Introduzione
Le offerte pubbliche di acquisizione, soprattutto nell’Europa continentale, sono un
fenomeno relativamente recente. Esse rappresentano oggi una tecnica essenziale nel
processo di modificazione degli assetti proprietari delle imprese quotate e, nel quadro del
mercato del controllo societario, sono espressamente regolamentate nei sistemi giuridici più
evoluti. La loro importanza strategica consiste nell’essere funzionali al trasferimento del
controllo
1
, tanto da potersi definire come «lo strumento principe per l’acquisizione del
controllo delle grandi società quotate»
2
.
Il concetto di mercato del controllo societario si riferisce al ruolo dei mercati azionari nel
processo di trasferimento della proprietà e del controllo di società quotate da un gruppo di
investitori e di managers ad un altro.
Supponendo che il prezzo dei titoli rispecchi in ogni momento la qualità della gestione
piuttosto che il valore effettivo della società, la misura dell’efficienza del mercato del
controllo è data dal grado di contendibilità: in un mercato dinamico la proprietà delle società
è un bene liberamente trasferibile. In tale contesto una società inefficiente verrà rilevata da
un investitore o da un gruppo che ritiene di poterla gestire meglio.
L’offerta pubblica di acquisto è uno strumento, alternativo alle negoziazioni sul mercato,
particolarmente versato a favorire la contendibilità perché consente di effettuare il
trasferimento di grandi quote azionarie attraverso un’unica operazione.
Dal punto di vista della teoria economica, le offerte pubbliche di acquisizione favorirebbero il
raggiungimento di un grado ottimale di efficienza del mercato attraverso una migliore
allocazione delle risorse produttive. Proprio il potenziale incremento di efficienza può essere
1
In Italia la definizione giuridica di controllo è contenuta nel Codice Civile e nel Testo Unico della Finanza: l’art.
2359 c.c. (Società controllate e società collegate) stabilisce che «[s]ono considerate società controllate: 1) le
società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le
società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea
ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa»; l’art. 93, comma 1 Tuf (Definizione di controllo) precisa che «sono considerate imprese
controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1 e 2, del codice civile, anche: a) le
imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di
esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole; b) le imprese,
italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare
un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria».
2
E. Desana, Opa e tecniche di difesa. Dalle misure difensive “successive” a quelle “preventive”, Giuffrè, Milano,
2003, pag. 1.
4
considerato come il principale, seppur non l’unico, determinante delle OPA: si presume che
un trasferimento del controllo risulti conveniente per l’acquirente nella misura in cui possa
garantirgli un beneficio economico attraverso un miglior utilizzo delle risorse incamerate.
Il sistema economico nel suo complesso, quindi, ne trarrebbe giovamento.
L’offerta pubblica di acquisizione, sotto un profilo giuridico, può essere ricostruita come una
proposta irrevocabile di acquisto di prodotti finanziari
3
, limitata nel tempo
4
, rivolta a parità
di condizioni ai detentori degli stessi- ad un prezzo di norma maggiore rispetto a quello di
mercato
5
- in cambio di un corrispettivo in denaro (offerta pubblica di acquisto, l’OPA cui si
farà riferimento nel presente elaborato), in titoli (offerta pubblica di scambio, ops) o misto
(offerta pubblica di acquisto e di scambio, opas), finalizzata all’acquisizione o al
consolidamento del controllo di una società.
Quanto alla procedura dell’offerta, essa prende avvio dalla proposta contrattuale rivolta a
tutti gli azionisti della società dall’offerente; gli estremi essenziali dell’offerta vengono resi
pubblici attraverso un documento che deve essere approvato dall’autorità di sorveglianza
preposta (ad esempio, la Consob in Italia). La seconda fase dell’OPA concerne l’adesione
incondizionata da parte di coloro che intendono, appunto, aderire all’offerta; infine, se
l’offerta ha successo, si conclude con il trasferimento della proprietà degli strumenti
finanziari oggetto della stessa a fronte del pagamento del corrispettivo.
Dalla precedente definizione, si evincono due principi fondamentali alla base del concetto di
OPA: i) la contendibilità, intesa come un meccanismo essenziale del mercato; ii) la parità di
trattamento degli azionisti/investitori.
Se la prima può interpretarsi come elemento funzionale all’efficienza del mercato, la parità
di trattamento si concretizza nel diritto di exit dalla compagine sociale, alle medesime
condizioni del socio che ha ceduto la partecipazione di controllo, attribuito agli azionisti nel
caso in cui si verifichi un mutamento del controllo della società. In questo senso l’OPA- in
3
Oggetto delle OPA sono azioni ed altri strumenti finanziari che possono o meno essere dotati di diritti di voto
presso l’assemblea della società emittente; per quanto rileva in questo lavoro, frequentemente si tratta di
azioni, obbligazioni convertibili o altri valori mobiliari e warrants, i quali sono forniti, o permettono di ottenere,
un diritto di voto nell’assemblea della società.
4
Gli ordinamenti stabiliscono la durata dell’offerta, con il duplice obiettivo di garantire un periodo di tempo
ragionevole agli investitori per acquisire le informazioni sull’offerta stessa ed evitare al contempo un
condizionamento eccessivo dell’operatività della società.
5
Questo avviene poiché «[s]i ritiene *…+che il prezzo di mercato delle azioni rispecchi il valore attuale della
società, conseguente e derivante dalla gestione degli amministratori in carica, mentre l’OPA è generalmente
promossa a un prezzo che riflette la valutazione prospettica dell’impresa effettuata dall’offerente in seguito al
cambiamento del gruppo di comando»; A. Manzini, Le tattiche difensive e la “passivity rule”, in P. Belvedere (a
cura di), Le offerte pubbliche di acquisto. La nuova disciplina delle opa nel Testo unico della finanza, Il Sole 24
Ore, 2000, pag. 48.
5
particolare l’istituto dell’OPA obbligatoria- si differenzia da altri procedimenti di
ristrutturazione societaria poiché garantisce ai possessori dei titoli la facoltà, contestuale ad
un evento decisivo per la società, di disinvestire la propria quota azionaria. Come si vedrà,
proprio attraverso la procedura dell’OPA obbligatoria, l’accettazione dell’offerta garantisce
anche il diritto al godimento del cosiddetto “premio di controllo”
6
, il surplus rispetto al
valore di mercato delle azioni che l’offerente è disposto a pagare per ottenere il controllo
della società. Il principio di parità di trattamento è particolarmente importante per tutelare i
piccoli azionisti che non hanno, singolarmente considerati, alcun peso decisionale nella
società.
La diffusione delle OPA e l’evoluzione del loro utilizzo negli ordinamenti statali hanno
favorito un incremento della complessità e dell’articolazione del fenomeno.
Storicamente, le OPA nascono come tecnica volontaria di acquisizione di stock di azioni. Da
un punto di vista giuridico, accanto all’offerta volontaria, ha assunto grande importanza
l’istituto dell’OPA obbligatoria. La regola, adottata ormai da tutti i maggiori ordinamenti,
prevede che, qualora un azionista venga a detenere una quantità di capitale con diritto di
voto superiore ad una data soglia, scatta a suo carico l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica
sulla totalità delle azioni residue. La ratio principale di tale previsione risiede nella necessità
di tutelare gli azionisti di minoranza nel caso in cui si verifichi un’importante modificazione
degli equilibri interni alla compagine sociale, garantendo loro la possibilità di uscire dalla
società
7
.
Per quanto riguarda la nostra disamina, l’attenzione si concentrerà sulle offerte volontarie
relative a società quotate.
Un’ulteriore, fondamentale distinzione si ha tra OPA concordate e OPA ostili. In questo caso
non si tratta di categorie giuridiche: per ostili si intendono le offerte non gradite agli
amministratori della società bersaglio (c.d. target) o, al limite, al socio di controllo
8
. Le OPA
concordate o amichevoli sono invece lanciate con il preventivo consenso dei managers.
6
Il cosiddetto premio di controllo o premio di maggioranza, deriva dal fatto che l’assemblea degli azionisti
funziona secondo la regola maggioritaria. Detenere una quota di maggioranza del capitale con diritto di voto
consente di ottenere il controllo della società e di accedere ai relativi benefici.
7
Per un approfondimento sul tema dell’OPA obbligatoria, vedi infra cap. 1, par. 1.2.2.1.
8
L’azionista in possesso di una partecipazione tale da garantirgli la disponibilità della maggioranza- assoluta o,
a determinate condizioni, relativa- dei voti nell’assemblea ordinaria. Per una sintetica rassegna dei modelli di
proprietà e controllo delle società quotate e le loro implicazioni in relazione al mercato del controllo, vedi infra
cap. 1, par. 1.1.
6
Un’offerta viene percepita come “ostile” dagli amministratori perché, nel caso in cui vi sia un
passaggio di proprietà, è probabile che ad esso faccia seguito una riorganizzazione della
società e la sostituzione dei componenti dell’organo esecutivo. È intuitivo, quindi, come in
caso di OPA vi sia una divergenza di obiettivi tra gli azionisti di minoranza e i managers in
carica della target (c.d. incumbents): per i primi l’offerta rappresenta- a determinate
condizioni- un’occasione per ottimizzare l’investimento, mentre i secondi rischiano
concretamente di vedersi destituiti dalle cariche ricoperte. Essi si trovano dunque in una
istituzionale situazione di conflitto d’interessi, essendo indotti, naturalmente, a tentare di far
fallire l’offerta ove essa non preveda il mantenimento della loro carica o una qualche forma
di compensazione economica. E ciò anche nell’ipotesi in cui l’opa, al contrario, risulti
conveniente per gli azionisti di minoranza.
E’ dunque naturale che gli amministratori che rischiano di perdere la loro carica e la
conseguente remunerazione siano indotti a far adottare alla società che amministrano
tecniche di difesa per far fallire l’OPA.
Quest’ultima constatazione mette in luce il rilievo assunto da tali tecniche e spiega la
“fioritura” di una molteplicità di strategie, che si possono appunto racchiudere entro il
concetto di tecniche difensive, adottate in risposta ad un’offerta o predisposte
preventivamente con una funzione deterrente.
Il fenomeno delle OPA, con le sue implicazioni non solo economiche, ha suscitato, sin dalla
sua comparsa nei mercati azionari anglosassoni tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli
anni sessanta, un vivace dibattito teorico.
Innanzitutto, molto si è discusso in merito all’opportunità della diffusione delle OPA ed alle
regole applicabili a tale istituto, a partire dall’analisi dei pro e dei contro del suo utilizzo
evidenziati dalle ricerche empiriche. Dalla presa di posizione in merito a tale questione
discende inevitabilmente un giudizio, di segno opposto, sull’impiego delle tecniche di difesa.
In una fase successiva, una volta ammessa la liceità di queste ultime in linea di principio,
l’obiettivo del dibattito si è spostato sulla ripartizione delle competenze in merito
all’adozione delle difese tra gli organi sociali.
Preliminare all’analisi delle tecniche di difesa appare, quindi, la soluzione del quesito in
ordine alla loro legittimità e all’individuazione dell’organo competente a deciderne
l’adozione. In altre parole e sotto il profilo dell’analisi de iure condendo, occorre chiedersi se
7
sia opportuno consentire alla società bersaglio di difendersi dall’OPA e a chi spetti la relativa
decisione: agli amministratori in carica oppure agli azionisti a cui l’offerta è rivolta?
Come si vedrà, sul punto della legittimità delle tecniche di difesa vi è stata una significativa
evoluzione del dibattito e si è passati dal postulato della necessaria bontà delle OPA ostili e
dalla conseguente condanna di qualsiasi tentativo di ostacolarne la riuscita, ad un maggior
relativismo che induce a valutare caso per caso la convenienza dell’offerta e dunque
l’opportunità di difendere la società dalle scalate c.d. predatorie.
Naturalmente, una volta ammessa in linea di massima la liceità di forme di reazione da parte
della società bersaglio, occorre riflettere, sempre in una prospettiva de iure condendo, su
quale debba essere l’organo competente a valutare la convenienza o meno dell’offerta e,
dunque, a decidere se difendere la società bersaglio.
Le scelte in merito alle questioni accennate sono determinanti per l’elaborazione di una
disciplina delle OPA e delle tecniche di difesa. Tuttavia, la definizione delle “regole del gioco”
non può prescindere dal contesto in cui esse andranno ad operare: gli assetti proprietari
delle società diffusi in un dato ordinamento, come si vedrà, condizionano in modo decisivo
l’efficacia e gli effetti delle regole sulle OPA.
Il compito del legislatore in materia si dimostra dunque particolarmente complesso e
dipende in primo luogo da una scelta di policy fondata su considerazioni di natura non solo
giuridica
9
.
9
Come è stato sottolineato, con riferimento alla regolamentazione dei mercati finanziari e delle offerte
pubbliche di acquisto, «[g]li Stati (per lo meno, gli Stati a capitalismo avanzato) intervengono nella disciplina di
tale mercato e/o di tali negozi a protezione di una varietà di interessi, anche tra loro disomogenei o
confliggenti, quali: la tutela degli investitori (e, tra questi, dei risparmiatori) dai rischi dell’investimento;
l’attrazione del capitale di rischio all’interno del proprio sistema economico o a favore di imprese in esso attive;
la tutela delle minoranze azionarie dagli abusi del potere dei soci di controllo e da cambiamenti del controllo
societario (riconoscimento del “premio di maggioranza”, diritti di exit); la garanzia della contendibilità del
controllo societario o, per l’opposto, della stabilità del governo societario; la difesa della nazionalità
dell’emittente; la protezione della efficienza del mercato dei valori mobiliari» (M. V. Benedettelli, Offerte
pubbliche d’acquisto e concorrenza tra ordinamenti nel sistema comunitario, Banca Borsa Titoli di Credito, n. 7,
2007, pag. 552).
8
1. Offerte pubbliche di acquisto ostili e tecniche difensive
1.1. Proprietà e controllo
Le offerte pubbliche di acquisizione, soprattutto nell’Europa continentale, sono un
fenomeno relativamente recente. Esse rappresentano oggi una tecnica essenziale nel
processo di modificazione degli assetti proprietari delle imprese quotate e, nel quadro del
mercato del controllo societario, sono espressamente regolamentate nei sistemi giuridici più
evoluti. La loro importanza strategica consiste nell’essere funzionali al trasferimento del
controllo
1
, tanto da potersi definire come «lo strumento principe per l’acquisizione del
controllo delle grandi società quotate»
2
.
Il concetto di mercato del controllo societario si riferisce al ruolo dei mercati azionari nel
processo di trasferimento della proprietà e del controllo di società quotate da un gruppo di
investitori e di managers ad un altro.
Supponendo che il prezzo dei titoli rispecchi in ogni momento la qualità della gestione
piuttosto che il valore effettivo della società, la misura dell’efficienza del mercato del
controllo è data dal grado di contendibilità: in un mercato dinamico la proprietà delle società
è un bene liberamente trasferibile. In tale contesto una società inefficiente verrà rilevata da
un investitore o da un gruppo che ritiene di poterla gestire meglio.
L’offerta pubblica di acquisto è uno strumento, alternativo alle negoziazioni sul mercato,
particolarmente versato a favorire la contendibilità perché consente di effettuare il
trasferimento di grandi quote azionarie attraverso un’unica operazione.
1
In Italia la definizione giuridica di controllo è contenuta nel Codice Civile e nel Testo Unico della Finanza: l’art.
2359 c.c. (Società controllate e società collegate) stabilisce che «[s]ono considerate società controllate: 1) le
società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le
società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea
ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli
contrattuali con essa»; l’art. 93, comma 1 Tuf (Definizione di controllo) precisa che «sono considerate imprese
controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1 e 2, del codice civile, anche: a) le
imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di
esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole; b) le imprese,
italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare
un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria».
2
E. Desana, Opa e tecniche di difesa. Dalle misure difensive “successive” a quelle “preventive”, Giuffrè, Milano,
2003, pag. 1.
9
Dal punto di vista della teoria economica, le offerte pubbliche di acquisizione favorirebbero il
raggiungimento di un grado ottimale di efficienza del mercato attraverso una migliore
allocazione delle risorse produttive. Proprio il potenziale incremento di efficienza può essere
considerato come il principale, seppur non l’unico, determinante delle OPA: si presume che
un trasferimento del controllo risulti conveniente per l’acquirente nella misura in cui possa
garantirgli un beneficio economico attraverso un miglior utilizzo delle risorse incamerate.
Il sistema economico nel suo complesso, quindi, ne trarrebbe giovamento.
L’offerta pubblica di acquisizione, sotto un profilo giuridico, può essere ricostruita come una
proposta irrevocabile di acquisto di prodotti finanziari
3
, limitata nel tempo
4
, rivolta a parità
di condizioni ai detentori degli stessi- ad un prezzo di norma maggiore rispetto a quello di
mercato
5
- in cambio di un corrispettivo in denaro (offerta pubblica di acquisto, l’OPA cui si
farà riferimento nel presente elaborato), in titoli (offerta pubblica di scambio, ops) o misto
(offerta pubblica di acquisto e di scambio, opas), finalizzata all’acquisizione o al
consolidamento del controllo di una società.
Quanto alla procedura dell’offerta, essa prende avvio dalla proposta contrattuale rivolta a
tutti gli azionisti della società dall’offerente; gli estremi essenziali dell’offerta vengono resi
pubblici attraverso un documento che deve essere approvato dall’autorità di sorveglianza
preposta (ad esempio, la Consob in Italia). La seconda fase dell’OPA concerne l’adesione
incondizionata da parte di coloro che intendono, appunto, aderire all’offerta; infine, se
l’offerta ha successo, si conclude con il trasferimento della proprietà degli strumenti
finanziari oggetto della stessa a fronte del pagamento del corrispettivo.
Dalla precedente definizione, si evincono due principi fondamentali alla base del concetto di
OPA: i) la contendibilità, intesa come un meccanismo essenziale del mercato; ii) la parità di
trattamento degli azionisti/investitori.
3
Oggetto delle OPA sono azioni ed altri strumenti finanziari che possono o meno essere dotati di diritti di voto
presso l’assemblea della società emittente; per quanto rileva in questo lavoro, frequentemente si tratta di
azioni, obbligazioni convertibili o altri valori mobiliari e warrants, i quali sono forniti, o permettono di ottenere,
un diritto di voto nell’assemblea della società.
4
Gli ordinamenti stabiliscono la durata dell’offerta, con il duplice obiettivo di garantire un periodo di tempo
ragionevole agli investitori per acquisire le informazioni sull’offerta stessa ed evitare al contempo un
condizionamento eccessivo dell’operatività della società.
5
Questo avviene poiché «[s]i ritiene *…+che il prezzo di mercato delle azioni rispecchi il valore attuale della
società, conseguente e derivante dalla gestione degli amministratori in carica, mentre l’OPA è generalmente
promossa a un prezzo che riflette la valutazione prospettica dell’impresa effettuata dall’offerente in seguito al
cambiamento del gruppo di comando»; A. Manzini, Le tattiche difensive e la “passivity rule”, in P. Belvedere (a
cura di), Le offerte pubbliche di acquisto. La nuova disciplina delle opa nel Testo unico della finanza, Il Sole 24
Ore, 2000, pag. 48.
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Se la prima può interpretarsi come elemento funzionale all’efficienza del mercato, la parità
di trattamento si concretizza nel diritto di exit dalla compagine sociale, alle medesime
condizioni del socio che ha ceduto la partecipazione di controllo, attribuito agli azionisti nel
caso in cui si verifichi un mutamento del controllo della società. In questo senso l’OPA- in
particolare l’istituto dell’OPA obbligatoria- si differenzia da altri procedimenti di
ristrutturazione societaria poiché garantisce ai possessori dei titoli la facoltà, contestuale ad
un evento decisivo per la società, di disinvestire la propria quota azionaria. Come si vedrà,
proprio attraverso la procedura dell’OPA obbligatoria, l’accettazione dell’offerta garantisce
anche il diritto al godimento del cosiddetto “premio di controllo”
6
, il surplus rispetto al
valore di mercato delle azioni che l’offerente è disposto a pagare per ottenere il controllo
della società. Il principio di parità di trattamento è particolarmente importante per tutelare i
piccoli azionisti che non hanno, singolarmente considerati, alcun peso decisionale nella
società.
La diffusione delle OPA e l’evoluzione del loro utilizzo negli ordinamenti statali hanno
favorito un incremento della complessità e dell’articolazione del fenomeno.
Storicamente, le OPA nascono come tecnica volontaria di acquisizione di stock di azioni. Da
un punto di vista giuridico, accanto all’offerta volontaria, ha assunto grande importanza
l’istituto dell’OPA obbligatoria. La regola, adottata ormai da tutti i maggiori ordinamenti,
prevede che, qualora un azionista venga a detenere una quantità di capitale con diritto di
voto superiore ad una data soglia, scatta a suo carico l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica
sulla totalità delle azioni residue. La ratio principale di tale previsione risiede nella necessità
di tutelare gli azionisti di minoranza nel caso in cui si verifichi un’importante modificazione
degli equilibri interni alla compagine sociale, garantendo loro la possibilità di uscire dalla
società
7
.
Per quanto riguarda la nostra disamina, l’attenzione si concentrerà sulle offerte volontarie
relative a società quotate.
Un’ulteriore, fondamentale distinzione si ha tra OPA concordate e OPA ostili. In questo caso
non si tratta di categorie giuridiche: per ostili si intendono le offerte non gradite agli
6
Il cosiddetto premio di controllo o premio di maggioranza, deriva dal fatto che l’assemblea degli azionisti
funziona secondo la regola maggioritaria. Detenere una quota di maggioranza del capitale con diritto di voto
consente di ottenere il controllo della società e di accedere ai relativi benefici.
7
Per un approfondimento sul tema dell’OPA obbligatoria, vedi infra cap. 1, par. 1.2.2.1.
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amministratori della società bersaglio (c.d. target) o, al limite, al socio di controllo
8
. Le OPA
concordate o amichevoli sono invece lanciate con il preventivo consenso dei managers.
Un’offerta viene percepita come “ostile” dagli amministratori perché, nel caso in cui vi sia un
passaggio di proprietà, è probabile che ad esso faccia seguito una riorganizzazione della
società e la sostituzione dei componenti dell’organo esecutivo. È intuitivo, quindi, come in
caso di OPA vi sia una divergenza di obiettivi tra gli azionisti di minoranza e i managers in
carica della target (c.d. incumbents): per i primi l’offerta rappresenta- a determinate
condizioni- un’occasione per ottimizzare l’investimento, mentre i secondi rischiano
concretamente di vedersi destituiti dalle cariche ricoperte. Essi si trovano dunque in una
istituzionale situazione di conflitto d’interessi, essendo indotti, naturalmente, a tentare di far
fallire l’offerta ove essa non preveda il mantenimento della loro carica o una qualche forma
di compensazione economica. E ciò anche nell’ipotesi in cui l’opa, al contrario, risulti
conveniente per gli azionisti di minoranza.
E’ dunque naturale che gli amministratori che rischiano di perdere la loro carica e la
conseguente remunerazione siano indotti a far adottare alla società che amministrano
tecniche di difesa per far fallire l’OPA.
Quest’ultima constatazione mette in luce il rilievo assunto da tali tecniche e spiega la
“fioritura” di una molteplicità di strategie, che si possono appunto racchiudere entro il
concetto di tecniche difensive, adottate in risposta ad un’offerta o predisposte
preventivamente con una funzione deterrente.
Il fenomeno delle OPA, con le sue implicazioni non solo economiche, ha suscitato, sin dalla
sua comparsa nei mercati azionari anglosassoni tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli
anni sessanta, un vivace dibattito teorico.
Innanzitutto, molto si è discusso in merito all’opportunità della diffusione delle OPA ed alle
regole applicabili a tale istituto, a partire dall’analisi dei pro e dei contro del suo utilizzo
evidenziati dalle ricerche empiriche. Dalla presa di posizione in merito a tale questione
discende inevitabilmente un giudizio, di segno opposto, sull’impiego delle tecniche di difesa.
In una fase successiva, una volta ammessa la liceità di queste ultime in linea di principio,
l’obiettivo del dibattito si è spostato sulla ripartizione delle competenze in merito
all’adozione delle difese tra gli organi sociali.
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L’azionista in possesso di una partecipazione tale da garantirgli la disponibilità della maggioranza- assoluta o,
a determinate condizioni, relativa- dei voti nell’assemblea ordinaria. Per una sintetica rassegna dei modelli di
proprietà e controllo delle società quotate e le loro implicazioni in relazione al mercato del controllo, vedi infra
cap. 1, par. 1.1.
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Preliminare all’analisi delle tecniche di difesa appare, quindi, la soluzione del quesito in
ordine alla loro legittimità e all’individuazione dell’organo competente a deciderne
l’adozione. In altre parole e sotto il profilo dell’analisi de iure condendo, occorre chiedersi se
sia opportuno consentire alla società bersaglio di difendersi dall’OPA e a chi spetti la relativa
decisione: agli amministratori in carica oppure agli azionisti a cui l’offerta è rivolta?
Come si vedrà, sul punto della legittimità delle tecniche di difesa vi è stata una significativa
evoluzione del dibattito e si è passati dal postulato della necessaria bontà delle OPA ostili e
dalla conseguente condanna di qualsiasi tentativo di ostacolarne la riuscita, ad un maggior
relativismo che induce a valutare caso per caso la convenienza dell’offerta e dunque
l’opportunità di difendere la società dalle scalate c.d. predatorie.
Naturalmente, una volta ammessa in linea di massima la liceità di forme di reazione da parte
della società bersaglio, occorre riflettere, sempre in una prospettiva de iure condendo, su
quale debba essere l’organo competente a valutare la convenienza o meno dell’offerta e,
dunque, a decidere se difendere la società bersaglio.
Le scelte in merito alle questioni accennate sono determinanti per l’elaborazione di una
disciplina delle OPA e delle tecniche di difesa. Tuttavia, la definizione delle “regole del gioco”
non può prescindere dal contesto in cui esse andranno ad operare: gli assetti proprietari
delle società diffusi in un dato ordinamento, come si vedrà, condizionano in modo decisivo
l’efficacia e gli effetti delle regole sulle OPA.
Il compito del legislatore in materia si dimostra dunque particolarmente complesso e
dipende in primo luogo da una scelta di policy fondata su considerazioni di natura non solo
giuridica
9
.
9
Come è stato sottolineato, con riferimento alla regolamentazione dei mercati finanziari e delle offerte
pubbliche di acquisto, «[g]li Stati (per lo meno, gli Stati a capitalismo avanzato) intervengono nella disciplina di
tale mercato e/o di tali negozi a protezione di una varietà di interessi, anche tra loro disomogenei o
confliggenti, quali: la tutela degli investitori (e, tra questi, dei risparmiatori) dai rischi dell’investimento;
l’attrazione del capitale di rischio all’interno del proprio sistema economico o a favore di imprese in esso attive;
la tutela delle minoranze azionarie dagli abusi del potere dei soci di controllo e da cambiamenti del controllo
societario (riconoscimento del “premio di maggioranza”, diritti di exit); la garanzia della contendibilità del
controllo societario o, per l’opposto, della stabilità del governo societario; la difesa della nazionalità
dell’emittente; la protezione della efficienza del mercato dei valori mobiliari» (M. V. Benedettelli, Offerte
pubbliche d’acquisto e concorrenza tra ordinamenti nel sistema comunitario, Banca Borsa Titoli di Credito, n. 7,
2007, pag. 552).
13
1.2. Le offerte pubbliche di acquisto: precisazioni sulle tipologie di
offerta
Per acquisire partecipazioni rilevanti in una società quotata, la tecnica dell’offerta pubblica di
acquisto è preferibile rispetto alla negoziazione diretta attraverso il mercato per diversi
motivi: va osservato innanzitutto che «stante la notevole differenza tra il pacchetto di azioni
che lo scalatore intende acquistare e la quantità di azioni che ciascun azionista può vendere,
l’ipotesi di una trattativa personalizzata non risulta praticabile»
10
; inoltre, un’operazione di
raccolta attraverso il mercato di grandi quantitativi di titoli in tempi brevi, provocherebbe un
eccesso di domanda e un repentino innalzamento della quotazione degli stessi; infine va
considerato che «rispetto ad altri strumenti che permettono il ricambio nel controllo di una
società, l’offerta pubblica di acquisto ha *…+ il vantaggio di poter essere portata a
compimento anche contro la volontà degli amministratori presentemente insediati»
11
.
Nell’ottica della tutela dei piccoli investitori, l’offerta pubblica d’acquisto, adeguatamente
regolamentata, promuove un maggiore equilibrio tra questi ultimi e l’offerente- un soggetto
economicamente più forte, di norma in grado di disporre di risorse informative
quantitativamente e qualitativamente superiori- e si presta a garantire con più efficacia il
fondamentale principio della parità di trattamento degli azionisti stessi, soprattutto
attraverso lo strumento dell’OPA obbligatoria.
1.2.1. Principi condivisi dai maggiori ordinamenti in materia di
OPA
La questione delle offerte pubbliche di acquisto e della loro regolamentazione, posta
all’intersezione di diritto, economia e strategie politiche, è innegabilmente delicata.
Di pari passo con la diffusione del fenomeno, la disciplina delle offerte pubbliche si è
articolata e arricchita, mutando nel tempo per adeguarsi all’evoluzione dei mercati
10
F. Regaldo, Le tecniche difensive nelle OPA ostili- Riflessioni comparatistiche, Giappichelli, Torino, 2004, pag.
9.
11
R. Weigmann, Le offerte pubbliche di acquisto, in G. E. Colombo e G. B. Portale (diretto da), Trattato delle
società per azioni, UTET, Torino, 1993, pag. 319.
14
finanziari. I legislatori nazionali, condizionati dalla necessità di ricomporre interessi e
pressioni eterogenee, hanno regolato la materia secondo logiche e con strumenti differenti.
Per quanto concerne l’Unione Europea, dopo oltre un ventennio di dibattiti, è stata
finalmente approvata la c.d. Tredicesima direttiva societaria, direttiva n. 2004/25/CE, che ha
rappresentato un importante tentativo di armonizzazione, ma che, come si vedrà, ha
ottenuto risultati limitati.
Prima di analizzare, nel capitolo successivo, le regole contenute nella direttiva citata, occorre
individuare alcuni principi cardine di ogni regolamentazione delle OPA
12
.
In primo luogo, il principio dell’irrevocabilità dell’offerta, la cui ratio può individuarsi nella
necessità di garantire la stabilità del mercato, «rappresenta un punto fermo ed irrinunciabile
di tutte le legislazioni che hanno ad oggetto la regolamentazione delle offerte pubbliche di
acquisto»
13
. Poiché il lancio di un’offerta pubblica di acquisto genera un incremento della
quotazione delle azioni oggetto dell’offerta stessa, l’eventuale possibilità di poterla revocare
favorirebbe pratiche speculative in grado di turbare pericolosamente la stabilità ed il
corretto funzionamento del mercato.
In caso di OPA volontaria, il principio dell’irrevocabilità dell’offerta non impedisce che essa
possa essere sottoposta a talune condizioni, purché le stesse siano specificate nel
documento di offerta (quindi note a priori) e non si tratti di condizioni il cui verificarsi
dipende esclusivamente da una scelta dell’offerente
14
. Alcuni ordinamenti riconoscono il
diritto di revoca dell’adesione, a determinate condizioni, all’azionista che accetta l’offerta
15
.
12
F. Regaldo, op. cit., pp. 11-16. Il principio dell’irrevocabilità dell’offerta è stato fatto proprio anche dal
legislatore comunitario, il quale ha stabilito che «*…+ gli Stati membri prevedono norme sullo svolgimento delle
offerte che disciplinano almeno i seguentii aspetti: *…+ e) irrevocabilità dell’offerta e condizioni ammesse» (art.
13 Direttiva OPA).
13
L. G. Picone, Le offerte pubbliche di acquisto, Giuffrè Milano, 1999, pag. 44. L’autore precisa successivamente
che «l’irrevocabilità dell’offerta pubblica di acquisto viene ritenuta requisito essenziale, caratterizzante il tipo
contrattuale offerta pubblica di acquisto, la cui mancanza potrebbe pregiudicare la funzione dell’operazione»,
ivi, pag. 64. Nondimeno, la disciplina delle OPA presso gli ordinamenti in questione prevede, a condizioni molto
rigide, soprattutto per le offerte obbligatorie, alcuni casi particolari in cui l’acquirente può tornare sui suoi
passi, ritirando l’offerta; in generale l’offerta può venire revocata i) su autorizzazione dell’autorità competente,
ii) in presenza di un’offerta concorrente a migliori condizioni, iii) per intervento dell’autorità antitrust. In
Germania non è consentito ritirare un’offerta (§ 18 della WpÜg).
14
Ad esempio, l’offerta può essere condizionata al raggiungimento di un quantitativo minimo di adesioni o
all’assenza di azioni difensive da parte della target. Per la disciplina italiana, vedi l’art. 40, comma 1 del
Regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli
emittenti (adottato dalla Consob con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999); il c.d. Regolamento Emittenti.
15
È il caso, ad esempio, del City Code on Takeovers and Mergers, il codice che regola le OPA nel Regno Unito, il
quale prevede che l’azionista che abbia già aderito all’offerta possa esercitare il diritto di recesso entro i 21
giorni successivi alla data di chiusura dell’offerta, a patto che quest’ultima non sia divenuta o sia stata
dichiarata incondizionata in relazione alle accettazioni (Rule 34- Right of Withdrawal- del City Code). Analogo
diritto è riconosciuto agli azionisti dal regolamento della Security Exchange Commission americana: «any
15
Un secondo principio riguarda il trattamento equivalente che spetta ai possessori di titoli di
una stessa categoria in caso di offerta
16
. Il principio secondo il quale gli azionisti, in quanto
investitori, devono godere di un trattamento paritario, è, di nuovo, orientato a
salvaguardare il regolare andamento del mercato. Tale equilibrio verrebbe evidentemente
minato dalla disparità di trattamento di soggetti appartenenti alla stessa categoria e
dall’instaurarsi di particolari rapporti di favore. Una manifestazione del principio è costituita
dalla regola del riparto proporzionale degli acquisti tra tutti coloro che hanno aderito ad
un’offerta, nel caso in cui non si tratti di offerta totalitaria: la c.d. pro rata rule garantisce
un’effettiva parità di trattamento «correggendo il criterio casuale e potenzialmente
inefficiente del “first-come, first-served”»
17
.
Da ultimo, un ruolo di primo piano è attribuito alla questione dell’informazione e della
trasparenza del mercato
18
. Obblighi informativi gravano sia sull’offerente, sia sulla target:
l’obiettivo è garantire una scelta consapevole delle parti in causa, attraverso una
presentazione chiara dei contenuti dell’offerta e delle prospettive future della società, anche
dal punto di vista degli amministratori della stessa target, e consentire alle autorità preposte
alla vigilanza del mercato di disporre “in tempo reale” delle informazioni necessarie allo
svolgimento del proprio compito. Inoltre, una comunicazione tempestiva è necessaria per
evitare il rischio di insider trading.
È da notare come gli obblighi di disclosure, ossia di divulgazione, possano talvolta agire da
deterrente nei confronti del possibile scalatore
19
e, più in generale, influenzare i prezzi- e di
conseguenza, il mercato- oltre ciò che il rispetto del principio della trasparenza sembrerebbe
richiedere.
person who has deposited securities pursuant to a tender offer has the right to withdraw any such securities
during the period such offer request or invitation remains open» (SEC Rule 14d-7).
16
A conferma dell’ampio consenso sul punto, anche questo principio è stato riconosciuto dalla Direttiva OPA ed
incluso tra i «Principi generali» della stessa ex art. 3.
17
F. Regaldo, op. cit., pag. 13.
18
Numerosi sono i richiami agli obblighi informativi e di pubblicità presenti nella Direttiva OPA (art. 3, lett. b,
artt. 6, 8, 10, 14), in linea con la centralità attribuita dal legislatore comunitario al principio di trasparenza delle
società e del mercato che ritroviamo nelle altre direttive societarie.
19
L’obbligo di comunicazione delle partecipazioni rilevanti, ad esempio, se particolarmente stringente (in Italia
il primo step scatta al superamento della soglia del 2%; per il Regno Unito è al 3%- e successivamente per ogni
incremento del 1%- mentre per Francia, Germania, Spagna e Stati Uniti è più elevata, al 5%), può rendere più
costosa l’acquisizione di titoli attraverso il mercato: infatti, una volta manifestatosi il proposito dell’acquirente,
gli operatori reagiscono di conseguenza. Inoltre, il management dell’emittente, avvertito della potenziale
minaccia di scalata in una fase, per così dire, “embrionale” dell’offerta, avrà ampi margini di manovra per
predisporre eventuali difese contro l’offerente.
16
1.2.2. Le diverse forme dell’offerta pubblica di acquisto
Da un punto di vista giuridico, le offerte pubbliche di acquisto si dividono in volontarie e
obbligatorie. A loro volta le OPA obbligatorie sono distinguibili in due fattispecie principali:
l’OPA successiva (che nella maggior parte degli ordinamenti è totalitaria) e l’OPA residuale.
Le offerte sono normalmente volontarie, promosse da un soggetto che mira ad acquisire una
partecipazione societaria a titolo di investimento, per ottenere il controllo o per
consolidarlo.
Nel caso di un investimento minoritario di portafoglio, nella misura in cui sia consentito
effettuarlo per mezzo di un’OPA parziale
20
, lo strumento dell’offerta pubblica è utile
all’acquirente per evitare di turbare il mercato con repentini innalzamenti dei prezzi.
Il lancio di un’OPA per l’acquisizione del controllo presenta, come detto, tutta una serie di
vantaggi per il bidder, in particolare la possibilità di promuovere un’unica operazione rivolta
alla totalità degli azionisti, di scavalcare il management, tendenzialmente ostile, e di
predeterminare il prezzo dell’offerta.
Infine, un’azionista di controllo può decidere di consolidare la propria posizione attraverso
un’OPA per tutelarsi da eventuali altri bidders e rafforzare le proprie prerogative rispetto ai
soci minoritari, fino, al limite, a ritirare la società dal listino di borsa (c.d. delisting tender
offer).
L’obbligo di lanciare un’OPA successiva totalitaria scatta quando un soggetto (o più soggetti
che agiscono di concerto) supera, per mezzo di acquisti a titolo oneroso, una determinata
soglia di partecipazione al capitale- ovvero dei diritti di voto connessi a detta partecipazione-
che si ritiene conferisca il controllo di fatto sulla società bersaglio. Al riguardo va sottolineato
che le normative nazionali europee differivano anche significativamente sulla definizione di
tale soglia
21
; con le riforme del diritto societario dei primi anni duemila, che hanno
20
In generale, il limite è costituito dalla soglia di controllo. Un’offerta parziale limita la possibilità di exit dalla
società degli azionisti (se le accettazioni superano la richiesta, gli acquisti sono da effettuarsi secondo la regola
del riparto proporzionale) che, quindi, in caso di trasferimento del controllo, rimangono “prigionieri” della
gestione del nuovo controllante; ecco perché ormai, al superamento della quota del controllo, gli ordinamenti
prevedono l’obbligo per il bidder di estendere l’offerta a tutte le azioni circolanti.
21
In Italia, fino all’introduzione del Tuf, l’obbligo scattava all’ottenimento della maggioranza dei voti
nell’assemblea ordinaria; in Francia al superamento del 33% del capitale sociale o dei diritti di voto; per il diritto
tedesco l’onere scattava al superamento del 50% dei diritti di voto, mentre in Spagna ne bastava la metà (in
realtà la previsione spagnola era elastica, ovvero prevedeva l’obbligo di offerta parziale ogni qualvolta
l’offerente avesse acquistato una “partecipazione significativa”); nel Regno Unito il limite era ed è del 30% del
capitale sociale. Alcuni paesi, come il Belgio e l’Austria, addirittura non prevedevano una soglia fissa per il
raggiungimento del controllo: la valutazione era competenza dell’autorità preposta, caso per caso. Per ulteriori
17
riguardato gran parte dei Paesi dell’Europa continentale, le soglie di controllo si sono
progressivamente avvicinate e stabilizzate intorno al 30% dei diritti di voto
22
.
L’introduzione a livello comunitario della regola dell’offerta obbligatoria
23
è testimonianza di
una convergenza tendenziale che, però, è bene sottolineare, rientra nel quadro di un
generale ravvicinamento in materia, trasversale all’implementazione del diritto comunitario,
sotto la spinta dell’integrazione economica e ad emulazione, per lo più, del modello
britannico
24
.
1.2.2.1. In particolare: l’OPA obbligatoria
Le offerte pubbliche d’acquisto obbligatorie hanno in primo luogo la funzione di tutelare gli
azionisti di fronte ai possibili pregiudizi che essi possono subire a seguito di un mutamento
del gruppo di controllo, consentendo loro di uscire dalla società vendendo le azioni ad un
prezzo superiore a quello di mercato.
Inoltre, consentono ai soci di minoranza di ricevere una quota del premio di controllo,
poiché impongono al soggetto controllante di promuovere un’opa nei confronti degli altri
azionisti (tutti se l’opa è totalitaria) ad un prezzo predeterminato.
Imponendo al soggetto che esercita il controllo di fatto sulla società di offrirsi di acquistare
anche i titoli degli azionisti diversi da quelli di cui ha comprato i titoli, a condizioni identiche
o simili a quelle a cui è avvenuta l’acquisizione della partecipazione rilevante, l’OPA
approfondimenti, vedi M. Belcredi, C. Bellavite Pellegrini, Difese antiscalata e acquisizioni cross-border in
Europa: situazioni e prospettive, Rivista Bancaria, n. 4, 2002, pp. 18-57.
22
La soglia del 30% è applicata oggi in Italia, Spagna (in Spagna è applicabile anche una soglia inferiore purché
la quota consenta di sostituire la maggior parte degli amministratori e qualora tale facoltà venga esercitata
entro due anni dal raggiungimento della soglia), Germania, Regno Unito e, dal 2007, Belgio; in Francia rimane
del 33%. Va sottolineato che nonostante il range delle soglie tenda a restringersi, le differenze di corporate
governance e di struttura dell’azionariato tra paesi, soprattutto tra Regno Unito ed Europa continentale,
stravolgono questa apparente corrispondenza. Può ben darsi, infatti, che il controllo di fatto di una società ad
azionariato diffuso possa ottenersi con partecipazioni anche sensibilmente inferiori e, viceversa, che società
con una proprietà concentrata o addirittura con un azionista di maggioranza, non siano scalabili; in questo
secondo caso un’OPA, obbligatoria o meno, che non sia promossa da chi già detiene il controllo di fatto, è
virtualmente inutile senza una trattativa diretta tra le parti.
23
Introdotta dall’art. 5 della Direttiva OPA. Agli Stati membri è concessa ampia libertà nello stabilire sia la
soglia, sia il “prezzo equo” che l’offerente deve pagare per i titoli in questione.
24
Per il caso italiano, nota Picone (op. cit., pag. 191) come «sia stato evidenziato che non esiste alcuna ragione
giuridica o finanziaria in virtù della quale la soglia che fa scattare l’obbligo di OPA totalitaria sia stata fissata al
30%, piuttosto che a percentuali superiori o inferiori; semplicemente il legislatore delegato ha imitato gli
ordinamenti stranieri che hanno maggiormente rappresentato il modello dell’intera nuova disciplina italiana in
materia di offerta pubblica di acquisto».
18