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PREFAZIONE:
Il rapporto tra l'individuo e l'organizzazione è sempre stato molto difficile da
Analizzare, perché richiede di tener conto di una quantità di elementi sempre in
conflitto tra loro. Tra i motivi di conflitto, uno è considerato costante ma insanabile allo
stesso tempo: gli interessi delle singole persone che lavorano sono oggettivamente in
antitesi con gli interessi dell'organizzazione in quanto tale. Questo elemento è solo uno
dei tanti che rende difficile l'analisi del rapporto strutturale tra l'individuo (l'uomo, che
per soddisfare i suoi bisogni e le necessità di sé e della sua famiglia presta la sua opera,
il suo lavoro) e l'organizzazione (l'insieme di persone e risorse che collaborano per
svolgere un obiettivo specificamente definito) .
Tale dinamica delinea un altro problema di gestione del rapporto individuo-
organizzazione: il pericolo di privilegiare Il fare sul capire:
- Fare: applicare delle routine procedurali (definite best practices) consolidate
attraverso esperienze di altre organizzazioni e prese ad esempio all'interno della
struttura organizzativa in analisi;
- capire: è la comprensione sistematica dei comportamenti delle persone, mediante
l'utilizzo di strumenti cognitivi (per es. le interviste) per approfondire le reali
motivazioni che spingono l'individuo a compiere determinate azioni;
Comprendere Il comportamento dell'uomo inscritto nell'organizzazione è necessario per
comprendere l'organizzazione stessa, quale meccanismo composto da innumerevoli
ingranaggi, necessari e mutevoli ma pur sempre persone con aspirazioni, sentimenti e
motivazioni;
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Per diversi aspetti, studiare le risorse umane significa proprio questo:
considerare le variabili -micro per comprendere la variabile -macro.
Tante persone (-micro) uniformano e condividono valori e motivazioni per coordinare
con gli altri la propria attività di svolgimento degli obiettivi organizzativi (-macro).
Sarà necessario analizzare i diversi codici interpretativi che dirigenti e lavoratori
subordinati utilizzano per dare significato al loro agire.
D. McGregor (1960) analizza questi codici interpretativi concludendo che sono
essenzialmente due angolazioni prospettiche opposte della stessa realtà organizzativa,
due linguaggi speculari che descrivono la stessa cultura dell'organizzazione: un
linguaggio più “autoritario” (quello del dirigente) e un linguaggio più “partecipativo”
(quello del lavoratore subordinato).
L'identità organizzativa sarà influenzata dall'orientamento di questi due linguaggi e
dall'azione di governo (e quindi dalla supremazia) di uno dei due (differenza tra la
teoria X e la teoria Y, D. McGregor 1960).
Scopo di questa tesi sarà comprendere il rapporto tra l’individuo e l'organizzazione
analizzando:
- le varie dinamiche strutturali della dimensione collettiva di lavoro;
- la cultura organizzativa (condivisione di significati, valori, usi e costumi interni
all'organizzazione);
- la figura dell’imprenditore-leader e i suoi stili di leadership (carisma-partecipazione-
autorità);
- i parametri fondamentali dell'organizzazione (efficacia/efficienza);
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- proponendo inoltre vari esempi e studi effettuati nel secolo scorso da vari sociologi tra
cui i cosiddetti Guru del Management (R. Likert / D. McGregor / C. Argyris) negli anni
Sessanta e altri studiosi in anni più recenti;
Saranno analizzate inoltre le dinamiche strutturali interne di alcune organizzazioni
contemporanee (Toyota Corporation / Apple inc. / Pixar Animation Studios.) che si sono
distinte nella cultura organizzativa contemporanea per il loro stile di management.
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Parte 1: l'organizzazione novecentesca.
Capitolo 1
Le risorse umane e l'organizzazione.
1.1 il termine “risorse umane”.
Lo studio del comportamento degli individui all'interno delle organizzazioni nasce con
lo scopo di comprendere realmente il potenziale delle persone inquadrate in un contesto
organizzativo ben definito.
Nasce così il termine risorse umane per evidenziare l'aspetto di valore o capitale insito
nel personale, nella sua professionalità e nelle sue competenze, e quindi, il fatto che le
spese per lo sviluppo di tali risorse devono essere considerate investimenti. L'uso
dell'espressione è inteso a sottolineare l'importanza delle risorse umane nell'ambito
organizzativo, il loro essere una fonte di vantaggio competitivo per l'azienda e l'intero
sistema economico. Uno dei modi per marcare questa nuova definizione è stata negli
anni Ottanta la denominazione “management delle risorse umane” che ha sostituito la
più tradizionale “direzione del personale”.
1.2 Il potere e l’autorità, analisi sociologica.
Il potere è, per la sociologia ciò che l'energia è per la fisica; è infatti una specie di
energia sociale, di cui un attore dispone nel condizionare le azioni di un altro. Si tratta
dunque di un fenomeno di relazione: si ha potere nei confronti di un altro al quale si è
legati da una relazione, per ambiti di comportamento più o meno estesi, in situazioni
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particolari e non necessariamente in altre.
Non esiste un accordo generale sul concetto di potere, ma la più nota definizione è
quella di Max Weber (1922), secondo la quale potere è la possibilità di trovare
obbedienza a un comando che abbia un determinato contenuto.
L'analisi sociologica ha rilevato che a ogni rapporto di potere corrisponde anche un
interesse all'obbedienza da parte del soggetto più debole, non fosse altro perché
comportarsi in modo diverso sarebbe troppo costoso. Assumere questo punto di vista,
che non impedisce di vedere quando o in che misura si tratti di un'imposizione o di una
violenza, è importante perché ci obbliga a tener conto anche delle reazioni e delle
strategie del soggetto più debole. E in generale all'espressione di un potere anche forte
corrisponde una capacità più o meno grande di condizionare gli obiettivi, le modalità e
le conseguenze.
Inteso nei termini specifici della definizione precedente, il potere si distingue da una
generale possibilità di condizionare il comportamento di altri, anche senza azioni dirette
o comandi. Si tratta di forme diverse di energia sociale, che comprendono per esempio, i
condizionamenti di chi, controllando una risorsa utile e rara, di fatto ne limita l'uso ad
altri. In questi casi Weber usava il termine Macht, tradotto in Italiano potenza o potere
di fatto, che consiste nella possibilità di indurre altri a comportarsi secondo il nostro
volere, indipendentemente dai mezzi usati ed a prescindere da ogni espressione della
loro volontà. Un altro tipo di potere che si differenzia dal potere di fatto è il potere
legittimo o autorità. L'autorità riguarda relazioni nelle quali sono previsti diritti di dare
ordini e doveri di obbedire, considerati legittimi da entrambi gli attori. La legittimazione
del potere è un particolare modo di incanalare l'energia per i bisogni del funzionamento
della società. Le relazioni d'autorità sono formalmente previste in tutti i gruppi
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secondari e si ritrovano egualmente in gruppi primari come la famiglia. I genitori
esercitano autorità sui figli in modo diffuso, perché diffuso è il loro ruolo; il capo
ufficio, invece esercita autorità su un impiegato in modo specifico, solo per ciò che lo
schema organizzativo prevede e non sugli aspetti della sua vita privata. Gli attori di una
relazione possono andare però al di là degli ambiti della legittimazione. Il capo ufficio,
per esempio, può pretendere favori personali da un impiegato: in tal caso non esercita
più autorità, ma solo potere. I soggetti possono poi anche cercare di cambiare i criteri
della legittimazione. In questi casi, l'energia si libera e si aprono conflitti. Ne deriva una
conseguenza importante: se un regolamento organizzativo non può fissare più di tanto il
compito di un impiegato in situazioni mutevoli e non prevedibili in astratto, si apre un
campo di conflitti, adattamenti e contraddizioni tra i soggetti, che sono parte normale
dell'interazione all'interno di ogni gruppo.
1.3 Il conflitto.
Il conflitto riguarda azioni orientate dal proposito di affermare la propria volontà contro
la volontà e la resistenza di altri, sia che tali azioni si svolgano nell'interazione
all'interno di una relazione sociale stabile, come in famiglia o in azienda, sia che
nascano specificatamente come relazione di conflitto.
Il conflitto contribuisce a stabilire e mantenere i confini del gruppo. Attraverso il
conflitto i soggetti di un gruppo acquistano o conservano facilmente la consapevolezza
della loro identità e particolarità, mentre in assenza di conflitto ciò potrebbe anche non
verificarsi o verificarsi debolmente. I gruppi che richiedono un impegno totale della
personalità sono capaci di limitare i conflitti, ma se questi esplodono, tendono a essere
di particolare intensità e anche distruttivi nelle relazioni di gruppo. Se il conflitto si
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innesca, mette in gioco i forti investimenti della personalità e tocca una pluralità di
contenuti. All'interno di un'organizzazione come l'azienda il conflitto usualmente nasce
se il detentore del potere (il leader) esce eccessivamente dagli ambiti della
legittimazione nei confronti dei suoi sottoposti.
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Capitolo 2
Lo studio della sociologia all'interno dell'organizzazione.
2.1 Sociologia delle organizzazioni: i gruppi organizzati .
Uno dei caratteri più evidenti della società moderna è la grande diffusione di
associazioni e organizzazioni. in entrambi i casi si tratta di gruppi progettati per
raggiungere alcuni limitati scopi, basati su regolamenti chiaramente stabiliti, al
contrario dei piccoli gruppi informali come un gruppo di amici. Si tratta dunque di
gruppi secondari formali. I due termini sono stati usati, e continuano a esserlo, con
significati diversi, sino a considerare le organizzazioni come tipo particolare di
associazioni, ma anche viceversa le associazioni con tipo particolare di organizzazioni
(Donati 1992).
Un gruppo di persone che ritiene di avere interessi o ideali simili può dare vita a una
associazione per difenderli o realizzarli insieme. Una volta associate, Le persone in
genere si distribuiscono fra loro alcuni compiti necessari alla vita di associazione, i vari
soci dunque sono incaricati di svolgere ognuno il proprio compito. Con riferimento a
questo aspetto, si dice che l'associazione si è data una sua organizzazione.
Può anche succedere che le necessità dell'associazione richiedano che si costituisca un
ufficio stabile per quei compiti, assumendo persone pagate perché li svolgano, secondo
certe routine procedurali stabilite, con capacità professionali per farlo, rispondendo agli
ordini di un responsabile. Noi chiamiamo questo ufficio un'organizzazione.
Al contrario delle associazioni, nelle organizzazioni partecipare è un lavoro, remunerato
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usualmente in denaro. Il motivo della partecipazione è dunque strumentale, e solo in
certi casi o in parte può verificarsi anche un'identificazione più o meno sentita con i fini
dell'organizzazione (come già detto nella prefazione, nella maggioranza dei casi, gli
interessi delle singole persone che lavorano sono oggettivamente in antitesi con gli
interessi dell'organizzazione).
Possiamo aggiungere che, in un certo senso, nelle organizzazioni, al contrario delle
associazioni, i ruoli vengono prima e sono più importanti delle singole persone che si
uniscono in gruppo.
Associazioni e organizzazioni hanno comunque in comune il fatto di essere degli attori
artificiali, costruiti per raggiungere obiettivi che le persone reali da sole non potrebbero
raggiungere; in tal senso possono essere considerate una delle più grandi invenzioni
dell'uomo.
Questi attori artificiali, una volta costituiti, cominciano ad avere vita propria: di un'
organizzazione diciamo che ha certi scopi, possiede un patrimonio, ha una sede, prende
una certa decisione. Siccome ci sono delle decisioni che possono essere considerate del
gruppo, questo è anche definito un attore collettivo.
Gli attori collettivi hanno popolato il nostro mondo. In particolare la diffusione delle
organizzazioni è stata ovunque massiccia, al punto che la nostra società è stata definita
una società di organizzazioni (Presthus 1962).
2.2 Sociologia delle organizzazioni: la burocrazia.
Max Weber è uno degli studiosi più importanti per l'analisi sociologica delle
organizzazioni. Il termine che Weber usa per definire la forma moderna di
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organizzazione è burocrazia. Della burocrazia egli individua le principali caratteristiche,
costruendone un modello teorico (chiamato da Weber ideal-tipo) al quale le
organizzazioni concrete tendono più o meno a corrispondere.
Per Weber, i principali caratteri della burocrazia sono i seguenti:
- una divisione stabile e specializzata di compiti, studiata esclusivamente in vista degli
scopi dell'organizzazione e stabilita da regole che prescrivono come comportarsi a
seconda delle situazioni;
- una precisa struttura gerarchica: chi occupa una posizione ha i poteri per compiere
gli atti che a quella posizione competono, può dare ordini ad altri che da lui dipendono
mentre deve obbedire agli ordini di chi è suo superiore diretto, il quale non può essere
scavalcato da un suo superiore; è però anche strettamente previsto il tipo di ordini che si
possono dare e ricevere, oltre i quali non si può andare (il c.d. ambito di legittimazione);
insieme ai poteri di dare ordini competono anche poteri di controllo sulla loro
esecuzione;
- competenza specializzata per ogni posizione: questa richiede una preparazione
adeguata di chi la posizione occupa, l'esercizio a tempo pieno e continuativo della
professione, un'assegnazione alla posizione per mezzo di un meccanismo di concorso,
come garanzia di competenza, e successivamente di meccanismi di carriera come gli
scatti automatici per anzianità;
- remunerazione in denaro in modi previsti per una certa posizione, pagata
dall'organizzazione e mai dai clienti di questa; nessuna possibilità di appropriarsi del
posto definitivamente, di cederlo ad altri o passarlo in eredità.
«Un'organizzazione di questo genere si è diffusa nel mondo moderno perché si presta
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"alla più universale applicazione a tutti i compiti". di conseguenza, oggi c'è soltanto la
scelta tra burocratizzazione e dilettantismo» (cit. anonimo)
Il motivo della sua efficienza sta poi fondamentalmente nel fatto che nella burocrazia
potere e controllo sono esercitati sulla base della conoscenza e della competenza. In
questo senso si tratta di un'organizzazione razionale.
Va precisato che Weber non afferma che tutte le moderne organizzazioni debbano essere
burocratizzate, anche perché spesso la burocrazia non è efficace e neppure efficiente.
I sociologi usano il termine efficacia per indicare la capacità di un'azione di raggiungere
i risultati che si propone, ed efficienza a valutare il dispendio di risorse impiegate per
ottenere i risultati (H. Simon 1957).
2.3 Il formalismo burocratico di R.K Merton.
I sociologi hanno sviluppato diverse interpretazioni del fenomeno organizzativo,
costruendo modelli teorici di spiegazione più o meno complicati. Vediamone due in
forma semplificata. il primo è di R.K. Merton (1949).
La burocrazia richiede regole generali e chiaramente definite : i casi particolari devono
essere classificati secondo categorie astratte previste e trattati tutti nello stesso modo a
seconda di quanto prescritto per una data categoria. "l'impiegato sa esattamente qual'è la
procedura per compiere una determinata operazione e la applicherà con precisione ogni
volta che ne sarà necessario". l'impiegato è addestrato a comportarsi così, sa di essere
valutato positivamente dai suoi superiori se così si comporta, e di essere invece ripreso
o punito se si comporta diversamente. Tutto nell'organizzazione è previsto perché i
rapporti siano il più impersonali possibili, al fine di eliminare ostilità o favoritismi,