INTRODUZIONE
Le motivazioni personali alla base della scelta del mondo del lusso, quale ambito
all’interno del quale sviluppare questa dissertazione, sono state sicuramente una forte
dose di passione e di interesse per il settore e le sue particolarità.
L’interrogativo che però ha portato alla stesura del presente elaborato è stato
chiedersi come, le aziende operanti nel settore del lusso, potessero conciliare la loro
natura di imprese, con un universo più effimero ed intangibile, rappresentato dal brand
dal quale paradossalmente, dipende la loro stessa sopravvivenza.
Oggi infatti, grazie al sempre più frequente ricorso al fenomeno della brand
extension, le imprese in questione fondano la loro esistenza sul brand e non sui prodotti
ad esso associati. Al livello teorico, sarebbe possibile infatti immaginare una situazione
in cui, ad esempio, Bulgari cessasse di produrre orologi o profumi e cosmetici (pari
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rispettivamente al 23% e al 24% del fatturato 2009) , continuando comunque ad essere
presente nel mercato del lusso, potendo infatti sfruttare il medesimo brand in una
molteplice varietà di prodotti alternativi come, ipoteticamente le collezioni moda.
L’individuazione del ruolo del brand come cuore dell’impresa, seppur ineluttabile,
ha portato poi alla formulazione di una serie di domande: come può un’impresa ottenere
dei riscontri quantitativi, relativamente alla gestione di un complesso così effimero di
valori al quale, paradossalmente, è legata la sua, assai più concreta, stessa
sopravvivenza? Ossia, come può un’impresa che investe risorse nel proprio brand
comprendere se, in realtà, sta creando o distruggendo tale valore? Come, all’interno
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Relazione degli Amministratori sull'andamento della gestione del Gruppo al 31 dicembre 2009,
p. 36. www.bulgari.com
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della medesima impresa, possono conciliarsi aspetti apparentemente così distanti tra
loro, nonostante focalizzati sulla gestione della medesima risorsa, quali quelli
quantitativi più propri dell’analisi finanziaria, con quelli prevalentemente qualitativi,
legati invece alle strategie di marketing?
Il qui presente elaborato, essendo il primo, non ha ovviamente la pretesa di fornire
una risposta definitiva per quanto riguarda il vasto e complesso argomento della
gestione unificata del brand, vuole piuttosto avere una funzione introduttiva a questi
concetti. Si è cercato infatti di strutturare l’analisi in modo da introdurre all’argomento
il lettore che principalmente, come me, si avvicina per la prima volta a delle tematiche
simili, fornendo così un potenziale input per l’eventuale sviluppo di successive e più
approfondite trattazioni sull’argomento.
Si è difatti scelto di sviluppare il lavoro seguendo un percorso graduale, partendo
da una serie di nozioni preliminari, indispensabili per comprendere il prosieguo del
lavoro, arrivando poi a proporre una panoramica del contesto e delle sue dinamiche,
fornendo così una “cornice” all’interno della quale poi contestualizzare le teorie dei
modelli successivamente introdotti.
Nel capitolo uno verrà introdotto il concetto di bene di lusso, illustrando quali
sono gli attributi che lo contraddistinguono, rendendolo così particolare rispetto alle
altre categorie di beni presenti sul mercato. Dopo aver presentato questa carta d’identità
del bene di lusso, si procederà ad illustrare quali effettivamente siano le categorie
merceologiche che rientrano in questo settore. Si vuole qui precisare, come già
anticipato, che tutto il presente lavoro, non ha la pretesa di riassumere ed esaurire tutta
letteratura disponibile sugli argomenti trattati, ma bensì di rappresentare una lettura
finalizzata alla formulazione di un primo approccio a queste particolari tematiche.
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Per contestualizzare meglio il lavoro, e dare una visione più concreta e vicina
della realtà analizzata, negli ultimi paragrafi del capitolo uno si focalizzerà l’attenzione
su una serie di peculiarità riguardanti le dinamiche operanti nel settore presentando poi,
infine, una breve panoramica riguardante l’andamento del mercato in questione nel
triennio 2008-2010.
Dopo aver fornito questa prima visone d’insieme, nel capitolo due si introdurrà,
mediante il ricorso ad alcune definizioni preliminari, il concetto di brand per poi passare
a spiegare il valore insito in questo asset, considerato prima da una prospettiva
consumer-based e, poi, da una prospettiva finanziaria. Si esaminerà infatti il brand nel
duplice ruolo di guida nel processo di acquisto del consumatore, e di risorsa strategica
per eccellenza a disposizione dell’azienda detentrice in grado di rappresentare, per
questa, la fonte principale del vantaggio competitivo, capace quindi di garantirne la
sopravvivenza. Verrà quindi introdotto il modello della Catena del Valore della Marca
per comprendere meglio come le due prospettive appena citate, seppure apparentemente
distanti tra loro sia nelle premesse che nei risultati, in realtà siano legate al medesimo
concetto di brand, in quanto parti integranti di un unico processo finalizzato alla
costituzione di un valore unico di questo fattore.
Dopo aver introdotto questo particolare punto di vista, capace di ricongiungere nel
perseguimento di uno scopo comune, funzioni aziendali apparentemente antagoniste,
quali ad esempio il marketing e la finanza, si compirà un passo ulteriore presentando un
nuovo modello, in grado di spiegare come un’azienda operante nel settore del lusso
possa essere in grado di gestire questa complessità e valutare se, investendo nel
brand, stia effettivamente creando o distruggendo valore.
La risposta a questo interrogativo verrà fornita dal modello di Predovic, introdotto
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nel terzo capitolo, la quale ha appunto formulato una metodologia condivisa capace di
coniugare le due prospettive, in grado inoltre di fornire un risultato quantitativo del
valore del brand, partendo però da un’analisi consumer-based. Il ricorso a questa
prospettiva verrà utilizzato per sottolineare come, l’applicazione di questa metodologia
congiunta di valutazione del marchio, oltre a essere un potenziale ed efficace strumento
per la gestione, la tutela ed il monitoraggio del valore di una risorsa così fondamentale
ed imprescindibile per la sopravvivenza dell’impresa, sia anche in grado di proporre un
approccio olistico per la gestione condivisa di tale risorsa, mediante il coordinamento
delle varie funzioni che, in momenti diversi e con modalità differenti, intervengono nel
processo di creazione del valore del brand.
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CAPITOLO I
1.1 COSA E’ UN BENE DI LUSSO?
Nel corso degli anni sono state formulate innumerevoli definizioni del concetto di
lusso, spesso discordanti tra loro, a seconda del contesto nel quale veniva affrontata
l’analisi del termine. Non volendomi dilungare su questioni etimologiche, semantiche,
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storiche e così via, rimando a più dettagliate e specifiche trattazioni quanto concerne le
differenti nozioni riguardanti la parola “lusso”. Ho ritenuto, quindi, opportuno scegliere
una definizione del termine lusso che fosse semplicemente strumentale al lavoro che mi
accingo a svolgere.
A tal fine ritengo esplicativa ed esauriente la definizione coniata da Corbellini
che definisce il marchio di lusso come “un sistema coerente di eccellenze […]
indipendentemente dalla categoria merceologica i marchi di lusso hanno alcune
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caratteristiche distintive, e le hanno tutte insieme.”
Da questo punto di vista il marchio di lusso si può definire come un insieme
armonico di valori, che vanno a concretizzarsi in un “cluster” di attributi (tangibili e
intangibili), che il consumatore ricerca all’interno dei prodotti che presentano il marchio
in questione. Alla luce di ciò sarà proprio questo paniere di attributi, nel suo complesso,
la discriminante in base alla quale il cliente opererà le proprie scelte d’acquisto.
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N.d.a.:Una descrizione del significato di lusso è contenuta nel capitolo 1 della pubblicazione:
Corbellini E. Saviolo S. (2007), L’esperienza del lusso, Etas, Milano, p. 6.
Ancora una buona panoramica è contenuta in: Aiello G., Donvito R. (2006), L’evoluzione del concetto di
lusso e la gestione strategica della marca. Un’analisi qualitativa delle percezioni sul concetto, sulla
marca e su un prodotto di lusso, atti del congresso internazionale, Atti del Congresso Internazionale “Le
Tendenze del Marketing”, Università Ca’ Foscari, Venezia, 20-21 Gennaio 2006.
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Corbellini E. Saviolo S. (2007), L’esperienza del lusso, Etas, Milano, p. 25.
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Difatti, come sottolinea Cappellari, “E’ stato osservato come in generale l’attività
di consumo riguardi sempre meno gli aspetti tangibili e divenga sempre più linguaggio
e comunicazione e come gli acquisti servano per comunicare […] uno stato d’animo,
un sistema di valori, uno stile di vita […] tutto ciò è particolarmente vero nella moda e
nel lusso dove la dimensione semiotica e quella psicologica sovrastano spesso la
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dimensione funzionale del prodotto”.
A conferma della rilevanza degli attributi tangibili, ma soprattutto di quelli
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intangibili, in un prodotto di lusso, si può citare una frase di Robert Pollet, che
riassume l’essenza del sistema prodotto offerto dalla propria azienda, spiegando come
Gucci non operi tanto nel business di vendere borse, quanto invece “nel business di
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vendere sogni”.
Volendo dare una rappresentazione grafica del concetto precedentemente esposto
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è possibile far riferimento alla struttura a cerchi concentrici del product concept di
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Mosca (descritta in Fig. 1.1A di pagina 10). Applicando questo modello al prodotto di
lusso, possiamo quindi descrivere il nucleo del product concept come formato da:
- Attributi di primo livello (area più interna del modello): l’attributo primario è il core
product , cioè il beneficio funzionale e primario che l’oggetto in questione fornisce al
consumatore. Come fa notare Lambin (2008, 95), questo beneficio primario fornito al
consumatore è lo stesso per ciascuno dei brand che fanno parte della categoria di
prodotto.
Ad esempio, Rolex, Officine Panerai, ma anche Swatch forniranno al
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Cappellari R. (2008), Il marketing della moda e del lusso, Carocci, Roma, p. 35.
5
N.d.a. : ex amministratore delegato Gucci.
6
Gumbel P. (2008), “Galvanizing Gucci”, Fortune, January 28 2008, pp. 33-9.
7
Mosca F. (2010), Marketing dei beni di lusso, Pearson Prentice Hall, Torino.
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N.d.a.: si veda anche “Il prodotto come paniere di attributi” in Lambin J.J. (2008), Market Driven
Management, McGraw Hill, Milano, p. 95.
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