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Introduzione
Libertà di stampa significa progresso, democrazia, rinnovamento civile e sociale.
Alzare la voce contro gli errori dei governi e battersi per il diritto di cronaca deve
poter essere prerogativa imprescindibile di tutti i Paesi liberi del mondo, senza
alcuna distinzione. La libera circolazione delle informazioni crea e sviluppa una
relazione ideale tra una popolazione informata, critica e attiva e funzionari di
governo responsabili.
Trasparenza politica, sviluppo economico e rafforzamento dei diritti umani:
all’antitesi di tutto questo c’è la censura. Il controllo della circolazione delle idee e
il divieto di pubblicare ciò che possa mettere in discussione i principi dei governi
sono stati per secoli il più grande freno sulla via dell’evoluzione civile,
contribuendo in maniera decisiva a ritardare la fine degli assolutismi e delle
dittature.
Ecco allora lo scopo del mio lavoro: cercare le origini del riconoscimento di diritti
fondamentali che oggi ci paiono scontati, personaggi che più di altri hanno lottato
per la libertà di stampa ma anche periodi bui nei quali i giornali sono piombati per
decenni. Ovviamente, circoscrivendo geograficamente la ricerca: l’analisi tracciata
attraverserà le sorti di tre grandi paesi occidentali, partendo dall’esempio che ci
forniscono Stati Uniti e Francia (primo capitolo), fino ad arrivare alla storia del
nostro Paese (secondo capitolo).
Ovunque la concessione della libertà di stampa ha richiesto da parte dei governi
chiarezza e coraggio: chiarezza nella scelta di riconoscere diritti fino a quel
momento sconosciuti; coraggio nell’accettare tutti i rischi e le conseguenze che una
tale politica avrebbe potuto provocare per regimi da sempre comodamente protetti
dall’operato della censura.
«La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi
dire»
George Orwell
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Capitolo 1
Stati Uniti e Francia: due modelli da seguire
Le prime forme di tutela della libertà di stampa si affermarono con la nascita degli
Stati liberali, diventando presto elementi distintivi di quei tipi di governo.
Fu in coincidenza con le Rivoluzioni francese e americana che cominciarono a
definirsi modelli stabili di tutela della stampa libera. Malcontenti e ondate di rivolta
esplosero provocati da coercizioni, persecuzioni e restrizioni inflitte ai giornali,
causando la caduta di uomini e governi intenzionati a porre il silenzio sui loro atti.
Eventi straordinari, trascinati dal carisma di forti personalità politiche o
dall’eccezionale impeto del popolo in fermento, portarono al riconoscimento della
libertà di espressione come imprescindibile diritto di ogni cittadino, eleggendo
Francia e Stati Uniti al ruolo di nazioni da recare come esempio per chi negli anni
seguenti combatté contro la censura preventiva.
«Nella lotta contro il giornale libero i Governi spesse volte vincono; nella lotta
contro il giornale imbavagliato, essi hanno sempre perduto e sempre perderanno»1.
1.1 America: un esempio di libertà
Fu negli Stati Uniti che si diffuse per la prima volta lo spirito innovatore della
libertà di stampa. Grazie agli ideali della Rivoluzione americana (1763-1783) e al
riconoscimento del diritto della libera espressione nella Costituzione, ancora oggi
quello americano è considerato un modello indiscusso di libertà, dal quale presero
spunto anche personalità come Robespierre, capo della Rivoluzione francese e
promotore delle lotte contro la censura nel suo Paese. Di chiaro stampo
1
Mario Borsa, Libertà di stampa, Milano, dall’Oglio editore, 1945, p. 116.
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giusnaturalista2, il modello americano concepisce la libertà di stampa come
elemento preesistente alla Costituzione e quindi non limitabile a priori.
«Le altre Costituzioni dicono che la stampa è libera; quella degli Stati Uniti dice
invece che non la si può toccare. È qualche cosa di più!»3.
1.1.1 La situazione pre-rivoluzionaria e i primi giornali
Nell’America del XVIII secolo la stampa si sviluppò principalmente a Boston, città
che meglio di tutte possedeva gli ingredienti per diventare culla del giornalismo
americano: economicamente prospera, dotata di autogoverno, vantava un’alta
percentuale di alfabetizzazione e un’eccellente posizione strategica: affacciandosi
sull’oceano, poteva fungere da tramite continuo verso l’Inghilterra, la madrepatria.
Le informazioni all’epoca circolavano nelle coffe house, luoghi d’incontro dov’era
possibile avere accesso alle notizie provenienti dall’Europa.
1. Un esempio di coffe house e una prima pagina del “Publick Occurrences”.
2
Col termine giusnaturalismo si intendono in generale quelle dottrine filosofico-giuridiche che
affermano l’esistenza di un “diritto naturale”, cioè di un insieme di norme di comportamento dedotte
dalla “natura” e conoscibili dall’uomo.
3
Mario Borsa, op. cit. p. 186.
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Il primo giornale americano uscì il 25 settembre 1690, per opera del tipografo
inglese Harris. Il suo “Publick Occurrences” era stampato solo su tre facciate, con
la quarta pagina lasciata volutamente bianca affinché i lettori potessero aggiungervi
notizie fresche prima di passarlo ad amici
e conoscenti. Per parlare di periodico
regolarmente pubblicato bisogna però
attendere il “Boston News-Letter” di John
Campbell, maestro di posta a Boston. Egli
usò il servizio postale per inviare
informazioni a corrispondenti in altre
colonie, creando una sorta di bollettino
scritto a mano comprensivo di tutto:
proclami, proteste, traffico portuale,
tempeste e decessi. Nel 1704 trasformò il
suo notiziario nel primo giornale
americano di informazione settimanale.
Sebbene i primi stampatori coloniali
fossero poco propensi a criticare le
politiche dei propri governatori, le poste erano i luoghi dove circolava la maggior
quantità di notizie e pettegolezzi. Sotto la testata campeggiava però la scritta
«pubblicato dall’autorità».
«Malgrado fosse scialbo, il “Boston News-Letter” fu come i granelli di senape della
Bibbia: da esso derivò l’imponente Quarto Potere americano»4.
Nel 1721 la svolta: a dare una scossa all’insipido giornalismo delle origini fu la
pubblicazione del primo giornale indipendente nelle colonie, il “New-England
Courant”, che James Franklin fece uscire a Boston senza nullaosta. Fu un
avvenimento storico per il percorso di riconoscimento della libertà di stampa, una
sfida a Londra: per la prima volta non si aspettò l’autorizzazione degli inglesi. Il
4
M. Ememy, E. Ememy, N. Roberts, The Press and America: an Interpretative History of Mass
Media, Boston 2000, citato in Sofia Basso, Pier Luigi Vercesi, Storia del giornalismo americano,
Milano, Mondadori, 2005, p. 14.
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periodico durò solo cinque anni, lasciando però una traccia indelebile. Gli articoli
satirici divertivano il pubblico e rappresentavano una sorta di progenitore del
giornalismo d’inchiesta, di “cane da guardia” della stampa. Nonostante l’arresto di
Franklin nel 1722 dopo l’ennesima bordata in prima pagina, l’impronta da lui
lasciata risultò fondamentale: il principio di un giornalismo promotore di campagne
civili si era affermato saldamente.
Nel 1729 Benjamin Franklin, futuro firmatario della Costituzione degli Stati Uniti e
fratello minore di James, acquistò la “Pennsylvania Gazette” di Philadelphia, che
divenne il giornale più letto. Le parole di
Benjamin Franklin «United we stand, divided
we fall» suonarono l’allarme, la sveglia dal
torpore della stampa assoggettata alle autorità
della terra d’origine. Uniti, gli americani
avrebbero potuto ottenere quella libertà che
ormai desideravano ardentemente. Nuove
testate nacquero ovunque, spinte da un fattore
di stimolo più che mai valido: la crescente tensione con la madrepatria, che sfociò
nella Guerra d’Indipendenza. Il popolo reclamava notizie, esigeva i giornali,
pretendeva informazioni sull’andamento del conflitto.
2. Franklin pubblicò anche la prima vignetta politica del giornalismo americano: il disegno
mostrava un serpente che simboleggiava le colonie divise, mentre la didascalia ammoniva:
«Unirsi o morire».
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1.1.2 Il caso Zenger a New York
Uno degli episodi che viene identificato come significativo per la concessione della
libertà di stampa è il processo più famoso dell’epoca: il caso Zenger. Il giovane
stampatore di origine tedesca venne accusato per le crociate che ogni settimana il
suo giornale di New York intraprendeva contro le autorità governative. Arrestato
nel 1734, fu difeso nel processo celebrato l’anno successivo da uno dei più
prestigiosi avvocati delle colonie, Andrew Hamilton, che convinse la giuria
difendendo l’importanza del diritto all’informazione.
«Non stiamo trattando solo il caso di un povero stampatore o
della città di New York. No! Le sue conseguenze potrebbero
influenzare ogni uomo libero che vive sotto il dominio
inglese in America. È la migliore di tutte le cause. È la causa
della libertà»5.
Hamilton rivendicava il diritto di pubblicare la verità anche se non gradita
dall’autorità. Le appassionate parole dell’avvocato convinsero la corte, che rispose
con un verdetto di non colpevolezza. Il “trionfo” della libertà di stampa a New
York fece scalpore in tutte le colonie e in Inghilterra. Pur non rappresentando un
precedente legale, il caso affermò la possibilità di usare la verità come difesa dalle
accuse di diffamazione e istigazione alla rivolta. I primi passi per il riconoscimento
di alcuni diritti fondamentali erano stati compiuti.
3. Le bordate settimanali di
Zenger (immagine grande) sul
suo “New York Weekly Journal”
contro il governatore William
Cosby (riquadro piccolo) gli
costarono l‟accusa di aver
pubblicato considerazioni
scandalose, virulente e sediziose
sul governo.
5
Sofia Basso, Pier Luigi Vercesi, op. cit., p. 17.