4
INTRODUZIONE
Questo lavoro di tesi si propone di approfondire le modalità con cui l’utilizzo
di una tecnica proiettiva, come il test del Disegno della Figura Umana, possa
costituire un valido strumento di conoscenza della personalità umana e in
modo particolare della personalità del bambino, affermandosi come una delle
modalità d’elezione per tale indagine.
Il lavoro si suddivide in diverse parti: la prima parte sarà dedicata alla
presentazione delle tecniche proiettive, al loro sviluppo storico e alle ragioni
che ne hanno consentito l’ affermazione all’interno del paradigma teorico della
psicologia cosiddetta “proiettiva” nonché i punti di vista critici nei confronti
di questo assunto teorico. Sarà evidenziato come la peculiarità di queste
tecniche sia costituita fondamentalmente da alcuni elementi specifici: il
materiale utilizzato per la diagnosi, capace di indurre il soggetto alla
formulazione di risposte libere e personali, attingendo alla sfera immaginativa
e al proprio inconscio, la semplicità di somministrazione e la sua caratteristica
di essere una attività piacevole per i bambini. Soprattutto per quanto riguarda
il disegno, fin dall’infanzia esso è considerato uno strumento che consente al
bambino di esprimersi e comunicare in maniera spontanea. L’evoluzione delle
capacità grafiche in generale, del disegno in particolare e della maniera di
utilizzare il colore, saranno descritte facendo riferimento alle teorie evolutive
di autori come Luquet, Piaget e la Kellog, che hanno ipotizzato delle precise
fasi evolutive, in ognuna delle quali è possibile osservare il conseguimento o
l’abbandono di determinate modalità di esecuzione dovute all’acquisizione di
specifiche capacità cognitive. Saranno poi brevemente presentati i più
importanti metodi per la conoscenza della personalità che si sono sviluppati a
partire dall’ipotesi proiettiva e, in modo più ampio, saranno descritti i
principali test grafici che fanno uso del disegno della figura umana come
elemento interpretativo. In particolare sarà approfondita l’evoluzione e la
5
strutturazione del test del Disegno della Figura Umana (D.F.U.), inizialmente
utilizzato da Florence Goodenough per la misurazione del quoziente di
intelligenza e in seguito reinterpreto e riutilizzato da Karen Machover nel 1949
per la valutazione della personalità.
La situazione attuale dei metodi proiettivi e del D.F.U. in particolare, sarà
descritta attraverso l’esposizione di alcuni studi. Un capitolo sarà dedicato alle
diverse modalità di esecuzione osservabili in alcune tipologie di disagio
riscontrabili nei bambini, sottolineando alcune differenze strutturali rilevate
dal confronto tra le produzioni di bambini con problemi e quelli normodotati.
Alcuni paragrafi di questo capitolo sono dedicati alla valutazione, da un punto
di vista proiettivo, di alcuni disegni eseguiti da bambini condotti nei lager
nazisti durante la seconda guerra mondiale.
La seconda parte della tesi, sperimentale, è dedicata alla interpretazione dei
disegni prodotti da un adolescente in un contesto educativo. La decodifica
sarà effettuata attraverso il protocollo interpretativo proposto da Castellazzi e
Nannini.
6
CAPITOLO I : EVOLUZIONE DEI METODI PROIETTIVI
1.1 I metodi proiettivi
I metodi proiettivi nascono nell’ambito di quella che viene denominata
1
“psicologia proiettiva”, che deriva i suoi fondamenti teorici dai paradigmi
psicoanalitico e della Gestalt. L’assunto di base del metodo è la possibilità di
indagare la personalità utilizzando quei peculiari strumenti di indagine che
sono rappresentati appunto dai metodi proiettivi.
Le caratteristiche principali dei metodi proiettivi sono rappresentate dalla
scarsa strutturazione o ambiguità degli stimoli, genericità della consegna
rispetto al compito richiesto e libertà nella risposta che il soggetto può dare.
I compiti dei soggetti possono essere di vario tipo: completare o raccontare
una storia, descrivere situazioni, disegnare o interpretare stimoli ambigui come
ad esempio una macchia d’inchiostro.
L’espressione “test proiettivi” viene utilizzata per la prima volta da Frank (1939)
che sostenne la grande utilità dei medesimi nell’investigazione dinamica e
globale della personalità. I test proiettivi sono prove non strutturate in
maniera rigida e in cui il soggetto, rispondendo più liberamente, proietta
contenuti inconsci nelle sue risposte. La scarsa strutturazione, la vaghezza o
scarsa strutturazione della consegna in relazione al compito richiesto oltre alla
libertà concessa al soggetto per la risposta, rappresentano gli aspetti
fondamentali di tali modalità di indagine.
Il vantaggio principale di questi metodi, secondo i clinici, è comunemente
rappresentato dalla loro capacità di superare le difese coscienti del soggetto e
di permettere un accesso privilegiato ad informazioni psicologiche importanti,
non altrimenti ottenibili e di cui il soggetto stesso può non essere consapevole.
1
A. Lis., Tecniche proiettive per l’indagine della personalità, Il mulino, Bologna, 1998
7
Una delle caratteristiche fondamentali quindi, che li distingue da altre forme di
indagine, è che non vi è una risposta corretta da dare. Quando viene richiesto
di descrivere cosa può raccontare una macchia piuttosto che di costruire una
storia, vengono date al soggetto indicazioni minime. Queste situazioni sono in
grado di suscitare angoscia. Per questa ragione l’interpretazione dei risultati è
particolarmente utile per capire come l’individuo reagisce allo stress. Il valore
dell’interpretazione dipende, secondo la Lis., da alcuni fattori fondamentali:
dall’esperienza clinica dell’esaminatore, da una profonda conoscenza della
personalità e della psicopatologia umana all’interno di un quadro di
riferimento teorico e dall’applicazione di dati empirici e normativi se
disponibili. Comunemente i metodi proiettivi sono indicati in inglese con la
denominazione “projective techniques” che sta per tecniche proiettive, anche se
molti di essi mantengono la semplice denominazione di test. Il loro sviluppo
ha seguito un lungo percorso dalla nascita ai giorni nostri e ha visto momenti
di entusiasmo alternati ad altri di forti critiche. Negli anni 40-60 ad esempio, si
sono sviluppati alcuni nuovi metodi che hanno suscitato l’interesse di clinici e
ricercatori mentre il decennio successivo ha visto un certo declino di tali
metodi di analisi dovuto ad un dibattito avviato all’interno della psicologia non
riferito esclusivamente ai metodi proiettivi ma al concetto stesso di
scientificità. L’interesse verso questi metodi, iniziato proprio a partire dalla
fine di questi anni deriva, secondo la Lis, dai lavori di Exner per ciò che
riguarda gli aspetti psicometrici e dai nuovi contributi della teoria
psicoanalitica in riferimento alla concezione della personalità. Il rinnovato
interesse è dovuto principalmente all’attenzione che la ricerca psicologica ha
dedicato alla metodologia qualitativa oltre che a quella quantitativa. Questo ha
consentito di conferire alle tecniche proiettive uno status scientifico che
precedentemente non era loro riconosciuto. Strumenti come il colloquio, le
interviste semistrutturate e le narrazioni, oggetto di studio delle tecniche
proiettive, sono considerate in maniera molto più positiva rispetto al passato.
8
Negli anni 40-60, come anticipato, si sono sviluppati diversi metodi proiettivi
che hanno suscitato interesse nei clinici mentre attualmente le nuove proposte
sono molto minori. Essi sono solitamente classificati in base al tipo di stimolo,
al compito proposto e al tipo di risposta che il soggetto deve fornire. La prima
classificazione è stata proposta dallo stesso Frank, il loro ideatore e suddivide i
metodi proiettivi in:
metodi costitutivi, in cui il soggetto struttura un materiale non
strutturato (il Rorschach);
metodi costruttivi, in cui il soggetto, a partire da un materiale
predefinito, costruisce strutture più ampie (ad esempio il test del
mosaico o il test del villaggio);
metodi interpretativi nei quali il soggetto ha il compito di interpretare il
significato affettivi del materiale fornito (ad esempio il TAT);
metodi catartici in cui il soggetto, sotto l’effetto dello stimolo, esprime
una emozione interna rendendola esplicita (ad esempio attraverso il
disegno);
metodi rifrattivi, in cui il soggetto fa subire delle distorsioni ad una
attività di comunicazione corrente.
Successive classificazioni sono state effettuate da diversi autori
2
: ad esempio
Anastasi (1954) opera una suddivisione in base al compito proposto e
successivamente riformula la sua classificazione.
Simile alla classificazione di Anastasi è quella di Aiken (1985) mentre
Rosenzweig propone una classificazione maggiormente condensata.
Anzieu e Chabert (1960) avevano inizialmente proposto una suddivisione
molto ampia, successivamente rivisitata e ridotta (Chabert 1983) a due sole
categorie.
La classificazione suggerita attualmente dalla Lis è la seguente:
2
Vedi A.Lis, op. cit.pp. 16-18
9
test grafici (basati sul disegno: il DFU; il DAM della Goudenough; il
disegno della famiglia, dell’albero ecc.);
test tematico costruttivi (basati sul racconto e la costruzione: il TAT;
l’ ORT; il CAT);
test strutturali (basati su macchie: il Rorschach; lo Z test di Zulliger);
test di completamento di parole (ad esempio frasi, parole o racconti: le
favole della Duss; lo Stein
3
Sentence Completion Test ecc).
1.2 Il concetto di proiezione
L’assunto di base della psicologia proiettiva è dunque il concetto di
proiezione. Il termine è utilizzato in psicologia con diverse accezioni, è quindi
necessario chiarirne l’origine e la maniera in cui ci si riferisce ad esso nel
contesto della psicologia proiettiva.
Secondo la definizione di Galimberti
4
“ il termine proiezione è derivato dalla
geometria dove indica la corrispondenza, punto per punto, tra una figura nello spazio e una
figura piana” e aggiunge “ il termine ha diversi usi a seconda dell’ambito disciplinare in
cui è adottato”.
In psicosomatica si parla di proiezione quando uno stato di tensione viene
trasferito su un organo del corpo.
In psicoanalisi esso ha ricevuto grande attenzione da parte di Freud per il
quale indica l’operazione attraverso cui un soggetto localizza fuori di sé, in
persone o cose, ciò che rifiuta o non riconosce come proprio. Nella teoria
freudiana è considerato originariamente un meccanismo di difesa con cui il
soggetto reagisce a eccitazioni interne spiacevoli da cui non può fuggire,
negandole come proprie e attribuendole a cose o persone esterne.
3
E’ un test che comprende 50 frasi da completare in forma scritta; le frasi sono vaghe e ambigue.
4
Galimberti U., Dizionario di psicologia, Le Garzantine, Garzanti editore, Milano.
10
Per Freud la proiezione è anche alla base della superstizione, della mitologia e
dell’animismo. Lo studioso così si esprime a tal proposito “…credo infatti che
gran parte della concezione mitologica del mondo, che si estende diffondendosi fino alle
religioni più moderne, non sia altro che psicologia proiettata sul mondo esterno”. Il
meccanismo è riscontrabile per Freud in diverse situazioni psichiche:
- nella paranoia, dove il soggetto attribuisce ad altri sentimenti
inaccettabili che misconosce in se stesso, potendo in tal modo
giustificare i propri sentimenti;
- nella fobia dove l’Io si comporta come se il pericolo dello sviluppo
dell’angoscia che sente minacciarlo non provenisse da una pulsione
interna ma da un pericolo esterno;
- nella gelosia proiettiva in cui il soggetto si difende dai propri impulsi
all’infedeltà imputando la stessa al partner.
Freud spiega il meccanismo della proiezione attraverso alcuni esempi: “la
percezione di un impulso omosessuale è inaccettabile alla coscienza, per cui esso viene
trasformato nel suo opposto ( lo amo diventa lo odio). Tuttavia questo sentimento è ancora
inaccettabile e viene quindi ad essere ulteriormente trasformato: (lui mi odia, il che giustifica
l’odio provato nei suoi confronti”).
L’essenza della proiezione è lo “spostamento”: un ulteriore meccanismo di difesa
individuato da Freud in cui il sentimento percepito rimane ma l’oggetto del
sentimento viene spostato.
Altri autori, contemporanei e successivi a Freud, hanno contribuito ad una
definizione del termine. Uno di essi è stato C.G. Jung, lo psicologo svizzero
che per un certo periodo ebbe un ruolo importante nel movimento
psicoanalitico freudiano, elaborò un proprio pensiero psicologico che portò
alla nascita della cosiddetta “Psicologia analitica”. Jung ha definito la
proiezione “ un processo di dissimilazione in quanto un contenuto soggettivo viene
esternalizzato dal soggetto e attribuito all’oggetto”.
11
Hammer (1958) ha sottolineato alcune caratteristiche peculiari del modo
dell’uomo di percepire il mondo attraverso le distorsioni proiettive; in
particolare egli ha individuato alcuni postulati teorici.
Secondo l’autore nel processo di proiezione entrano fenomeni di distorsione
in tre casi:
1) nel caso che essa abbia una funzione difensiva;
2) nel caso in cui si attribuiscano ad altri caratteristiche proprie;
3) quando alcuni aspetti superficiali dell’oggetto vengono investiti con
significati soggettivi.
Frank ritenne riduttivo l’uso esclusivo del termine proiezione in relazione ai
processi osservabili nelle tecniche proiettive e sostenne che fosse più utile il
termine “appercezione”, intesa come distorsione percettiva. Egli propose una
classificazione delle diverse forme di distorsione percettiva in cui prevale
l’aspetto associativo piuttosto che quello percettivo:
-la proiezione classica di Freud come meccanismo di difesa che propone di
chiamare proiezione invertita;
-la proiezione semplice, nella quale il soggetto aderisce in maniera meno rigida alle
proiezioni e possiede una certa capacità a riconoscerne il carattere soggettivo e
l’assurdità;
-la sensitivizzazione, che è caratterizzata da una sensibilità esagerata ad alcuni
stimoli e in cui il processo è per lo più inconsapevole;
-l’esteriorizzazione: è un processo preconscio dell’individuo che riesce a
collegare l’esperienza esperita a vissuti personali;
-percezioni semplici conoscitive e altri aspetti dei rapporti fra stimoli e reazione: sono
risposte considerate appropriate ad un determinato stimolo;
-comportamento espressivo: riguarda espressioni peculiari del soggetto legate a
differenze individuali.
12
Altrettanto interessata agli aspetti associativi che intervengono nel
meccanismo della proiezione appare la classificazione operata da
Ombredane [1952] che ha individuato diverse forme di proiezione:
a) proiezione speculare: consiste nel ritrovare nell’immagine dell’altro
caratteristiche possedute o desiderate;
b) proiezione catartica: allorché il soggetto attribuisce all’altro caratteristiche
proprie ma indesiderate e che quindi sposta su altri;
c) la proiezione complementare: si ha quando il soggetto attribuisce ad altri
sentimenti che giustificano i propri (ad esempio si può accusare un
individuo proveniente da un paese straniero di avere intenzioni
malevole per giustificare i propri sentimenti negativi nei suoi confronti).
Il concetto di proiezione non è stato accettato da alcune correnti filosofiche
come, ad esempio, la fenomenologia. In questa prospettiva teorica, infatti, si
considera la psiche come originariamente “aperta al mondo” e non come un
apparato esterno da cui idee e sentimenti possono essere estratti e spostati
come fossero oggetti fisici.
1.3 Approccio idiografico e nomoetico
Dopo aver approfondito gli aspetti relativi al meccanismo psichico che ha
originato le tecniche proiettive, ci occuperemo della validazione delle stesse
che risulta essere, per le sue caratteristiche, alquanto problematica. Appare
utile sottolineare quali siano i principali metodi di indagine del metodo
scientifico e a quale di questi possa far riferimento la psicologia proiettiva.
La ricerca scientifica può essere perseguita seguendo due tipi di approcci:
- l’orientamento idiografico;
- l’orientamento nomoetico.
13
L’approccio idiografico viene attuato quando il fine è una conoscenza di
qualità, di eventi non ripetibili, circoscritti, che non seguono leggi generali ma
colgono eventi nella loro singolarità (dal greco ìdios).
L’approccio nomoetico è utilizzato qualora il fine della ricerca sia invece
quello di costruire leggi generali (in greco nómos).
I metodi proiettivi utilizzano prevalentemente l’orientamento idiografico e su
di esso hanno costruito i propri consensi, ma è proprio in virtù della carenza
di aspetti nomoetici che essi hanno ricevuto le critiche più aspre. La mancanza
di strumenti oggettivi di validazione dei test ha orientato gli studi verso la
ricerca di criteri universalmente ritenuti necessari per una corretta
somministrazione e interpretazione. Lis sottolinea
5
come tutti i clinici che
utilizzano tali strumenti siano concordi nel sottolineare la delicatezza del
compito proposto al soggetto, la cui finalità non può essere comunicata in
maniera esplicita. Gli studiosi concordano quindi sulla necessità di attenersi a
determinati criteri etici di comportamento:
- i pazienti devono essere messi a proprio agio;
- la prova deve essere preceduta da un colloquio;
- si mette in guardia il somministratore dalla possibilità che il suo
comportamento possa influenzare la prova.
Gli aspetti da tenere in considerazione nel corso della prova sono
fondamentalmente tre e saranno approfonditi nel capitolo relativo alla
valutazione del disegno:
1) il comportamento del soggetto di fronte alla prova (interesse,
disinteresse, fastidio ecc);
2) aspetti formali: il modo in cui egli struttura la risposta;
3) aspetti di contenuto che riguardano il prodotto finale fornito dal
soggetto.
5
Cfr., Lis, op. cit., pp. 26-27