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INTRODUZIONE
Fin dalla nascita dei primi mezzi di comunicazione, stampa, radio e televisione, la politica ha mirato
ad ottenerne il controllo spesso tramite il possesso. Controllare i media significa avere il potere di
influenzare il formarsi dell’opinione pubblica dei cittadini, guidandola e incanalandola secondo
precise linee dettate da mire di propaganda politica nell’ordine di ottenere il consenso necessario a
determinare la possibilità di governo di un paese. Il controllo ed il possesso totale sulla
comunicazione e sui media fu attuato in modo sistematico nei regimi totalitari del ‘900, l’obiettivo
era estendere il potere e l’influenza della politica nelle masse al fine di determinarne gli umori e le
opinioni, cittadini passivi e silenziosi sono infatti i perfetti sudditi per un governo di stampo
autoritario. Nel 1950 Harold Lasswell definiva la propaganda politica come un sistema di
manipolazione dei simboli politici al fine di controllare l’opinione pubblica, lo strumento del
controllo è dato proprio dai mezzi di comunicazione. Oggigiorno la situazione non sembra essere
cambiata, nelle democrazie moderne si assiste ad alcuni allarmanti casi di controllo mediatico, la
politica tende sempre più ad appropriarsi dei mezzi di comunicazione, soprattutto della televisione,
il medium con la più alta diffusione in tutti gli strati della società di un paese, dunque un medium
altamente pervasivo in grado di raggiungere le coscienze e le opinioni delle masse. Sempre più
soggetti politici che mirano al governo di un paese scelgono di attuare come strategia al
conseguimento di tale obiettivo, quella di entrare in possesso di media quali emittenti televisive e
radiofoniche, quotidiani, riviste e più in generale della stampa stessa. La politica diviene in tal modo
“spettacolarizzata” innescando processi quali: il rafforzamento dei vertici e della leadership dei
partiti, il ridimensionamento del ruolo degli iscritti e degli attivisti ed infine la tendenza a reclutare
voti nella maggior parte della popolazione. Il controllo dei media permette alla politica di ottenere
un’influenza ed una capillarità nella diffusione delle idee senza pari, i media sono infatti in grado di
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determinare una gerarchia nelle argomentazioni di interesse per il pubblico, ovvero di stabilire
un’agenda dei fatti rilevanti da proporre come tali ai cittadini. E’ la “teoria dell’agenda setting”
sviluppata negli anni ’70 da Mc Combs e Shaw, esponenti degli studi americani sulla “mass
comunication”. Secondo questa prospettiva sono i media che decidono cosa sia degno della nostra
conoscenza, essi sono in grado cioè di determinare il territorio mentale delle scelte intorno a cosa
pensare, la selezione dei temi pubblici avviene quindi attraverso la selezione gerarchica e la
filtrazione dei media fornendo al pubblico il clima della sfera dell’opinione pubblica. Se si
immagina che questo potere persuasivo è oggi spesso strumentalmente nelle mani di alcuni soggetti
politici risulta evidente che le conseguenze possono essere un soffocamento ed una censura della
democrazia e delle sue pratiche. L’utilizzo strumentale dei media da parte della politica comprende,
soprattutto nei momenti delle campagne elettorali, l’impiego dei media a mezzo stampa per la
divulgazione di sondaggi e pezzi giornalistici, essi contribuiscono a creare aspettative e opinioni
guidate nei confronti dei candidati politici, i cittadini si orienteranno così in modo positivo verso
quei politici presentati nei sondaggi e nei media come probabili vincitori; aumentando il consenso
politico verso tali soggetti aumenta per effetto la visibilità che i media attribuiscono a tali candidati,
innescando un sistema circolare che accresce la popolarità e la credibilità di quei politici presentati
dai media, spesso posseduti dagli stessi soggetti, come vincenti. Questa politica mediatica ha
consegnato il potere in molte democrazie moderne ad un soggetto che si configura a metà strada tra
la politica e l’interesse economico. E’ la teoria del “political outsider”, formulata da David Mills, la
teoria prevede l’ingresso in politica di soggetti esterni allo scenario politico ufficiale e facenti parte
invece del settore economico e/o dirigenziale della società. Il fine di questi soggetti è agevolare le
proprie imprese aumentando così il proprio potere e prestigio in campo politico, la sintesi di questo
fenomeno risiede nella convergenza conflittuale di interessi tra coloro che controllano i principali
strumenti di produzione soprattutto del settore dei mezzi di comunicazione e coloro che hanno il
controllo delle leve di intervento politico e sociale. Per Mills il leit-motiv del political outsider è
proprio la fabbricazione di un’opinione controllata nel pubblico attraverso l’utilizzo dei media di
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massa. Per ottenere quest’obiettivo il political outsider crea un proprio partito politico fondato sulla
personalizzazione politica e mediatica. L’identificazione di un partito nel suo rappresentante
agevola infatti il compito mediatico di rendere notiziabile un evento aumentando il grado di
spettacolarizzazione della politica, la quale perde credibilità, senso critico del sociale,
trasformandosi in una competizione pubblicitaria. Il political outsider risulta dunque essere spesso
in possesso dei media, almeno di una loro parte, riuscendo così ad ottenere una visibilità continua
sul pubblico garantendosi la presentazione di un’immagine sempre positiva e vincente. In Italia è
Silvio Berlusconi, l’attuale presidente del Consiglio, il political outsider di maggior rilievo, colui il
quale grazie alla costruzione di un vero e proprio impero mediatico ha saputo conquistare le leve del
potere politico riuscendo a governare il paese per tre mandati a partire dall’anno della sua “discesa
in campo” nel 1994. Con lui la proposta politica si fa in linea con il “media logic”, le caratteristiche
distintive della formazione politica di Berlusconi sono appunto la personalizzazione del partito
politico (Forza Italia e poi Popolo delle Libertà), l’uso massiccio e strumentale della comunicazione
politica mass mediale, l’applicazione della strumentazione e della logica del marketing, l’assenza di
radicamento nel territorio e di organizzazione, membership e professionismo politico. L’elettorato
di Berlusconi combacia dunque con il pubblico televisivo italiano, soprattutto con il pubblico delle
sue emittenti televisive le quali vengono utilizzate dall’outsider per promuovere la propria figura
politica influenzando e scalfendo, attraverso quella che risulta essere una propaganda continua,
l’obiettività politica dei cittadini, soprattutto di quelle fasce della popolazione facilmente permeabili
alla comunicazione politica televisiva e mediale per due ragioni fondamentali: lo scarso livello di
coinvolgimento nella politica che causa incertezza e l’unicità della fonte dell’informazione
ascrivibile ad un’unica fazione politica. L’influenza dei mass media sulle opinioni è presente
quando non esistono altre fonti e forme di informazione, quando l’informazione non è cioè
pluralista e libera dai poteri forti della società. La concentrazione dei media nelle mani di singoli
soggetti politici risulta essere dunque un grave problema di disfunzione organica dei pilastri
fondamentali di una società democratica, essa limita infatti la libertà d’espressione sancita in Italia
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dall’articolo 21 della Costituzione. Essa finisce col creare un consenso mediatico-ideologico da
parte dei cittadini permettendo ai soggetti politici di ottenere un controllo capillare della mentalità,
dell’ideologia e della formazione di chi consuma i media. Berlusconi è riuscito ad ottenere un vasto
consenso sociale e politico proprio grazie al fatto di essere il detentore in Italia della più grande
concentrazione mediatica, detenendo un potere insieme mediatico e politico preoccupante per i
fondamenti della democrazia moderna. Attraverso una serie di leggi emanate durante i tre mandati
di governo dai suoi ministri, il Presidente Berlusconi è riuscito a concentrare nella propria persona il
possesso delle tre più importanti emittenti televisive private e il controllo totale delle tre emittenti
pubbliche, ovvero della Rai. Il potere legislativo ed esecutivo dello stato vengono in tal modo
occupati dal potere televisivo, il risultato è che una sola persona alla guida di un governo detiene le
leve più importanti di influenza sulle opinioni e sulle informazioni da riservare ai cittadini, creando
un pericoloso attentato alla pluralità informativa e al diritto di accesso alle informazioni, dunque
alla democrazia stessa. Il risvolto inquietante delle concentrazioni politiche del premier è
sottolineato dalle vicende politiche degli anni ’80, ovvero dallo scandalo della “Loggia P2, Piano di
rinascita democratica” di Licio Gelli, alla quale Berlusconi è risultato essere iscritto con la tessera
numero 1816. L’obiettivo della loggia era quello di sovvertire l’autorità dello stato italiano e di
ottenere il controllo di tutte le leve del potere nell’ordine di ottenere una svolta autoritaria nel
governo, lo strumento per ottenere tali obiettivi era il controllo totale e pervasivo dei mezzi di
comunicazione di massa, controllo che l’allora imprenditore Berlusconi cominciò ad ottenere
proprio a partire da quegli anni. Licio Gelli affermerà che: ”Il vero potere risiede nelle mani de
detentori dei mass media”. Questi i prodromi a causa dei quali in Italia si è installata una forma di
democrazia mediatica con la conseguenza di una riduzione delle capacità di influenza dei partiti
tradizionali, ed il relativo potere crescente dei media accompagnata dal ruolo sempre più rilevante
dei leader politici. In un quadro moderno di censura e controllo politico dell’informazione e della
comunicazione, strumenti fondamentali per mantenere in salute qualsiasi sistema democratico, quali
i new media, si affacciano sulla scena mondiale come i nuovi mezzi in grado di ridare respiro alla
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democrazia e soprattutto alla partecipazione politica, fornendo nuovi e immediati strumenti in grado
di connettere i cittadini in modo diretto tra loro e con le istituzioni, organizzandosi in associazioni,
gruppi in grado di esercitare forti pressioni sulla società politica e istituzionale. Le nuove tecnologie
tra cui la più importante è Internet, sono in grado di ampliare gli strumenti democratici posseduti
dai cittadini rinforzando le quattro componenti fondamentali di ogni ordinamento democratico:
l’opinione pubblica informata, la partecipazione dei cittadini alla vita politica, il dibattito razionale
e la rappresentanza andando a colmare la forbice aperta dalla crisi della politica causata dalla
perdita di rappresentatività delle elite e dei corpi intermedi, dalla spettacolarizzazione della politica
e dalla sua personalizzazione leaderistica. L’ampliamento della partecipazione attiva e continua dei
cittadini alla vita politica attraverso i new media è garantita dall’ampliamento della partecipazione
ai processi decisionali e deliberativi attuabili in rete attraverso gruppi di discussione, focus group,
blog, chat e siti web fornendo il cittadino della possibilità di azione diretta, ovvero di presentare
appelli, proposte, petizioni ma anche di strumenti quali la deliberazione attraverso il voto on line.
Stiamo parlando dell’e-democracy, ovvero della democrazia elettronica la quale si sostanzia di
cinque modelli consolidati: l’e-governement, ossia il processo di informatizzazione della pubblica
amministrazione; l’e-democracy amministrativa, ovvero la versione avanzata dell’e-governement,
con forma di feed-back e raccolta di opinioni dei cittadini sulle politiche pubbliche; l’e-democracy
consultiva nella quale le istituzioni forniscono un’agenda di argomentazioni sulle quali far
esprimere la pubblica opinione; l’e-democracy partecipativa nella quale i cittadini sono chiamati a
partecipare attivamente ai processi di policy making ed infine l’e-democracy deliberativa nella
quale i cittadini discutono e valutano le diverse opzioni politiche prima di esprimersi su di esse. Di
rilevante importanza risultano essere oggi le pratiche di consultazione on line avviate in molti paesi
del mondo, esse hanno l’obiettivo di incrementare la leggittimizzazione sociale delle decisioni
ampliando in tal modo le pratiche tradizionali democratiche. Incrementando le informazioni a
disposizione dei policy makers esse garantiscono un miglioramento della qualità politica ed una sua
tanto oggigiorno auspicata trasparenza, la consultazione elettronica è dunque una strategia di ricerca
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con la quale un’istituzione democratica attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione analizza in un contesto deliberativo le opinioni, le
proposte, i pro e i contro percepiti dalla popolazione, relativamente ad una politica pubblica ad una
norma o ad un servizio garantendo in tal modo ampi e nuovi spazi di partecipazione attiva ai
cittadini. I new media sono dunque in grado di ridar voce e potere ai cittadini in una società ormai
sclerotizzata dalla rigidità delle pratiche politiche tradizionali nelle quali solo le elite politiche sono
in grado di intervenire emarginando in tal modo la possibilità di partecipazione attiva dei cittadini,
in una società dove sempre più i media tradizionali risultano asserviti ai poteri politici e finanziari
nell’ordine di ottenere un controllo politico accompagnato da una propaganda sempre più pervasiva,
i new media si caratterizzano dunque sempre più come gli strumenti di una società democratica del
futuro in grado di connettere i cittadini alla politica in una forma di attivismo continuo e
democratico.