1
INTRODUZIONE
Gli egittologi “puri” facevano terminare il loro ambito di studio della civiltà
faraonica al Periodo T ardo, non considerando i periodi successivi come
espressione della civiltà delle Due T erre. Questo pensiero è stato
ridimensionato, infatti ora vengono analizzati anche il periodo tolemaico e
quello romano. Quest'ultimo ha iniziato ad essere studiato in maniera
approfondita solo nell'ultimo trentennio, poiché in precedenza l'analisi
aveva solo riguardato la catalogazione cronologica delle maschere
funerarie.
1
È perciò ancora un mondo tutto da scoprire. Scopo di questo
lavoro è analizzare per sommi capi un settore specifico dell'Egitto romano,
quello degli usi e dei costumi funerari e di come essi venissero recepiti e
rielaborati nel periodo in questione.
Grazie alla consultazione di opere scientifiche in italiano e in lingua
straniera, dedicate all’argomento sono emersi aspetti interessanti che
verranno ampliati nella tesi specialistica, qui solo accennati per motivi di
spazio, limitazione necessaria in una tesi triennale.
Si è scelto di affrontare l’argomento partendo da una contestualizzazione
storica per avere un’idea dell’ambiente in cui le espressioni funerarie
maturarono. Grande attenzione è stata rivolta all’esame della religione per
comprendere meglio la due culture e la loro interazione.
Il capitolo centrale è dedicato allo studio delle testimonianze archeologiche
ritrovate nel territorio egiziano, riconducibili al periodo della dominazione
romana. Nel capitolo finale, invece, ho preso brevemente in esame le
tradizioni e gli usi funerari tipicamente romani, in modo da poter creare un
confronto tra le consuetudini tipicamente romane e le altre derivate da una
contaminazione della cultura egizia con quella dei nuovi dominatori.
1
Riggs 2005, pp. 36-37.
2
CAPITOLO I
CONTESTUALIZZAZIONE STORICA
Nell'autunno del 332 a.C. il macedone Alessandro Magno penetrò in Egitto
e lo conquistò, ma all'età di soli 33 anni morì (323 a.C.) e ai suoi generali
non restò che spartirsi l'impero. L'Egitto venne affidato a T olemeo che, nel
305 si proclamò sovrano d' Egitto con il nome di T olemeo I Sotere.
La dinastia greco-macedone dei T olemei governò il Paese fino alla sconfitta
della regina Cleopatra e alla conquista da parte dei Romani. Naturalmente
ancor prima che l'Egitto divenisse una provincia romana, le genti dei due
Paesi erano entrate in contatto tra loro, alcuni re lagidi lasciarono
addirittura, attraverso un testamento, l'Egitto a Roma.
Fino al 168 a.C. i rapporti tra le due potenze furono paritari, ma a partire
dalla data in questione non esistettero più tali equilibri: Antioco IV invase
l'Egitto e Roma, attraverso l'ambasciatore Popilio Lenate, inviò un
ultimatum: abbandonare subito l'Egitto o Roma si sarebbe mossa, portando
aiuti
1
. Da questa data in poi, per il resto del periodo tolemaico
l'indipendenza dell'Egitto venne esercitata sotto la “protezione” di Roma,
che non vide, nelle Due T erre, un nemico capace di minare la sua potenza.
Roma perciò fu un'alleata dell'Egitto, infatti il re T olemeo XII Aulete vi si
rifugiò a seguito di una rivolta popolare avvenuta ad Alessandria. Lo stesso
Pompeo, sconfitto da Cesare a Farsalo, andò in Egitto con la convinzione di
ottenere la protezione di T olemeo XIII Dionisio, ma il re, in lotta con la
sposa-sorella, lo fece uccidere, probabilmente per non inimicarsi Cesare
2
.
Quest'ultimo entrò nelle contese dinastiche e impose come regina
Cleopatra. Dopo la battaglia di Filippi (42 a.C.) Cleopatra si unì a Marco
1
Livio, Ad urbe condita libri, XLV , 12.
Polibio, Storie, XXIX, 27.
2
Cesare, De bello civili, III, 104.
Appiano, Le guerre civili, II, 84-86.
3
Antonio, con l'aspirazione di creare una monarchia orientale. Ottaviano
cercò di contrastare le sue mire. Nella battaglia di Azio (31a.C) Antonio e
Cleopatra furono sconfitti e dopo la loro tragica morte, l'Egitto diventò una
provincia romana
3
sui generis poiché gestita dal prefetto (praefectus
Alexandreae at Aegypti) avente i poteri di un viceré. Proveniente dal rango
equestre, era nominato personalmente, per un periodo indeterminato,
dall'imperatore e a questi rispondeva direttamente. Aveva la giurisdizione su
tutto il Paese, contro la sua sentenza non vi era che l'appello all'imperatore.
Ai senatori e alle maggiori personalità del ceto equestre fu vietato entrare
in Egitto senza il permesso dell'imperatore, in questa maniera si cercò di
evitare l'emergere di personalità di spicco che avrebbero potuto mettere in
pericolo l'equilibrio imposto.
I Romani, dopo il tramonto dei Lagidi, trovarono l' Egitto in uno stato di
anarchia e disordine, perciò operarono delle riforme in modo da rendere
efficiente la centralizzazione, prima fra tutti la suddivisione delle Due T erre
in 3 grandi distretti, il Delta, l'Eptanomide e l'Arsinoite; e la T ebaide, a capo
dei quali c'erano degli epistrateghi. Ogni epistrategia era divisa in nomi,
gestiti dagli strateghi
4
.
Ottaviano pur lasciando sopravvivere le strutture che non contrastavano con
la nuova gestione del Paese, andò a modificare internamente il sistema,
rompendo così il senso di continuità con la monarchia tolemaica: la
titolatura lagide venne sostituita da quella imperiale, venne tolto il
sacerdozio eponimo, scomparvero i titoli aulici di corte tolemaici, venne
soppressa la bulé alessandrina
5
.
Lo status personale degli abitanti fu sottoposto a trasformazione e vennero
preferiti i cittadini maggiormente ellenizzati, concedendo, agli abitanti greci
3
Augusto, Res gestae “Aegiptum Populi romani adieci” (aggiunsi l'Egitto all'impero del popolo
romano)
4
Montevecchi 1973, (rist, 1991), pp 152-153.
5
Geraci 1988, pp. 407-410.
4
di Alessadria, Naukratis e Ptolemais delle esenzioni fiscali
6
. V enne sancita
una netta separazione tra abitanti delle città e quelli della chora, tra indigeni
e discendenti dei greci. Giuridicamente vennero istituite tre categorie:
romani, alessandrini ed egiziani che, poiché considerati inferiori, vennero
sfruttati dovendo pagare delle imposte pro-capite per compensare le
esenzioni fiscali delle classi più abbienti
7
. I greci della chora furono
giuridicamente equiparati agli indigeni
8
.
È evidente che in Egitto l'elemento indigeno e quello straniero non si fusero
mai completamente, soprattutto nelle città, nelle quali, ciascun gruppo
tendeva a mantenere le proprie tradizioni. Sin dal periodo tolemaico, come
dimostrano i numerosi papiri ritrovati, nel campo del diritto privato, greci e
indigeni si gestivano ciascuno secondo le rispettive tradizioni giuridiche,
consuetudine che perdurò per tutta l’età romana
9
. V i era perciò un diritto
personale e non territoriale. Questa situazione cambiò nel 212 con la
Costitutio Antoniniana che portò tutti, anche nel diritto privato, a regolarsi
secondo le leggi romane. L’ignoranza della lingua latina, ora indispensabile
per la redazione dei documenti, fu arginata permettendo l’utilizzo del greco.
Tale concessione ebbe come conseguenza l’infiltrazione di elementi greco-
egizi nel diritto romano, e quindi una sua contaminazione con elementi
giuridici esterni tanto da necessitare una sorta di epurazione attraverso delle
disposizioni imperiale da Diocleziano in poi
10
.
Altre riforme volute da Ottaviano riguardarono il mondo del sacerdozio:
furono confiscate le terre dei templi, vennero ridimensionati, in negativo, i
privilegi della classe sacerdotale, limitandone la libertà, anche decisionale,
visto che qualsiasi soluzione doveva prima essere vagliata da un
funzionario romano. Questa decisione venne presa perché i sacerdoti egizi
erano considerati dei sollevatori di folle, capaci perciò di creare,
6
Montevecchi 1988, p. 445.
7
Montevecchi 1973, ( rist 1991), pp. 154-161.
8
Montevecchi 1988, pp. 445-446.
9
Montevecchi 1973, ( rist, 1991), pp.140-141.
10
Montevecchi 1973, ( rist 1991), pp. 194-196.
5
potenzialmente, dei dissensi interni al sistema
11
. Inoltre vennero modificati
l’ordinamento fondiario, il calendario, la moneta
12
, i terreni demaniali
furono obbligatoriamente coltivati dagli abitanti in modo da sfruttare al
meglio il raccolto che derivava dalla loro cura, le liturgie (servizi di vario
genere prestati alla comunità) fino ad allora libere, diventarono
obbligatorie
13
. Fu perciò un cambiamento che, seppur non visibile, riguardò
tutta la struttura del Paese. I romani dunque non si ispirarono alla tradizione
egizia per governare il Paese, ma agirono nell’interesse di Roma
14
.
L'Egitto diventò il granaio dell'impero. Roma riuscì a sfruttare, come mai
accaduto prima, le risorse naturali del Paese
15
. Le Due T erre ebbero la
precisa funzione di alimentare Roma e per ottenere questo, il territorio
venne sfruttato creando un sistema amministrativo e organizzativo capace
di convogliare nell’Urbe tutti i prodotti
16
.
La vittoria sull'Egitto venne presentata dai romani come una nuova era, un
nuovo inizio, anche se, probabilmente la popolazione egiziana non notò la
differenza tra una dominazione e l'altra
17
. Questo avvicinamento dell'Egitto
a Roma portò i romani a conoscere meglio gli usi e i costumi degli egizi e a
volerli, almeno in parte, imitare, perché molto affascinati dalla millenaria
storia dei faraoni, così come avevano già fatto, da tempo, i Greci.
Scoppiò “ l'egittomania”. E fu così che a Roma arrivarono obelischi, statue,
specchi, figurine in terracotta. La moda si basava sia su “veri” oggetti egizi
che erano importati, e che mantenevano la loro funzione specifica, sia su
oggetti realizzati da maestranze romane seguendo uno stile
“egizianeggiante”: il loro aspetto rimandava alle forme egizie, ma il loro
scopo era riconducibile alla forma mentis locale. Gli esempi più noti di
questa seconda categoria furono le statue di alcune regine tolemaiche che in
11
Frankfurter 1998, p. 206.
12
Geraci 1988, pp. 409-410.
13
Montevecchi 1988, pp. 457-459.
14
Montevecchi 1988, p. 421.
15
Bagnall 2004, p. 16.
16
Montevecchi 1988, pp. 465-467.
17
Bowman 1997, pp. 42-43.
6
Italia vennero adorate come immagini di Iside
18
.
Questa moda, dovuta alla grande adesione della popolazione al culto degli
dei egizi, contagiò tutta la società: lo stesso imperatore Adriano, a T ivoli
ricostruì un braccio del delta, il famoso Canopo
19
. Anche gli scrittori si
dedicarono a questa civiltà, basti citare Plutarco con l' Iside e Osiride,
Apuleio con L'asino d'oro (in cui si svelavano i riti misterici imposti da
Iside), Diodoro Siculo che raccontava di Osiride e Anubi.
In questo contesto multiculturale ed eterogeneo, le due civiltà si
influenzarono reciprocamente, dando avvio a un processo di commistione,
non scevro, tuttavia, da differenziazioni.
18
Ashton 2004, pp. 142-145.
19
De Rachewiltz, Partin 1999, p. 34.
7
CAPITOLO II
LA RELIGIONE NELL ’EGITTO DI EPOCA ROMANA E I
CUL TI EGIZIANI A ROMA
I dominatori, sia Greci che i Romani, e gli indigeni non crearono mai una
vera e propria cultura ibrida soprattutto nelle metropoli, nelle quali vi fu il
divieto di contrarre matrimoni misti. Le loro tradizioni perciò non andarono
mai a confluire in un substrato culturale unitario. Una mescolanza etnica si
andò formando solo nelle campagne, nella chora, poiché qui i Greci, e i
Romani ancor di più, rappresentarono sicuramente una minoranza rispetto
agli Egiziani. Dovettero perciò essere frequenti i matrimoni misti, visto
anche l’esiguo numero di donne greche e latine qui giunte
1
.
Uno degli aspetti più evidenti di questa influenza reciproca, tra mondo
egiziano e quello dei conquistatori, riguardò il cosiddetto sincretismo
religioso sviluppatosi durante il periodo macedone. Molti studiosi non sono
favorevoli all’utilizzo del termine sincretismo perché esso sta ad indicare
una fusione di elementi provenienti da culture differenti e ad una loro
rielaborazione che porta alla creazione di un elemento nuovo. Questo
termine è perciò accettato per la religione lagide, visto che, in quel periodo
ci fu effettivamente la creazione di una nuova divinità avente caratteristiche
greche ed egizie, ma non per il periodo romano, durante il quale è più
giusto parlare di commistione di credenze.
Sicuramente fra le manifestazioni più estranee allo spirito greco vi furono i
culti delle divinità teriomorfe e soprattutto i vari aspetti del culto dei morti,
primo fra tutti la mummificazione
2
. L'iniziale difficoltà nell'accettare le
divinità egizie stava nel fatto che esse potessero avere indistintame nte
forma animale o umana. Per i greci e i romani gli animali erano solo un
1
Montevecchi 1973, (rist 1991), pp. 144, 154.
2
Montevecchi 1973, (rist 1991), pp. 265-266.
8
simbolo della divinità, non una sua manifestazione immanente. I romani più
conservatori, almeno inizialmente, non riuscirono ad accettare di buon
grado questa situazione, come dimostrano i versi di Giovenale
3
o il rifiuto
di Augusto a sacrificare al dio Api.
II.1 Il “Syncrétisme-justaposition”
Per il periodo tolemaico la studiosa francese F. Dunan utilizza il termine
syncrétisme-justaposition intendendo una sorta di equivalenza realizzatesi
tra divinità greche e divinità egizie: gli dei egizi vennero associati a quelli
greci semplicemente facendo una trasposizione del nome: così avvenne che
Amon fu identificato con Zeus, Thot con Hermes, Hathor con Afrodite,
etc
4
. Questa tradizione continuò anche nel periodo romano come
dimostrano varie citazioni di Strabone che, trattando dei culti presenti in
Egitto, definì queste divinità, non con il loro nome locale, ma ancora con
quello greco: a Dendera perciò ci fu il culto di Afrodite (Hat hor), a T ebe
quello di Zeus (Amon)
5
.
L’interpretatio romana, ossia l’associazione del dio egizio con un dio dal
nome romano, è difficile da rilevare, un caso fu quello di Giove-Amon-
Chnoubis a File, menzionato in una dedica del periodo severo che tuttavia
non può considerarsi prettamente una soluzione romana visto che
l’associazione con il nome greco continua ad essere attestata. La mancanza
di ritrovamenti che esplicano l’equivalenza tra dei egizi e dei romani allo
stato attuale delle cose fa supporre perciò l’estrema rarità di questa
tradizione
6
.
3
Satira XV “mostri ai quali l'egiziano rivolge il suo culto assurdo”.
4
Montevecchi 1973, (rist 1991), pp. 266-267.
5
Strabone Geografia, XVII 1,44; XVII 1, 46.
6
Dunand, Lévêque 1975, pp. 156-159.
9
II.2 Il “Syncrétisme-crase”
La Dunand riferisce di un’altra forma di sincretismo, che definisce come
Syncrétisme-crase, volendo intendere con questo termine la capacità di
riunire elementi differenti provenienti dalle due religioni, così da creare una
divinità eterogenea e “mista”.
Queste trasformazioni religiose ebbero naturalmente una valenza politica: i
sacerdoti furono determinanti nella creazione di queste divinità eterogenee e
nella loro diffusione su larga scala, vedendo in questa diffusione un metodo
per ottenere vantaggi e potere, dispensati dagli uomini al governo. A loro
volta, i re stessi supportarono queste fusioni poiché le considerarono un
valido aiuto per permettere una pacifica convivenza tra le diverse etnie, a
seguito dei cambiamenti derivati dalla nuova dominazione del territorio.
Questa politica venne supportata anche dai romani
7
. L’ipotesi della
religione come instrumentum regni è suffragata dalle parole di Plutarco che
raccontò di come Tolemeo II riunì ad Alessandria una commissione di
teologi per stabilire una correlazione tra culti greci ed egizi
8
.
I casi di effettivo sincretismo riguardarono Serapide e Iside, spesso
rappresentati assieme, rispettivamente nelle forme di Thermuthis e
Agathodaimon, come cobra e serpente dalle code attorcigliate
9
. Serapide,
egiziano nel nome e per l’origine, aveva un aspetto greco, simile a quello di
Zeus o di Ade, con il modio in testa. Spesso era accompagnato da un mostro
a tre teste simile a Cerbero. Diventò il dio dell’oltretomba e della fertilità.
Nel periodo romano venne preferita la sua associazione con il sole,
divenendo Helios-Serapide e comparendo per la prima volta, in questa
forma, su alcune monete alessandrine del 92 d.C., coniate nel regno di
Domiziano
10
. Fu una figura molto popolare nel periodo imperiale come
7
Dunand, Lévêque 1975, pp. 183-185.
8
Plutarco Iside e Osiride, 28.
9
Donadoni Roveri 1988, p. 57.
10
De Rachewiltz, Partini 1999, pp. 67-69.
10
dimostra la forte adesione al suo culto da parte dei soldati, il numero dei
santuari dedicatigli e la frequenza del suo nome nell’ onomastica
11
.
Iside, già dal periodo ellenistico, diventò la sposa di Serapide e, insieme ad
Arpocrate, diedero vita alla nuova triade divina, che andò a sostituire quella
classica egizia formata da Iside, Osiride e Horus. Iside perse la classica
iconografia egizia: sulla testa non ebbe più la parrucca né i suoi simboli
tradizionali (il trono o le corna bovine) ma fu rappresentata con i suoi
capelli naturali, spesso sciolti, vestita di una tunica di lino legata sotto il
seno attraverso il famoso nodo di Iside, o nuda
12
, per ricordare la sua
funzione di protettrice della fertilità. Divenne dunque, una nuova figura,
acquisendo le funzione e gli attributi delle dee greche con essa identificate
(ad esempio, associata con Demetra ebbe il sistro, il papavero, la spiga; con
Afrodite, indossò lo scialle e ebbe in mano le rose e la situla;con Tyche fu
rappresentata con la cornucopia, il timone e il globo ad indicare il controllo
sul mondo e sul destino)
13
e diventò, nel periodo romano, la protettrice degli
imperatori andando così a riprendere la sua antica funzione di protettrice del
faraone
14
.
Occorre precisare che queste due divinità pur divenute cosmopolite e
adorate in tutto l’impero romano, furono esclusivamente commutate dal
pantheon ellenistico e non acquistarono caratteri romani. Si può perciò
tranquillamente parlare di una religione greco-egizia, ma non di una egizio-
romana
15
, poiché il sincretismo romano fu solo un sincretismo di
sopravvivenza
16
visto che le divinità romane, a differenza di ciò che era
successo per quelle greche, non vennero incluse tra quelle tradizionali: gli
dei di questi due mondi quindi rimasero separati nelle due rispettive sfere di
11
Dunand, Lévêque 1975, p. 160.
12
De Rachewiltz, Partini 1999, p. 48.
13
De Rachewiltz, Partini 1999, pp. 45-47.
14
Frankfurter 1998, pp. 101
15
Dunand, Lévêque 1975, pp. 159-161.
16
Dunand, Lévêque 1975, p. 185.