Interessi e rapporti nella gestione degli impianti sportivi di quartiere
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Capitolo I
LO SPORT COME SERVIZIO DI TUTTI
SOMMARIO: Introduzione; 1. Gli impianti sportivi di quartiere: natura giuridica ed
interesse collettivo; 2. Il vincolo di destinazione negli impianti sportivi di quartiere quali
standards urbanistici inderogabili; 3. Alienazione degli impianti sportivi di quartiere e
sottrazione alla destinazione d’uso.
Introduzione
L’indagine sugli impianti sportivi di quartiere presuppone, sotto il profilo
metodologico, una definizione generale del concetto di “sport” e di quello di
“servizi pubblici locali”.
Non vi sono norme che collegano direttamente il primo ai secondi,
mancando nel nostro ordinamento un’elencazione tassativa dei pubblici
servizi, discrezionalmente definiti dalla combinazione di elementi oggettivi
(“produzione di beni e attività”) e finalistici (“loro attitudine a realizzare fini
Interessi e rapporti nella gestione degli impianti sportivi di quartiere
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sociali ed a promuovere lo sviluppo della collettività locale”)
2
, ad opera dei
pubblici Amministratori in relazione ai differenti contesti socio - economici e
territoriali
3
.
L’indagine deve, quindi, svolgersi sul versante delle disposizioni
normative che definiscono l’oggetto del servizio.
La definizione di attività sportiva, che è possibile trarre da un’analisi
complessiva delle norme che a vario titolo se ne occupano nel nostro
ordinamento, è connessa a quella di un’attività piacevole, non
necessariamente finalizzata al lucro
4
, al di fuori di quelle attività economiche
che sono dirette ad assicurare la sopravvivenza materiale dell’individuo;
2
Cfr. art. 112, comma 1, del Testo Unico degli Enti Locali (Decreto Legislativo n.
267/2000): “Gli Enti locali nell’ambito delle rispettive competenze provvedono alla
gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto la produzione di beni ed attività
rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle
comunità locali”; pertanto, lo sport è qualificabile come un servizio pubblico in quanto
rivolto a “realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle
comunità locali”.
3
In sostanza, l’individuazione di un determinato servizio pubblico, rispondente ai
sopra indicati requisiti oggettivi e soggettivi, è rimessa all’autonoma e discrezionale
valutazione dell’Ente locale in relazione alle mutevoli esigenze della collettività locale.
4
Il fine lucrativo è invece essenziale requisito della nozione di impresa, come
previsto dall’art. 2082 cod. civ.
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nonchØ di un’attività ludica, organizzata, con regole universalmente accettate
e vincolanti per coloro che la praticano e finalizzata ad elevare le condizioni
fisiche e morali di questi ultimi
5
.
Dunque, la funzione che il legislatore tende a garantire quando si occupa
di sport è quella di assicurare il benessere della collettività, finalità che rientra
tra i compiti tradizionali della pubblica Amministrazione: il che spiega come,
da un lato, gli impianti sportivi rappresentino strumenti indispensabili per
perseguire tali finalità pubbliche e, dall’altro, come della loro costruzione e
realizzazione si siano sempre fatte carico le Istituzioni pubbliche a livello
nazionale, regionale e locale, con il significativo contributo, sotto il profilo
organizzativo, del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.)
6
, dei suoi
5
FRASCAROLO M., voce “Sport”, in Enc. Dir., vol. XLIII, Milano - 1990; p. 514.
6
La sua legge istitutiva (legge 16 febbraio 1942, n. 426 successivamente
modificatasi ed ora abrogata dall’art. 19 del Decreto Legislativo 23 luglio 1999, n. 242) gli
attribuisce funzioni di organizzazione e di potenziamento dello sport nazionale ed i compiti
di provvedere alla conservazione, al controllo ed all’incremento del patrimonio sportivo
nazionale; di sorveglianza e di tutela su tutte le organizzazioni che si dedicano allo sport;
di approntare i mezzi idonei per le manifestazioni sportive.
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organi, le Federazioni sportive nazionali
7
, e delle Società sportive
8
riconosciute dalle Federazioni stesse, che costituiscono il tessuto su cui lo
sport si basa ed a cui anche per gli impianti sportivi si deve far riferimento,
sia per gli aspetti normativi, sia per quelli di indirizzo tecnico e progettuale
9
.
Peraltro, impianti sportivi “in senso giuridico” sono soltanto quelli che
hanno ottenuto la preventiva autorizzazione dal C.O.N.I., necessaria al pari
7
Cfr. sentenza Cassazione Civile 11 ottobre 2002, n. 14530 (in Giust. Civ. Mass.
2002; p. 1789): “Le Federazioni sportive nazionali presentano un duplice aspetto, l’uno di
natura pubblicistica, riconducibile all’esercizio in senso lato di funzioni pubbliche proprie
del C.O.N.I, e l’altro di natura privatistica, riconnesso alle specifiche attività delle
Federazioni medesime, attività che, in quanto autonome, sono separate da quelle di natura
pubblica e fanno capo soltanto alle dette Federazioni. Tra le attività di natura pubblica,
nell’espletamento delle quali la Federazione agisce come organo del C.O.N.I., rientra la
pubblicazione di una rivista, relativa alla disciplina agonistica ricadente nell’ambito della
competenza della Federazione, con la connessa raccolta pubblicitaria, trattandosi di
attività di promozione e diffusione dello sport che non si esaurisce nella sfera interna della
Federazione medesima, ma che si ancora alla funzione pubblica propria del C.O.N.I.,
venendo a coincidere con uno dei compiti essenziali di questo”.
8
Cfr. legge 23 marzo 1981, n. 91 “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi
professionisti” che attribuisce alle Società di capitali operanti nel settore sportivo finalità di
tipo sociale, innovando le norme del codice civile (artt. 2247 e ss.) che attribuiscono
tassativamente alle società di capitali il fine di lucro.
9
Il diritto dello sport, diretto da C. G. IZZO, A. MERONE, M. TORTORA, con la
collaborazione di G. GUARINO, G. MERONE, Utet Giuridica, Milano - 2007; p.324.
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dell’effettiva destinazione del terreno, dell’approvazione del progetto e di tutti
gli altri adempimenti formali ed amministrativi necessari al riconoscimento di
tale tipologia di impianti
10
.
Giustappunto, sotto il profilo giuridico, gli impianti sportivi sono definiti
come “spazi in cui si praticano discipline sportive, approvate dalle
Federazioni sportive nazionali riconosciute dal C.O.N.I.”
11
.
Il C.O.N.I., obbligato ad esprimere un parere sui progetti per la
costruzione, l’acquisto, l’ampliamento e le modifiche degli impianti
sportivi
12
, rappresenta l’Ente di riferimento per l’organizzazione sportiva, per
10
Rischi temuti danni attesi tutela privata, COSTANTINO M., Giuffrè Editore, Milano -
2002; p. 129.
11
Tale definizione si rinviene dall’art. 2 del Decreto Ministeriale 25 agosto 1989
“Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio di impianti sportivi”.
12
E’ da ritenere illegittimo il procedimento per la realizzazione di un impianto
sportivo qualora non sia stato acquisito il parere del C.O.N.I., necessario per
l’approvazione di progetti di costruzione, acquisto, ampliamento e modifica di campi ed
impianti sportivi con relativi accessori, richiesto dall’art. 1 del Regio Decreto legge 2
febbraio 1939, n. 302, così come modificato dalla legge 2 aprile 1968, n. 526 e dalla legge
6 marzo 1987, n. 65.
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quanto attiene agli aspetti programmatori ed organizzativo - gestionali
dell’attività sportiva agonistica
13
.
La ratio di fondo è quella di assicurare, per la generalità degli impianti
sportivi e sull’intero territorio nazionale, la necessaria conformità alle regole
tecniche delle diverse discipline sportive, anche in connessione alle norme
dell’ordinamento sportivo internazionale
14
, altresì al fine di garantire che le
13
La Corte Costituzionale (sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, in Giust. Cost., 1987,
I; p. 3373), nel chiarire le funzioni riguardanti la promozione di attività sportive e
ricreative nonchØ la realizzazione dei relativi impianti tra Stato e Regioni, ha individuato
quale unica linea di demarcazione tra tali competenze quella tra attività sportiva agonistica
riservata al C.O.N.I. e quella delle altre attività sportive (non agonistiche) di competenza
regionale. Questo criterio di ripartizione incide anche sulla ripartizione di competenze
attinenti agli impianti sportivi, per cui spetterebbe allo Stato decidere e programmare gli
interventi sugli impianti necessari per l’organizzazione delle attività sportive agonistiche;
alle Regioni spetterebbe la medesima competenza, ma in relazione all’organizzazione delle
attività sportive non agonistiche. Pertanto, l’Ente territoriale dovrà avere come riferimento
principale gli aspetti sociali collegati alle iniziative ed alle attività di carattere sportivo; il
C.O.N.I. resta, invece, l’Ente principale per quanto riguarda l’organizzazione dello sport in
senso lato.
14
Cfr. art. 2, comma 1, del Decreto Legislativo Melandri 23 luglio 1999, n. 242
“Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”: “Il C.O.N.I. deve conformarsi nella
sua azione ai principi dell’ordinamento sportivo internazionale”; nonchØ in proposito cfr.
Interessi e rapporti nella gestione degli impianti sportivi di quartiere
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competizioni sportive di pari livello si svolgano in spazi con caratteristiche
equivalenti
15
.
1. Gli impianti sportivi di quartiere: natura giuridica ed interesse collettivo
Per poter affrontare la tematica degli impianti sportivi di quartiere è
necessario delineare in termini sintetici la loro collocazione nel quadro del
nostro ordinamento giuridico.
In dottrina e giurisprudenza è pacifico che gli impianti sportivi di quartiere
rientrano nel patrimonio indisponibile degli Enti pubblici, secondo la
disciplina dell’art. 826 cod. civ. , rubricato “Patrimonio dello Stato, delle
Province e dei Comuni”, essendo beni destinati ad un pubblico servizio,
strettamente collegato allo svolgimento dell’attività sportiva sia essa praticata
a titolo ricreativo e di svago o agonistico.
ALVISI C., Autonomia privata e autodisciplina sportiva. Il C.O.N.I. e la regolamentazione
dello sport, Giuffrè Editore, Milano - 2000; p. 149.
15
A tal fine sia il C.O.N.I. che le Federazioni nazionali ed internazionali hanno
emanato apposite norme che costituiscono il riferimento fondamentale per la progettazione
degli impianti sportivi, in quanto ne definiscono le caratteristiche tecniche allo scopo di
poter ospitare le attività sportive di competenza (Cfr. nota 9; op. cit., p. 328).
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Ergo, quanto alla loro natura giuridica, gli impianti sportivi di quartiere
sono opere di interesse collettivo, “giacchØ l’Amministrazione, costruendoli
ed adoperandoli per l’attività sportiva, intende soddisfare l’interesse proprio
e dell’intera collettività alle discipline sportive”. In tal senso si è pronunciata
la Cassazione a sezioni unite civili, con sentenza 13 novembre 1997
n.11219
16
, in una controversia che aveva come parti la Parma Associazione
Calcio S.p.A., il Comune di Parma ed alcuni privati.
La fattispecie posta all’attenzione della sentenza appena citata della
Suprema Corte è la seguente: il Comune di Parma, proprietario dello stadio
comunale Tardini, aveva stipulato con il Parma Associazione Calcio S.p.A. un
contratto per l’utilizzo dello stadio. Sorta la necessità di ampliare la capienza
dello stadio, si concordò di estendere la durata dei contratti di locazione
dell’impianto sportivo e di provvedere all’approvazione dei nuovi lavori
edilizi. Con delibera comunale, attuativa del nuovo contratto di locazione, il
16
La sentenza sopraccitata (in Foro It., 1998, fasc. 4, parte 1; p. 1182), pur
riferendosi ad un impianto sportivo destinato ad attività agonistica (uno stadio di calcio)
fornisce un’adeguata definizione della natura giuridica degli impianti sportivi di quartiere
tout court, conferma una valenza pubblicistica dello sport e collega l’attività sportiva
medesima a finalità di interesse collettivo.
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Comune autorizzò la società di calcio a realizzare le nuove opere edilizie a
propria cura e spese. La società avrebbe destinato a titolo gratuito le nuove
opere, rinunciando espressamente ad ogni indennità per le migliorie.
Tuttavia, alcuni abitanti in una zona vicina allo stadio impugnarono gli atti
relativi all’ampliamento dei lavori, sostenendo che i lavori medesimi erano
stati effettuati dalla società di calcio in assenza del preventivo bando di una
gara pubblica, ma attraverso la conclusione di un contratto a trattativa privata
tra la società medesima e l’Ente pubblico.
Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Emilia Romagna stabilì che
erano state violate le norme e le regole concernenti l’indizione delle pubbliche
gare e le previsioni del Piano Regolatore Comunale, accogliendo pertanto
alcune ragioni dei privati. Il Consiglio di Stato confermò tale decisione.
La decisione della Corte di Cassazione, rigettando i ricorsi del Comune e
del Parma Calcio, ha ribadito che il rapporto tra il Comune e la società di
calcio non può essere ricondotto ad un contratto di locazione di natura
privatistica, ma deve qualificarsi nell’ambito della concessione.
Fondamento di tale decisione è stato l’accertamento della natura del bene
dato in gestione ed utilizzato dal privato.
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La Corte ha escluso che si tratti di un bene demaniale, non essendo
compreso tra quelli indicati nell’art. 822 cod. civ. , rubricato “Demanio
pubblico”, che contiene un’elencazione tassativa dei beni demaniali
17
.
La Corte qualifica tali solo quei beni la cui utilizzazione riveste per la
comunità una rilevante importanza, mentre l’attività sportiva, pur nella sua
crescente rilevanza sociale, non assurge ad una importanza tale da giustificare
l’attribuzione del carattere demaniale agli impianti sportivi.
Per la Corte l’art. 826 cod. civ. , non contenente un elenco tassativo come
il precedente, stabilisce il principio di appartenenza dei beni agli Enti
pubblici, coordinato con quello della destinazione ad un pubblico servizio.
Secondo i Giudici la destinazione a pubblico servizio si deve affermare per
gli impianti sportivi sulla scorta della considerazione che, attraverso la
costruzione dell’impianto medesimo e la sua destinazione alla specifica
attività sportiva, la pubblica Amministrazione soddisfa in via immediata
17
L’art. 822 cod. civ. contempla i beni del demanio necessario o naturale: vale a dire
i beni i quali, in virtø dei principi generali dell'ordinamento, non possono non appartenere
allo Stato e non possono che essere demaniali (comma 1); nonchØ un elenco tassativo di
beni, i quali vengono a far parte del demanio accidentale solo se appartengono allo Stato,
alle Province ed ai Comuni (comma 2).