Gli strumenti di finanza immobiliare; un confronto internazionale
INTRODUZIONE
I risparmi delle famiglie (soggetti economici caratterizzati da una condizione di surplus
finanziario), nonché gli attivi patrimoniali delle imprese, possono essere impiegati per
l’acquisto di attività idonee a garantire il conseguimento di un rendimento (azioni,
obbligazioni, titoli di stato..), più o meno aleatorio.
L’acquisto di un immobile costituisce un’alternativa di investimento particolarmente
apprezzata per la propria capacità di conservazione del valore nel tempo. Gli immobili
rientrano difatti, a pieno merito, nella categoria dei cosiddetti “beni rifugio”.
Al pari di un qualunque altro investimento mobiliare, anche l’impiego di risorse in beni
immobili deve essere valutato nell’ottica di due grandezze: il rendimento garantito e il rischio
sopportato.
La detenzione diretta della proprietà immobiliare da parte di una persona fisica o giuridica è
consigliabile solo nel momento in cui il patrimonio immobiliare è rappresentato da uno o pochi
immobili; nel momento in cui l’investimento immobiliare assume dimensione rilevante in
termini di numero di assets posseduti, risulta necessario individuare un opportuno veicolo
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giuridico entro cui incanalare i beni.
Se, in Italia, fino a qualche anno fa la società immobiliare rappresentava la struttura giuridica
per eccellenza, le riforme normative susseguitesi a partire dalla seconda metà degli anni ’90
hanno consentito l’introduzione di nuovi strumenti di finanza immobiliare: dapprima i fondi
comuni di investimento immobiliare, in seguito le società d’investimento immobiliare quotate
(SIIQ), per le quali la finanziaria del 2007 ha introdotto un regime fiscale agevolato.
Risultato di questa “evoluzione normativa” è la possibilità di poter effettuare un investimento
indiretto di natura immobiliare scegliendo lo strumento giuridico ritenuto più appropriato. Le
diverse modalità di investimento presentano infatti peculiari caratteristiche e finalità che
devono necessariamente essere analizzate per poter approntare un confronto critico tra le
stesse.
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Cacciamani C., Real Estate, II edizione, Milano, Egea, 2008
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Gli strumenti di finanza immobiliare; un confronto internazionale
Obiettivo del presente lavoro è la realizzazione di un raffronto critico tra gli strumenti di
finanza immobiliare, che ci si propone di realizzare seguendo un percorso lineare dal punto di
vista temporale.
Per tale motivo, dopo un capitolo introduttivo dedicato alle differenze tra investimento diretto e
indiretto nel settore immobiliare, la prima parte dell’analisi sarà focalizzata su quegli strumenti
che hanno rappresentato una novità assoluta a livello mondiale: I REIT (Real Estate Investment
Trusts) sorti negli Stati Uniti a partire dal 1960, ma che soltanto negli anni ’90 hanno trovato
piena affermazione. Essi sono di fatto costituiti come una società per azioni, il cui oggetto
sociale è rappresentato dall’investimento immobiliare.
La denominazione di REIT si mantiene anche in molti altri paesi, ad indicare veicoli giuridici
aventi caratteristiche analoghe a quelli originari americani. Se, difatti, è vero che ciascun
ordinamento prevede regole diverse (in termini di natura giuridica, limiti all’attività o
all’indebitamento, obblighi di distribuzione, regole di corporate governance), si può osservare
come in sostanza il termine stia ad indicare una società d’investimento immobiliare, in genere
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quotata, caratterizzata da un regime di trasparenza fiscale e dall’obbligo di distribuzione della
maggior parte degli utili (almeno l’80%) sotto forma di dividendi.
Il primo paese europeo ad introdurre i REIT è stata l’Olanda nel 1969, con la nascita degli FBI
(Fiscale Beleggings-Instelling), seguita solo nel 1995 dal Belgio. Molto più recente è la storia
delle SIIC (Sociétés d’Investissement Immobiliers Cotées) francesi, sorte nel 2003, che hanno
preceduto di pochi anni la nascita delle SIIQ in Italia, dei REIT inglesi (UK REIT) e tedeschi
(G-REIT).
In Europa, anche Spagna, Grecia, Bulgaria, Turchia e Russia hanno adottato strumenti REIT-
like.
Accanto alle società d’investimento, sarà ovviamente analizzato l’altro veicolo giuridico per
eccellenza: il fondo immobiliare, che presenta caratteristiche peculiari nei diversi ordinamenti
giuridici. In Italia, ad esempio, il fondo è tipicamente chiuso (al più semichiuso) e avente
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Per trasparenza fiscale, in generale, si intende quel regime di tassazione dei redditi per mezzo del quale il
soggetto possessore dei redditi diventa trasparente ( ossia su di lui non sorgono obbligazioni tributarie ) per il
Fisco.
In altri termini, il sistema consente di imputare gli utili o le perdite della società a ciascun socio (o investitore), in
proporzione alla propria quota di partecipazione.
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durata massima determinata , mentre in paesi quali Germania e Svizzera assume la
connotazione di fondo aperto e con durata indeterminata.
Il terzo e il quarto capitolo, pertanto, sono dedicati ad una approfondita panoramica del
contesto europeo.
Il capitolo 5 è dedicato ad una rassegna generale degli strumenti di investimento indiretto nel
resto nel mondo, con particolare riferimento all’esperienza olandese e all’Asia. Obiettivo di
questo capitolo non è, chiaramente, quello di fornire una disamina esaustiva dal punto di vista
normativo; ma piuttosto quello di evidenziare l’andamento dell’investimento immobiliare in
paesi diversi da quelli che vengono tradizionalmente presi in considerazioni per gli studi in
materia.
Il sesto capitolo si sofferma sull’investimento immobiliare in Italia.
L’analisi verterà sui principali veicoli giuridici, i fondi e le Società d’Investimento Immobiliare
Quotate (SIIQ).
La scelta di analizzare per ultimo il contesto italiano non è affatto casuale. Mantenendo una
coerenza temporale relativamente allo scenario mondiale, infatti, sarà possibile evidenziare gli
aspetti che caratterizzano e differenziano gli strumenti “di casa nostra”.
Con riferimento ai fondi immobiliari, in seguito all’esposizione degli aspetti giuridici e fiscali,
il discorso si soffermerà sulle conseguenze derivanti dall’attuazione del decreto legge del 31
Maggio 2010, contenuto nella manovra finanziaria, destinato ad avere un impatto significativo
sull’operatività degli strumenti stessi.
La disamina delle SIIQ sarà invece finalizzata ad evidenziare le cause dello scarso successo
delle stesse (oggigiorno soltanto una società ha avuto accesso al regime agevolato, mentre una
seconda è in fase di transizione), nonché le prospettive circa la futura evoluzione del veicolo.
A ben vedere, dunque, la precedente analisi degli strumenti immobiliari presenti nei diversi
paesi del mondo si pone la finalità di costruire un benchmark di riferimento per verificare verso
quale direzione gli strumenti italiani si stanno muovendo (armonizzazione o meno), sulla base
delle evoluzioni in atto.
Il settimo capitolo, infine, si pone come una naturale conclusione del percorso affrontato. In
esso viene presentato un raffronto del livello di successo conseguito dai veicoli d’investimento
in ciascun contesto nazionale osservato, in modo da evidenziare quali elementi strutturali e
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normativi hanno contribuito in modo significativo a determinare la diffusione dell’immobiliare
tra il pubblico degli investitori.
In seguito, sulla base degli elementi di successo emersi, viene delineato il cosiddetto Reit
ideale, il quale si caratterizza per il fatto di possedere tutti i punti di forza individuati nei
veicoli presenti nelle diverse esperienze nazionali.
Di volta in volta saranno analizzati la disciplina finalizzata a regolare gli strumenti osservati e
il regime fiscale che li caratterizza, nonché le evidenze empiriche mirate a dare evidenza dello
sviluppo conseguito dagli stessi. In sintesi, il risultato finale del presente lavoro sarà il frutto di
una lettura incrociata di fonti normative (indispensabili al fine di conoscere su quali
fondamenta lo strumento in esame si poggia) e dati di mercato (parametro inequivocabile del
successo ottenuto da un determinato veicolo).
Obiettivo ultimo che ci si propone di conseguire è una visione globale del mercato
immobiliare, in modo tale da porre l’accento sui punti di forza e debolezza di quello italiano (il
cui ritardo è legato principalmente all’ affermazione tardiva degli strumenti osservati) nei
confronti dei “competitors” internazionali, nonché sulle opportunità che allo stesso si
presentano in termini di sviluppo e crescita.
A tal proposito, le previsioni circa lo sviluppo futuro di fondi immobiliari e SIIQ in Italia, alla
luce delle nuove disposizioni normative sopra citate, rappresentano il vero e proprio elemento
di “novità” che il presente lavoro si propone di esplicitare, grazie anche alla gentile consulenza
di esperti del settore.
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1 L’INVESTIMENTO IMMOBILIARE INDIRETTO
1.1 L’investimento immobiliare
Il processo di innovazione finanziaria in ambito immobiliare si pone l’obiettivo principale di
ampliare il numero di soggetti aventi accesso al reddito derivante da un patrimonio costituito
da immobili. Questo scopo è stato riconosciuto dalla maggior parte dei paesi industrializzati
come meritevole di tutela, e per tale motivo sono state introdotte normative dedicate,
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principalmente in materia fiscale.
L’investimento immobiliare può essere di due diversi tipi:
Diretto: il risparmiatore (o la società) acquista direttamente l’asset immobiliare (casa,
ufficio, centro commerciale), che diviene dunque parte integrante del patrimonio
personale o aziendale
Indiretto: il risparmiatore acquista strumenti finanziari il cui rendimento è strettamente
correlato a quello immobiliare
1.1.1 L’investimento diretto
Il soggetto (persona fisica o giuridica) che opta per l’acquisto diretto di beni immobili ha di
fronte a sé due diverse possibilità: integrare gli stessi nel proprio patrimonio o farli confluire in
un veicolo giuridico, creato ad hoc oppure già esistente.
La detenzione diretta degli assets acquisiti può risultare conveniente nel momento in cui
l’attività di compravendita immobiliare ha natura meramente occasionale e riguarda, di
conseguenza, un numero ridotto di beni. In tal caso, essi entrano a far parte direttamente del
patrimonio del soggetto proprietario.
Nel momento in cui l’attività di compravendita immobiliare assume natura continuativa può
risultare opportuno veicolare gli assets acquisiti in un’apposita struttura giuridica, costituita ad
hoc. Si badi che tale decisione risulta economicamente conveniente nel momento in cui il
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Banca Intesa, “Fondi immobiliari in Europa e Usa: struttura e prospettive”, Studi di settore, Settembre 2006
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portafoglio posseduto risulta relativamente complesso (gli immobili posseduti sono più di uno,
e la gestione degli stessi implica competenze professionali), e dunque i vantaggi legati
all’efficienza organizzativa risultino superiori ai costi e agli obblighi contabili impliciti di una
struttura giuridica.
Il veicolo più tradizionale cui è possibile far ricorso per l’esercizio dell’attività immobiliare in
forma professionale è la società immobiliare, la quale ha rappresentato fino a qualche anno fa
la struttura per eccellenza. Tuttavia, si osserverà come relativamente all’Italia, la riforma della
regolamentazione dei fondi immobiliari, avvenuta nel 2003, ha dato un notevole impulso a
questa tipologia di strumenti che, al pari di quanto sta avvenendo in altri paesi (europei e non),
si stanno notevolmente affermando. Tra i vantaggi più evidenti dell’investimento diretto, si
possono indubbiamente osservare il massimo controllo esercitato sul bene di proprietà, che
risulta pienamente disponibile; la massima flessibilità per quanto concerne le esigenze relative
al cespite (possibilità di apportare modifiche e migliorie); la piena libertà sulle scelte di
finanziamento dell’acquisto. In altre parole, il proprietario può scegliere, gestire, modificare e
vendere il bene in qualunque momento.
Di contro, i principali svantaggi sono dati dalla elevata soglia di entrata (un immobile
rappresenta un investimento relativamente ingente) e dalla eccessiva concentrazione del rischio
(si ritiene che siano necessari almeno 12-15 immobili diversificati per localizzazione e
tipologia per avere un portafoglio sufficientemente efficiente).
Non si deve dimenticare, inoltre, il problema relativo alla gestione. L’investimento diretto
richiede un particolare processo di acquisto, nel senso che oltre alla scelta dell’immobile giusto
è necessario assicurarsi di eseguire tutte le opportune verifiche in sede di trattativa con la
controparte: verifiche legali sull’effettivo proprietario, verifica dell’esistenza di eventuali
ipoteche sull’immobile, verifiche circa il funzionamento dell’immobile (se le condizioni dello
stesso dovessero implicare interventi di manutenzione straordinaria, il potenziale acquirente
dovrebbe tenerne conto con riferimento al costo complessivo della transazione).
Inoltre, se si acquista un immobile a reddito, dal quale cioè si vuole ricavare un canone
periodico di locazione, vi sono altre problematiche da prendere in debita considerazione: il
contratto stipulato con il locatario deve essere in linea con il mercato e al contempo coerente
con la redditività dell’attività svolta nell’immobile; il bene deve essere gestito in maniera
attiva, e ciò comporta la ricerca di un conduttore, la manutenzione dell’immobile, la
valorizzazione e la riqualificazione dello stesso (attività di asset management), nonché
l’adempimento degli obblighi normativi e fiscali.
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Da quanto esposto, è evidente che l’investimento immobiliare diretto implica il possesso di
opportune competenze professionali, che evidentemente non tutti i risparmiatori privati
possiedono, oltre alla necessità di dedicare un tempo significativo a questa attività, che assume
di fatto i connotati di una vera e propria professione.
Tali aspetti sono tutt’oggi spesso sottovalutati.
In passato, lo scenario economico era caratterizzato da una accentuata inflazione; a causa di
ciò, il valore degli immobili, in quanto attività reali, godeva di una costante crescita nel tempo.
A partire dalla fine degli anni ’90, poi, si è assistito ad un incremento generalizzato del valore
degli immobili causato principalmente dalla riduzione dei tassi d’interesse (i prestiti delle
banche risultavano così meno onerosi). Tali elementi hanno avuto come conseguenza un
aumento ininterrotto dei prezzi degli immobili.
Uno scenario di questo tipo, in cui i prezzi salgono pur in assenza di una gestione attiva dei
beni immobili, porta inevitabilmente alla considerazione che l’investimento immobiliare sia
facile e soprattutto privo di rischio.
Oggigiorno, la situazione è cambiata considerevolmente. Il valore di un immobile viene a
dipendere principalmente dalla capacità dello stesso di produrre reddito corrente (dato dai
canoni di locazione), capacità che inevitabilmente deriva dalla idoneità dello stesso di
rispondere alle esigenze (mutevoli) del mercato. E’ evidente come soltanto un professionista
del settore sia in grado di conoscere appieno tali esigenze, e dunque intervenire sul bene in
modo da renderlo coerente con le stesse.
1.1.2 L’investimento indiretto
Con l’investimento indiretto, l’operatore non acquista un bene immobile, bensì strumenti
finanziari (azioni di una società o quote di un fondo, principalmente) il cui rendimento è, come
detto, strettamente correlato al rendimento immobiliare.
Tra i benefici principali dell’investimento indiretto riveste un ruolo di primissimo piano la
possibilità di diversificazione: poiché la soglia di accesso è generalmente modesta,
l’investimento può essere ripartito tra strumenti diversi. A tal proposito, basti pensare che il
capitale necessario all’acquisto di un singolo immobile può essere alternativamente investito in
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