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INTRODUZIONE
La Terapia della Gestalt è attualmente riconosciuta come una delle maggiori forze
d’avanguardia negli approcci psicoterapeutici. Lo scopo della Terapia della Gestalt è di far
scoprire, esplorare e sperimentare alla persona la sua propria forma, il suo modello e la sua
interezza, cioè di integrare tutte le parti disparate. In questo modo, è consentito alle
persone di diventare quello che già sono, e quello che potenzialmente possono diventare.
Questa pienezza di esperienza, pertanto, può essere disponibile per loro sia nel corso della
propria vita, sia nell’esperienza del singolo momento.
L’argomento centrale di questo lavoro è il valore della consapevolezza nella terapia
della Gestalt. In quest’ottica, la consapevolezza è vista come tutto ciò che consente alla
persona di focalizzare la propria attenzione su se stessa e sull’insieme del proprio vissuto,
sia interno che ambientale. Spesso, accade che molte persone non sono in grado di
riconoscere le proprie emozioni e i bisogni determinanti del momento, la consapevolezza è
annebbiata e di conseguenza non riescono ad integrare pensieri, sentimenti e azioni. Queste
persone, inoltre, non riescono neppure ad entrare in contatto con il mondo circostante, sono
incapaci di distinguere le cariche energetiche positive e negative e di conseguenza
dimostrano una scarsa flessibilità nel modo di agire. Nell’approccio gestaltico, il processo
di consapevolezza è riferito a quanto sta accadendo nel presente, piuttosto che a quanto si
riferisce al passato, che è solo ricordato, per cui essere consapevoli è essere in contatto con
i confini di sé e dell’ambiente.
Ho scelto di trattare questo tema in seguito alla frequentazione del tirocinio
“Modelli di intervento in psicologia clinica e di comunità” in cui nella prima parte del
corso, si è parlato della Psicoterapia della Gestalt interessandomi in modo particolare al
ruolo della consapevolezza in questo approccio. Nella vita quotidiana, sono molte le
“Gestalt incompiute”, ossia i problemi irrisolti, i disturbi di origine intrapsichica e
interpersonale, che generano disfunzioni del contatto, interruzioni e blocco del flusso di
consapevolezza. Io credo che, per questi soggetti non esista terapia migliore di quella che,
fondata essenzialmente sul presente, consenta alla persona, tramite un incontro umano
autentico, di crescere e realizzarsi, di essere consapevole delle proprie esperienze, di
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riconoscere le proprie emozioni, di sciogliere le interruzioni e completare un’ esperienza
incompiuta.
Con questo lavoro, mi prefiggo di approfondire i concetti fondamentali della terapia
della Gestalt, analizzando il ruolo che occupa la consapevolezza dal punto di vista dei vari
autori, il suo rapporto con il contatto e l’interruzione del suo libero fluire e, infine, trattare
la pratica del continuum di consapevolezza, cioè scoprire come il cliente giunge ad entrare
in contatto con se stesso, tramite le varie tecniche d’intervento.
La metodologia utilizzata in questo lavoro è di tipo descrittivo. La bibliografia si
basa su testi recenti e sui Quaderni della Gestalt.
Il lavoro è suddiviso in tre capitoli. Nel primo capitolo faccio riferimento alle
origini della Gestalt, quali il contesto storico culturale in cui si è sviluppata, qualche
dettaglio rilevante della biografia di Fritz Perls, le principali teorie alle quali l’approccio
gestaltico si ispira quali la teoria lewiniana del campo e la corrente umanistico/esistenziale.
Illustro, inoltre, i principali concetti teorici ossia quello di omeostasi, olismo, il rapporto
figura/sfondo, il principio del qui ed ora e la teoria del Sé e inoltre, spiego la concezione di
salute in ottica gestaltica. Il secondo capitolo, invece è mirato ad approfondire il valore che
assume la consapevolezza all’interno della terapia della Gestalt: evidenzio il valore
dell’esperienza come base per la consapevolezza, facendo una distinzione tra
consapevolezza, insight e incoscio e descrivendo le diverse concezioni di consapevolezza
nei gestaltisti.
Nel terzo capitolo, mi occupo di come, in terapia della Gestalt, spesso si verifichi
l’interruzione di consapevolezza, elencando e descrivendo i principali disturbi del libero
fluire della consapevolezza. Concludendo, tratto la pratica del continuum di
consapevolezza, descrivo il lavoro sulle resistenze, il lavoro sul corpo e sulle emozioni con
le varie tecniche di intervento: tecniche repressive ed espressive, la sedia vuota, la messa in
atto, l’amplificazione e il lavoro sul sogno.
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CAPITOLO I
LA TERAPIA DELLA GESTALT: ORIGINI E CONCETTI FONDAMENTALI
Gestalt è una parola tedesca che indica una totalità organizzata. Il verbo gestalten
significa “dare una struttura significante” e il suo risultato, la Gestalt appunto, è una forma
strutturata, completa e dotata di senso. Secondo la Psicologia della Gestalt, la percezione
umana si organizza spontaneamente sottoforma di insiemi strutturali e significativi (buone
forme ossia Gestalt forti e pregnanti) (Ginger, 2004, 15). La teoria della Gestalt afferma
che il tutto è diverso dalla somma delle sue parti, quindi, per comprendere un
comportamento è importante, non solo analizzarlo, ma cercare di percepirlo nell'insieme
del contesto globale. La Gestalt afferma che ogni individuo è costantemente tempestato da
una serie di stimoli, ma il sistema percettivo ne seleziona solo alcuni, organizzandoli in
strutture significative. In termini psicologici questo significa che gli individui percepiscono
se stessi e il mondo come il risultato di un insieme di stimoli selezionati dal proprio
sistema percettivo, in quanto esso costruisce una figura definita rispetto ad uno sfondo
indifferenziato. Gli stimoli, considerata tale ipotesi, vengono organizzati in modo da far
collimare i bisogni dell’individuo con quelli dell’ambiente.
Lo scopo di questo primo capitolo è di presentare la parte relativa alle origini della
Gestalt: il contesto storico culturale, qualche aspetto importante della vita del fondatore
della Terapia della Gestalt, Fritz Perls, le principali correnti filosofiche e psicologiche alle
quali la Gestalt si ispira, i principali concetti teorici come quello di omeostasi, olismo,
rapporto figura/sfondo, principio del qui ed ora, la teoria del Sé e il contatto. In questo
capitolo, si presenta ancora la parte riguardante la salute e la relazione terapeutica.
1. Il contesto storico-culturale
La Psicologia della Gestalt è una corrente psicologica nata e sviluppata in Germania
agli inizi del Novecento, precisamente nel periodo tra gli anni Dieci e gli anni Trenta in
un’epoca storica caratterizzata dalle due guerre mondiali e dall’avvento del nazismo e del
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fascismo (Ploetz, 1962, 766).
La Psicologia della Gestalt afferma che la persona ha bisogno di dare un significato alle
sue percezioni, alle sue esperienze e alla sua esistenza; essa prende spunto dalla
fenomenologia, dall’esistenzialismo, dalla teoria del campo.
La fenomenologia è una corrente di pensiero che fa riferimento a una scienza che
descrive ciò che realmente appare, ed è considerata un’alternativa al pensiero positivistico.
Tale corrente privilegia il come rispetto al perché, enfatizzando il vissuto immediato
percepito a livello corporeo, nel processo che si svolge nel qui ed ora.
La fenomenologia afferma, inoltre, che la percezione del mondo circostante è
caratterizzata da fattori soggettivi irrazionali che variano da persona a persona,
evidenziando, così una presa di coscienza del proprio corpo e del tempo vissuto, vista
come esperienza unica e singolare di qualsiasi essere umano, a prescindere dalle teorie
stabilite (Ginger, 2004, 40).
Husserl, approfondì il metodo fenomenologico, mettendo in risalto alcuni concetti
principali:
- “il riconoscimento del carattere intenzionale della psiche”;
- “lo studio del fenomeno che si manifesta e che non è riconducibile a qualcosa di
ancora più evidente”;
- “il superamento della suddivisione tra soggetto e oggetto al fine di giungere a una
convergenza fondata sul fenomeno di consapevolezza”;
- “il valore universale della natura delle cose che possono essere colte solo
individualmente e l’intuizione di esse, la quale si presume sia individuale”;
- “il concetto di epochè che richiede il mettere da parte giudizi comuni e teorie
scientifiche per fare in modo che il fenomeno si manifesti nella sua sostanza”
(Giusti - Rosa, 2006, 53).
L’esistenzialismo è una corrente filosofica nata dopo la prima guerra mondiale, in
seguito alla quale l’uomo aveva dovuto assistere passivamente allo spettacolo sconfortante
che lui stesso aveva creato: distruzioni materiali, gravi crisi familiari e profonde ferite delle
coscienze individuali. L'uomo si trovava dinanzi ad una realtà caratterizzata da forti
tensioni sociali, da paure croniche per un futuro sempre più incerto e da una grave crisi dei
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valori morali. L'esistenzialismo, di fronte a tutto questo vuole interrogarsi sul significato
dell’esistenza umana e proporre nuove soluzioni che restituiscano all’uomo la fiducia in se
stesso e la dignità che nel periodo della grande Guerra era compromessa (Abbagnano,
2006, 389).
L’epoca in cui l’esistenzialismo è nato, è caratterizzata da un periodo di grande crisi, si
interessa della singolarità e irripetibilità dell’uomo, considerando l’esistenza una
possibilità, ossia un poter essere, affermando, inoltre, che l’uomo sarà la persona che ha
scelto e deciso di voler essere.
L’uomo, affinché possa riscoprire se stesso, dovrebbe privilegiare l'Essere rispetto
all'avere, nonostante le esigenze della società contemporanea, la quale valorizza coloro che
possiedono molto. Il mondo della categoria dell'avere è caratterizzato da sentimenti di
alienazione e preoccupazione, quindi la metafisica dovrebbe liberare l'uomo dal piacere del
possesso delle cose ed esortarlo alla disponibilità all'essere.
La psicologia della Gestalt è nata per mezzo dei lavori dei tre psicologi gestaltisti:
Marx Wertheimer (1880-1943), Kurt Koffka (1886-1914), Wolfgang Kohler (1887-1967), i
quali si servirono dei lavori di Christian von Ehrenfels (1859-1932), uno dei promotori
della Gestalt, il quale inizialmente affermava: il tutto è una realtà diversa dalla somma
delle parti (Ginger, 2004, 43).
Questi autori, essendosi inizialmente occupati dei meccanismi fisiologici e psicologici
della percezione e dell’esperienza, estesero i loro lavori anche alla memoria,
all’intelligenza, all’espressione e infine alla personalità totale, evidenziando l’isomorfismo
tra la fisica e la psiche; secondo tale ipotesi, ci sarebbe piena corrispondenza tra le
esperienze del soggetto e i processi fisiologici che ne stanno alla base.
Secondo la psicologia della Gestalt, qualsiasi campo percettivo è caratterizzato dalla
relazione tra la figura, ossia una forma chiusa e strutturata e lo sfondo, il contesto. La
percezione, a volte dipende da fattori sia oggettivi, che soggettivi, con la tendenza della
persona a isolare delle buone forme (forme pregnanti) che guidano le relazioni reciproche
tra organismo e ambiente circostante (Ginger, 2004, 43).
Uno degli argomenti di maggiore rilievo in Gestalt è la teoria del campo di Kurt Lewin,
il quale definisce “campo” l’interdipendenza tra l’individuo e ambiente. Il campo non
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riguarda soltanto la percezione soggettiva, ma comprende anche quella riguardante il
mondo circostante; secondo tale teoria esiste un legame molto stretto e complesso tra
individuo e ambiente, il soggetto percepisce e individua nel campo alcuni elementi che in
seguito tende a modificare in funzione dei suoi obiettivi e del benessere personale.
Il bisogno individuale organizza il campo, quindi, secondo Lewin, qualsiasi cosa la
persona percepisce, può essere sia negativa che positiva. In poche parole, ogni individuo
può essere considerato tale solo in relazione con il suo ambiente vitale, in quanto, egli
mette in atto una sorta di problem solving che permette di identificare la forma “buona”,
utile alla soddisfazione dei bisogni (Palmonari - Cavazza, 2003, 48).
Lewin tende ad esaminare le modalità con le quali le situazioni e le impressioni
possono influenzare i processi cognitivi e percettivi di una persona, affermando che per
spiegare il comportamento umano è essenziale valutarlo in base alla circostanza concreta in
cui esso si attua. Egli, contestando il principio dell’associazionismo, il quale preso
singolarmente non riesce a spiegare la dinamica dei processi mentali, ha potuto dimostrare
come la persona possa agire energicamente e in modo volontario durante i vari processi
dinamici, sia percettivi che cognitivi, non soltanto per guidarli ma anche per,
eventualmente bloccarli (Palmonari - Cavazza, 2003, 50)
Il campo psicologico è definito come “l'insieme dei fatti coesistenti, considerati
reciprocamente interdipendenti per l'individuo in un particolare momento” (Palmonari –
Cavazza, 2003, 51), quindi la motivazione di un'azione, si può ritrovare nelle relazioni tra
le diverse forze presenti in esso. Da qui, prende vita un modello dinamico, secondo il quale
le caratteristiche del comportamento vanno ricercate proprio negli schemi mentali che la
persona o il gruppo si costruisce di tutti quei fattori interdipendenti e influenti.
2. Fritz Perls: cenni biografici
La Psicoterapia della Gestalt nasce nel 1951 ad opera di Frederich Salomon Perls,
nato nel 1893 a Berlino e morto a Chicago nel 1970.
La vita di Perls fu abbastanza movimentata, per quanto riguarda i sentimenti, i
comportamenti e le relazioni sociali. La sua vita familiare è stata caratterizzata da un