4 
 
Introduzione 
 
È l‟energia il motore dello sviluppo economico e strumento di diffusione 
del benessere e miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni. 
Oggi si parla di energia come un sistema complesso a carattere globale, 
in cui i consumi di petrolio, carbone e gas naturale sono in costante 
crescita ma per l‟aumento della domanda, in crescente scarsità. Se da un 
lato, quindi, il mondo richiede di poter disporre volumi di energia 
sempre maggiori, dall‟altro vi è l‟esigenza di individuare strumenti e 
tecnologie capaci di saper razionalizzare i consumi e di ricercare fonti 
alternative e durevoli. Si tratta di un argomento in continuo divenire, che 
si inserisce in un contesto internazionale con l‟obiettivo di contrastare il 
cambiamento climatico e ridurre le emissioni di gas a effetto serra. In 
particolare l‟Unione Europea ha raccolto la sfida energia-ambiente 
imponendo ai paesi membri notevoli sforzi per raggiungere entro il 2020 
standard adeguati in termini di efficienza energetica, investimenti in 
energie rinnovabili ed emissioni di gas. Questo è un problema che 
coinvolge tutti: Stato, Istituzioni, partiti, movimenti, associazioni, 
imprese e consumatori. Alle imprese, soprattutto, si chiede di affrontare, 
insieme, una delle più importanti sfide: quella ambientale. Si richiedono 
maggiore coerenza, nuovi sistemi e strumenti tra cui il green marketing, 
evoluzione del marketing tradizionale che consente alle imprese di 
modificare le proprie strategie di mercato in modo coerente alle proprie 
finalità e nello stesso tempo in linea con la salvaguardia ambientale.  
Alle Istituzioni si chiedono normative più chiare e linee guida da seguire 
per richiamare e sensibilizzare le imprese e i consumatori al fine di 
utilizzare sistemi che consentano di risparmiare energia, utilizzandola in 
modo più razionale ed efficiente. È importante, quindi, creare sinergie a 
 5 
 
livello governativo e territoriale che, favorendo rapporti di 
collaborazione tra Istituzioni, territorio e imprese, rendono possibile 
l‟implementazione di progetti validi per lo sviluppo del settore 
energetico. Il ruolo delle risorse energetiche è determinante per lo 
sviluppo di un sistema a livello nazionale, regionale e territoriale. La 
disponibilità di energia e le condizioni di utilizzo influenzano in maniera 
decisiva la competitività dei diversi sistemi produttivi e per questo 
rappresentano elementi fondanti della dimensione economica e sociale 
dello sviluppo sostenibile. Investire in energia, quindi, è un‟opportunità 
di crescita economica, per l‟Italia e maggiormente per il Mezzogiorno 
che presenta un vantaggio competitivo potenziale per le green Energy in 
grado di generare un aumento dell‟attrattività del territorio e un 
conseguente possibile sviluppo del tessuto economico e produttivo.  
 6 
 
Capitolo 1 
Scenario di una green revolution 
 
1.1 Economia e ambiente: una contraddizione o 
una nuova coscienza green? 
Con il verificarsi di disastri ambientali di rilevanti dimensioni e con il 
manifestarsi di fenomeni di intolleranza da parte degli ecosistemi come i 
cambiamenti climatici, il buco dell‟ozono e lʼinquinamento atmosferico, 
idrico e marino, si comincia a parlare nella metà degli anni „70 di 
questione ambientale. Questi fenomeni, legati ai processi di sviluppo 
economico, riguardano lʼintero globo e hanno posto forti sollecitazioni 
alla teoria economica. Il dibattito si concentra su due temi: il primo 
riguarda gli impatti delle attività antropiche sullʼambiente; il secondo 
considera le valutazioni economiche di questi impatti1. 
Nel momento in cui lʼambiente viene identificato come problema ma 
allo stesso tempo come “diritto alla crescita anche economica e come 
diritto da parte delle generazioni future di ereditare un ecosistema non 
peggiore di quello attuale”2, si sviluppa una nuova cultura green in cui vi 
è un più stretto rapporto tra economia e ambiente3. Fino a pochi anni fa 
si pensava che ad una maggiore qualità ambientale seguisse una minore 
crescita economica e viceversa ma è di recente che si comincia a parlare 
dellʼambiente come vera opportunità economica. Aver riconosciuto la 
variabile ambientale sia dal punto di vista economico sia da quello di 
                                                          
1
 Sirianni C. A. (a cura), Gestire l’ambiente, Giuffrè Editore, Milano, 1999, pp. 3. 
2
 Postiglione A. (a cura), Economia e ambiente. Profili economici, giuridici e sociali dello sviluppo 
sostenibile in Italia, FrancoAngeli, Milano, 2009, pp. 107. 
3
 È interessante notare che i termini “economia” ed “ecologia” hanno una radice etimologica comune: 
Oikos che in greco significa “casa”. Economia significa insieme delle norme che regolano la vita 
domestica; ecologia significa studio della casa dell‟uomo. G. Devoto, G. C. Oli, Vocabolario 
illustrato della lingua italiana, 1976. 
 7 
 
benessere sociale, ha contribuito al superamento dellʼidea comune che la 
tutela ambientale sia soltanto un costo aggiuntivo per la collettività. Da 
un lato se lʼambiente svolge una serie di funzioni economiche come la 
fornitura di risorse per lo svolgimento di attività umane e produttive, 
dallʼaltro mettere in atto comportamenti rispettosi per lʼambiente, oltre a 
migliorare le condizioni di questʼultimo, può generare dei risparmi ed è 
in grado di migliorare lʼimmagine pubblica delle imprese. Da queste 
discussioni, negli anni, si è consolidata una nuova opinione pubblica nei 
confronti dellʼambiente con una sensibilità diversa in base ai rispettivi 
Paesi e ai cicli economici. Ciò ha generato a sua volta la nascita di 
numerose associazioni ambientaliste e il cosiddetto «consumerismo 
verde»4. 
Entra in scena la green economy, diventata la parola dʼordine dei mercati 
più dinamici. Una nuova economia capace di usare con efficienza 
lʼenergia e le materie prime, di intervenire sugli ecosistemi senza 
danneggiarli e di guardare ai rifiuti come una fase continua delle merci e 
non come ad un elemento da espellere dal ciclo produttivo. Chi ha saputo 
cogliere il messaggio della green economy è stato Barack Obama, il 
nuovo Presidente degli Stati Uniti che ha fatto del green new deal un 
elemento centrale della sua campagna elettorale. “I momenti di crisi sono 
momenti di passaggio e possono rappresentare unʼoccasione per 
accelerare i cambiamenti. (…) il green new deal serve a ridare slancio 
allʼeconomia (…) perché fa intravedere ricadute positive su di essa e 
sullʼoccupazione”5. 
 
 
                                                          
4
 Masi D., Go Green, il Nuovo trend della comunicazione, Fausto Lupetti editore, Milano, 2010, pp. 
33-38. 
5
 Cianciullo A., Silvestrini G., La corsa della green economy, Edizioni Ambiente, Milano, 2010,  
pp. 9-10. 
 8 
 
1.2 Le politiche ambientali a livello internazionale 
La gestione ambientale si inserisce già dall‟inizio in un contesto molto 
più ampio come quello nazionale e internazionale. Il legame tra il tema 
ambientale e quello energetico ha portato ad una crescente attenzione 
verso questi argomenti. 
Le decisioni di politica di ogni Paese comportano inevitabilmente 
importanti conseguenze ambientali e quest‟ultime non possono essere 
risolte da un unico Paese ma occorre un azione congiunta a livello 
internazionale con tutte le difficoltà che un accordo può comportare. 
La prima importante conferenza che ha trattato temi riguardanti lo 
sviluppo sostenibile è la Conferenza delle Nazioni Unite sull‟ambiente 
umano svoltasi a Stoccolma nel 1972. Da questo primo dibattito è 
scaturito un primo ragionamento diplomatico e politico globale sui temi 
dello sviluppo umano ed è nata anche l‟Unep, United Nations 
Enviromental Programme, il programma delle Nazioni Unite sui 
problemi ambientali, nato con lo scopo di coordinare e promuovere le 
iniziative Onu rispetto alla questione ambientale. 
Nello stesso anno è stato pubblicato dal Club di Roma il rapporto The 
limits to growth affermando che, se gli attuali tassi di crescita della 
popolazione fossero rimasti invariati, i limiti alla crescita sul nostro 
pianeta sarebbero stati raggiunti entro l‟arco di un secolo. Da ciò sarebbe 
avvenuto un declino improvviso e inarrestabile della popolazione a causa 
dell‟esaurimento delle risorse non rinnovabili. 
Il rapporto anche se con toni catastrofici ha dato, sicuramente, una scossa 
all‟opinione pubblica mettendo in primo piano il problema di legare lo 
sviluppo economico alla disponibilità di risorse naturali6. 
                                                          
6
 Citterio A., Migliavacca S., Pizzurno E., Impresa e ambiente: un’intesa sostenibile, Strategie, 
strumenti ed esperienze, Libri Scheiwiller, Milano, 2009, pp. 20. 
 9 
 
Sempre nel 1979 si è svolta la Conferenza di Ginevra in cui si è avvertita 
una maggiore consapevolezza dei governi sui temi ambientali. Il World 
Climate Programme (programma specifico sul clima per l‟approvazione 
di un protocollo sull‟inquinamento atmosferico transnazionale) è il 
principale risultato della conferenza. 
Nel 1983 nasce la prima Commissione per lo sviluppo e l‟ambiente, 
prima iniziativa rilevante espressa dall‟Assemblea generale delle Nazioni 
Unite. 
La Commissione viene ricordata per aver pubblicato, quattro anni dopo, 
il rapporto Brundtland in cui viene definito il concetto di sviluppo 
sostenibile: “soddisfare i bisogni della generazione presente senza 
compromettere la possibilità di fare altrettanto per le generazioni future”. 
La Conferenza di Toronto del 1988 è citata per l‟incisività delle 
dichiarazioni finali e per gli impegni politici presi, come per esempio, 
per i cambiamenti climatici: riduzione delle emissioni di anidride 
carbonica in misura del 20% rispetto a quelle del 1988 e miglioramento 
dell‟efficienza energetica nella misura del 10% entro il 2005. 
La più conosciuta conferenza internazionale sui temi ambientali è quella 
svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992 col nome di Conferenza 
delle Nazioni Unite sull‟ambiente e sullo sviluppo. É definita come il 
punto di partenza per i principali programmi di azione a livello 
internazionale, partendo dalla Convenzione sui Cambiamenti Climatici 
per giungere all‟Agenda 21 (una pianificazione completa delle azioni da 
intraprendere a livello mondiale, nazionale e locale in ogni area in cui la 
presenza umana ha conseguenze sull'ambiente). La Conferenza si chiude 
con la Dichiarazione di Rio in cui nel Principio 3 riafferma il concetto di 
sviluppo sostenibile: “Il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in 
 10 
 
modo da soddisfare equamente le esigenze relative all‟ambiente e allo 
sviluppo delle generazioni presenti e future”7.    
 
1.3 Il Protocollo di Kyoto 
Per giungere a veri e propri obblighi di riduzione delle emissioni è stato 
redatto il Protocollo di Kyoto, un trattato internazionale siglato nel 1997 
nell‟ambito di una Convenzione quadro delle Nazioni Unite del 1992. 
Attraverso questo accordo i rappresentanti di 196 paesi dello UNFCCC 
(United Nation Framework Convention on Climate Change), hanno 
sottoscritto l‟impegno a ridurre, entro il periodo 2008-2012, le emissioni 
di alcuni gas mediamente del 5%, ritenuti responsabili del riscaldamento 
del pianeta rispetto ai livelli rilevati nel 1990. I gas in questione sono sei: 
anidride carbonica (CO₂), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), 
idruoflorurocarburi (HFCs), perfluorocarburi (PFCs) ed esafluoruro di 
zolfo (SF6). Questi gas hanno impatti sul clima in maniera differente tra 
loro perciò è stata adottata un‟unità di misura convenzionale definita 
CO₂ per esprimere le emissioni nel loro complesso8. 
Tra i paesi firmatari l‟Unione Europea insieme, fino a quel tempo, ai 
suoi quindici stati membri, è stata sin dall‟inizio la potenza industriale 
più motivata ad attivare il Protocollo di Kyoto. Dopo aver ratificato 
l‟accordo nel 2002, l‟Unione Europea ha già nel 2003 adottato uno 
schema di scambio di quote di emissioni per semplificare l‟ attuazione 
dei target previsti per i paesi europei. Diversamente gli Stati Uniti, con a 
capo Bush, hanno preso nettamente le distanze dagli impegni di Kyoto in 
quanto giudicati onerosi per l‟economia statunitense e in gran parte privi 
di riscontri scientifici. Le motivazioni sono da ricercare nelle diverse 
sensibilità delle differenti opinioni pubbliche nazionali rispetto alle 
                                                          
7
 Lanza A., Lo sviluppo sostenibile, il Mulino, Bologna, 1997, pp. 70-72. 
8
 Macchiati A., Rossi G., La sfida dell’energia pulita, il Mulino, Bologna, 2010, pp. 63-68. 
 11 
 
dichiarazioni della comunità scientifica e in particolare 
dell‟Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo di 
riferimento a livello mondiale sulle problematiche relative a cause ed 
effetti dei cambiamenti climatici. 
Un paese firmatario, per rispettare il Protocollo, deve fare ricorso a 
misure interne di riduzione delle emissioni come per esempio attraverso 
l‟attuazione di politiche che favoriscano l‟incremento dell‟efficienza 
energetica, l‟aumento della produzione nazionale di energia prodotta da 
fonti rinnovabili, il contenimento di emissioni di metano generate dalle 
discariche di rifiuti urbani e industriali e infine l‟incremento di bacini 
forestali in grado di assorbire le emissioni climaterali, etc. 
I paesi firmatari, inoltre, possono fare ricorso a misure esterne 
utilizzando i meccanismi flessibili che si fondono sul principio secondo 
cui, il beneficio ambientale globale della riduzione delle emissioni, 
rimane tale a prescindere dall‟area geografica nella quale le emissioni 
vengono ridotte. Il Protocollo prevede tre tipologie di meccanismi 
flessibili: la Joint Implementation, il Clean development Mechanism e 
l‟International Emission Trading. Attraverso questi sistemi le parti 
coinvolte si scambiano le quote di emissione e possono abbattere le 
emissioni dove costa meno, attraverso la generazione di crediti di 
emissioni derivanti dall‟investimento in progetti di abbattimento dei gas 
serra, rispettivamente in altri paesi facente parte del Protocollo o in paesi 
in via di sviluppo senza vincoli di emissione. In particolare, il Clean 
Development Mechanism permette alle imprese dei paesi industrializzati, 
di realizzare progetti per ridurre le emissioni nei paesi in via di sviluppo 
anche attraverso trasferimenti di tecnologie più pulite, promuovendo uno 
sviluppo più sostenibile e riducendo le emissioni là dove è più 
economicamente conveniente. La differenza tra la quantità di gas serra 
emessa realmente e quella che sarebbe stata provocata in assenza  del 
 12 
 
progetto è considerata emissione evitata. Per le aziende presenta molti 
vantaggi in quanto intervenire nei paesi in via di sviluppo significa 
migliorare la  redditività di un investimento; esplorare ed entrare nei 
nuovi mercati dei paesi emergenti; migliorare l‟immagine aziendale 
percepita dall‟opinione pubblica. Una critica mossa al Protocollo di 
Kyoto è quella di non aver saputo porre dei target vincolanti per i paesi 
emergenti e in via di sviluppo9. 
Nel giugno del 2007 la Cina è diventata maggior produttore di CO₂ 
superando gli Stati Uniti e nell‟ultimo anno è arrivata a ricoprire la 
posizione di maggior consumatore al mondo di energia elettrica.  
 
1.3.1 L‟Italia e il dopo Kyoto 
Con la firma del Protocollo di Kyoto, l‟Unione Europea, insieme ai suoi 
Stati membri, dichiarano di adempiere agli obblighi previsti attraverso la 
formalizzazione del Burden Sharing Agreement (BSA) in cui gli stessi 
Stati si assumono collettivamente e individualmente l‟obbligo di adottare 
misure per rispettare gli impegni presi. Rispetto all‟obiettivo di riduzione 
assunto nel BSA, l‟Italia, quindi, deve ridurre i gas serra del 6,5% 
rispetto al 1990 entro il 2012 disponendo di permessi di emissione che 
non possono superare i 487,1 milioni di tonnellate di CO₂. Il rapporto 
Ambiente Italia 2010 di Legambiente, analizzando lo stato di salute del 
paese, ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sulle sfide ambientali 
dello stesso rispetto agli altri paesi europei. Dal Rapporto emerge che 
l‟Italia, con 550 milioni di tonnellate di Co₂, è il terzo paese europeo per 
emissioni (era quinto nel 1990 e quarto nel 2000). Rispetto al 1990 la 
crescita delle emissioni lorde italiane è stata del 7,1% soprattutto a causa 
dell‟aumento dei consumi per trasporti (+ 24%), della produzione di 
                                                          
9
 Corazza C., EcoEuropa, Le nuove politiche per l’energia e il clima, Egea, Milano, 2009, pp. 61-72.