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Introduzione
La possibilità di massimizzare il piacere dell’individuo nel contesto di una
società tecnologica avanzata è il dilemma centrale dell’opera di Marcuse
Eros e civiltà (1955): il sistema sociale contemporaneo, fondato sul
principio di prestazione, impedisce all’uomo di condurre la propria vita in
conformità al principio di piacere.
Come noto, all'interno della teoria critica della Scuola di Francoforte,
l'apporto di Marcuse si è caratterizzato per una specifica attenzione rivolta
alla problematica della soddisfazione dei bisogni istintuali nella società
capitalistica avanzata, una soddisfazione impedita dal dominio
onnipervasivo che la produzione esercita sugli uomini. Il tema era già
presente in Horkheimer, ma si deve a Marcuse un'analisi più articolata e più
chiara nelle sue varie implicazioni. La riflessione di Marcuse si caratterizza
per l’aspirazione a costruire una società che abbia a proprio fondamento la
razionalità: attraverso di essa è possibile pianificare la nascita di una civiltà
il cui obiettivo sia la soddisfazione delle pulsioni istintuali umane.
In questo senso gli studiosi, mi riferisco in particolare a S. Petrucciani,
hanno riconosciuto a Marcuse il merito di aver offerto un contributo
essenziale per quella che è stata definita una rifilosofizzazione
1
della teoria
critica: si tratta di una integrazione teorica che ha consentito di superare, o
quanto meno di arricchire, la prospettiva di ricerca per lo più storico-
sociologica della Scuola così come era stata impostata proprio da
Horkheimer. Se la ragione deve essere lo strumento per la realizzazione di
una nuova società in grado di liberare finalmente gli uomini dall’ingiustizia
e dalla miseria, la complessa strategia per arrivare a questo risultato deve
passare da una maggiore attenzione posta alla psicologia individuale
1
S. PETRUCCIANI, Felicità e ragione. Il contributo di Marcuse all’idea di teoria critica, in L.
CASINI (a cura di), Eros, Utopia e Rivolta. Il pensiero e l’opera di Herbert Marcuse, Franco
Angeli, Milano 2004, p. 144.
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nell’analisi delle dinamiche sociali. Marcuse si inserisce così in quel filone
di ricerche che ritiene possibile un connubio tra marxismo e psicoanalisi.
Nella psicoanalisi infatti egli vede uno strumento essenziale di indagine, e
quindi anche di denuncia, dei meccanismi di interiorizzazione del dominio
all’interno della società contemporanea improntata alla massimizzazione
del profitto e all’estraneazione del lavoro.
Proprio in ragione di questo particolare interesse per la psicoanalisi,
Marcuse fa di Freud il principale riferimento teorico in Eros e civiltà; ed è
appunto su questo testo e sul contributo freudiano in esso presente che mi
sono principalmente soffermato nel mio lavoro. Bisogna peraltro
sottolineare da subito come l’utilizzo che Marcuse fa delle posizioni
freudiane non sia del tutto neutro: di frequente la sua interpretazione di
Freud si è dimostrata funzionale alle tesi che intende esporre.
L’esigenza di un confronto con il fondatore della psicoanalisi nasce
contemporaneamente dalla condivisione di vedute riguardo alle pulsioni
fondamentali umane e dalla differente valutazione del loro ruolo nella
costruzione della civiltà. Mentre per Freud la repressione istintuale imposta
dal sistema è necessaria per l’esistenza della società, Marcuse ritiene che
essa sia una contingenza storica superabile grazie ai progressi tecnologici
che permettono una maggiore quantità di risorse disponibili: in questa
situazione non sarebbe più inevitabile una limitazione dell’istintualità
umana, poiché l’abbondanza dei beni necessari per ciascuno renderebbe
inutile ogni eventuale abuso volto ad appropriarsi di quelli altrui. In una
simile circostanza anche la sessualità subirebbe un mutamento
fondamentale, per cui l’intero corpo si trasformerebbe in un mezzo per
provare piacere, in uno strumento di gioioso godimento nel rapporto con il
mondo.
La realtà attuale è però ben diversa: in essa gli uomini si trovano dominati
da un Logos che richiede loro prestazioni ormai eccessive rispetto alle reali
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necessità della vita. L’origine storica di questa repressione, operata dal
dominio sia a livello sociale sia a livello individuale, è descritta da Marcuse
nella parte di Eros e civiltà in cui egli sembra concordare maggiormente
con le posizioni freudiane: attraverso il mito dell’orda primordiale e
appoggiandosi alle categorie di Es, Io e Super-Io di Freud, Marcuse giunge
a mostrare come si sia arrivati alla repressione istintuale a cui la società
attuale costringe. Tuttavia questa repressione è solo una parte di quella a cui
l’individuo che vive nella società opulenta è sottoposto. Marcuse ritiene
infatti, allontanandosi in questo dalle posizioni freudiane, che nella società
capitalistica vi sia una repressione addizionale rispetto a quella presente in
qualsiasi altra affermazione storica del principio di realtà. Per questa
ragione la liberazione dalla repressione risulta ancor più difficile nella
contemporaneità: la continua produzione di lussi e di falsi bisogni da
soddisfare serve a stordire gli uomini e a renderli inconsapevoli di trovarsi
in una situazione in cui sarebbe possibile realizzare una civiltà fondata sul
principio di piacere. Questo è l’obiettivo marcusiano, una società in cui
l’uomo possa godere con gli altri uomini del proprio essere al mondo; egli
propone quindi un nuovo sovvertimento della scala dei valori (dopo quello
che aveva portato alla glorificazione del lavoro, operato quando vi era
necessità di sopperire alla penuria di risorse) in cui il piacere torni al
vertice. In questa conclusione Marcuse supera la posizione freudiana
mostrando come sia a suo giudizio possibile una società libera da ogni
repressione istintuale.
Un’ultima considerazione. Il contributo di Marcuse è generalmente
interpretato come una sorta di «alternativa ottimistica»
2
alle analisi assai più
negative, decisamente pessimistiche o anche solo scettiche e criticamente
dubbiose, di altri autori della Scuola. Mi è parso tuttavia significativo che in
alcuni punti, proprio dove sottolinea l’importanza del piacere, Marcuse
2
Cfr. l’introduzione di E. Donaggio in E. DONAGGIO (a cura di), La Scuola di Francoforte,
Einaudi, Torino 2005, p. XLII.
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riservi un’attenzione particolare a Schopenhauer, un autore notoriamente
associato al pessimismo; per questa ragione ho deciso di approfondire la
ricerca di possibili nessi tra i due. Tra Marcuse e Schopenhauer non vi è una
connessione diretta, ma un’influenza indiretta mediata da Freud: la
produzione freudiana è stata influenzata da Schopenhauer ed è divenuta a
sua volta fonte di ispirazione diretta per Marcuse. I punti di contatto tra
Marcuse e Schopenhauer riguardano temi importanti, dalla centralità delle
pulsioni istintuali, al ruolo dell’arte nella liberazione dalla sofferenza, al
tentativo di raggiungere una condizione in cui siano annullate tutte le
tensioni umane. Ma soprattutto entrambi condividono il desiderio di
realizzare una filosofia che sia in grado di contenere il dolore e che si offra
al singolo come via di salvezza, di liberazione dall’asservimento a un
dominio storicamente o metafisicamente determinato (del lavoro estraneato
nel caso di Marcuse, o della parcellizzazione della volontà nel mondo della
rappresentazione nel caso di Schopenhauer). Sono elementi importanti,
anche se non consentono di annullare le differenze fondamentali che
sussistono tra i loro pensieri, maturati del resto in contesti diversi.
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1. Marcuse nella Scuola di Francoforte
Per comprendere a pieno l’opera di Marcuse è bene cercare di
contestualizzare il suo lavoro, che si svolge all’interno della Scuola di
Francoforte.
La figura centrale di questo movimento culturale, noto ufficialmente come
Istituto per la ricerca sociale, è Max Horkheimer. Egli diviene direttore
dell’Istituto nel 1931 e cerca di dare sin da subito una linea precisa alle
ricerche che vengono svolte al suo interno. L’idea fondamentale è quella di
utilizzare la razionalità come strumento di critica della società, attraverso
studi multidisciplinari in cui sono coinvolti filosofi, sociologi, economisti,
storici e psicologi. Contemporaneamente la teoria critica – così viene
chiamata questa ricerca sociale – ha come obiettivo quello di essere «il lato
intellettuale del processo storico di emancipazione»
3
dell’umanità. Dunque
non vi è solo un’analisi critica, ma anche la speranza concreta che si
«instauri una situazione razionale concepita nella forma di un’associazione
di individui liberi dall’ingiustizia e dalla miseria»
4
.
Delineata così l’idea di fondo che anima l’Istituto per la ricerca sociale è
possibile individuare, come ha fatto E. Donaggio
5
, i principali nodi
problematici trattati, per comprendere poi come Marcuse si rapporti ad essi
e quale peso abbia la sua riflessione nello sviluppo della teorica critica.
Il primo nodo problematico individuato da Donaggio è quello relativo alla
critica di scienza, metafisica e filosofia. Questo primo aspetto porta alla
luce immediatamente l’importante apporto filosofico di Marcuse all’interno
della Scuola di Francoforte: egli ritiene che la ragione sia la categoria
fondamentale del pensiero filosofico, «l’unica per mezzo della quale questo
3
Cfr. M. HORKEHEIMER, Traditionelle und kritische Teorie, in «Zeitschrift für Sozialforschung»,
VI (1937), cit. in E. DONAGGIO (a cura di), op. cit., pp. XXV-XXVI.
4
Cfr. l’introduzione di E. Donaggio in E. DONAGGIO (a cura di), op. cit., pp. XXVI-XXXII.
5
Ibid.