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1. Introduzione
1.1 Il riso: caratteri botanici e fisiologici
Il riso (Oryza sativa L.) appartiene al genere Oryza, tribù Oryzeae,
sottofamiglia Pooideae, famiglia Graminacee. A tale genere vengono
attribuite 22 specie idrofile con numero cromosomico 2n uguale a 24 o 48
(Tamborini e Legnani, 2005)
Tutte le forme di riso coltivate appartengono alle specie: Oryza sativa,
originaria quasi sicuramente del sud-est asiatico e coltivata in tutto il mondo
e Oryza glaberrima, originaria e coltivata solo in alcuni areali africani.
Entrambe le specie presentano un corredo cromosomico diploide 2n uguale a
24 (Tinarelli,1973).
Di Oryza sativa si distinguono tre sottospecie:
• Oryza sativa sub. indica caratterizzata da foglie strette, cariossidi
strette, allungate e appiattite, da spighette generalmente mutiche e da grande
capacità di accestimento (coltivata soprattutto nei paesi asiatici).
• Oryza sativa sub. japonica caratterizzata da foglie sottili, cariossidi
larghe, spesse, più o meno arrotondate, da spighette mutiche o aristate e da
accestimento medio (coltivata in Italia).
• Oryza sativa sub. javanica caratterizzata da foglie larghe, cariossidi
larghe, spighette generalmente aristate e da ridotto accestimento (Tamborini e
Legnani, 2005).
Il riso, nelle specie e nelle varietà conosciute in Italia o nei paesi europei, è
una pianta erbacea annuale coltivata molto spesso in condizioni di terreno
saturo o sommerso (Tinarelli,1973).
Il sistema radicale è di tipo fascicolato, ricco di radici avventizie che si
originano dalla zona del colletto. Nella zona corticale più esterna, al di sotto
dell’esoderma, il parenchima risulta percorso da ampie cavità aerifere; questo
permette l’adattamento della pianta all’ambiente sommerso (Tamborini e
Legnani, 2005).
La pianta di riso
La pianta di riso è dotata di un sistema radicale costituito da radici embrionali
e da radici avventizie. Le radici seminali compaiono alla germinazione del
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seme: prima della piumetta in condizioni normali di umidità. Sott'acqua,
come di solito avviene in risaia, dal seme si sviluppa prima la piumetta,
connesso al fatto della scarsità di ossigeno in ambiente sommerso. Il ciclo
vegetativo del riso si divide in varie fasi e sottofasi: germinazione,
accestimento, levata, spigatura, fioritura, fecondazione e maturazione.
La fase di accestimento consiste nella formazione dal culmo principale di
altri culmi secondari con emissione delle radici avventizie, più vigorose delle
embrionali; successivamente si ha quindi una fase di levata (o fase
riproduttiva), con la quale si completa lo sviluppo in altezza della pianta (che
può raggiungere 80-140 cm).
Nelle radici avventizie non più giovani compaiono dei “vasi aeriferi” a
decorso longitudinale tra la zona corticale e quella legnosa, che assicurano
l’aerazione delle radici anche nell’ambiente sommerso in cui il riso vive. Il
culmo ha internodi cavi e nodi pieni. Presenta una zona ipodermica a fibre
libriformi a pareti tanto più ispessite quanto più avanzato è lo sviluppo,
presenta anche un ampio sistema lacunare. Le foglie, in numero diverso
secondo la varietà, ma di solito 5-7 per culmo, sono costituite da una guaina e
di una lamina, ruvida per la presenza sulle due facce di peli corti e duri. La
ligula è lunga e le auricole pelose.
L’infiorescenza è una pannocchia apicale detta panicolo con spighette
uniflore, formate da glume molto strette e più piccole delle glumelle, le quali
sono molto sviluppate, sovrapposte ai margini, appiattite e racchiudenti la
cariosside come un astuccio. La glumella inferiore può essere mutica o
brevemente aristata. Le glumelle possono anche presentare alla maturazione
delle pigmentazioni tipiche in molte varietà.
Il fiore è ermafrodito e comprende un gineceo uniovulare, con stilo bifido e
stigma piumoso, e un androceo di sei stami.
Il frutto è una cariosside sempre vestita (che costituisce il risone), compressa
ai lati, oblunga, con un pericarpo bianco o pigmentato con un peso di 1000
cariossidi che varia da 22 a 46 g. Caratteri morfo-fisiologici molto variabili
sono il portamento delle foglie, le dimensioni dei panicoli, la loro forma e il
loro portamento, le dimensioni delle spighette e quindi delle cariossidi, il loro
aspetto (vetroso o perlaceo od opaco) e la resa alla lavorazione, la
produttività, la precocità e le caratteristiche organolettiche del granello.
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Esigenze pedoclimatiche
Il riso è piuttosto esigente in fatto di calore e d'acqua, ma la sua più peculiare
caratteristica ecologica è di tollerare la saturazione idrica del terreno perciò,
pur non essendo una pianta acquatica, è adatto alle zone umide dei tropici e
dei sub-tropici soggette anche a sommersione.
Nelle regioni equatoriali, dove la temperatura è costantemente alta, si
possono effettuare anche 2-3 raccolti l'anno. Nei climi temperati l’unica
stagione di coltura possibile è quella primaverile-estiva e con l’ausilio
dell’irrigazione, in quanto l'acqua svolge un importante funzione
termoregolatrice.
Le temperature minime vitali sono 12 °C per la germinazione; la levata e la
fioritura si svolgono in modo ottimale a 23-25 °C.
Il riso oltre che esigente in fatto di temperature minime, è molto sensibile alle
escursioni termiche giornaliere, specialmente durante le fasi di emissione
delle radici e di spigatura-fioritura.
Il riso è brevidiurno, ma le varietà che si coltivano in Italia hanno una
sensibilità al fotoperiodo molto attenuata, tanto da fiorire anche in regime di
15 ore giornaliere di luce.
Il riso può anche essere coltivato senza irrigazione (“upland rice”) solo la
dove cadono regolarmente più di 200 mm di pioggia al mese per almeno 3-4
mesi. In Italia, dove il clima è temperato e dove le precipitazioni sono
insufficienti, il riso può essere coltivato solo in terreno sommerso. Oltre a
soddisfare le elevatissime esigenze idriche, l’acqua costituisce anche un
insostituibile soccorso termico per l’apporto diretto di calore (quando l’acqua
abbia temperature superiori a quella dell’aria) e per l’azione termoregolatrice,
cedendo di notte e nei giorni freddi il calore accumulato nei periodi
d'insolazione intensa.
Con la sommersione, l’escursione termica giornaliera di 10-15 °C viene
ridotta ad appena 3-4 °C. Il riso si adatta ad ogni tipo di terreno: sabbioso,
argilloso, basico o acido, ecc. purché umido. Il suolo deve essere abbastanza
impermeabile da potervi mantenere continuativamente la lama d’acqua
necessaria: circa 30 cm di spessore nelle zone temperate, meno in quelle
tropicali. Il terreno inoltre deve essere sistemato in modo da rendere possibile
l’uniforme distribuzione dell'acqua e un rapido prosciugamento, per compiere
le ”asciutte” necessarie per certe operazioni colturali.
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Il riso è coltivato nel mondo in quattro modi diversi (F.A.O., 2004):
- risicoltura pluviale (upland rice o hill rice), quando l’alimentazione
idrica è assicurata unicamente dalle piogge;
- risicoltura a sommersione non controllata (swamp rice o lowland
rice): il riso è coltivato in una zona bassa, inondata in maniera aleatoria per
un periodo del ciclo colturale; un tipo particolare di riso è quello galleggiante
(“floating rice”) in cui la lama d’acqua d’inondazione può giungere a diversi
(3-4) metri, il che costringe le piante di riso ad allungare enormemente il
culmo seguendo la crescita dell’acqua.
- risicoltura irrigata discontinuamente: l’acqua è fornita in maniera
intermittente, come per le comuni colture irrigue; è un sistema praticabile in
zone tropicali.
- risicoltura a sommersione controllata: l’irrigazione è fatta per
sommersione, in modo da mantenere la lama dell’acqua desiderata; è il
sistema più intensivo è il più praticato in Italia.
1.2 Il riso: cenni storici e geografici
Nessuno è mai riuscito a stabilire le esatte origini del riso.
Si ritiene che le varietà più antiche siano apparse oltre 12000 anni fa lungo le
pendici dell'Himalaya. Vi erano diversi tipi di riso nella valle dello Yangtze,
nell'Asia orientale tra il fiume Rosso e il Golfo del Tonchino, tra il fiume
Mekong, il Manacei e il Golfo del Sion, dove il riso cresce ancora oggi. Molti
testi antichi riportano notizie sul riso. Le prime fonti che ci parlano del riso
sono state scritte circa nel VI secolo A. C., da storici come Teofrasto o
Aristibulo. La regione originaria sembra essere il Sud-est Asiatico o l’India,
altre specie sembrano invece provenienti dall'Africa in particolare dal delta
del fiume Niger. I ricercatori avrebbero anche individuato una forma
ancestrale o primitiva a cui è stato dato il nome di Oryza perennis, presente
in Africa, Asia e America meridionale.
È controversa da tempo l’origine del riso: di certo si conosce che i Greci e i
Romani lo chiamavano Orysa, una parola che deriverebbe da arisi, termine
della lingua Tamil (l’idioma parlato nello Sri Lanka o Ceylon). È noto anche
che uno dei centri di maggior raccolta di questo cereale era anticamente la
città di Orissa sulla costa orientale dell’India, nel golfo del Bengala, dove
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esistevano ed esistono tuttora paludi e lagune. Nel 400 a.C. la coltura del riso
appariva molto sviluppata in Mesopotamia, grazie al luogo molto fertile, che
ne consentiva la coltivazione nella pianura circondata dai fiumi Tigri ed
Eufrate, la quale durante le piene si allagava. Anche in Egitto il fiume Nilo,
straripando, lasciava limo e humus sulla terra circostante, rendendola fertile e
adatta alla coltivazione di questo cereale. Vi è, però, un dubbio su come
l'Egitto conobbe il riso, se importandolo o producendolo da coltivazioni
locali. L’ipotesi più probabile appare che siano stati gli Arabi a favorirne la
coltivazione, diffondendola dall’Asia in Egitto e sulla costa orientale africana
sino al Madagascar.
I Romani, ma anche i Greci, apprezzavano il riso non come alimento ma
soprattutto per le qualità terapeutiche. Secondo i medici romani, il riso dava
ottimi risultati soltanto come pomata perchè rendeva la pelle morbida e
luminosa; le matrone romane ne facevano uso costante nelle loro toilettes
mattutine. Dagli scritti di alcuni autori, sembra, però, che se ne conoscessero
anche le preparazioni gastronomiche, perché si sapeva quale uso ne facevano
gli Orientali, ma il prezzo era altissimo, a causa del lungo tragitto dai luoghi
d’origine. Orazio, infatti, racconta che il riso “era usato come decotto, ma
costava molto: per questo pochi potevano permetterselo.” Questi poche
persone erano soprattutto le signore aristocratiche che ne facevano delle
poltiglie da spalmarsi sul viso e sul collo. È stato anche documentato che ai
gladiatori, per i quali non si badava a spese, veniva distribuita una zuppa
energetica a base di riso, frutta e miele. Il riso venne coltivato anche in
Palestina, ma su un'estensione limitata a causa del clima e del luogo non del
tutto favorevole. La coltura del riso risulta assente dai testi del Nuovo e
Vecchio Testamento, mentre nel Rejmer è confermata la sua presenza.
Secondo fonti non documentate, i Romani conobbero il riso dopo che la
Spagna divenne provincia romana; infatti, in Spagna questo cereale sarebbe
giunto con gli scambi che avvenivano tra i Paesi che si affacciavano sul Mar
Mediterraneo, in particolare con l'Egitto.
La coltura del riso si diffuse anche nei Balcani in seguito alla diffusione
dell’islamismo: furono, infatti, gli Arabi i primi a diffondere questa
coltivazione in Libia, in Turchia, in Marocco, oltre che nelle terre più adatte
della Spagna conquistata.
L’espansione araba portò il riso anche in Sicilia e in Italia meridionale.