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Introduzione.
“Un discorso che abbia persuaso una mente costringe la mente persuasa a
conformarsi nelle parole e nei fatti”
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Il seguente elaborato è teso ad indagare le tecniche attraverso le quali i mezzi di
comunicazione di massa possono manipolare le informazioni veicolate attraverso
di esse, dalla prospettiva dell’informazione pubblicitaria, giornalistica, e dei
prodotti fiction.
Prima però di introdurre l’elaborato, sento la necessità di chiarire un punto
principale relativo al titolo: la definizione di “falso”. Una bugia è una
dichiarazione falsa, certamente. Ma l’omissione, la manipolazione, o il
rimaneggiamento della verità sono da considerarsi anch’essi un inganno?
Attraverso i mezzi di comunicazione, vedremo scorrendo l’elaborato, non è la
bugia che ci preoccupa, intesa come dichiarazione falsa. Le informazioni forniteci
da una pubblicità, o da un telegiornale, sono sempre vere. Il problema che si vuole
affrontare in questa tesi è come anche la verità possa essere modificata ed
asservita a scopi ingannevoli. La citazione in testa alla pagina, riferita al Gorgia di
Lentini, noto filosofo sofista greco, vuole porre l’accento sul potere della
comunicazione. Essa può rivelarsi ingannevole seppure rispetti oggettivamente
una verità di fatto, ed è questo il presupposto fondamentale su cui si basa il corto
circuito della distorsione mediatica.
Il seguente elaborato si propone di indagare i nodi cruciali della distorsione
informativa attraverso i media, analizzando in particolare il mondo della
pubblicità, quello dell’informazione di massa, e la produzione fiction.
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Gorgia di Lentini, 483 a.C.
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Per quanto riguarda il marketing e la pubblicità, c’è da porre come punto di
partenza l’intrinseca necessità pubblicitaria di ritoccare la realtà per accattivarsi la
preferenza del potenziale cliente: in una società che è ben lontana dalla necessità
di soddisfare i bisogni primari, la pubblicità si allontana conseguentemente dallo
scopo di informare. Al giorno d’oggi essa è tesa principalmente, ancor prima che
a vendere un prodotto, a stimolarne il consumo, incentivare il consumismo. La
pubblicità vuole poi instaurare un goodwill con lo spettatore, creando il desiderio,
la convinzione nel potenziale acquirente che quel prodotto rappresenti la migliore
delle soddisfazioni possibili ad un bisogno di fatto inesistente, creato dalla
pubblicità stessa. Inoltre una campagna pubblicitaria si propone di associare al
proprio prodotto un vero e proprio lifestyle: vuole cioè convincerci che, in
associazione al prodotto pubblicizzato, accederemo ad uno status sociale
desiderabile, migliore di quello in cui risediamo. In un contesto sociale che
propone al cittadino medio, quotidianamente, una quantità di messaggi che oscilla
tra i mille e i tremila, il mio elaborato descrive le tecniche che esulano
ulteriormente dalla già perversa mission pubblicitaria classica. Particolare
attenzione sarà dedicata alla pubblicità ingannevole, la pubblicità occulta, e la
pubblicità subliminale che, a prescindere dalla sua efficacia non ancora accertata,
è di certo la pratica pubblicitaria più perversa che il mondo del marketing possa
oggi offrire.
Per quanto riguarda le distorsioni mediatiche relative alla comunicazione di massa
e soprattutto all’informazione dobbiamo premettere che, intrinsecamente, la
comunicazione può subire l’influenza data dalla volontà di chi comunica; nel caso
dei media di massa, questa caratteristica della comunicazione assume
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un’importanza particolarmente rilevante perché essa è rivolta alla collettività, e
dal punto di vista politico – economico, poter controllare l’informazione è un
potere incommensurabile. Si usa infatti denominare “QUARTO POTERE” quello
informativo (accostato ai poteri legislativo, esecutivo e giuridico) riferendosi, con
questo termine alquanto evocativo, alla capacità dei media di influenzare le
opinioni e le scelte dell’elettorato attraverso la comunicazione di massa. Il
concetto di “quarto potere” emerse con la diffusione della stampa, e dilagò con
l’avvento della televisione, divenuta la principale fonte di informazione per la
stragrande maggioranza della popolazione nei paesi democratici, rendendo
preponderante la necessità di una regolamentazione costituzionale al riguardo: i
rischi principali, in democrazia, derivanti dall’uso improprio di questo potere,
cono costituiti dal controllo politico dei mezzi di informazione, e
dall’accentramento di essi nelle mani di un ristretto numero di persone,
solitamente grandi aziende, che avendo interessi economici relativi alla collettività
saranno predisposti a “filtrare” le informazioni che vanno in contrasto con i loro
interessi, creando una mancanza di pluralismo e non permettendo al cittadino di
elaborare opinioni e scelte informate rispetto al proprio contesto sociale e politico.
Il mio excursus indagherà il caso italiano relativo al pluralismo informativo nei
media di massa, caso che per molti versi si rivela paradossale rispetto a qualsiasi
norma del buon senso, prima che giuridica, individuando però nell’alternativa del
web un barlume di pluralismo informativo completamente libero da ingerenze
politiche ed economiche.
Infine, per quanto riguarda la fiction, questo elaborato è teso ad indagare i modelli
di comportamento proposti dai prodotti radiotelevisivi, e il modo in cui essi
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possano essere assorbiti dal telespettatore che ne sarà inevitabilmente influenzato.
La società moderna ci aliena. In una giornata tipica, un bambino difficilmente
trova possibilità di socializzazione viva, fatta eccezione per il momento scolastico.
I nostri bambini sono principalmente chiusi in casa a fare compiti, abbandonati di
fronte alla tv come fosse una babysitter virtuale, o a giocare ai videogames, ormai
talmente realistici da proporsi come sostitutivi dell’esperienza reale. Il bisogno di
socializzazione viene soddisfatto virtualmente attraverso l’uso dilagante delle chat
e dei social networks, così negli anni si prosegue in una crescita dall’infanzia
all’adolescenza priva di spazi aperti, esperienze vive. Diventa quindi sempre più
importante il ruolo culturale ed educativo dei prodotti radiotelevisivi i quali,
soprattutto nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza, si ritagliano un ruolo
educativo di trasmissione dei valori, che il bambino o ragazzo non è più solito
acquisire al di fuori delle mura di casa. Nelle pagine seguenti si farà riferimento ai
prodotti audiovisivi per bambini e alla loro mission etica, si dedicherà poi
un’analisi dei prodotti audiovisivi per ragazzi, osservandone i valori trasmessi; si
concluderà infine con un’analisi dei nuovi format audiovisivi tra fiction e realtà.
Al lettore che si appresta a consultare questo lavoro, si raccomanda di far propri i
contenuti critici presenti, per “armarsi” di fronte all’attacco dei media di massa, i
quali solo apparentemente sono sensibili alle pulsioni umane, ma in realtà hanno
come fulcro vitale la logica del mercato e del profitto.
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Capitolo 1: la distorsione mediatica pubblicitaria.
Con il termine pubblicità si intende quella forma di comunicazione a pagamento,
diffusa su iniziativa di operatori economici (attraverso mezzi come la televisione,
la radio, i giornali, le affissioni, la posta, Internet), che tende in modo intenzionale
e sistematico a condizionare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in
relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi. La pubblicità è certamente il
motore del mercato, e dai tempi di “carosello” essa ha sempre sentito la necessità
di creare un legame emozionale con lo spettatore, che ricada positivamente sul
prodotto. La pubblicità è oggi lontanissima dal solo scopo di “informare” il
potenziale cliente di un prodotto o un servizio in vendita. E certamente sono
lontani i tempi in cui le necessità da soddisfare erano legate ad esigenze
puramente materiali: i bisogni reclamano la loro soddisfazione a prescindere che
provengano dallo stomaco e della fantasia, e la pubblicità, oggi, punta a creare il
bisogno, ancor prima che soddisfarlo.
La quantità di beni e servizi è tale che per ogni settore ce ne siano molteplici di
pari prezzo e qualità. La pubblicità gioca quindi oggi sulla “percezione attorno al
prodotto”. La scelta d’acquisto non è un processo totalmente razionale, la logica
non è più quella strettamente consequenziale del bisogno – acquisto – beneficio.
Fondamentale è oggi nella tecnica pubblicitaria puntare sul fattore emotivo, e
gestire le leve emozionali del cliente, decentrando l’attenzione dal prodotto al
cliente, nello sviluppo di una campagna pubblicitaria. Si parla oggi di “marketing
emozionale”, riferendosi all’intenzione delle aziende di creare un rapporto
emotivo con il cliente, coinvolgendolo ben oltre la materialità del prodotto, che
deve insinuarsi nella sfera affettiva creando un’esperienza positiva con la marca,
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attraverso il suo prodotto. La definizione di marketing emozionale è di sua natura
vastissima, perché infiniti sono i modi di offrire al cliente un’esperienza di marca
positiva, ma nell’universo sconfinato del Marketing Mix, dove ogni particolare è
teso ad accattivare gusti e preferenze del cliente, oggi è impossibile rinvenire in
un messaggio pubblicitario la chiarezza e schiettezza informativa accompagnata
ad un prodotto. A parità di bisogno fisico, infatti, la preferenza di un consumatore
si acquisisce con il valore culturale e sociale legato a quell’oggetto, un valore
immateriale, determinato dall’ambiente sociale, che di fatto non attecchirebbe in
un altro contesto ma attorno al quale viene costruito il desiderio. La pubblicità ha
quindi intrinsecamente il germe della manipolazione, poiché il carattere
informativo non è più un ausilio sufficiente a garantirsi la preferenza di un cliente,
in un quadro economico caratterizzato dall’abbondanza, dove ogni bisogno o
desiderio può essere soddisfatto da più imprese che puntano allo stesso target.
Seppure esso abbia come scopo primario la promozione di un determinato bene o
servizio, è chiaro che anche il messaggio pubblicitario debba mantenere una
connotazione informativa veritiera e realistica rispetto al suo oggetto, e che il
consumatore finale non debba essere persuaso, indotto all’acquisto. Eppure le
evoluzioni nelle tecniche pubblicitarie hanno visto, e vedono tutt’oggi, inganni più
o meno celati tesi a modificare i comportamenti d’acquisto dei consumatori finali.
Pubblicità ingannevole
“La pubblicità ingannevole è qualsiasi pubblicità che in qualunque modo,
compresa la sua presentazione, sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche
o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo