
venga fuori ed evapori. Molte volte gli otri di vino e le botti non
scoppiano forse se non si apre di tanto in tanto uno spiraglio
(spiraculum)?”.
Un altro detto, molto simile nel significato, ci proviene dal latino: semel in anno licet
insanire (una volta l‟anno è lecito far pazzie)
13
. Ovviamente non è solo questa la sua
funzione, anche se nell‟immaginario collettivo è molto semplice arrivare a questa
conclusione.
Abbiamo parlato del mondo alla rovescia. Esso non è altro che una esemplificazione
del ribaltamento, simbologia tipica del carnevale. Questa immagine, in cui il mondo è
sottosopra e tutte le relazioni tra gli esseri viventi sono ribaltate, è attestata a partire dal
Cinquecento e viaggia nei secoli fino all‟Ottocento. Con la diffusione delle stampe,
l‟iconografia del mondo alla rovescia è stata divulgata alla popolazione. In una stampa
italiana del 1660 l‟immagine è organizzata con due punti focali: uno è il globo terrestre che
presenta le costruzioni capovolte e l‟altro centro è rappresentato da una donna vestita da
uomo e un uomo vestito da donna inginocchiato ai piedi di lei. Intorno a questa immagine
fondamentale si irraggiano altre raffigurazioni emblematiche del mondo alla rovescia: il
gatto inseguito dai topi, la gallina che monta il gallo, il lupo che fa la guardia al gregge, il
cervo che insegue i cani da caccia, l‟asino che carica il contadino, il bue che frusta l‟uomo,
la vittima che tortura il boia, il contadino che da ordini al signore, lo storpio che porta a
12
Ibidem
13
Ibidem
11
spalle un uomo sano
14
. Questo genere di stampe sono relative al carnevale, ma non
mostrano una festa, ma un concetto, un mondo utopico, una società che fonda la propria
esistenza sull‟esatto opposto della realtà. Il riso che queste immagini provocano, in linea
con uno degli aspetti distintivi del carnevale, è dato dall‟impossibilità della realizzazione di
questo cosmo.
1.3 LA LICENZIOSITA’
La licenziosità durante il carnevale è espressa con il beffeggiamento dell‟autorità,
delle cariche ecclesiastiche. Molti sono gli editti che condannavano il travestirsi imitando
nel costume queste alte cariche, considerandolo una mancanza di rispetto particolarmente
grave. Ancora nel 1892 in Terra di Bari si emanavano editti che indicavano:
“E’ proibito indossare abiti o distintivi del ceto Ecclesiastico e
Militare.
15
”
Una lettura soltanto politica, però, rischia di privare il carnevale di altri aspetti
riguardanti l‟infrangere leggi e regole, il proporre un mondo alternativo, diverso da quello
esistente. Possiamo considerare il periodo di carnevale come un momento in cui si
distrugge temporaneamente l‟ordine costituito e si propone una società utopica, dove il
servo da ordini al padrone, dove l‟uomo diventa donna e la donna uomo, dove sono gli
animali a servirsi degli uomini
16
.
L‟abolizione dei rapporti gerarchici era particolarmente sentita. Durante le feste
ufficiali le differenze tra una classe sociale e l‟altra, tra gli esponenti della nobiltà e degli
ecclesiastici e il popolo, erano rese evidenti grazie alle insegne del proprio titolo, grado,
stato. Le feste consacravano ed evidenziavano queste diversità nei loro cortei. In tempo di
carnevale, invece, ad essere messa in evidenza era l‟uguaglianza: tutti erano messi sullo
14
Stoichita V.I., Coderch A.M., L’ultimo carnevale cit.
15
Corriere delle Puglie, anno VI, n° 24, 24 gennaio 1892
16
Stoichita V.I., Coderch A.M., L’ultimo carnevale cit.
12
stesso piano, si promuoveva un contatto libero tra le persone, come se si trattasse di una
nuova vita, di un nuovo mondo, un mondo alla rovescia. Luogo privilegiato della
manifestazione di questa nuova e annuale libertà era la pubblica piazza, dove ci si
incontrava e si interagiva liberamente
17
. E‟ come se durante il carnevale si distruggesse il
cosmo costituito dalla società e si tornasse ad una sorta di caos primitivo, in cui tutto era
possibile, tanto che non era così difficile che, dalla rivoluzione immaginaria, si passasse
alla vera rivoluzione, con disordini di ordine violento
18
. Ci sono esempi attestati già nel
1580 per il carnevale di Romans in Francia, che terminò nel sangue e molti carnevali in
Germania dell‟epoca delle guerre religiose, durante i quali si è dato fuoco ai castelli, alle
immagini o ci si è uniti ai contadini in rivolta. Ovviamente l‟esempio più eclatante è la
Rivoluzione Francese, in cui i simboli carnevaleschi si sono mescolati a quelli
rivoluzionari, in cui la caricatura e le sembianze animalesche tipiche del carnevale si sono
impossessate delle effigi dei sovrani. Durante il periodo del Terrore, poi, le maschere
carnevalesche sono state vietate, proprio in virtù della spaventosa similitudine tra
carnevale, una rivoluzione simbolica, e la Rivoluzione reale
19
.
1.4 GLI ECCESSI: MANGIARE, BERE, SESSO
Un aspetto caratteristico è l‟abbandono agli eccessi. Questi eccessi possono essere di
varia natura; i più considerevoli sono quelli relativi al bere e al mangiare. Si raggiunge il
massimo dell‟eccesso di queste due attività negli ultimi tre giorni del carnevale,
contraddistinti dal martedì grasso, l‟ultimo giorno, che, già nel nome, rimanda a questa
peculiarità. Solitamente i pranzi del martedì grasso sono caratterizzati dal consumo di
17
Bachtin M., L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino, 1979
18
Stoichita V.I., Coderch A.M., L’ultimo carnevale cit. Va considerato che situazioni di questo
genere, ovvero la trasformazione dall‟utopia alla vera rivoluzione, si sono verificate specialmente
verso la fine del Settecento, dopo la Rivoluzione Francese, che non era altro che un cambiamento
reale dell‟ordine sociale. Dopo il 1789 i disordini carnevaleschi sono sfociati molto più spesso in
azioni violente, mescolandosi a cambiamenti di ordine politico. In seguito verrà analizzato l‟effetto
che la Rivoluzione Francese ebbe a Molfetta.
19
Ibidem