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CAPITOLO PRIMO
LA PARTECIPAZIONE PROCEDIMENTALE NEL QUADRO
DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI
E DELLA LEGISLAZIONE VIGENTE
Sommario: 1. Il valore della partecipazione nella Costituzione italiana – 1.1
Mancanza di una norma generale sulla partecipazione procedimentale – 1.2 Esigenza
di “Democratizzazione” dell‟Azione Amministrativa – 2. La partecipazione al
procedimento amministrativo nella Legge 7 Agosto 1990 n° 241 – 2.1 La
comunicazione di avvio del procedimento – 2.2 Le modalità e i contenuti della
comunicazione – 2.3 Intervento nel procedimento – 3. Diritti dei partecipanti al
procedimento – 4. Il nuovo istituto del preavviso di rigetto – 5. Accordi integrativi o
sostitutivi del procedimento – 6. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi
1. Il valore della partecipazione nella Costituzione italiana
E‟ nella nostra fondamentale Carta Costituzionale che bisogna ricercare
la base, nonché i motivi della presenza della dimensione partecipativa.
La Costituzione italiana non ha previsto esplicitamente , come sarebbe
stato desiderabile, una procedura amministrativa aperta alla
partecipazione delle persone coinvolte dall‟azione amministrativa, ma
essa è stata, pur lentamente, enucleata dalla cultura giuridica e, anche se
con gran ritardo, riconosciuta dalla legislazione (a partire dalla L. n° 241
del 1990) dopo un defatigante itinerario presso giurisdizioni risultate
tutte poco sensibili a tale prospettiva
1
.
La partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo è dunque
un istituto che, pur non trovando le sue origini direttamente dalla lettera
1
U. ALLEGRETTI, Procedura, Procedimento, Processo. Un’ottica di democrazia partecipativa,
in Rivista trimestrale di Diritto Amministrativo 4/2007, Giuffrè, p. 784.
5
costituzionale, può essere dedotto da alcune sue disposizioni e principi
ed in particolare negli artt. 1
2
, 2
3
, 3, 4, 21, 24, 97, 118 della
Costituzione
4
.
La partecipazione procedimentale può essere ricondotta al principio
costituzionale di imparzialità sostenendo, in virtù del combinato disposto
degli art. 1 e 97 Cost., che mentre lo Stato ottocentesco ben poteva
concepire un‟amministrazione di mera spettanza del Sovrano e, dunque,
del tutto chiusa nei confronti del popolo, con l‟avvento della
Costituzione Repubblicana la Pubblica Amministrazione avrebbe
dovuto, invece, rivelarsi aperta al contributo partecipativo dei cittadini.
Dall‟ art. 1 Cost., che attribuisce la sovranità al popolo nei limiti e nelle
forme previste dalla stessa Costituzione, si desume il conseguente
principio della partecipazione dei privati al procedimento
amministrativo, quindi l‟amministrazione avrebbe dovuto
2
È in particolare G. BARONE, L’intervento del privato nel procedimento amministrativo
1969, Giuffrè, p.8 e ss., che sostiene la tesi secondo cui il concetto di partecipazione deve
essere ricondotto al principio di sovranità popolare, che vuole in linea generale il cittadino
vicino agli uffici che esercitano la funzione pubblica, e, come attuativi di questo, ai principi
del buon andamento e dell’imparzialità.
3
Secondo A. SCOGNAMIGLIO, Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo, 2004,
Giuffrè, p.174, il diritto alla partecipazione trova fondamento nell’indeterminatezza
contenutistica dell’art. 2 Cost. in cui si richiede all’individuo l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà sociale. Cfr. anche U. ALLEGRETTI, Il pensiero amministrativistico
di Giorgio Berti: l’amministrazione capovolta, in www.amministrazioneincammino.it, cit. p.
12, “E’ il dovere di solidarietà che accompagna le libertà dell’uomo, anzi le stringe e le
cementa, esso è il cuore del dovere di rendersi partecipi di una grande amministrazione
degli interessi sociali, di partecipare alla creazione sociale”.
4
U. ALLEGRETTI, Democrazia partecipativa: un contributo alla democratizzazione della
democrazia, in www.astrid-online.it p.14, secondo l’A. Le costituzioni raramente
contengono l’espressione “Democrazia Partecipativa” (…), ma il loro impianto in quanto
costituzioni democratiche fondate sulla sovranità popolare e alcuni riconoscimenti testuali
allusivi o indiretti consentono di dedurne dalle costituzioni stesse la sicura autorizzazione e
anzi una disposizione di spirito favorevole.
6
necessariamente comparare – proprio in un‟ottica di imparzialità –
l‟interesse pubblico con quello dei soggetti privati coinvolti
5
.
L‟azione amministrativa non può essere veramente imparziale se,
lasciate fuori dal procedimento le parti coinvolte, non vengono acquisiti
tutti gli elementi utili ai fini della decisione e quindi non vengono
percepiti e valutati i diversi interessi coinvolti inoltre l‟azione
amministrativa, senza la partecipazione di tali interessi, non può essere
totalmente efficiente, e dunque dare applicazione completa al principio
di buon andamento dell‟amministrazione, enunciato anch‟esso dall‟art.
97 Cost., e questo poiché la Pubblica Amministrazione, soltanto
attraverso la partecipazione degli interessati al procedimento, può
acquisire tutto ciò che risulta essere necessario per l‟adozione di una
decisione ponderata e congrua
6
.
In base all‟art. 2 Cost., che esprime la centralità dei diritti della persona e
il loro complemento nelle formazioni sociali, la partecipazione può
essere vista come uno dei diritti fondamentali, alla stessa maniera dei
diritti politici più tradizionali. Conferire un diritto aggiuntivo al
patrimonio tradizionale dei diritti politici del cittadino, è un obiettivo di
grande valore; questo nuovo diritto è di per sé significativo nella misura
in cui consente di influire sulla cosa pubblica e cumulandosi agli altri
diritti, contribuisce a espandere la dignità complessiva delle persone e
quella dei gruppi, soprattutto di quelle e quelli che non dispongono di un
potere sociale, culturale ed economico
7
.
5
C. CANNIZZO, La partecipazione al procedimento amministrativo: diluizione del potere e
relazione comunicativa, 2006 in www.diritto.it.
6
G. BARONE, op. cit., pp.17 e 47 ss., l’A. precisa che l’esigenza del cittadino di partecipare e
quella di efficienza troverebbero un punto di equilibrio nel contemperamento reciproco dei
principi di imparzialità e buon andamento.
7
U. ALLEGRETTI, op. cit. , p. 29.
7
Per altro verso, il fondamento costituzionale della partecipazione,
discende dal fondamentale principio di eguaglianza sostanziale sancito
all‟art. 3 comma 2 Cost., dal quale deriva il coinvolgimento dei cittadini
nell‟organizzazione politica, economica e sociale del Paese, attraverso
l‟esercizio dei vari istituti democratici
8
.
La partecipazione aiuta a ridurre la disuguaglianza esistente tra autorità
pubblica – organo decidente che si trova in posizione privilegiata perché
esponente di interessi superiori – e il cittadino interessato ad un uso
corretto e ponderato del potere.
Il cittadino inoltre ha la possibilità di cooperare con le istituzioni nel
definire le scelte che incidono sulla realtà sociale per rendere effettivi i
propri diritti e ciò sulla base dell‟ art. 4 Cost. il quale, stabilisce che ogni
cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un‟attività o una funzione che concorra al progresso
materiale e spirituale della società, e sulla base dell‟art. 118, in cui è
previsto che Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni
favoriscono l‟autonoma iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà
9
.
8
G. CARLOTTI, La partecipazione procedimentale: Feliciano Benvenuti e la riforma della
Legge n. 241 del 90, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo Benvenuti il principio di
partecipazione trova copertura costituzionale, oltre che nell’art. 97, anche negli artt. 2 e 3
Cost.: nell’art. 2, perché la personalità umana si sviluppa anche nell’ambito del
procedimento e perché la partecipazione, per essere veramente “attiva”, deve essere
anche solidale e responsabile; nell’art. 3, giacché ai fini dell’effettiva partecipazione di tutti
all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, in cui si concreta l’esercizio della
sovranità popolare, non è sufficiente la mera rappresentanza del Popolo in seno alle
istituzioni e agli organi amministrativi, necessitando piuttosto che i singoli cittadini siano
resi corresponsabili della funzione amministrativa, divenendo coautori dei provvedimenti.
9
S. LIETO, Governare la partecipazione nei processi di pianificazione territoriale, in Rassegna
di Diritto Pubblico europeo n. 1/2007, ESI.
8
Il principio della partecipazione al procedimento amministrativo, può
essere poi ricondotto all‟art. 21 Cost. il quale, sancisce il fondamentale
principio di libertà di manifestazione del pensiero, libertà che garantisce
ad ogni soggetto la facoltà di esteriorizzare il proprio pensiero con lo
scritto, la parola ed ogni altro mezzo di diffusione ciò consente ai
cittadini interessati di palesare, attraverso appunto la partecipazione al
procedimento, normativamente prevista e debitamente disciplinata, le
proprie posizioni e le proprie ragioni in maniera giuridicamente rilevante
e con obbligo di ascolto da parte della Amministrazione Pubblica.
10
Infine dall‟art. 24 Cost. che sancisce l‟inviolabilità del diritto di difesa in
ogni stato e grado del procedimento, discende il diritto che ha il
cittadino, nei cui confronti la Pubblica Amministrazione voglia dirigere
la propria azione, di far valere le proprie ragioni ed esternare le proprie
istanze per una corretta interpretazione della legge ed una sua adeguata
applicazione dunque il principio che riconosce il diritto di difesa di cui
all‟art. 24 Cost. dovrebbe essere garantito non solo in sede processuale,
ma anche in ambito procedimentale, tenuto conto del fatto che la ratio
del principio è la medesima in entrambi i casi.
10
Secondo G. ROEHRSSEN, Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali in
Diritto Amministrativo n.1/1987, le eventuali manifestazioni di pensiero degli interessati
potrebbero rimanere prive di rilievo giuridico, qualora l’intervento procedimentale non
fosse disciplinato normativamente.
9
1.1 Mancanza di una norma generale sulla partecipazione
procedimentale
Fino all‟entrata in vigore della Legge 7 agosto 1990 n° 241, recante
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso
ai documenti amministrativi, nel nostro ordinamento giuridico mancava
una normativa che disciplinasse in maniera comune tutti i procedimenti
degli Enti pubblici e in particolare il nostro ordinamento era privo di
norme aventi ad oggetto, in generale, la facoltà degli interessati di
partecipare al procedimento amministrativo.
Erano presenti solamente delle mere discipline di settore, ossia
normative volte a regolamentare specifiche tipologie di procedimento.
Si cita a tal proposito la Legge 2359/1865 in materia di procedimento
d‟espropriazione e la Legge 1150/1942 in tema di procedimenti
finalizzati al rilascio di concessioni edilizie.
A tale situazione si giungeva in quanto nel nostro paese la Pubblica
Amministrazione era da sempre considerata superiore in ogni settore e
pertanto il cittadino non poteva interferire nella formazione dell‟atto
amministrativo e, in generale, nella formazione della volontà della
Pubblica Amministrazione.
L‟assenza di una disciplina organica del procedimento amministrativo,
comportava delle conseguenze negative: da un lato, l‟agire della
Pubblica Amministrazione continuava ad essere ampiamente
discrezionale, dall‟altro, i diretti interessati non potevano partecipare ai
procedimenti che li riguardavano, non potendo vantare alcun diritto ad
interloquire in quei procedimenti comunque destinati a sfociare in atti
che potevano incidere sulle loro sfere giuridiche.
11
11
F. CARINGELLA, Il diritto Amministrativo, 2002, Edizioni Giuridiche Simone, p.646 ss..
10
Pertanto, la partecipazione degli interessati al procedimento
amministrativo avveniva a discrezione della Pubblica Amministrazione,
la quale, era libera di coinvolgere o meno, secondo le modalità dalla
stessa stabilite, il destinatario del provvedimento conclusivo del
procedimento. La tendenza dell‟amministrazione era quella di limitare o
addirittura annullare lo spazio del cittadino.
Questa assoluta libertà nel determinare l‟opportunità e le modalità di
intervento dei soggetti interessati determinava la natura sostanzialmente
autoritaria ed unilaterale del modello amministrativo italiano e il
conseguente mancato rispetto dei principi democratici solennemente
enunciati nella Carta Costituzionale.
In un sistema in cui l‟azione amministrativa era connotata dai caratteri di
segretezza, unilateralità e autoritarietà, il privato si trovava in una
posizione di assoluta soggezione alla Pubblica Amministrazione, nei cui
confronti poteva far valere unicamente interessi meramente oppositivi
tutelabili solamente in sede giurisdizionale; la partecipazione
dell‟interessato all‟agire della Pubblica Amministrazione si configurava
solo come eventuale, non era presupposto giuridico essenziale e spesso
veniva interpretata come elemento di disturbo e di pericolo; il privato
poteva stabilire un contradditorio con la Pubblica Amministrazione
soltanto nell‟eventuale momento patologico dell‟instaurazione del
processo impugnatorio senza prevedere, quindi, la facoltà generalizzata
d‟intervento nel processo di formazione della volontà amministrativa.
11
1.2 Esigenza di “Democratizzazione” dell’Azione Amministrativa
Anche in mancanza di una normativa di carattere generale, già a partire
dagli anni Sessanta del secolo scorso, la dottrina sosteneva che non era
coerente con la stessa funzione del procedimento amministrativo
escludere proprio l‟apporto di quei soggetti che ne sono coinvolti e che
meglio possono conoscerne i presupposti di fatto. La dottrina aveva,
quindi, avvertito l‟esigenza di realizzare un‟effettiva democratizzazione
dell‟azione amministrativa, ed aveva tentato di individuare i principi e
gli strumenti utili per riconoscere al privato il diritto di intervenire nel
procedimento.
Al fine di rispondere alla necessità di realizzare un modello di
amministrazione il più possibile partecipata e paritaria, si è fatto ricorso,
mutuando, anche a livello terminologico, l‟esperienza di common law
12
,
al principio del giusto procedimento, la cui esatta nozione è stata
precisata dalla Corte Costituzionale con la sentenza 2 marzo 1962, n° 13.
Il principio del giusto procedimento è un principio di democrazia
procedimentale in forza del quale il procedimento amministrativo deve
essere disciplinato in modo che l‟autorità pubblica possa imporre
limitazioni ai cittadini solo dopo aver svolto opportuni accertamenti,
aver consultato gli organi pubblici in grado di fornire elementi utili ai
fini della decisione e soprattutto, dopo aver messo i privati interessati in
12
R. CARANTA, L. FERRARIS, S. RODRIQUEZ, La partecipazione al procedimento
amministrativo, 2005, Giuffrè, p. 4 e ss.
La filosofia degli ordinamenti di Common Law e dei Paesi dell’Europa centrale è orientata a
vedere nel procedimento una garanzia per il cittadino, in contrapposizione con la filosofia
degli ordinamenti latini che ,invece, considerano il procedimento soltanto come una forma
di protezione degli interessi dell’amministrazione.