INTRODUZIONE 
L’uomo, dopo aver superato la prima fase di evoluzione basata 
sulla costruzione di utensili più o meno semplici, ha cominciato a 
produrre macchine, congegni e, più in generale, sistemi. Con tale 
termine siamo soliti indicare un insieme di elementi funzionalmente 
collegati tra loro per fornire un dato risultato o valore. Tali sistemi 
prevedono l’indirizzo e la partecipazione attiva dell’utilizzatore per 
raggiungere il risultato previsto. In tal senso tutti i sistemi realizzati 
dall’uomo sono scomponibili in due sottosistemi principali: quello 
biologico, l’uomo, e quello “meccanico”: un’astronave, un impianto 
hi-fi, una centrale nucleare, un gioco e così via. Ogni sistema, dotato 
di propri scopi e di una logica interna di funzionamento, viene dotato 
di “interfacce” che ne consentano l’uso previsto anche da parte di 
utenti non esperti. 
Il termine interfaccia è direttamente collegato alla comunicazione 
tra sistemi. Nel rapporto tra sistema “biologico” e “meccanico” le 
esigenze dell’utilizzatore sono sempre sostanzialmente le stesse. Il 
“non esperto” necessita di mappe mentali che lo aiutino a 
comprendere come interagire con il sistema al fine di realizzare il 
risultato previsto. Questo si traduce nell’esigenza di sapere in che 
stato si trova in ogni momento di utilizzo, quali azioni è possibile 
compiere sul sistema e quali effetti produrranno le azioni consentite. 
Si tratta, in sostanza, di rendere comprensibile la relazione tra i due 
insiemi, azione del primo e reazione del secondo. In alcuni casi le 
relazioni sono ovvie, come quelle basate su analogie spaziali; in altri 
dipendono da pratiche culturali, come il colore di una spia, risultando 
chiare solo a condizione di conoscere tali convenzioni. La 
progettazione di una interfaccia basata su di un modello concettuale 
comprensibile, completo e facilmente memorizzabile, è quindi un 
problema vecchio come le prime macchine create dall’uomo. 
3 
Wiinterfaces 
Tale problema è limitato a ciò che possiamo definire “interattivo”. 
Un programma televisivo, come pure una proiezione cinematografica 
non sono interattivi, non necessitano di una interfaccia con cui 
l’uomo può impartire comandi. Un apparecchio televisivo invece, 
reagisce ai nostri stimoli in quanto, ricevendo l’opportuno ordine, si 
accende, cambia canale, modifica i valori di luminosità e contrasto, 
la fonte di riproduzione. È interattivo ed ha quindi bisogno di 
strumenti su cui agire. L’interazione uomo-macchina si occupa della 
progettazione delle interfacce uomo-sistema o, più precisamente, tra 
uomo e computer. Il suo scopo ultimo è rendere l’interazione 
efficace e usabile nei vari contesti d’uso. Per fare ciò si devono 
valutare tutti quei fattori che possono influenzare l’interazione tra 
uomo e macchina. Entrano in causa un gran numero di discipline: 
dalla psicologia alla semiotica, dalla linguistica all’information 
technology, dalle discipline del design alla computer graphics. Tutte 
queste discipline si confrontano sul terreno dell’interazione uomo-
macchina solo dopo l’avvento del computer. 
La particolarità del computer sta nell’assenza di un compito unico, 
specifico; non produce un valore definito e neanche radicalmente 
nuovo. […] Un computer può fare calcoli come una calcolatrice, 
scrivere come e meglio di una macchina da scrivere, gestire basi dati, 
permettere di comunicare come un telefono, mostrare programmi tv e 
radiofonici, controllare lavastoviglie, catene di montaggio, robot e 
infiniti altri sistemi. Inoltre può emulare se stesso, nel senso di 
“imitare il comportamento di un elaboratore dalle caratteristiche 
diverse…”. Un computer, infine, può anche simulare le altre 
macchine e le relative condizioni di utilizzo, e può anche simulare 
1
sistemi non prodotti dall’uomo. 
Questi strumenti sono impiegati per la ricerca, l’addestramento, la 
formazione, l’informazione, la divulgazione e il gioco. Per ogni 
emulazione o simulazione, il computer presenterà una diversa e 
specifica interfaccia. Una combinazione tra hardware e software 
1
 Cfr. F. LUTRARIO, La multimodalità nell’intrattenimento e nelle simulazioni 
digitali, in A. MUCCI (a cura di), I quaderni di Telèma, marzo, 2007. 
4 
Introduzione 
deve mediare tra i due sistemi consentendo uno scambio nelle due 
direzioni: input, ordini e richieste di esecuzione, e output, le risposte 
del sistema. La presenza di diversi elementi di output va sotto il 
nome di multimedialità, mentre la possibilità di avere diverse opzioni 
di input definisce la multimodalità. L’obiettivo dell’informatica 
attuale è quello di raggiungere la multimodalità tipica degli scambi 
tra uomini aggiungendo ai sistemi tradizionali, mouse o tastiera, la 
gestualità, il linguaggio naturale, il movimento dello sguardo. I 
relativi vantaggi riguardano tanto specifiche classi di individui, da 
quelli poco esperti ai disabili, quanto numerosissimi campi 
2
applicativi, tra cui ovviamente l’intrattenimento. 
Il gioco come attività umana, quello che gli anglosassoni 
3
definiscono “play”, è infatti anch’esso un sistema. Come gli altri è 
composto da un sottosistema biologico, l’uomo, e da uno meccanico, 
“il game”. Il cuore di quest’ultimo è la meccanica di gioco, un 
insieme di regole formali gestite da un supporto, un computer, e 
rivestite da una “ambientazione” che ha l’obiettivo di creare 
l’illusione di un mondo separato e fittizio. Qualunque gioco si basa 
su di un “modello”, inteso come la rappresentazione di idee e 
conoscenze relative ad un fenomeno sul quale è possibile agire per 
verificare il risultato di tali azioni. Vi è poi un “obiettivo di vittoria” 
con cui confrontarsi, a cui tendere. Vengono definite “leve” le 
possibili azioni degli utenti sul meccanismo di gioco e “regole del 
giocatore” le possibilità e le limitazioni all’uso di tali leve da parte 
4
degli utilizzatori. Uno stesso gioco, mettiamo gli scacchi, ha sempre 
2
 Questa disciplina, nata come branca dell’interazione uomo-macchina, ha origini 
molto recenti e grandi prospettive di sviluppo e applicazione. Si pone obiettivi 
ambiziosi: dall’esigenza di consentire comandi connessi allo specifico sistema che il 
computer sta rappresentando (si pensi ad un bisturi con cui simulare operazioni 
chirurgiche) fino alla sostituzione degli attuali ordini formalizzati con comandi 
naturali. 
3
 Come tale, il gioco è definito “incerto” perché il suo risultato dipenderà dalle 
azioni dei giocatori, senza le quali non avrebbe alcun significato. 
4
 Queste leve hanno una sostanza, una forma e una modalità. La sostanza riguarda le 
variabili (indipendenti) definibili dall’utente nell’ambito del modello, mentre la 
forma fa riferimento alla specifica ambientazione del gioco, la loro mera apparenza. 
5 
Wiinterfaces 
le medesime leve ma può renderle disponibili in diversi modi, 
tramite diversi dispositivi di input. Possiamo muovere una torre con 
il mouse, possiamo trascinarla grazie ad un dispositivo touch screen, 
possiamo indicare le nuove coordinate con la tastiera o 
semplicemente dire “muovi la torre in B8”. Il risultato non cambia. 
Anche una simulazione si basa sull’interazione con un modello. 
La differenza tra gioco e simulazione si riduce a pochi ma sostanziali 
elementi. Un gioco può realizzarsi su di un modello che rappresenti 
un qualunque sistema, anche fittizio. Una simulazione invece, si basa 
su modelli di sistemi, reali o ipotetici, ma non affronta i sistemi frutto 
della fantasia. Il suo scopo infatti, è molto concreto e può essere 
circoscritto al campo della ricerca (predizione), dell’addestramento e 
della formazione. La simulazione quindi consente di studiare il 
comportamento di un sistema, basandosi sulla riproduzione dello 
stesso e dell’ambiente in cui esso deve operare, attraverso modelli; a 
prescindere dal fatto che essi siano meccanici, analogici, matematici 
o digitali. Possiamo usare un modello per addestrare un pilota senza 
che tale esperienza risulti pericolosa o distruttiva. In tutti questi casi, 
un errore nella costruzione del modello può causare gravi 
ripercussioni nel mondo reale. 
Tale differenza diventa cruciale nel momento in cui si definiscono 
le leve di un gioco o di una simulazione. Quelle di un modello usato 
a scopi di simulazione dovranno necessariamente essere coerenti con 
il sistema rappresentato. Proprio per la sua capacità di gestire modelli 
interattivi il computer ha trovato un campo eccezionalmente fertile 
nel settore dei giochi e delle simulazioni. Il computer e i modelli 
digitali infatti, costituiscono uno straordinario laboratorio virtuale nel 
quale osservare e studiare fenomeni, attraverso cui fare esperienza e 
quindi addestrarsi ai compiti più difficili e pericolosi, o con cui 
semplicemente giocare. Spesso è possibile usare gli stessi modelli, si 
pensi ad un simulatore di volo, tanto per gioco quanto per riprodurre 
La modalità riguarda la concreta realizzazione delle leve attraverso il supporto e 
l’interfaccia, definisce i modi con cui l’utente può agire su di esse. Per 
approfondimenti: M. BITTANTI (a cura di) Per una cultura dei videogames. Teorie e 
prassi del videogiocare, Unicopli, Milano, 2002. 
6 
Introduzione 
il comportamento della macchina. Il tema della multimodalità 
diviene quanto mai attuale in quanto, attraverso un modello, è 
possibile ricostruire qualunque sistema per acquisire esperienza nel 
campo del gioco o della simulazione. 
Se volessimo sperimentare l’attività della scultura, ad esempio, 
desidereremmo poter interagire con il modello di un blocco di 
marmo tramite uno scalpello e le sensazioni tattili, piuttosto che un 
mouse. Per provare l’esperienza di addestrare un cane o governare un 
gregge di pecore vorremmo poter definire i comandi tramite la voce 
o emettendo un fischio. Per guidare una Ferrari vorremmo un volante 
e un cambio come quelli usati in Formula 1. E così via. 
Molti di tali sistemi multimodali esistono già. Nel momento in cui 
pc e console domestiche per videogiochi hanno raggiunto la qualità e 
le prestazioni di quelle installate nelle sale pubbliche, i produttori di 
cabinet hanno cominciato ad investire nella produzione di sistemi di 
controllo che imitino al meglio i dispositivi di input e di output 
rappresentati nel gioco. Volanti e pedaliere, cloche e pistole a raggi 
infrarossi rappresentano i primi di una lunga serie di dispositivi 
dedicati ad uno specifico tipo di simulazione. 
Numerose strade sono state tentate, abbandonate e poi riprese. 
L’ultima evoluzione del mercato videoludico è rappresentata da una 
console, la Wii, dotata di un controller wireless, simile ad un 
telecomando. Il Wiimote (crasi di “Wii” e “Remote”) è capace di 
reagire alle forze vettrici ed all’orientamento nello spazio grazie a 
sensori di movimento posti al suo interno, noti come oscilloscopi o 
5
accelerometri, cosicché l’utente può “mimare” le azioni richieste dal 
6
gioco piuttosto che limitarsi a premere dei pulsanti. Oltre a ciò, il 
5
 Piccolissime strutture meccaniche di silicio che permettono di valutare i movimenti 
nello spazio. Si tratta della stessa tecnologia utilizzata in dispositivi quali contapassi, 
macchine digitali (per la stabilizzazione dell’immagine) e persino lavatrici 
(vibrazioni del cestello), riapplicata da Nintendo al mondo dei videogiochi. 
6
 La versione più recente è dotata di un piccolo dispositivo hardware, chiamato Wii 
Motion Plus, che aggiunge al controller la precisione di un giroscopio per un 
rilevamento dei movimenti ancor più preciso. Tale strumento, infatti, è pensato per 
fornire un tracking della posizione e dell’orientamento del braccio; anche il più 
7 
Wiinterfaces 
Wiimote permette il puntamento di un mirino sullo schermo: il 
sensore ottico posto all’estremità superiore del controller interagisce 
7
con la barra sensore, che può essere alloggiata sopra o sotto il 
televisore. Una volta puntata la sensor bar, il sensore ottico del 
Wiimote calcola la distanza tra controller e schermo. Calcolando 
l’angolazione dei punti di luce (i led ad infrarossi della sensor bar) 
rispetto al sensore ottico del Wiimote, può essere inoltre misurata la 
8
rotazione del controller. 
Interrogarsi sulla fortuna della console Nintendo e più in generale 
sull’evoluzione dell’interazione uomo-videogame è dunque più che 
legittimo, dal momento che le implicazioni, dirompenti nel presente, 
sono destinate a ripercuotersi con eguale intensità nell’immediato 
futuro. Il medium videoludico si trova ora davanti ad un bivio: 
perseverare nel modello interattivo convenzionale, oppure sposarne 
uno inedito, ma assai promettente. Il Wiimote stesso, in realtà, porta 
evidenti i segni dell’evoluzione delle interfacce fisiche, avvalorando 
l’ineluttabilità di quel processo di rimediazione che gli oggetti 
informatizzati applicano in modo stratificato su quelli che li hanno 
preceduti nel tempo. 
Pensare che niente sarà più come prima a causa della Wii sarebbe 
perciò un grossolano errore. Questa sorta di imprescindibile 
deferenza verso il passato trova riscontro anche nelle parole di Bolter 
9
e Grusin, i quali ricordano come qualsiasi nuovo medium, proprio in 
quanto nuovo, per essere compreso e usato ha bisogno di appoggiarsi 
alle regole che governano i media che l’hanno preceduto, 
trasformandole e ricombinandole in maniera più o meno originale e 
trasparente. Ci sono buone ragioni per ritenere che il modello 
piccolo dei movimenti viene renderizzato in tempo reale su schermo, restituendo la 
prima, autentica mappatura 1:1 dei gesti dell’utente. 
7
 Meglio nota come sensor bar, al cui interno sono contenuti dieci led ad infrarossi 
(cinque per lato). 
8
 Per approfondimenti riguardo alle caratteristiche tecniche di Wii rimando a A. 
CONTEDDU, La reinvenzione delle interfacce fisiche nel contesto video ludico. Il 
caso di Nintendo Wii, Bologna, 2009. 
9
 Cfr. J. D. BOLTER - R. GRUSIN, Remediation. Competizione e integrazione tra 
media vecchi e nuovi, Guerini e associati, Milano, 2002. 
8 
Introduzione 
interattivo promosso dal Wii possa avere ripercussioni significative 
sulle piattaforme che verranno. Pensiamo all’ormai imminente 
Project Natal di Microsoft. Una videocamera 3D riprende l’utente (o 
gli utenti) e percepisce i movimenti delle singole parti del corpo. 
Nessun controller da tenere in mano: sarà sufficiente muoversi 
davanti allo schermo per interagire con giochi ed applicazioni. I 
limiti di utilizzo di una tale tecnologia sono dunque solo nelle 
10
capacità dei game designer. 
Date queste premesse, appare piuttosto evidente che il fenomeno 
Wii si presta ad un’analisi multidisciplinare che, oltre la semiotica, 
potrebbe chiamare in causa le scienze sociali, l’ergonomia, 
l’ingegneria e via discorrendo. Tuttavia, la letteratura in materia di 
Wii è sorprendentemente esigua e, a fronte di un buon numero di 
case studies sul suo boom commerciale, solo in pochi si sono 
interrogati sulla fenomenologia di Wii come oggetto d’uso. 
Questo lavoro di tesi nasce dopo quasi un anno di attività 
all’interno del LUA Lab del Cattid all’Università “La Sapienza” di 
Roma, con l’intento di analizzare vari aspetti legati all’usabilità delle 
interfacce di gioco moderne, Wii in primis. Obiettivo finale del 
lavoro è quello di fornire un’utile guida per la progettazione di 
interfacce di gioco usabili e valutare come si va delineando il futuro 
delle piattaforme di gaming, tra nuove tecnologie e contesti d’uso. 
L’ambiente del laboratorio e la presenza di molte persone che hanno 
offerto la loro collaborazione ha permesso di effettuare diverse 
sessioni di test al fine di realizzare un’analisi empirica molto precisa 
dei livelli d’usabilità dei sistemi e dei singoli prodotti software 
utilizzati. 
Dapprima tale elaborato presenterà un esauriente contributo 
teorico ad illustrare gli aspetti preminenti della dottrina nel campo 
10
 Le console portatili non sono state da meno. Il successo del Nintendo DS è 
fortemente connesso all’interazione di tipo touch e alla presenza di un microfono 
che permette interazioni vocali. È possibile cuocere a puntino un piatto di pasta 
soffiando sulla pentola per evitare che l’acqua fuoriesca esattamente come facciamo 
a casa; possiamo addestrare un cucciolo perché risponda ai nostri comandi vocali ed 
anche lanciargli una palla con velocità e traiettoria che dipendono direttamente dal 
gesto che abbiamo tracciato sullo schermo. 
9 
Wiinterfaces 
dell’interazione uomo-macchina e dell’usabilità delle interfacce, sin 
dai primi mainframe. Identificando nell’evoluzione tecnologica 
ottenuta in ambito videoludico uno dei traini dello sviluppo 
informatico, ci si soffermerà sulle caratteristiche peculiari delle 
interfacce di gioco, sia lato hardware che software. 
In un successivo ambito, l’attenzione si sposterà sull’evoluzione 
delle interfacce di gioco. Il secondo capitolo presenta infatti, un 
completo resoconto del percorso effettuato nel corso di decenni di 
sperimentazioni, tra cocenti fallimenti e successi inaspettati. 
L’analisi giunge sino ai nostri giorni con la rivoluzione Wii, che 
segna l’attuale punto di svolta e limite massimo d’usabilità e 
accessibilità di un sistema informatico dedicato all’intrattenimento. 
A questo punto il nostro sguardo si sposterà sui problemi 
d’usabilità delle interfacce di gioco. La parte principale del capitolo 
sarà dedicata ai test d’usabilità. Per ognuno viene presentato un 
dettagliato resoconto che analizza le tre dimensioni dell’efficacia, 
efficienza e soddisfazione legate ad un prodotto interattivo. L’analisi, 
effettuata seguendo i principi del buon design di Norman ed alcuni 
spunti teorici propri del medium videogame, ci porterà a definire un 
breve prontuario per progettisti di videogames che presenti le 
guidelines per la creazione di interfacce di gioco usabili, a 
prescindere dalla piattaforma utilizzata. 
Concentrando la nostra attenzione esclusivamente sulla console di 
casa Nintendo e alle possibili evoluzioni future, la parte finale del 
nostro studio sarà rivolta, invece, alle possibili applicazioni della 
tecnologia attuale in contesti extra-ludici. Verranno presentate due 
proposte progettuali, Wii Gym e Wii Therapy: rispettivamente una 
palestra aziendale virtuale e un’applicazione per la riabilitazione 
tramite piattaforma Wii. Entrambe cercano di sfruttare le potenzialità 
insite nella piattaforma per sviluppi in ambiti non ludici. Per tutte e 
due vengono analizzati i possibili “competitors” già esistenti sul 
mercato, valutati i punti di forza e debolezza dei potenziali progetti e 
individuate le possibilità in chiave futura. Nelle conclusioni verranno 
esaminate le prospettive future, per valutare in che modo le 
tecnologie attualmente in via di sviluppo potranno ulteriormente 
10 
Introduzione 
modificare il nostro rapporto con il mezzo, i livelli d’usabilità e 
accessibilità e le capacità applicative in contesti estranei al gioco. 
Tutti questi studi hanno confermato la necessità di un approccio 
realmente multimodale, che coinvolga più di un canale, perché 
questo è il modo in cui l’uomo è naturalmente portato a comunicare. 
Oggi è possibile realizzare sistemi con cui interagire tramite i gesti 
(si pensi alla descritta console Wii e alle telecamere che tracciano i 
movimenti del corpo), i muscoli (sistemi touch e misuratori di 
pressione), lo sguardo (eye tracking), le emozioni (misurabili tramite 
fattori biomedici) e la parola (riconoscimento e uso del linguaggio 
naturale). Possiamo affidare al sistema stesso il compito di capire 
quale sia il dispositivo di input preferito dall’utente o il più adatto al 
contesto d’uso. Il recente successo di alcune console rispetto ad altre 
dimostra come ad un maggior numero di sistemi di input corrisponda 
una più elevata gamma e qualità dei prodotti realizzabili. Le scelte 
dei consumatori dimostrano che l’attenzione si sta spostando dalle 
prestazioni, che spesso si traducono in maggiori capacità di 
elaborazione e output multimediale, alle potenzialità multimodali, 
alla varietà e flessibilità dei dispositivi di controllo. I progettisti 
stanno progressivamente inserendo diversi dispositivi di input in 
grado di sostituire gli ingombranti joystick, le tastiere e altri apparati 
che presto considereremo oggetti di modernariato. 
11 
CAPITOLO PRIMO 
Interazione uomo-macchina e usabilità 
L'utente e la macchina: la mediazione dell’interfaccia 
Negli ultimi anni, con la sempre più capillare diffusione di 
dispositivi elettronici a supporto della vita quotidiana delle persone, 
l’attenzione verso le forme d’interazione e verso le modalità 
d’utilizzo di questi strumenti è progressivamente aumentata. Dall’uso 
del personal computer nelle abitazioni e negli uffici alla diffusione 
dei diversi oggetti elettronici portatili sempre più avanzati 
tecnologicamente, come i telefoni cellulari e i computer palmari, la 
facilità d’utilizzo di questi strumenti sta diventando sempre più 
importante. Il boom di Internet ha, inoltre, contribuito ad aumentare 
l’attenzione nei confronti del nuovo mezzo. Tutti questi elementi 
hanno determinato un interesse strategico per la definizione delle 
modalità ottimali di interazione tra l’utente e il medium, vale a dire 
per la definizione delle migliori interfacce. 
Il termine interfaccia deriva dal latino “inter facies”, che significa 
“tra le facce”. Nasce in contesti del tutto estranei all’informatica e 
alle scienze umane; esso ha inizialmente a che fare con la chimica, la 
fisica, la meccanica e indica il punto di contatto, di trasmissione tra 
due o più elementi. Applicata successivamente all’interazione uomo-
calcolatore, l’interfaccia indica dapprima le parti dell’hardware che 
permettono di interagire con il calcolatore, per poi acquisire un 
significato più forte, oggi più diffuso, indicando anche le modalità di 
presentazione delle informazioni sullo schermo. Secondo Anceschi: 
Il computer deve rappresentare se stesso all’utente in modo che egli 
possa comprenderlo e la realizzazione delle sue potenzialità dipende 
13 
Capitolo Primo 
soprattutto dalla sua capacità di auto-rappresentarsi e di creare uno 
spazio di azione in cui l’utente possa inserirsi facilmente. 
L’interfaccia è quindi l’insieme dei dispositivi materiali e concettuali 
mediante i quali entriamo in relazione con il computer. Essa è il 
“mediatore” della comunicazione tra individuo ed elaboratore, è lo 
strumento attraverso il quale avviene l’interazione. L’interfaccia è 
1
insieme organo dell’interazione e luogo dell’interazione. 
Da tale citazione si comprende come l’interfaccia sia uno 
strumento per il fare, ma anche uno “spazio in cui agire”. Ogni volta 
che si parla di interfaccia è ovvio che siamo in presenza di almeno 
due entità e che fra queste avviene uno scambio di informazioni e\o 
azioni che transitano attraverso un canale. Alla fine della 
comunicazione si verificano degli effetti, delle modificazioni di stato. 
Nel nostro caso parliamo di un’entità umana e di una tecnica, due 
soggetti quindi estremamente diversi, che comunicano in maniera 
differente. È sulla soglia tra questi due sistemi così differenti che è 
necessaria una progettazione, ed è proprio in questa progettazione 
che deve subentrare il design, in particolare quella parte che si 
occupa di design di interfacce. Come ci ricorda Scalisi, nel momento 
in cui le macchine cominciano a comunicare con l’uomo, questa 
2
comunicazione va progettata. 
Grande importanza assume inoltre l’analisi dell’uomo in qualità di 
utente dell’interfaccia, il quale, come vedremo nei capitoli 
successivi, diviene progressivamente elemento centrale e decisivo 
per la progettazione. Sarà proprio la crescente centralità data 
all’utente nel processo di progettazione delle interfacce che porterà 
alla nascita di una nuova disciplina, la Human Computer Interaction 
(HCI), che si occupa di studiare l’interazione tra l’uomo e il 
calcolatore, coinvolgendo diversi ambiti di studio quali la psicologia 
cognitiva, l’informatica e l’ergonomia. 
1
 G. ANCESCHI, Il progetto delle Interfacce. Oggetti colloquiali e protesi virtuali, 
Domus Academy Edizioni, Milano, 1993, cit. p.19. 
2
 R. SCALISI, Users. Storia dell’interazione uomo-macchina dai mainframe ai 
computer indossabili,Guerini e Associati, Milano, 2001, cit. p.63. 
14 
Interazione uomo-macchina e usabilità 
1.1 Progettare interfacce usabili 
Progettare un’interfaccia significa, in una definizione restrittiva, 
agire sulle modalità di presentazione dei dati; nell’interazione con il 
calcolatore, però, essa può estendersi anche al di fuori dello schermo, 
in particolare per quei dispositivi elettronici in cui la forma fisica 
dell’oggetto ha un’influenza sull’interazione con esso (il joystick, il 
mouse, ecc.). Quando si parla di interfaccia quindi, si deve parlare 
sia dei dispositivi di input sia di quelli di output, anche perché questi 
possono assumere forme diverse che, a volte, nascondono la 
presenza del computer. 
In un’accezione più semplice, che non contempla principi 
comunicativi, l’interfaccia è il software che configura l’interazione 
tra l’utente e il computer, una sorta di traduttore che media tra le due 
parti. La relazione attuata dall’interfaccia è di tipo semantico ed è 
caratterizzata da significati ed espressioni, oltre che da elementi fisici 
e tecnici. Il computer deve rappresentare se stesso all’utente in modo 
che egli possa comprenderlo; la realizzazione delle sue potenzialità 
dipende soprattutto dalla capacità di autorappresentarsi e di creare 
uno spazio d’azione in cui l’utente possa facilmente inserirsi. 
L’interfaccia è, quindi, l’insieme dei dispositivi materiali e 
concettuali mediante i quali entriamo in relazione con il computer. È 
il “mediatore” della comunicazione tra individuo ed elaboratore, è lo 
strumento attraverso il quale avviene l’interazione. Ma non solo: essa 
è anche lo strumento attraverso cui noi formiamo la nostra idea del 
calcolatore. L’interfaccia influisce, quindi, sul modo con cui noi 
usiamo e concepiamo la macchina. Essa, ai suoi diversi livelli, ha 
infatti modificato il modo con cui l’uomo ha interagito con le 
macchine sia in termini fisici che cognitivi. Brenda Laurel afferma: 
Quando il concetto di interfaccia cominciò ad emergere essa era 
comunemente riconosciuta come un insieme di hardware e software 
attraverso i quali un uomo e un computer potevano comunicare. 
Quando essa si è evoluta il concetto ha cominciato ad includere anche 
aspetti cognitivi ed emotivi dell’esperienza dell’utente […] 
Un’interfaccia è una superficie di contatto, riflette le proprietà fisiche 
15 
Capitolo Primo 
degli inter-attori, le funzioni che devono essere svolte, l’equilibrio tra 
3
potere e controllo. 
In una categorizzazione degli artefatti presentata da Bagnara, 
l’autore sostiene che lo sviluppo degli artefatti umani, gli strumenti 
dell’uomo, è evoluto dai semplici strumenti agli artefatti tecnologici 
e organizzativi e, in seguito, a quelli cognitivi, come i calcolatori. La 
nozione di interfaccia è stata sviluppata soprattutto in relazione con 
gli artefatti cognitivi e soprattutto nella progettazione degli artefatti 
integrati. Secondo Bagnara: 
L’uomo progetta, costruisce e usa strumenti e artefatti per agire 
sull’ambiente. Gli strumenti o protesi sfruttano e moltiplicano 
l’energia umana e potenziano singole azioni dell’uomo […]. Gli 
artefatti utilizzano energia artificiale per svolgere le azioni umane, 
moltiplicandone la potenza. Se le azioni sono prevalentemente fisiche, 
si ha un artefatto tecnologico: una macchina che esegue, potenzia e 
integra diverse azioni fisiche umane. Se la componente cognitiva delle 
4
azioni è preponderante allora si hanno artefatti cognitivi. 
Gli strumenti e gli artefatti, dunque, dovrebbero essere costruiti in 
modo da risultare compatibili con le caratteristiche dell’uomo. 
Qualsiasi strumento o artefatto deve inoltre possedere una 
componente che permetta all’uomo di utilizzarlo: un’interfaccia. 
Essa è il luogo dove l’uomo governa lo strumento e dove comunica 
all’artefatto le proprie intenzioni e dal quale riceve le informazioni 
sugli effetti dell’azione. Ogni interfaccia, sia di strumenti sia di 
artefatti tecnologici, deve rispettare i limiti fisici e antropometrici 
dell’uomo. Ma deve anche rendere naturale e visibile che cosa si può 
fare e che cosa non si può fare con quello strumento o con 
5
quell’artefatto tecnologico: le azioni fattibili e come farle. 
Nella visione di Bagnara, dunque, qualsiasi tipo di artefatto 
3
 B. LAUREL, The art of human computer interface design, 1990, cit. p. XIII. 
4
 S. BAGNARA - P. MARTI, Interfacce: dagli strumenti agli artefatti cognitivi 
integrati, If, 7 (1), 1999, cit. p.23. 
5
 Ibidem, cit. p.24. 
16 
Interazione uomo-macchina e usabilità 
possiede un’interfaccia che definisce i modi e i vincoli di interazione 
e comunicazione tra uomo e macchina, nel caso di artefatti 
tecnologici, oppure tra gli uomini che agiscono al loro interno, nel 
caso degli artefatti organizzativi, anche se queste interfacce non sono 
immediatamente visibili. 
Sono poi diffusi artefatti che incorporano, potenziano e integrano 
capacità cognitive dell’uomo: gli artefatti cognitivi. Sono sistemi 
artificiali che conservano ed elaborano informazioni e supportano 
l’attività cognitiva umana; l’esempio principale è, ovviamente, il 
computer. Oggi, però, abbiamo a che fare con artefatti integrati, che 
svolgono, anche contemporaneamente, le funzioni di artefatto 
tecnologico, cognitivo e organizzativo. Ciascuno di essi necessita di 
competenze specifiche per la progettazione dell’interfaccia, che si fa 
sempre più complessa con l’evoluzione degli artefatti cognitivi, ma 
che richiede un’interdisciplinarietà sempre maggiore con la fusione 
delle diverse caratteristiche negli artefatti integrati. L’introduzione 
dei dispositivi elettronici portatili, che sono anch’essi artefatti 
integrati ad esempio, comporta un ritorno dal linguaggio cognitivo 
dell’interfaccia grafica a un linguaggio fisico “dell’oggetto”, in cui 
l’ergonomia è coinvolta direttamente, perché in questo caso il design 
dell’interfaccia si fonde con quello del dispositivo. 
Per costruire una buona interfaccia dunque, i designer devono oggi 
agire su entrambi i livelli linguistici, trovandosi di fronte due sfide 
fondamentali. In primo luogo, l’esigenza di creare interfacce molto 
intuitive e semplici, poiché la diffusione di massa dell’informatica e 
dei dispositivi elettronici ha introdotto degli utenti meno competenti 
ma molto interessati a utilizzare i dispositivi informatici, senza per 
questo diventarne degli esperti. 
La seconda sfida è legata all’evoluzione della tecnologia. Se è 
vero che l’interfaccia grafica dei personal computer che conosciamo 
oggi è rimasta sostanzialmente invariata, è anche vero che i computer 
stanno attraversando una fase di profondo mutamento. La tecnologia 
si miniaturizza, evolvono le tecnologie dei display, si sviluppano 
nuove tecnologie di input, evolvono le interfacce vocali. I personal 
computer diventano wireless, mobili, portatili, personali, indossabili 
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