1. INTRODUZIONE Negli ultimi anni, il vertiginoso aumento della popolazione mondiale ha portato a una richiesta
sempre maggiore di acqua, una risorsa che pone forti limiti allo sviluppo a causa della sua
diminuzione. Diventa così necessaria una corretta ed oculata gestione di questo bene, sempre più
prezioso, e a tale fine sono stati fatti molti studi, in particolare sulla depurazione delle acque reflue
derivanti dalle attività civili, agricole e industriali dell'uomo. È fondamentale evitare che le sostanze
presenti in tali acque, sia in sospensione che in soluzione, vadano a inquinare le falde o i suoli. Se il
refluo non subisce alcun trattamento prima di essere scaricato nei corsi d'acqua o in mare, provoca
danni rilevanti quali l'eutrofizzazione delle acque, che consiste in una forte crescita della massa di
alghe presente in un determinato corpo idrico e porta a un drastico impoverimento in ossigeno
dovuto alla attività batterica che si svolge su tale massa organica prodotta, e l'aumento dei solidi in
sospensione che causa una diminuzione di limpidezza delle acque.
Secondo la definizione dell'Articolo 74 del Decreto Legislativo 152/2006, si intendono
acque reflue urbane “acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque
reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e
provenienti da 'agglomerato'”. Per acque reflue agricole si intendono gli effluenti di aziende
agricole e allevamenti di bestiame. Dalla letteratura possiamo osservare ad esempio che un suino da
ingrasso di circa 80 kg produce il 6,8% di peso vivo in deiezioni (Benvenuti, 2009). Tali reflui sono
molto ricchi di sostanza organica, sali inorganici di P e N e solidi sospesi. I valori che si riscontrano
non permettono lo scarico diretto in acque superficiali (limiti di legge NH
4
+
≤15 mg/L; N-NO
3
-
≤ 20
mg/L). Tradizionalmente, i reflui suinicoli vengono utilizzati come fertilizzanti, ma se tale
procedimento non viene fatto correttamente si possono apportare molti danni all'ambiente, quali
l'inquinamento delle falde e l'eutrofizzazione dei corpi idrici e del mare.
Le alghe sono capaci di crescere in autotrofia ai bassi rapporti C/N presenti nei reflui
animali e molte specie sono ben tolleranti all'inquinamento organico: esse vengono utilizzate da
tempo nel processo di trattamento terziario per rimuovere N e P inorganico dalle acque di scarico
(Oswald, 1989), tuttavia tali impianti non sono ancora molto diffusi.
È stato scoperto che alcuni ceppi algali quale ad esempio Scenedesmus possono assimilare
composti organici parzialmente degradati in condizioni di mixotrofia ed è stato proposto l'uso di tali
microalghe come alternativa al trattamento secondario per rimuovere nutrienti e sostanza organica
dal refluo (Hammouda et al. , 1994) ma il problema principale che si presenta è l'elevata
concentrazione di urea, composti fenolici, acidi organici e altri elementi utilizzati nelle pratiche
agro-industriali che possono inibire la crescita algale.
1.1 Vantaggi nell'utilizzo dei reflui come substrato di crescita per
le microalghe Le acque reflue possono essere utilizzate come fonte di nutrienti per la coltivazione di microalghe
per vari fini commerciali. Lo sfruttamento dei reflui in tal senso permette di ridurre il costo di
produzione delle microalghe, poiché i sali nutritivi necessari non devono essere acquistati ma
provengono da una fonte a costo zero.
Le possibili applicazioni della coltivazione di microalghe su refluo sono soprattutto legate
alla produzione di biocombustibili. L'utilizzo delle microalghe come combustibile è ritenuta
l'applicazione attualmente più interessante: il biocombustibile ottenuto permetterebbe di non
sottrarre risorse alle coltivazioni per fini alimentari. Le ricerche puntano ad ottenere valori di
produzione con rendimenti prevedibili. Per far sì che il bilancio energetico della produzione di
biocombustibili da alghe risulti positivo è basilare mettere a punto sistemi di coltura e processi a
basso costo, fra i quali risulta importante il risparmio sul costo dei sali nutritivi.
1.2 Le microalghe 1.2.1 Generalità sulle microalghe Le microalghe sono microrganismi foto-autotrofi ossigenici eucariotici, usano la luce solare per
convertire la CO
2
in biomassa, attraverso questa reazione:
6H
2
O + 6CO
2
+ fotoni → C
6
H
12
0
6
+ 6O
2
Storicamente fra le microalghe sono inclusi anche i cianobatteri, organismi fotoautotrofi
ossigenici procarioti. Le microalghe e cianobatteri sono responsabili del 50% della produzione
primaria e forniscono una percentuale fra il 40 e il 50 di ossigeno atmosferico. Le diatomee sono
responsabili del 40% della produzione primaria degli oceani mentre le Chlorophyta sono i principali
produttori negli habitat di acqua dolce.
1.2.2 Sistematica Secondo i criteri tradizionali, le microalghe sono state classificate in base alle differenze
morfologiche, fisiologiche e dei pigmenti che le compongono, tuttavia attualmente sono in corso
profonde revisioni dovute a un numero crescente di dati derivati dalla biologia molecolare.
Le microalghe presentano un'ampia biodiversità, con un numero di specie esistenti stimato
sulle decine di migliaia. I gruppi principali sono riportati in tabella 1.
Tabella 1 - Caratteristiche dei principali gruppi algali.
Regno Divisione Clorofilla Pigmenti accessori Carboidrato di riserva Prokaryota Cyanobacteria Chl a Ficobiline Glicogeno Eukaryota Chlorophyta Chl a , b Amido Euglenophyta Chl a , b Paramylon (β-glucano)
Bacillariophyta Chl a , c Fucoxantina Crisolaminarina Prymnesiophyta Chl a , c Fucoxantina Crisolaminarina Chrysophyta Chl a , c Fucoxantina Crisolaminarina Xanthophyta Chl a , c Crisolaminarina Eustigmatophyta Chl a Crisolaminarina Dinophyta Chl a , c Peridinina Amido Cryptophyta Chl a , c Ficobiline Amido Rhodophyta Chl a , d Ficobiline Amido Grande rilevanza dal punto di vista commerciale è attribuita alle Chlorophyta (comunemente
conosciute come alghe verdi): esse contengono clorofilla di tipo a e b , con cloroplasti a doppia
membrana e tilacoidi in gruppi di 2 o 6. La parete cellulare è costituita da cellulosa, l'organizzazione
delle cellule può essere coloniale, cenobica o unicellulare, le forme sono le più disparate, e possono
essere sia flagellate che immobili. Hanno tutte un ciclo aploide in cui solo lo zigote, che molto
spesso rappresenta una forma di resistenza, è diploide.
1.2.3 Utilizzi delle microalghe Le microalghe possiedono caratteristiche e potenzialità produttive che le rendono ottime candidate
per l'utilizzo in molti campi. Possono fornire una biomassa con un alto contenuto in proteine e/o
lipidi e carboidrati, e attraverso la coltura massiva si possono ottenere prodotti di alto valore
commerciale quali mangimi, integratori alimentari, pigmenti e ingredienti per cosmesi (Pulz &
Gross, 2004). Altre potenziali applicazioni derivano dall'utilizzo delle microalghe come olio ricco in
acidi grassi polinsaturi, fertilizzanti, biopesticidi, preservanti, lead per nuovi farmaci, fonte di
composti ad attività antimicrobica e antitumorale (Tredici et al. , 2009).
La quasi totalità di biomassa algale prodotta attualmente (circa il 75%), viene impiegata per
la produzione di integratori alimentari, commercializzata sotto forma di tavolette e pastiglie che
incorporata in paste, snack, gomme da masticare e bevande (Pulz & Gross, 2004). La maggior parte
del mercato è dominato da Spirulina ( Arthrospira ) e Chlorella (Spolaore et al. , 2006; Tredici et al. ,
2009).
Altro ambito molto interessante è l'acquacoltura, che genera un volume di affari di decine di
miliardi di euro all'anno, ed è in costante crescita. Le microalghe sono utilizzate per lo svezzamento
delle larve di specie ittiche da allevamento, per l'allevamento e arricchimento di microcrostacei (es.
Artemia ) e zooplancton (es. rotiferi) e per l'allevamento di molluschi bivalvi e delle fasi larvali dei
gamberi. Aggiungendo le alghe alle vasche di allevamento tramite una tecnica denominata green-
water o pseudo green-water, si ottiene una riduzione della mortalità degli animali attraverso
meccanismi non ancora del tutto definiti, fra i quali la presenza di agenti battericidi e fattori di
crescita prodotti dalle alghe, aumento dei valori nutrizionali della preda viva e una stabilizzazione
della qualità delle acque, dovuta alla produzione di ossigeno da parte delle alghe e stabilizzazione
del pH (Tredici et al. , 2009).
I pigmenti, ricavabili da alcune specie di alghe, trovano varie applicazioni. Il β-carotene,
ricavato da Dunaliella , è un colorante alimentare e un additivo per mangimi animali ed è anche
venduto come nutraceutico per le proprietà antiossidanti; l'astaxantina, da colture di
Haematococcus , è utilizzata in acquacoltura per colorare la carne dei salmoni e, come il β-carotene
da Dunaliella , ha buone proprietà antiossidanti. Le ficobiline, prodotte anche a partire da
Arthrospira , servono sopratutto come coloranti alimentari e reagenti fluorescenti per marcare
anticorpi e molecole biologiche (Spolaore et al. , 2006; Tredici et al. , 2009).
Le microalghe potrebbero essere di grande aiuto anche nella ricerca alla soluzione di uno dei
problemi più rilevanti negli ultimi anni, quale quello della diminuzione delle energie fossili e
l'utilizzo di energie rinnovabili: da esse si possono estrarre triacilgliceroli saturi o monoinsaturi e
ricavare biodiesel, oppure carboidrati per la produzione di bioetanolo. I maggiori problemi si hanno
sulle applicazioni in larga scala, ma i risultati ottenuti sono promettenti (Rodolfi et al. , 2009).
Interessante a livello applicativo è l'uso delle microalghe per la depurazione delle acque
reflue. Tale aspetto è in costante evoluzione, e numerosi studi sono in atto. Le alghe, crescendo sui
reflui, ne riducono il contenuto di P e N fino a valori tali da consentire il rilascio nell'ambiente. I
primi trattamenti con le alghe risalgono al secolo scorso, con le vasche di ossidazione sperimentate
in California. Inizialmente, si sfruttava la componente delle microalghe per incrementare la
produzione di ossigeno, necessario ai batteri per il proprio metabolismo. È il consorzio alga-batterio
che permette la rimozione dei nutrienti del refluo. Utilizzando le HRAP (High Rate Algal Pond),
vasche caratterizzate da una profondità molto inferiore (qualche decimetro) rispetto alle vasche di
ossidazione degli impianti di depurazione (qualche metro) si ottengono maggiori quantitativi di
biomassa (Oswald, 1988). Nelle vasche aperte le colture algali sono tuttavia soggette a
contaminazioni dall'esterno, e questo andrà sempre tenuto presente.
1.3 Obbiettivo della tesi Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare la possibilità di sfruttare i reflui di origine agricola
o urbana quale substrato di crescita di ceppi selezionati di microalghe, in particolare Scenedesmus
3PAV3 e PROD2, con conseguente risparmio di sali nutritivi che rappresentano un'importante voce
di costo nella produzione della biomassa.
In particolare si è voluta valutare la differenza di crescita fra l'alga coltivata su refluo senza
alcuna aggiunta di nutrienti e l'alga coltivata su refluo a cui erano stati aggiunti uno o più dei
nutrienti presenti nel mezzo sintetico usato come controllo. Le prove sono state condotte sia in
laboratorio che all’aperto in condizioni naturali di illuminazione in vasche tipo raceway da 9 L.
Si è infine valutata la capacità dei ceppi testati di rimuovere azoto e fosforo dai reflui al fine
di verificare l'efficacia di utilizzo del substrato e la capacità depurativa delle microalghe impiegate.
2. MATERIALI E METODI 2.1 Caratteristiche dei ceppi algali utilizzati nella
sperimentazione I ceppi algali Prod2 e 3PAV3 utilizzati per la sperimentazione appartengono al genere Scenedesmus
(Chlorophyta). I ceppi provenivano da precedenti isolamenti da refluo urbano (3PAV3) ed agricolo,
precisamente suinicolo (Prod2), effettuati presso il Dipartimento di Biotecnologie Agrarie.
Scenedesmus si presenta con cellule allungate, arrotondate o cilindriche, spesso in cenobi costituiti
da 2, 4, 8, 16 e raramente 32 cellule. La singola cellula ha generalmente una lunghezza da 8 a 42
µm e larghezza da 3 a 15 µm.
2.2 Caratteristiche dei reflui utilizzati nella sperimentazione Durante la sperimentazione sono stati impiegati reflui sia di origine agricola che di origine urbana.
Il refluo urbano è stato prelevato dal depuratore di San Colombano (Lastra a Signa, FI), dove
subisce un trattamento di grigliatura e ossigenazione, e successivamente di sedimentazione prima
della fermentazione anaerobica. Più in particolare, s ia per lo screening in beuta che per le prove in
vasca all'aperto, il refluo utilizzato è stato il surnatante di centrifugazione del prodotto in uscita dal
digestore anaerobico.
Il refluo agricolo è stato prelevato dal bacino di lagunaggio dell'impianto di smaltimento di
reflui di porcilaia CODEP, situato a Bettona (PG). I prodotti di recupero dell'impianto sono acque
fertirrigue ed energia elettrica generata tramite biogas. Lo smaltimento si articola in vari passaggi:
effettuate le operazioni preliminari, quali grigliatura, desabbiatura e sedimentazione, il refluo grezzo
attraversa tre digestori anaerobici per circa un mese. Il refluo in ingresso attraversa uno scambiatore
di calore che permette di mantenere la temperatura a 33 °C circa. Il refluo in uscita viene
centrifugato e il surnatante viene inviato verso due vasche di ossidazione. Infine si ha lo stoccaggio
in una laguna artificiale nella quale avvengono processi di ossidazione e fermentazione simili a
quelli presenti in natura: processi aerobici in superficie ad opera delle alghe e prevalentemente
anaerobici nella zona intermedia e sul fondo ad opera di batteri.