CAPITOLO I: DESCRIZIONE DEL COMPLESSO ARCHITETTONICO E DEL CONTESTO AMBIENTALE
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CAPITOLO I: DESCRIZIONE DEL COMPLESSO
ARCHITETTONICO E DEL CONTESTO AMBIENTALE
Il complesso architettonico della chiesa di San Lorenzo
Posto a fregio del colle sovrastante il paese, il complesso monumentale che ha come fulcro la chiesa
di San Lorenzo raduna sotto la propria immagine fortemente simbolica la piccola comunità di cui fu
il centro religioso, testimoniandone la ricchezza culturale storica e artistica (fig. I e II).
La sobria e serena immagine della chiesa raccoglie su un terrapieno inerbito e sorretto da tratti di
fortificazioni precedenti, un insieme architettonico eterogeneo a cui partecipano il lazzaretto,
un’antica torre la cui fierezza fu ammansita nella trasformazione in cappella, e il sacello isolato
intitolato a San Carlo Borromeo (fig. III).
L’area del monumento è collegata al centro abitato da una strada selciata abbastanza angusta che ha
un accesso di pendenza più dolce dalla parte alta e più antica del paese, ed un altro molto più ripido
dalla zona della piazza, dove si trova l’attuale parrocchiale seicentesca. Questa via prosegue poi,
verso il culmine della collina dove sorge, anch’essa su un terrapieno appartenuto ad un fortilizio, la
chiesetta di San Michele, e verso l’antica strada di collegamento tra Berzo e Bienno che attraversa
la località Orcava. Un ulteriore collegamento è stato realizzato abbastanza recentemente con la parte
più bassa del paese attraverso un tracciato carrozzabile che raggiunge uno spiazzo collegato
all’arrivo dell’altra strada proveniente dal paese.
L’accesso al complesso avviene quindi da due punti, quello principale si trova sul lato meridionale,
verso il paese ed è costituito da un’ampia rampa selciata dall’andamento curvilineo che porta ad un
primo spiazzo d’ingresso al lazzaretto e ad una breve e rustica scalinata d’accesso al sagrato erboso
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della Chiesa; il secondo è posto a nord, sul retro del complesso dove riprende il tragitto che porta
alla chiesa di San Michele o a Bienno.
Salendo la breve scalinata che segue la rampa d’accesso ci si trova sulla parte di sagrato antistante
la facciata della chiesa pressoché rettangolare e delimitata sul lato settentrionale dal fondale scenico
costituito dalla cappella di San Carlo, costruzione dai tratti seicenteschi coperta da volta a crociera e
racchiusa solamente su due lati da muratura e aperta verso la chiesa con due archi a pieno centro su
una colonnina in pietra di Sanico, un tempo chiusi da cancellate lignee di cui restano i montanti
affrancati alle catene degli archi (fig. VI). Il lato occidentale dell’area rialzata, munito di un
semplice parapetto moderno in acciaio e di un cippo tronco-piramidale in granito con croce in ferro
battuto, si apre su un vasto paesaggio che comprende, dopo l’amena conca sottostante, quasi l’intera
catena collinare del Bardisone sino alla Chiesa della SS. Trinità sul colle del castello a Esine, e la
zona di campagna a valle dell’abitato di Berzo (fig. IV).
Il fronte a capanna della chiesa si affaccia su questa porzione di sagrato presentandosi in modo
alquanto asimmetrico per l’aggiunta a nord di una cappella, con funzione di battistero, munita di
oculo. Un’apertura simile ma più grande è anche nella facciata, tra la lunetta gotica dell’ampio
portale architravato in pietra simona e la trave di colmo del tetto in legno non molto sporgente. A
destra della porta principale c’è una acquasantiera in calcare chiaro rozzamente lavorata e incassata
in una nicchia quadrata. Superiormente sono poco leggibili le tracce di un enorme affresco
quattrocentesco di San Cristoforo che occupava tutta l’altezza della facciata (fig. VII).
Sulla parte meridionale del sagrato, a destra della scalinata d’acceso all’area, si trova un particolare
edificio, sviluppato su due livelli, alla quota della chiesa si apre un portichetto addossato in parte
quattrocentesco a due campate, con tre colonne disomogenee in pietra di Sarnico e in pietra simona,
oltre il muro del terrapieno circa tre metri più in basso del sagrato si prospetta il lato ovest
dell’edificio denominato lazzaretto, con un suo piccolo sagrato e con semplice portale aperto a
breccia nella struttura che originariamente apparteneva ad una torre duecentesca trasformata
internamente nella cappella di San Francesco, dove si riunivano i disciplini (fig. VIII).
La chiesa su questo lato presenta un prospetto movimentato dalla presenza di una scala in muratura
con parapetto, sorretta due arcate a botte che ospitano delle sepolture, da un sepolcro del 1580
sospeso su mensole e dalle forme precocemente barocche, e dall’ingresso laterale sottostante un
finestrone rettangolare con terminazione trilobata e una monofora tamponata con imbotte della
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strombatura a tutto sesto e cornice interna leggermente a sesto acuto, che testimonia una precedente
conformazione dell’edificio (fig. IX).
Proseguendo oltre il portichetto, ci si affaccia sull’abitato di Berzo e sulla parte alta della Val
Grigna da un alto terrapieno, dalle murature quattrocentesche, sovrapposte all’angolo orientale del
lazzaretto. Su questo spiazzo si affaccia il fianco meridionale del presbiterio della chiesa, con una
elegante e slanciata finestra tardo gotica, molto strombata. La piccola sagrestia, aggiunta alla
struttura della chiesa presenta una muratura più incerta e degradata, ed un’unica finestrella quadrata
con inferriata e cornice in pietra simona.
Salendo il breve pendio retrostante la chiesa si vede esternamente la parete di fondo del presbiterio,
con profilo a capanna ed un oculo tamponato. A fianco del volume del presbiterio si innalza il
campanile, costruito su uno sperone rocciso più alto della quota interna della chiesa, le sue
fondazioni sono rese visibili da un recente e ampio intervento di sbancamento del terreno a ridosso
della chiesa. Il fusto della torre campanaria presenta forme romaniche con feritoie e quattro
monofore ad arco a tutto sesto poste a mezza altezza, mentre la cella campanaria, molto semplice e
formata da quattro archi in carniola su pilastrini in granito e da una pseudo cupola coperta da lastre
di pietra e coronata da quattro merli a coda di rondine, ospita due campane montate su un castello di
fattura recente(fig. X).
Sul fianco nord della chiesa si apre una porta che conduce al sottotetto del presbiterio, mentre altre
due finestre delle fattezze di quella sopra l’ingresso laterale della chiesa danno luce alla navata. La
muratura di questo prospetto presenta un tipico paramento romanico, una porta murata, con arco a
tutto sesto in conci scalpellati, anch’essa di epoca romanica e un cantonale integrato in un
ampliamento della parete quasi al punto di innesto del battistero che anche nel suo lato
settentrionale presenta un oculo come in facciata. Tutto il perimetro settentrionale e orientale della
chiesa è affiancato da un muretto in cemento armato e pietre che sostiene il terreno asportato nella
realizzazione della trincea drenante, fatto che ha portato all’accentuazione della pendenza del prato
retrostante la chiesa, delimitato da resti di murature ascrivibili all’antica fortificazione che cingeva
la chiesa.
L’interno della chiesa di San Lorenzo si presenta come un’ampia navata scandita da due setti gotici
trasversali ad arco acuto con mensoline in pietra all’imposta, che sorreggono la copertura lignea. La
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parete destra tra i due archi è occupata da una peculiare cappella cinquecentesca affresacata dal Da
Cemmo, coperta da una semi-volta costolonata e unghiata affrancata da tiranti in ferro alla muratura
di fondo e da un arco leggermente acuto poggiato su strette mensole in pietra simona che ne
costituisce il fronte(fig. XI).
Il presbiterio rialzato di un gradino, è inquadrato dal profilo a sesto acuto della volta a botte
completamente affrescata che ne copre la prima campata, molto meno ampio di quello degli archi
della navata, la seconda campata, ampliamento della metà del quattrocento, ospita un coro con seggi
a panca incassati in due nicchie simmetriche nelle pareti laterali concluse da una coppia ciascuna di
archi pensili. Al centro sta l’altare in pietra di recente ricostruzione, posto su una predella rialzata da
tre gradini in calcare scuro di fattura sei-settecentesca (fig. XII). Sul presbiterio si aprono tre porte:
del campanile, di un ripostiglio voltato a botte e della sagrestia. Quest’ultima è di semplice pianta
quadrata ed è coperta con una recente soletta piana, presumibilmente in laterocemento.
Il contesto ambientale
L’ambito territoriale in cui si trova il complesso architettonico della chiesa di San Lorenzo è quello
prealpino della media Valle Camonica in provincia di Brescia (fig. XIV). Più precisamente la
localizzazione è nel territorio del comune di Berzo Inferiore, situato all’immissione della più
ristretta e laterale Val Grigna nella Valle Camonica, in un punto di notevole ampiezza tra le
montagne, dove il fondovalle è caratterizzato da conoidi di deiezione ai piedi dei versanti montani e
da estese piane alluvionali, intervallate da alcuni rilievi collinari che separano il corso del fiume
Oglio dall’ultimo tratto del torrente Grigna, proprio affluente (fig. XV e XVI).
Gli insediamenti urbani e industriali in questa zona occupano una parte significativa dei terreni
pianeggianti contesi alle attività agricole e di allevamento, l’estensione dei centri abitati tende a
saturare le distanze tra gli insediamenti originari, storicamente più circoscritti, posti a tre o quattro
chilometri uno dall’altro, e quindi già inizialmente piuttosto ravvicinati (fig.XVI e XVII). Oltre ai
principali centri abitati posti nel fondovalle, il territorio è diffusamente presidiato da costruzioni
rurali, anche moderne, che ne testimoniano una frequentazione e uno sfruttamento costante nel
tempo anche nelle aree montane. Diffusi nelle zone agricole sono gli allevamenti di bovine da latte
che praticano anche l’alpeggio estivo nelle malghe montane e, per finalità sportive, di cavalli, ai
quali sono legate manifestazioni fieristiche sportive.
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Le attività produttive insediate sul territorio sono soprattutto di tipo artigianale, ma sono presenti
anche stabilimenti di media grandezza in cui prevalentemente si lavorano prodotti siderurgici come
laminati e forgiati di grandi dimensioni, queste attività sembrano avere attualmente efficaci sistemi
di controllo delle emissioni in atmosfera, ma in passato possono avere avuto una qualche incidenza
sulla qualità dell’aria. Sono molto diffuse centrali idroelettriche che sfruttano quasi totalmente le
risorse idriche, lasciando esigue portate nei corsi d’acqua naturali, non sono tuttavia presenti
centrali termoelettriche con relative immissioni in atmosfera. Risulta però significativo l’uso di
legna da ardere per il riscaldamento domestico che provoca una certa presenza di residui carboniosi
nell’aria nei periodi invernali di scarsa ventilazione. L’entità dell’inquinamento atmosferico resta
comunque abbastanza limitata e piuttosto poco significativa negli effetti sul degrado degli edifici,
almeno per i casi non immediatamente sottoposti a fonti inquinanti come le vie di maggior
percorrenza, comunque piuttosto trafficate, anche dai frequenti mezzi pesanti necessari al comparto
industriale e artigianale presente.
La zona collinare su cui sorge il complesso si trova del resto in una situazione di sopraelevazione
rispetto alle zone abitate circostanti e risulta inserita in un’area a vocazione agricola, condizione
che attenua l’incidenza degli agenti inquinanti che infatti non sembrano avere grosse ricadute sullo
stato di conservazione del monumento in esame.
Per quanto riguarda l’altimetria del luogo, il territorio del comune ha un altitudine che varia tra i
300 e i 2.160 metri (Monte Colombino) sul livello del mare mentre il centro abitato si colloca sul
fondovalle ai piedi della collina di San Lorenzo e San Michele intorno ad una quota di 360 metri. Il
complesso in esame è in particolare situato ad una quota di circa 400 metri sul colle di San Lorenzo.
L'area su cui si trova l'insieme architettonico si sviluppa su un dislivello complessivo di circa dodici
metri partendo dal livello più basso di fondazione del "Lazzaretto" tramite rampe e scalinate si
arriva alla quota superiore del pavimento della chiesa a circa dieci metri più in alto e al secondo
accesso all'area sul retro della chiesa, dodici metri più elevato.
Le inclinazioni del terreno sono tali dirigere le acque meteoriche in punti che risultano prossimi agli
edifici causando umidità nelle pareti contro terra .
La giacitura degli strati di roccia calcarea che costituiscono il rilievo causa nella parte ovest del
complesso dei problemi di stabilità dei versanti e delle fondazioni.
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Le parti del complesso situate verso il paese hanno fondazioni stabili su roccia con giacitura a
reggi-poggio, mentre sul versante ovest la giacitura degli strati calcarei a frana-poggio tende a
causare dissesti nelle murature.
La collina è difatti composta dalle formazioni litoidi del calcare di Angolo (denominato localmente
castilì), roccia calcarea compatta che si presenta in strati separati da letti marnosi e con giacitura su
piani immergenti verso nord-ovest.
Nei mesi invernali è possibile riscontrare escursioni termiche di circa 10°, si passa da temperature
sotto lo zero a temperature superiori, questo fasi di congelamento e scioglimanto dell'acqua
assorbita dalle microporosità dei materiali; possono formarsi crepe e spaccature.
Le facciate esposte a sud-ovest subisco notevole irraggiamento che determina alte escursioni
termiche giornaliere, accentuate anche dalla presenza di regime di brezza notturno.
Tipico del clima alpino si riscontra una maggioranza di piogge nei mesi estivi. Il sito in particolare è
protetto a nord dalla parte sommitale del colle, le facciate esposte a ovest subiscono l'effetto delle
perturbazioni più violente.
La qualità dell’aria e la ventilazione non presenta particolari caratteristiche sfavorevoli alla
conservazione degli edifici grazie alla scarsa incidenza dell’ inquinamento atmosferico. La
collocazione dell'area su una collina la rende però direttamente esposta alle correnti, in particolare
quelle da sud-ovest a nord-est vengono amplificate nello spazio tra il portico del lazzaretto e la
chiesa. Nella parte nord-est la collina protegge gli edifici, le facciate esposte a sud e a ovest sono
quindi maggiormente esposte all'erosione causata dal vento.
Periodo Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Annuale
Temperatura
max. media
3,8 7,1 10,4 14,8 19,1 23 26,4 25,3 22 15,8 10,3 5,6 15,3
Temperatura
min. media
-5,8 -3,4 0 3,9 8,1 12,1 14,5 14,1 11 5,7 0,9 -3,5 4,8
Periodo Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Set. Ott. Nov. Dic. Annuale
mm di pioggia 26 29 62 82 85 102 105 119 78 82 83 51 904
CAPITOLO II: ANALISI STORICA
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CAPITOLO II: ANALISI STORICA
Premessa
Il complesso monumentale della chiesa di S. Lorenzo e l’intera collina del Bardisone e del
Barberino che separa la laterale Val Grigna dalla Val Camolnica, rivestono un ruolo chiave per lo
studio e la comprensione dello sviluppo del territorio camuno nei millenni di frequentazione e
trasformazione antropica del territorio.
In particolare una lettura di carattere archeologico dell’area che ne consideri le architetture, i ruderi,
la conformazione dei terrazzamenti, dei pendii e dei collegamenti viari potrebbe produrre dati
significativi soprattutto per lo studio dei periodi, come ad esempio quello preromano, il tardo antico
e l’inizio del medioevo, caratterizzati da scarsa documentazione scritta e, allo stato attuale,
conosciuti in modo lacunoso, particolarmente per aspetti sociali e culturali oltre che per quelli più
marcatamente di natura storica.
Risulta quindi subito evidente l’importanza che le costruzioni poste sul complesso collinare del
Bardisone e del Barberino, unitamente ad altre poste nel tessuto urbano e nel territorio del comune,
rivestono come documento storico unico, insostituibile e ancora poco studiato e tutelato sotto questo
aspetto.
Inquadramento storico del territorio dal periodo preromano al sec XVI.
Per quanto riguarda il territorio di Berzo Inferiore e della circostante Val Grigna sono certamente
attestate frequentazioni in età preistorica, come testimoniano ritrovamenti ricondotti ad un rilevante
insediamento mesolitico (8000 – 7000 a.C.) collocato in prossimità del passo del Crestoso, località
montana del territorio comunale.
Anche l’area collinare dove si trova il complesso monumentale di San Lorenzo è stata oggetto di
ritrovamenti di interesse archeologico: nel 1903 fu recuperata un’ascia dell’età del bronzo sulla
collina del Bardisone; in via Donato Mazzoli, uno dei collegamenti tra l’abitato e la sua antica
CAPITOLO II: ANALISI STORICA
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parrocchiale, sono stati portati alla luce diversi forni per la calce ricondotti ad età romana
1
o
altomedievale, mentre certamente romana è una lapide di dedicazione alle “fonti divine” recuperata
all’interno della piccola chiesa di S.Michele, di fondazione presumibilmente longobarda, posta tra i
resti di una fortificazione medievale, all’apice della collina dove a minor quota sorge appunto la
chiesa di San Lorenzo.
I primi riscontri documentali relativi al territorio di Berzo risalgono al periodo altomedievale (774);
ne mettono in rilievo l’importanza economica legata alle attività di estrazione e fusione del ferro
citando strutture e insediamenti collegati all’estrazione e alla custodia del minerale immagazzinato
2
.
Questa connotazione siderurgica caratterizza tutta la storia di questo territorio fino ai giorni nostri;
la vivacità economica che ne è in modo alterno derivata ha reso possibile nei secoli la realizzazione
di architetture, opere d’arte e monumenti di notevole valore e consistenza.
Nel 1036 Berzo viene infatti nuovamente citato in una donazione da parte dell’arciprete della pieve
di Manerbio, Arderico, che offre al monastero di San Pietro in Monte Orsino di Serle rilevanti beni,
case e magazzini situati all’interno, sopra e fuori il castello: probabilmente anche strutture
fortificate per la tutela e la conservazione dei prodotti che potevano essere oggetto di razzia come
quelli siderurgici (si pensi al valore di armi e utensili), o le derrate alimentari
3
.
L’insediamento identificato come curtis nel 774 e quello individuato come castrum nel 1036 sono
oggi difficilmente individuabili; i documenti potrebbero sia riferirsi a insediamenti distinti per
posizione oltre che per connotazione tipologica, sia invece riguardare lo stesso insediamento.
Con curtis potrebbe essere intesa un’area urbana, probabilmente delimitata da mura, sede anche di
attività produttive agricole e artigianali (con questa accezione è ricorrente nell’Alto Medioevo
anche il termine villa), mentre con castrum può venire indicato un insediamento maggiormente
munito e fortificato. Questa distinzione appare tuttavia artificiosa in quanto i due termini,
appartenenti a epoche e influssi linguistici molto diversi, sono comunque semanticamente vicini,
tanto che pare molto probabile indichino il medesimo insediamento, se pur modificato e nel tempo
reso più sicuro. Certamente la differenza tra borgo fortificato e castello nell’area camuna non
sembra avere grande valenza tipologica; per quasi tutto il Medioevo infatti nella maggior parte dei
casi sia i castelli che i villaggi fortificati sono formati da una cinta muraria che racchiude
costruzioni del tutto distinte sia per uso che per conformazione. Come infatti documentato per il
vicino castello di Breno dagli studi del professor Francesco Fedele, all’interno della fortificazione
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potevano coesistere cappelle e importanti residenze fortificate, palazzi e case-torri, ma anche
botteghe e opifici, così come magazzini, granai, cisterne e orti.
Nel caso di Berzo, sembrerebbe tuttavia che a un certo punto si siano formati due nuclei, se pur non
molto dissimili urbanisticamente, uno con spiccata connotazione produttiva a quota inferiore e di
fondazione presumibilmente romana o tardo-antica, l’altro maggiormente difendibile posto sulla
collina, d’origine probabilmente longobarda, ma con precedenti preistorici (confermati da recenti
sondaggi sui resti di una muratura dell’età del ferro nei pressi della chiesa di San Michele). Ad una
lettura attenta del tessuto urbano attuale e dalla conformazione dell’abitato riportata dai catasti
ottocenteschi, risulta infatti plausibile l’identificazione del nucleo inferiore con la parte dell’attuale
abitato che si trova sulle intersezioni tra Via San Tommaso(già Parolotti), Via San Glisente (già
Cimavilla) e Via del Merlo, e che è delimitata a nord dalla collina e a sud dal Vaso Re, condotto per
la movimentazione di mulini e opifici, mentre il castello propriamente detto è individuabile sulla
collina, collegato al primo insediamento da Via San Lorenzo e da Via del Merlo (denominazione
che evoca probabilmente la merlatura delle mura difensive) (fig. 1, 2 e 3).
Le ragioni di questa dicotomia sono inizialmente rintracciabili nei cambiamenti sociali e politici che
hanno caratterizzato la caduta dell’Impero Romano e l’avvento di nuove popolazioni barbariche.
Nella effettiva complessità di tali processi emergono infatti con certezza alcuni aspetti quali la
necessità di difesa dei centri abitati esistenti e delle produzioni presenti al loro interno da incursioni
esterne, la formazione di presidi fortificati maggiormente isolati e difendibili, la diffusione della
religione cristiana, della Chiesa Cattolica e degli edifici di culto e amministrativi ad esse connessi.
Sotto questo punto di vista lo sviluppo dei due insediamenti appare meglio comprensibile.
A questo fine appare di supporto tracciare, se pur in modo semplicistico, una ricostruzione degli
eventi storici di carattere generale che possono aver avuto ricadute significative sul territorio.
Il nucleo di età romana si insedia in un’insenatura pianeggiante ai piedi della collina di San
Lorenzo, lo delimita probabilmente un ramo del torrente Grigna che verrà più tardi canalizzato, ha
un certo sviluppo legato presumibilmente alle attività minerarie, agricole e di tipo artigianale a cui
vengono applicate alcune innovazioni tecnologiche plausibilmente già in età tardo-antica con
l’introduzione delle prime ruote ad acqua. Successivamente l’instabilità politica del V secolo si
accompagna alla necessità di approntare i primi sistemi difensivi a causa dei disordini conseguenti
CAPITOLO II: ANALISI STORICA
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alle penetrazioni di Visigoti, Vandali e Unni. Alla caduta dell’Impero seguì una parentesi di relativa
stabilità politica e ripresa economica sotto il regno Ostrogoto di Teodorico.
Un importante segno nell’assetto del territorio e della società fu dato quindi dalla dominazione
Longobarda che, oltre a introdurre fondamentali cambiamenti nell’amministrazione del territorio e
del diritto, apporta nuove consuetudini, modifica l’uso stesso del territorio favorendo ad esempio
l’allevamento di bestiame (attività ancora oggi rilevante), erige presidi fortificati in posizioni
dominanti e di controllo, infine permette una prima apprezzabile diffusione della religione
Cattolica, dei suoi luoghi di culto e della Chiesa. Per Berzo questo periodo vede con ogni
probabilità la formazione di un primo nucleo fortificato sulla sommità della collina di San Michele
comprendente appunto la chiesa dedicata all’arcangelo, venerato in particolar modo dal popolo
Longobardo, così come sulla sommità della vicina collina della Santissima Trinità ad Esine, dove
l’intitolazione della chiesa è nuovamente ascrivibile alla devozione di quel popolo e si ripete la
consuetudine di inglobare l’edificio religioso nella fortificazione.
Sembrerebbe quindi individuabile in epoca Longobarda la formazione del nucleo fortificato
collinare; questo viene poi probabilmente ampliato fino a raggiungere il luogo dove in epoca
Carolingia viene eretta la chiesa di San Lorenzo, diaconia dell’ormai consolidata pieve di Cividate.
Uno degli aspetti significativi dei domini Longobardo e Carolingio è effettivamente quello di dare
grande impulso alla diffusione del cristianesimo e della Chiesa Cattolica, sia per mezzo della
struttura organizzativa delle pievi (centri dell’evangelizzazione e dell’amministrazione ecclesiale
del territorio sottoposti al potere del vescovo), sia grazie all’opera dell’ordine Benedettino che
porterà consistenti progressi anche nelle tecnologie impiegate in agricoltura e nelle altre attività
produttive. Il notevole sistema idraulico costituito dal invaso chiamato Vaso Re ha infatti
plausibilmente origine in questo periodo di apprezzabile continuità amministrativa del territorio che
permise la costruzione di quest’opera ingegneristica che si svilupperà sino ad oggi a servizio degli
opifici, dell’igiene e dell’agricoltura di quattro distinte comunità, Prestine, Bienno, Berzo e Esine,
nei periodo basso-medievale separate dall’appartenenza alle opposte fazioni Guelfa e Ghibellina.
A questo punto l’abitato di Berzo ha già una strutturazione definita, caratterizzata come si è detto da
due nuclei strettamente connessi ed il suo territorio è sfruttato per le sue risorse minerarie e agricole
grazie anche all’utilizzo della forza motrice dell’acqua. Un sistema difensivo più efficace e
CAPITOLO II: ANALISI STORICA
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strutturato deve però essere stato sviluppato durante il X secolo per fronteggiare il pericolo
costituito dalle incursioni e dalle razzie condotte dagli Ungari dando origine ad una struttura
difensiva che nei tre secoli successivi raggiungerà una certa complessità, comprendendo tra l’altro
ben due chiese, diverse case-torri e probabilmente anche un ridotto difensivo identificabile nei resti
della fortificazione sulla sommità della collina di San Michele (fig. 4 e 5).
Nel documento del 1036 ciò che viene denominato castrum , contenente case e magazzini,
sembrerebbe però indicare un luogo ribassato in quanto sono citati possedimenti “tam infra castro
quam supra et foris” ed è quindi possibile che non si indichi il castello sulla collina, forse allora
poco sviluppato, e si riferisca invece al borgo principale posto al piano e ne connoti quindi l’aspetto
di fortificazione.
I possedimenti della donazione entrano così verosimilmente sotto il controllo del monastero di
Serle, a sua volta sottomesso all’amministrazione vescovile. Nei documenti successivi del
monastero non vengono però più citati queste proprietà e ciò può far pensare ad un’amministrazione
autonoma da parte di delegati, siano questi monaci di un più vicino priorato benedettino come San
Pietro in Barberino o fiduciari locali quali potrebbero essere stati i Robacastello, famiglia che difatti
nel 1157 vede un suo esponente presente a Vallio all’investitura da parte dell’abate di San Pietro
4
.
Il passaggio dell’amministrazione del territorio nelle mani di una famiglia locale potrebbe aver
determinato un ulteriore sviluppo di strutture di presidio militare e di valenza rappresentativa come
un nuovo castello o un palazzo all’interno di un’area già fortificata. In quest’ottica potrebbe
collocarsi l’ampliamento costituito dal corpo di fabbrica oggi denominato lazzaretto, ascrivibile per
conformazione architettonica ad un periodo tra XII e XIII sec (fig. 6).
Complesso I Robacastello presentano infatti diversi esponenti in ruoli di primaria importanza come
la carica di console di Valle Camonica ricoperta nel 1182 da un Robacastello da Berzo
5
; sono
arcipreti dell’importante pieve di Cividate Arderico negli anni1154-80, Federico nel 1233, Ottolino
nel 1290 e Guidone (+ 1312); mentre altri beneficiati sono i chierici Giovannino e Tancredino nel
1312 e il canonico Guido nel 1325
6
.
Come comprensibile, plausibilmente questi amministratori si sovrapposero alla proprietà del
monastero, restarono però legati all’orbita vescovile e guelfa; in particolare risulta evidente il
legame con la pieve di Cividate, elemento che infatti porterà a un ritardo rispetto ad altre comunità
vicine, nella formazione di una parrocchia autonoma a Berzo.