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Introduzione
Oggi, agli albori del nuovo millennio, l‟uomo contemporaneo si
ritrova a vivere in un mondo sempre più complesso, governato da un nuovo
concetto di spazio, uno spazio che non è più solo geografico, ma è anche
sociale e virtuale, ma soprattutto uno spazio non più circoscritto, ma
sempre più ampio, quasi sconfinato. Il progresso scientifico e le nuove
tecnologie hanno permesso di allargare gli orizzonti e di abbattere le
frontiere geografiche e logistiche creando quello che oggi viene definito
villaggio globale. Questa nuova realtà, che al momento riguarda i paesi
economicamente più sviluppati, ha stravolto secolari stili di vita e ha
contribuito a plasmare, soprattutto nelle nuove generazioni un nuovo
concetto di identità e cittadinanza. Grazie ai moderni mezzi di
comunicazione come internet e a una rete di mezzi di trasporto sempre più
efficiente e accessibile, siamo ora in grado di spostarci da una parte all‟altra
del pianeta e di comunicare in qualsiasi momento con chi si trova a
migliaia di chilometri di distanza.
Questa epocale rivoluzione dei processi di comunicazione e del concetto di
identità ha sollevato però un questione importante in merito alla lingua da
utilizzare a livello globale. Secondo le teorie di Jakobson
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infatti, per la
buona riuscita di un qualsiasi atto comunicativo è fondamentale che
emittente e destinatario condividano lo stesso codice e il codice che nel
corso degli ultimi decenni ha acquisito lo status di “lingua globale” è senza
ombra di dubbio la lingua inglese. I fattori che hanno portato alla spontanea
affermazione dell‟inglese come lingua dominante dell‟informatica,
dell‟economia e degli scambi internazionali, sono molteplici e in parte si
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Jakobson R., Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano, 1966, p. 185.
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possono spiegare ricorrendo alla storia. L‟epoca della scoperta del Nuovo
Mondo e degli imperi coloniali ha consacrato l‟Inghilterra come
superpotenza economica grazie alle colonie americane, africane e asiatiche
e i secoli di dominazione inglese in tali territori hanno lasciato in eredità
indelebili tracce linguistiche e culturali; negli Stati Uniti d‟America, Malta,
Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e India l‟inglese è ancora oggi lingua
ufficiale di stato
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.
L‟altra ragione che ha contribuito alla “anglicizzazione” globale è
senz‟altro la struttura linguistica. L‟inglese infatti, nonostante le difficoltà
legate alla pronuncia, è una lingua a morfologia libera, ovvero con un
numero relativamente basso di suffissi e flessioni, ma anche di eccezioni
grammaticali se paragonata ad esempio a molte lingue romanze come
l‟italiano, il francese o lo spagnolo e per queste ragioni si presta meglio di
altre ad essere studiata come lingua straniera.
Infine, un ruolo di fondamentale importanza nel processo di
affermazione linguistica, è quello giocato dalla diffusione dell‟ “American
lifestyle” che dal secondo dopoguerra ad oggi, grazie al monopolio
economico globale delle multinazionali americane e alla propaganda
culturale mediatica attraverso il cinema, l‟editoria e il web, è diventato
parte integrante delle nostra cultura e della nostra identità. L‟insieme di
questi processi ha consacrato la lingua inglese come “lingua globale”, come
codice condiviso a livello mondiale permettendo la miriade di scambi
comunicativi che in ogni istante avvengono nel mondo e per questo in
Italia, come in tutti i paesi dell‟Unione Europea e del mondo, si è venuta a
creare negli ultimi decenni l‟esigenza di studiare la lingua inglese fin dalla
scuola dell‟obbligo. Così, a partire dagli anni ‟70 l‟inglese come lingua
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Crystal D., English as a global language, Cambridge University Press, Cambridge, 1997.
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straniera e materia di studio, ha gradualmente sostituito il francese ed è
diventato materia curriculare in tutti gli ordini di scuola. A questa esigenza
formativa però, il sistema scolastico italiano non è riuscito a far fronte in
maniera efficace ed efficiente e tuttora rivela grosse lacune facilmente
riscontrabili nei sondaggi in merito alla preparazione linguistica che
purtroppo spesso vedono gli studenti italiani agli ultimi posti rispetto ai
colleghi europei ed extracomunitari e che ogni anno trovano conferma
nell‟elevato numero di studenti che a settembre devono sostenere l‟esame
di riparazione di inglese per essere ammessi nella classe successiva nella
scuola secondaria di secondo grado. Da un‟indagine di Eurobarometro,
ovvero il servizio sondaggi e analisi della Commissione europea sulla
conoscenza delle lingue da parte dei cittadini membri
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, è emerso che l'Italia
si colloca al terzultimo posto tra i paesi della UE. Coloro che hanno
dichiarato di sapere parlare sufficientemente bene una lingua straniera per
partecipare a una conversazione sono appena 41 su 100 e la lingua straniera
più conosciuta è la lingua l‟inglese.
In paesi come il Lussemburgo, la Slovacchia, la Lettonia e la Svezia le
percentuali superano il 90 per cento. In Finlandia sono in grado di sostenere
una conversazione in una lingua diversa da quella madre in 7 su 10 e in
Francia più della metà dei cittadini. In Italia, la strada per il multilinguismo
è lunga: gli italiani che conoscono tre lingue straniere sono 7 su 100, in
Danimarca 30 e in Olanda 34 su 100.
Le cause di tale insuccesso nello studio delle lingue in Italia sono da
attribuire in parte al sistema di formazione e reclutamento del corpo
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European Commission (2006), Europeans and their Languages. Special Eurobarometer 243.
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docente e in parte all‟approccio didattico dominante, basato quasi
esclusivamente sullo studio delle regole grammaticali.
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L‟importanza dello studio delle lingue classiche in Italia come il latino e il
greco ha influito anche sull‟insegnamento delle lingue moderne che però
sono lingue “vive” e la tendenza più diffusa è stata quella di trasferire alle
lingue “vive” il metodo di insegnamento-apprendimento utilizzato per le
lingue “morte”. Tali metodologie didattiche hanno contribuito a creare una
diffusa avversione verso le lingue straniere spesso accompagnata da una
formazione carente e incompleta che non permette agli studenti di
sostenere atti comunicativi efficaci in L2. Con questo lavoro, si cercherà di
proporre un approccio diverso che restituisca all‟inglese la dignità di lingua
come atto comunicativo e non solo di materia scolastica. Lo scopo che ci si
propone è quello di liberarsi dall‟impostazione metodologica basata
sull‟apprendimento consapevole di regole grammaticali a favore di un
metodo che permetta un‟acquisizione più implicita e che faccia leva sugli
interessi e la motivazione degli alunni.
Partendo dai presupposti teorici frutto di recenti studi di neuro-pedagogia
sulle ampie potenzialità delle strutture cerebrali dei bambini, verrà
analizzato quello che il neuropedagogista Franco Fabbro definisce “periodo
critico”, ovvero un momento circoscritto alla prima infanzia in cui i
bambini a causa delle loro strutture biologiche, sono particolarmente
predisposti all‟acquisizione delle lingue. Infine verranno suggeriti metodi e
attività basati su un approccio preminentemente orale, comunicativo e
ludico.
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Fabbro F., Neuropedagogia della lingue. Come insegnare le lingue ai bambini. Ed. Astrolabio, Roma,
2004.
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Lo scopo di tutto ciò è innanzitutto quello di creare un atteggiamento
positivo e interessato nei confronti delle lingue straniere fin dai primi anni
di scolarizzazione e, in secondo luogo, quello di creare i presupposti per un
apprendimento efficace e motivante che permetta all‟alunno di esprimersi
nella seconda lingua con disinvoltura . L‟assunto teorico di base è che le
lingue non si devono “insegnare” ma utilizzare, quindi è fondamentale che
lo studente concepisca la lingua non come una materia di studio ma come
un “veicolo” per comunicare ed è proprio sulla base di tale assunto che ci
occuperemo solo dell‟aspetto orale. L‟apprendimento implicito della lingua
durante il “periodo sensibile” infatti avviene attraverso scambi
comunicativi orali e l‟acquisizione di modelli sbagliati potrebbe favorire la
comparsa di abitudini errate che, una volta consolidate, diventano difficili
da sradicare. Per questo motivo si ritiene fondamentale che l‟insegnante
abbia un‟ottima conoscenza della lingua parlata e quindi del sistema
fonetico della lingua inglese che analizzeremo nel dettaglio, in contrasto
con quello italiano, proprio per avere anche una maggiore consapevolezza
delle differenze e delle difficoltà che si possono incontrare
nell‟acquisizione della lingua inglese. In seguito, verranno illustrati alcuni
modelli teorici che propongono metodologie incentrate sullo studente,
facendo leva sui suoi interessi e sulla motivazione perché si ritiene che tali
elementi giochino un ruolo cruciale nei processi di apprendimento. Infine,
nell‟ultima parte, sullo sfondo integratore della trasposizione di “The
Selfish Giant” di Oscar Wilde, verranno forniti esempi concreti di attività
volte a favorire un‟acquisizione implicita della lingua inglese orale che
portino gradualmente il bambino ad utilizzare l‟inglese come veicolo
d‟espressione in maniera autonoma e disinvolta.
Col presente lavoro ci si augura di fornire delle possibili soluzioni al
complesso problema dell‟insegnamento della lingua inglese nel sistema
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scolastico italiano ma soprattutto di far sì che tale questione inneschi un
dibattito e quindi ulteriori proposte che portino a una riorganizzazione
dell‟insegnamento delle lingue straniere tale da consentire ai ragazzi
italiani di diventare veramente plurilingui e quindi cittadini europei e
cittadini del mondo.
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CAPITOLO 1
L’insegnamento della lingua inglese nella scuola
primaria e dell’infanzia
1.1.L’insegnamento delle lingue straniere nella scuola
italiana: un breve excursus storico
Prima di passare a descrivere la situazione attuale in merito
all‟insegnamento delle lingue straniere e in particolare della lingua inglese,
è fondamentale avere una visione d‟insieme delle vicende e dei
provvedimenti legislativi che hanno riguardato l‟insegnamento delle lingue
dal secondo dopo guerra ad oggi.
Una svolta decisiva in questo ambito è arrivata con la legge n.1859 del 31
dicembre 1962 con la quale venne introdotta una scuola media unica e
uguale per tutti. Fino ad allora infatti la scuola secondaria inferiore
prevedeva due indirizzi: da una parte la scuola media, per chi intendeva
continuare gli studi con due ore settimanali di lingua straniera e dall‟altra,
la scuola di avviamento professionale, per chi invece sarebbe entrato
direttamente nel mondo del lavoro. Con la sopracitata legge quindi, la
lingua straniera diventa una materia di studio per tutti e fra le lingue
straniere quella più studiata e che godeva di maggior prestigio allora era il
francese.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n.417 del 31 maggio 1974, dà
inizio a numerose sperimentazioni nell‟insegnamento delle lingue straniere
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che nella scuola secondaria inferiore diventano due, di cui la seconda
facoltativa, mentre il numero di lingue straniere nella secondaria superiore
varia a seconda dell‟indirizzo di studio.
Per quanto riguarda la scuola elementare invece, bisognerà aspettare i
programmi del 1985 affinché venga introdotto l‟insegnamento della lingua
straniera come materia curricolare. Tuttavia, fino all‟inizio degli anni ‟90,
non vi sono indicazioni specifiche e dettagliate che definiscono le
competenze da raggiungere e le modalità di insegnamento. In questo
periodo la lingua straniera più richiesta è l‟inglese, ma non tutte le scuole
elementari ne prevedono l‟insegnamento obbligatorio. A definire meglio
tale situazione sarà il Decreto Ministeriale del 28 giugno 1991, col quale si
stabiliva che a partire dall‟anno scolastico 1992/1993, una lingua straniera
a scelta tra l‟inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo, dovesse essere
insegnata obbligatoriamente dalla seconda classe della scuola elementare
per tre ore settimanali e si definivano le competenze degli insegnanti che
sarebbero stati preposti a tale ruolo. In realtà, data la scarsità di personale in
possesso di una adeguata preparazione linguistica, l‟insegnamento delle
lingue straniere nella scuola elementare partì con non poche difficoltà e non
fu omogeneo su tutto il territorio. Esso fu avviato dove c‟erano insegnanti
in grado di ottemperare a tale incarico a partire dalla seconda classe della
scuola elementare. Coi programmi del 1985 quindi, lo studio della lingua
diventa materia curricolare durante tutto il percorso della scuola
dell‟obbligo e la lingua straniera più studiata è l‟inglese, come si può ben
vedere nella tabella sottostante:
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I dati riportati in tabella provengono dal Quadro informativo sull‟insegnamento delle lingue straniere del
Ministero dell‟Istruzione, dell‟Università e della ricerca, Servizio di consulenza dell‟attività
programmatoria, anno di riferimento 1993/1994, redatto nel settembre 2001.
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Il decreto 59/04 di attuazione della legge di riforma per il primo ciclo ha
ridotto le lingue comunitarie alla sola lingua inglese. L‟insegnamento delle
altre lingue veniva consentito solo come prosecuzione nelle classi in cui era
stato già avviato.
Con la Legge n. 440 del 1997 “Fondo per l‟arricchimento e l‟ampliamento
dell‟offerta formativa e per gli interventi perequativi”, tutte le scuole di
ogni ordine e grado possono ottenere finanziamenti aggiuntivi per l‟offerta,
in orario extracurricolare, dell‟insegnamento di una seconda lingua
straniera.
Inoltre, nell‟ambito dell‟autonomia conferita ai singoli istituti, all‟interno
del proprio Piano dell‟Offerta Formativa, ogni scuola è libera di offrire tutti
gli interventi educativi (incluso l‟insegnamento delle lingue straniere) che
più ritiene consoni alle esigenze della propria utenza, utilizzando fondi
propri o messi a disposizione da sponsor pubblici o privati.
Negli anni ‟90, alla luce di alcuni studi di neuropedagogia e varie
ricerche sull‟apprendimento delle lingue da parte dei bambini bilingui e
non, partono importanti sperimentazioni che prevedono progetti di
insegnamento della lingua inglese a partire dalla scuola materna. Gli
“Orientamenti dell‟attività educativa nelle scuole materne” del giugno
1991, forniscono le prime indicazioni agli insegnanti che operano in questo
ordinamento in merito al primo approccio con lingua e culture diverse, ma
sarà il 1997 l‟anno in cui verrà introdotto nella scuola dell‟infanzia il primo
progetto organico di insegnamento delle lingue grazie alla legge n.440/97.
Tale legge inoltre, ha istituito il fondo per l‟arricchimento e l‟ampliamento
dell‟offerta formativa e per gli interventi destinati all‟attivazione
dell‟insegnamento di una seconda lingua comunitaria nella scuola media
inferiore e ad iniziative per l‟adeguamento dei programmi di studio dei
diversi ordini e gradi di istruzione. Nel quadro di tale normativa, nell‟anno