Premessa
In questo lavoro viene presa in esame la critica che Hans Jonas (1903-1993) rivolge al
pensiero di Ernst Bloch (1885-1977) nella sua opera più famosa, Il principio
responsabilità.
Il testo di Jonas nasce in un'epoca nella quale si sta prefigurando all'orizzonte una nuova
minaccia per l'umanità, la catastrofe ecologica provocata da un agire tecnologico
sconsiderato e privo di controllo. Di fronte all'ampiezza e al carattere inedito del pericolo,
le etiche tradizionali si mostrano insufficienti perché si limitano ad orientare l'agire morale
in un contesto interumano costituito da contemporanei. Conseguentemente, il futuro
remoto non è oggetto di attenzione morale, né tanto meno l'esistenza della biosfera, in
quanto l'uomo non aveva fino ad ora potere su di essi. La mutata natura dell'agire umano,
la portata causale e temporale senza precedenti, impongono la necessità di fondare una
nuova etica, un'etica per la civiltà tecnologica.
Il confronto con il marxismo appare all'autore inevitabile. L'etica marxista infatti, pur
condividendo con Jonas la preoccupazione per il futuro remoto e globale dell'umanità, si
dimostra agli occhi del filosofo tanto irresponsabile quanto l'amoralismo che vige nei paesi
occidentali. Il marxismo infatti, fonda la felicità dell'uomo sul progresso tecnologico,
ancora più che il capitalismo moderno, proclamandosi l'esecutore ideale del programma
baconiano di dominio sulla natura. Per Jonas dunque, l'avanzamento tecnologico a cui mira
il marxismo non è più sostenibile, poiché il suo esito sembra inevitabilmente avviato ad un
Summum Malum, alla catastrofe ecologica appunto, anziché ad un Summum Bonum.
Jonas considera il principio-speranza, elaborato esplicitamente da Bloch, l'espressione
paradigmatica della tendenza utopica che anima il movimento marxista. A tale principio
egli contrappone sin dall'inizio il suo principio-responsabilità. Di fronte ai rischi che
risiedono nei progetti di un rinnovamento totale dell'umanità, egli sostiene l'esigenza di
doveri più modesti ma anche più difficili da osservare, ovvero la moderazione e la
contrazione economica, in vista del dovere per la prima volta avvertito della conservazione
dell'esistente.
Il primo capitolo della tesi si incentra perciò sul confronto fra la prospettiva idealistico-
utopistica di Bloch e quella realistica-ecologista di Jonas, sul mutamento di atmosfera che
è avvenuto tra i due autori. Fin dall'inizio, però, si cerca di evitare quella riduzione della
filosofia blochiana ad un ottimismo ingenuo e acritico che ha condotto Jonas ad una critica
così dura. Jonas infatti sembra non cogliere la complessità della filosofia blochiana,
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identificandola troppo superficialmente con il marxismo classico. Bloch, più che un
epigono del marxismo è un ermeneuta che realizza una sintesi originale fra il pensiero
marxista e l'escatologia ebraico-cristiana. Parimenti, a differenza del marxismo volgare,
che sembra essere il vero bersaglio polemico di Jonas, la sua filosofia si caratterizza come
sistema aperto, mai irretito dal determinismo o da soluzioni rigide e definitive. La filosofia
della speranza si fonda su un concetto dell'essere dinamico e processuale al quale fa da
contrappunto un soggetto pulsionale e desiderante, che si proietta nel futuro alla ricerca
della propria essenza. L'intero percorso blochiano si configura allora come un costante
invito a ricercare forme di vita più consone all'uomo, più rispondenti ai bisogni autentici
della natura umana. Si tratta di andare oltre, di trascendere il presente, di non accontentarsi
di niente di meno che dell'«essere come utopia», dell'attimo faustiano del «Fèrmati, sei così
bello». L'utopia di Bloch perciò non si esaurisce nell'analisi delle condizioni socio-
economiche, ma riguarda tutti gli aspetti della vita umana, il problema del senso.
Il secondo e il terzo capitolo hanno come oggetto specifico la disamina che Jonas compie
sull'ideale marxista nel capitolo VI de Il principio responsabilità. Egli intende dimostrare
non solo l'inattuabilità pratico-tecnologica del programma marxista, ma anche la non
desiderabilità del suo contenuto positivo, così come la scorrettezza e la pericolosità del suo
nucleo negativo, della concezione antropologica e storica che sta alla base dell'utopismo
marxista.
Jonas individua il nucleo positivo di tale utopismo nell'otium attivo assunto a forma di
vita predominante, grazie alla meccanizzazione del lavoro necessario per la sussistenza. In
questo modo però, sostiene Jonas, il lavoro svuotato dell'utilità sociale si riduce a
passatempo fine a se stesso, con il risultato di una perdita della spontaneità, della libertà e
della dignità umana. Al di là delle singole questioni, quest'interpretazione della società
senza classi è a mio avviso errata perché non si tratta di eliminare del tutto il lavoro
socialmente utile, di ridurlo ad hobby, ma di rendere le condizioni per il suo espletamento
socialmente giuste e di ridurre le ore ad esso dedicate, per consentire in ultima analisi un
pieno sviluppo delle potenzialità umane, tanto nel lavoro quanto nel tempo libero. Inoltre,
per quanto alcune delle accuse rivolte alla concezione blochiana dell'otium attivo siano
corrette, ho ritenuto la critica jonasiana non condivisibile su questo punto proprio perché
per Bloch il problema del tempo libero, in accordo con il carattere inconcluso della sua
filosofia, non consiste nel fornire un contenuto determinato, dato una volta per tutte, ma
nell'indagare i desideri, i sogni ad occhi aperti dell'uomo in questo come in tutti gli altri
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ambiti.
Ben fondato è invece il rimprovero di antropocentrismo che Jonas rivolge al concetto di
natura blochiano. Infatti, nonostante i tentativi di Bloch di delineare una tecnica comunista
più rispettosa dell'ambiente naturale, umanizzazione della natura non può che significare
sfruttamento e assoggettamento di quest'ultima, tanto nel capitalismo quanto nella società
senza classi. La riscoperta di un rapporto più solidale con il regno naturale è del resto una
delle istanze fondamentali dell'etica ecologista jonasiana che, contro il dualismo cartesiano,
mette al centro l'organismo vivente nella sua unità psicofisica, nel suo essere scopo-a-se-
stesso.
Pertinente mi sembra anche la polemica che Jonas conduce sulla concezione storica ed
antropologica che sta alla base del pensiero marxista, nella misura in cui questo subordina
la storia umana ad un fine superiore che rende provvisoria e inautentica l'umanità presente.
Una concezione di questo tipo può infatti anche condurre al fanatismo e alla violenza, a
sacrificare il presente in nome di un ideale supremo. Tuttavia anche questa visione è
riferibile più al marxismo classico che alla filosofia blochiana, a cui è estranea ogni forma
di fatalismo, e in cui l'ontologia del non-essere-ancora deve essere concepita come
espressione di un processo aperto tanto al Tutto quanto al Nulla.
Infine, si tenta di vedere se sia possibile una feconda integrazione tra due principi che
presi isolatamente potrebbero rivelarsi incapaci di garantire un'etica del futuro adeguata
alla situazione odierna. Se infatti la responsabilità per le generazioni future, che siamo oggi
in grado di mettere in pericolo risulta imprescindibile, rinunciare totalmente al principio-
speranza appare problematico. Un'etica della responsabilità per il futuro, dovrebbe forse
ricomprendere il principio-speranza in quello della responsabilità, non solo nel senso
depotenziato che intende Jonas, ovvero nella speranza in una sopravvivenza degna della
specie umana, ma anche nel senso blochiano-marxista di realizzazione di condizioni socio-
economiche migliori come pure in quello prettamente blochiano della ricerca di un mondo
dotato di senso.
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I. Due etiche del futuro a confronto
1. Il principio responsabilità
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Il principio responsabilità, edito originariamente nel 1979, è diventato uno dei testi
chiave dell'etica e della filosofia ambientalista. Rappresenta il tentativo di Jonas di
delineare un'etica per la civiltà tecnologica, nonché il risultato di un lungo e originale
itinerario filosofico, che lo stesso filosofo, in una conferenza ad Heidelberg del 1986,
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distingue in tre fasi.
La prima tappa è contraddistinta dagli studi sulla filosofia tardo-antica e sul proto-
cristianesimo. Sotto l'influenza di Bultmann e Heidegger, Jonas elabora un'interpretazione
filosofica-razionale della gnosi tardo-antica, che applicando le categorie analitiche
dell'esistenzialismo e il «metodo della dimitizzazione», mira a dimostrare il contenuto
esistenziale delle credenze religiose.
Attraverso gli studi condotti sul fenomeno gnostico, raccolti nel testo più importante di
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questo primo periodo, Gnosis und spätantiker Geist, Jonas individua tra lo gnosticismo e
l'esistenzialismo straordinarie somiglianze. Entrambi, si possono infatti considerare
prodotti di epoche di crisi spirituale, che trovano espressione in una visione tragica,
dualistica, in cui l'uomo si sente gettato in un mondo ostile da un demiurgo crudele nel
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primo caso, in un universo estraneo nel secondo.
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Il saggio Gnosticism and Modern Nihilism, in cui Jonas pubblica le sue riflessioni sulla
1 Hans Jonas, Il principio responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, Biblioteca Einaudi, Torino,
2002, (ed. or.: Das Prinzip Verantwortung, 1979). D'ora in avanti nel testo PR.
2 Hans Jonas, Scienza come esperienza personale. Autobiografia intellettuale, Morcelliana, Brescia,
1992
3 L'opera, mai tradotta in italiano, si distingue in due volumi. Il primo tomo è stato pubblicato per la
prima volta nel 1934; per quanto riguarda il secondo tomo, una prima parte fu pubblicata nel 1954,
mentre la seconda soltanto nel 1993, dopo la morte dell'autore.
4 Secondo Jonas l'espressione «essere gettato» usata da Heidegger per definire la condizione dell'uomo
nella modernità è fuorviante, perché dopo «la morte di Dio», non c'è più nessuno che getta. Cf. Hans
Jonas, Organismo e libertà. Verso una biologia filosofica, Einaudi, Torino 1999, p. 284 «Che cos'è il
getto senza chi getta e senza un luogo da dove si getta?»
5 Pubblicato originariamente nel 1952, poi in tedesco nel 1963 con il titolo Zwischen Nichts und
Ewigkeit; troverà la sua definitiva sistematizzazione in The Phenomenon of Life (1966), uscito nella
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