1. La Storia della Formula 1 attraverso i Media
1.1 Le Prime Competizioni
In principio erano buffe, rumorose e abbastanza bruttine.
L‟inizio della Storia dell‟automobilismo può essere fatta
risalire ad un episodio accaduto nell‟estate del 1769: un
gruppo di personalità parigine venne invitata dal Governo
francese ad assistere all‟esibizione di un bizzarro carro
semovente a tre ruote, progettato e costruito da Joseph
Nicolas Cugnot, ingegnere militare. Fu questo un momento
particolarmente importante nella storia dell‟automobile perché
contraddistingue l‟inizio di una nuova e feconda era per la
tecnologia dei trasporti e pone le basi per lo sviluppo del
1
motore a scoppio. Dopo millenni di nobile e fedele servizio
l‟umanità dava il benservito al cavallo e lo sostituiva con un
essere inanimato. L‟operazione fu lenta e graduale poiché i
difetti di una soluzione ai “primi chilometri” di vita non
reggevano il confronto con gli innumerevoli pregi
dell‟animale. Ciò nonostante l‟autovettura destava interesse e
suscitava curiosità, forse per il suo iniziale aspetto, piuttosto
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Il motore a combustione interna (MCI) o motore endotermico è un
particolare motore termico nel quale avviene la combustione di una
miscela composta da un carburante (benzina) o un combustibile (gasolio,
metano, GPL, cherosene ...) e un comburente (aria) all‟interno di una
camera di combustione, i quali vengono immessi tramite un impianto
d‟alimentazione. Il calore prodotto è trasformato in lavoro meccanico,
mentre il prodotto della combustione è espulso attraverso un impianto di
scarico.
1
goffo, forse per la sua mancanza di affidabilità, motivo di
derisione, o forse perché come tutte le realtà acerbe ma
potenzialmente vincenti, si intuiva che avrebbe avuto un
grande avvenire.
Suscitare tanta curiosità quanto fascino, questo, da sempre,
l‟elisir di lunga vita dell‟Automobile.
Inizialmente gli elevati costi di acquisto, combinati con
l‟esigenza della maggioranza della popolazione di soddisfare i
2
bisogni primari, resero la vettura un oggetto elitario e come
tale strumento di elevazione sociale e di status. Non è un caso
che tra gli iniziatori delle sfide automobilistiche si annoverino
conti e baroni. Fu lo spirito della competizione, da sempre
vivissimo nell‟uomo, ad alimentarle. Una volta inventato il
veicolo semovente esso divenne subito un mezzo con cui
competere, duellare e, quando possibile... vincere. La storia
narra che la prima sfida di velocità avvenne il 16 luglio 1878
nello stato del Wisconsin (Stati Uniti d‟America), quando due
veicoli a vapore si sfidarono in una corsa di circa 201 miglia,
organizzata lungo le strade tra Green Bay e Madison. La
vittoria andò a Frank A. Shomer e Hans M. Farrand che
3
guidavano un veicolo chiamato Oshkosh, capace di
2
Cfr. Abraham Maslow, Motivazione e personalità, 1954. Maslow espone
la teoria di una gerarchia di motivazioni che muove dalle più basse
(originate da bisogni primari - fisiologici) a quelle più alte (volte alla piena
realizzazione del proprio potenziale umano - autorealizzazione).
3
Entrambi i contendenti disponevano di veicoli con motore a vapore a
due cilindri: il primo, chiamato Green Bay machine, apparteneva a E.P.
Cowles (che ne fu il conduttore), pesava quasi 6.500 kg, disponeva di 3
rapporti avanti e retromarcia e sembrava poter ottenere una buona velocità
di marcia. Il suo rivale, di nome Oshkosh, era un mezzo più leggero (4.500
kg), più pratico ma meno veloce (poteva utilizzare, tra l‟altro, un solo
rapporto di marcia, avanti o indietro) ed era stato costruito dai signori
Frank A. Shomer, Alexander Gallagher, Hans Farrand e O.F. Morse. A
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percorrere il tracciato, approssimativamente, a poco meno di
4
10 chilometri orari di media. Il premio, secondo il
regolamento messo a punto nel 1875 dagli organizzatori,
doveva essere attribuito (testualmente) «..al più economico e
soddisfacente sostituto del cavallo, che sia in grado di
percorrere almeno 200 miglia su strada normale ad una
velocità non inferiore alle 5 miglia orarie e che possa
superare pendenze di 200 piedi di dislivello per miglio di
strada».
La vecchia Europa non stava di certo a guardare e nonostante
il ritardo rispetto agli Stati Uniti sviluppò un suo sistema di
sfide di velocità che ebbe più successo e longevità. La prima
sfida europea venne organizzata dal giornalista francese Paul
Faussier, direttore del periodico “La vélocipède illustrée”, che
indisse per il 28 aprile 1887 una corsa sul percorso parigino
"Ponte di Neuilly-Versailles e ritorno", di 32 chilometri. Il
giorno della gara, nonostante la folla assiepata dietro le
transenne sistemate sul Quai de la Seine, a testimonianza della
grande curiosità che stavano suscitando i primi esemplari di
“vettura a trazione non-animale”, si presentava alla partenza
un solo concorrente, Albert De Dion, comproprietario della
nota fabbrica De Dion, Bouton e Trépardoux, alla guida di un
omonimo quadriciclo a vapore, già vecchio di qualche anno,
su cui trovava posto anche un meccanico. Questa prima corsa
disputatasi in Francia, pur non entusiasmante sotto il profilo
detta dei quattro costruttori questo veicolo doveva essere capace di correre
una decina di miglia senza doversi rifornire (un ottimo exploit, a quei
tempi).
4
Lo Stato del Wisconsin, pur apprezzando la prova offerta dall‟Oshkosh,
non lo ritenne meritevole dell‟intero ammontare del premio ed assegnò ai
costruttori solo 5.000 dollari.
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agonistico, riscosse comunque un discreto successo
propagandistico e spettacolare tale da imporre la partenza
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anche di un solo veicolo. Inizialmente la passione per
l‟automobile doveva essere alimentata ed il mezzo reso
appetibile ad una platea di possibili compratori, molti dei
quali stentavano a completare un pasto completo. I primi
regolamenti tentavano di compensare queste esigenze ma
essendo questo sport agli albori, ancora non erano nati i
“Grand Prix”, non esisteva alcuna “Formula” internazionale
di corsa. In generale alle corse di questo primo periodo erano
ammessi tutti i veicoli mossi da un qualsiasi sistema
propulsivo che non fosse quello animale. Per la disputa della
Paris-Rouen del luglio 1894, il regolamento annoverava
alcune norme interessanti come una serie di prove
eliminatorie (le prime Qualificazioni della storia) che
occorreva obbligatoriamente superare per accedere alla gara
(anzi, più correttamente, al “concorso” , giacché di concorso
si trattava). Altre regole interessanti erano l‟assegnazione del
primo premio al veicolo che meglio concretizzava i requisiti
di non pericolosità, maneggevolezza, facilità di utilizzo e
minore costo nell‟impiego su strada. L‟irrilevanza, ai fini
dell‟attribuzione dei premi, delle caratteristiche di “finitura”
come carrozzeria e verniciatura e l‟obbligo dell‟utilizzo di
sistemi propulsivi meccanici in grado di muoversi
autonomamente.
Mentre in Francia l‟automobile stava annoverando sostenitori
in numero sempre crescente (erano già in circolazione più di
5
De Dion, in assenza di qualsiasi rivale diretto, non poté far altro che
misurarsi contro il tempo. Viene calcolato, orologio alla mano, che il
quadriciclo impiegò tra andare e ritornare un‟ora e 14 minuti a 25,945
Km\h di media.
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200 automobili), in Italia la curiosità popolare guardava, con
simpatia ma anche con diffidenza, le evoluzioni dei primi
temerari automobilisti, i quali tra l‟altro, in assenza di una
qualsiasi industria nazionale che operasse nel settore, non
potevano che disporre di veicoli di costruzione straniera. Il
primo “Esperimento di corsa per veicoli automotori”, datato
15 maggio 1895, fu la Torino-Asti e ritorno, 93 chilometri
percorsi in due tappe. Nessun mezzo italiano era presente alla
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competizione, eppure il successo di pubblico fu discreto per
un paese ancora molto attaccato alla bicicletta.
Siamo alla fine del 1800, le vetture iniziano il loro sviluppo,
la popolazione inizia ad appassionarsi e a radunarsi nei luoghi
dedicati alla competizione: strade, piazze, collegamenti in
terra battuta. Le protezioni a bordo strada non esistevano, ma
ancora non esisteva il pericolo, nella mente degli appassionati,
delle possibili conseguenze che un‟avaria meccanica avrebbe
potuto arrecare. Il primo incidente d‟auto nelle competizioni
che annovera personaggi del pubblico tra i coinvolti fu la
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“Cosmopolitan Race” a New York, il 30 maggio 1896. Si
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L‟elenco degli effettivi partecipanti era: Ing. Simone Federmann, con
un Omnibus Daimler a 4 posti; Sig. Cleto Brena, con una vettura Benz;
Ing. Sclaverani, con un Break a vapore a sei posti battezzato La staffetta,
costruito dalle Officine di Savigliano su progetto dell‟Ing. Dewolf,
direttore della Società Tramvie Economiche Biellesi; Sig. Giovanni
Battista Ceirano con un Bicicletto a motore di Marca non specificata; un
Bicicletto a motore Wolfmuller, iscritto sotto il nome dello stesso
Wolfmuller e probabilmente condotto dal costruttore stesso.
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Il primo caso di intervento delle autorità contro una manifestazione
motoristica avvenne in Francia, il 31 agosto 1981, la Polizia francese
arresta la corsa del solitario Lacaux, mentre sta percorrendo la strada
prevista dalla gara, attorno al lago di Daumesnil, perché sembra che
l‟incauto concorrente abbia rischiato di travolgere una spettatrice.
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trattava di una competizione di velocità su strada il cui
regolamento prevedeva l‟assegnazione di punteggi: 35 punti
alla vettura più veloce, 30 a quella giudicata di più semplice
costruzione, 25 a quella più comoda e sicura, 10 alla meno
costosa. Il monte-premi era di 3000 dollari. Nei primi
chilometri di corsa, dovendo attraversare la città, i concorrenti
decidono di procedere a velocità prudenziale per poi lanciare i
loro mezzi al massimo fuori del centro abitato. Presto, però, si
verifica un serio incidente: una vettura, condotta da Henry
Wells, sfugge al controllo del pilota e dopo aver zigzagato
lungo la carreggiata viene a collisione con una donna, tale
Evelyn Thomas. La signora Thomas cade a terra priva di
sensi, viene immediatamente soccorsa e trasportata al più
vicino ospedale, dove oltre le varie ferite le verrà riscontrata
la frattura di una gamba.
Tra le sfide più simpatiche si annovera la Lione-Lagnieu, 50
chilometri, che vide contrapposte per la prima volta biciclette
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senza motore, tricicli a motore e vetture automobili.
Purtroppo non sono disponibili i dati relativi alle prestazioni
ottenute dai ciclisti, per cui è impossibile qualsiasi paragone,
che pure poteva rivestire un certo “curioso” interesse.
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Brevettato il 25 ottobre 1894 ma messo in vendita tra la fine del 1895, il
triciclo De Dion Bouton è un veicolo che raggiungerà presto una
grandissima popolarità. Si tratta di un triciclo con motore a
petrolio/benzina monocilindrico a 4 tempi, raffreddato ad aria, con
3
cilindrata di 172 cm e pero 75 Kg. Telaio in tubi d‟acciaio rinforzati
munito di un efficace sistema frenante: un freno di tipo normale
(ciclistico) sulla ruota anteriore ed un secondo freno agente su un tamburo
calettato sull‟asse delle ruote posteriori.. Molto interessante il sistema di
accensione, di tipo elettrico: una bobina, alimentata da accumulatori,
produce la scintilla elettrica necessaria per infiammare la miscela.
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A Milano, il 16 marzo 1897, per iniziativa di un ristretto
numero di appassionati e sostenitori dell‟automobile, nasce il
primo sodalizio automobilistico italiano. Questo nuovo Club,
denominato "Club Automobilisti Italiani", ovviamente si
prefiggeva di contribuire alla diffusione del nuovo mezzo di
locomozione incoraggiando tutti i tipi di manifestazioni
automobilistiche, agonistiche e non.
Sarà l‟aspetto agonistico l‟elemento che desterà maggiore
interesse nel pubblico, lo spirito della competizione, sia
partecipata che assistita, spingerà la massa alla partecipazione
degli eventi. Per differenziare le vetture e renderle
riconoscibili agli spettatori, ricordiamo che non esistevano
sistemi di telecronaca o di supporto visivo in grado di
aggiornare il pubblico sull‟evoluzione della gara, le squadre
9
vennero differenziate in base al colore della propria nazione.
Le scuderie, così iniziarono ad essere denominate, dopo ché
10
Emilio Meterassi, rilevando vetture Talbot, aveva deciso di
battezzare così la sua squadra: «..Non ho trovato niente di
meglio…e poi anche noi guidiamo dei cavalli!». Le vetture
francesi assunsero colorazione Blu, le inglesi erano Verdi, le
tedesche Bianche, quelle del Belgio Gialle e le italiane Rosse.
Si trattava della prima forma di comunicazione, seppur non
tecnologica, volta a facilitare la comprensione dell‟evento e la
partecipazione del pubblico.
Ogni competizione aveva le sue regole, se ne distinguevano
due tipi: Gare di velocità (vince chi completa il percorso di
9
Per la prima volta nella storia nel Gran Premio di Monaco del 1933.
10
Nato a Firenze nel 1889 e morto tragicamente a Monza nel 1928, è stato
tra i piloti italiani più simpatici e contradditori, parte di quel caratteristico
gruppo di campioni toscani che annoverò i fratelli Masetti, Niccolini, Brilli
Peri, Zaniratti, Cercignani, Benini, Pintacuda, Biondetti.
7
gara nel minor tempo) e Gare di regolarità (vince chi
completa il percorso di gara mantenendo una velocità media il
più possibile vicina a quella prestabilita), questo tipo di gare
mette alla prova soprattutto l‟affidabilità della vettura cioè la
capacità di affrontare il percorso senza guasti e rotture
meccaniche.
Si possono inoltre suddividere in base al tipo di percorso:
Corse in circuito: si percorre un numero prestabilito di giri
di un tracciato chiuso, che può essere una pista
permanentemente riservata alle competizioni (circuito
permanente) oppure un percorso ricavato su strade
normalmente aperte al traffico, spesso all‟interno di una
città (circuito cittadino), o un misto delle due cose
(circuito semipermanente). Vi sono due tipi di circuiti:
o Stradali: sono circuiti che presentano rettilinei di
diversa lunghezza e curve di diverso raggio e sviluppo,
singole o in successione. Questo tipo di pista impegna il
pilota e la vettura in frequenti accelerazioni, frenate,
cambi di marcia e ne mette alla prova tutte le qualità. I
più famosi circuiti di questo tipo sono quello di Monza,
del Nürburgring, di Le Mans (dove si corre la celebre 24
Ore), di Montecarlo (circuito cittadino).
o Ovali: sono circuiti che presentano solo due, tre o
quattro curve che girano tutte nella stessa direzione,
generalmente di raggio molto ampio. La velocità media
sul giro è assai elevata poiché non vi sono né curve
lente né frenate rilevanti. Questo tipo di pista è molto
diffusa negli Stati Uniti d‟America, mentre in Europa ve
ne sono pochissime e scarsamente usate. La più celebre
in assoluto è quella di Indianapolis dove ogni anno si
disputa la famosissima 500 Miglia.
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Corse su strada: si disputano su percorsi ricavati da strade
normali. Un tempo molto praticate, oggi sono quasi
scomparse a causa della loro pericolosità. Le più celebri
erano la Targa Florio, la Carrera Panamericana e la Mille
Miglia, che si corse fino al 1957 su un percorso appunto di
circa 1600 km da Brescia a Roma e ritorno.
Corse su percorsi non asfaltati: si gareggia su strade
sterrate, sentieri di campagna o persino piste tracciate nel
deserto. Le più famose corse di questo tipo sono le gare
del Campionato Mondiale Rally e la Parigi-Dakar. Spesso
vengono inseriti nel percorso passaggi accidentati e dossi
sui quali le vetture spiccano veri e propri salti.
1.2 Interazione Evento-Pubblico, la prima fase
Prenderemo in esame le tre corse più famose e con la
maggiore continuità storica per evidenziarne i principali e
volendo primordiali sistemi di comunicazione, soffermandoci
maggiormente sull‟interazione evento-pubblico.
Si tratta di tre classiche di inizio secolo che si svolgevano in
circuiti differenti con modalità e regole proprie e per questo
esigevano una diversa strategia comunicativa nei confronti del
pubblico. Siamo ai primordi delle sfide a motore e quindi ci
troviamo di fronte a modalità comunicative basilari e
semplici. Le automobili, seppur in numero sempre più
numeroso, rappresentavano nell‟immaginario collettivo entità
distanti e dai contorni poco definiti. Il pubblico delle grandi
occasioni non era così interessato al risultato della
competizione così come lo era per l‟osservazione; il suo era
9
un desiderio visivo, al più tattile, ma non informativo.
Inizialmente l‟interesse si focalizza sull‟aspetto puramente
“artistico” delle vetture, la curiosità del nuovo e la scoperta di
un mezzo alternativo di locomozione. Questa può essere
sicuramente identificata come la prima delle tre fasi di
evoluzione\rivoluzione di esigenze\sviluppi tecnologici che
hanno caratterizzato lo sport motoristico fino agli anni più
recenti. Negli anni l‟interesse cambia, conseguenza
dell‟affiatamento con l‟innovazione, lo sguardo del pubblico
si distoglie dagli elementi puramente estetici di una vettura
per focalizzarsi sui tratti caratteristici di una competizione. Si
fa sentire l‟esigenza di “sapere”. Conoscere i risultati di una
sfida ed aggiornarsi sulle sue evoluzioni diventano i bisogni
della folla e gli imperativi dei sistemi di comunicazione. Nella
terza fase, a partire dai primissimi anni del nuovo millennio,
si assiste ad una rivoluzione futuristica derivante dalla fusione
delle due precedenti. L‟esigenza di osservare e di sapere si
fondono, ibridazione e metamorfosi sottendono al
cambiamento, l‟evoluzione tecnologica lo cavalca. Questa
fase, di cui tratteremo ampiamente più avanti, incarna e
soddisfa, o per lo meno tenta di farlo, il desiderio odierno di
ubiquità sia fisica che esperienziale fondendolo con la natura
informivora dell‟essere umano.
1.2.1 La Targa Florio
La Targa Florio nasce nel 1906 da una scommessa lanciata ai
11
mondo da Vincenzo Florio: organizzare una competizione
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Vincenzo Florio (Palermo, 18 marzo 1883 – Epernay, 6 gennaio 1959)
è stato un imprenditore italiano. Di famiglia benestante, armatore e
industriale di vini, Florio fu da sempre appassionato di automobilismo,
tanto che partecipò come pilota a diverse gare. Nel 1906 applicò le sue
10
automobilistica in Sicilia, su un percorso dove le curve
stringono e si allungano come serpenti, le discese sembrano
filettature di una vite ed il fondo stradale è polveroso e pieno
di buche. Quella scommessa si concretizzò in un autentico
mito e divenne una manifestazione leggendaria e affascinante
che vide le più importanti case automobilistiche e i più famosi
assi del volante, da Nuvolari a Varzi, da Maglioli a
Gendebien, da Fangio a Moss, da Von Trips a Merzario,
cimentarsi in epiche battaglie su quelle irripetibili ed insidiose
strade. Teatro della corsa sono sempre state le strade siciliane
ed in particolare quelle strette e tortuose che percorrono la
catena montuosa delle Madonie: solo in poche occasioni la
corsa è stata abbinata al Giro di Sicilia e si è svolta lungo il
perimetro dell‟isola, mentre nel quadriennio 1937-1940 è
emigrata al Parco della Favorita a Palermo, mai dunque
abbandonando la terra della Trinacria.
La “Targa” si è disputata 61 volte, praticamente senza
soluzione di continuità (se si eccettuano gli anni delle due
guerre mondiali), dal 1906 al 1977. Una volta soltanto la gara
è stata trasformata da prova velocistica in prova di regolarità,
precisamente nel 1957, quando un incidente mortale alla Mille
Miglia mise gli organizzatori della Targa di fronte alla scelta
di sopprimere la gara oppure trasformarla in una passeggiata o
doti imprenditoriali nella creazione e organizzazione di un trofeo
automobilistico in Sicilia, la Targa Florio, corsa automobilistica sul
circuito delle Madonie. Brevettò, durante la prima guerra mondiale, un
autocarro per il trasporto di munizioni e viveri per le strade di montagna
arrivando ad una velocità di 20kmh, come un moderno fuoristrada.
L‟autocarro venne prodotto dal 1916 in poi e fu utilizzato nella grande
guerra con un buon successo.
11
poco più. Gli organizzatori, Vincenzo Florio in testa, optarono
per dare comunque continuità alla corsa.
La Targa Florio rimane, fra quelle che ancora oggi si
disputano, la corsa più antica del mondo, seguita ad appena un
anno di distanza, dalla altrettanto mitica Cinquecento miglia
di Indianapolis.
Come tutte le sfide che si corrono tra la folla, purtroppo,
anche la Targa Florio, ha dovuto fare i conti con incidenti,
morti e feriti tra pubblico e piloti: si ricorda in particolare la
morte del conte Giulio Masetti, avvenuta a seguito di
un‟uscita di strada della sua Delage nel corso del 1° giro
dell‟edizione del 25 aprile 1926 e l‟uscita di strada durante la
61/esima edizione della Osella-Bmw di Gabriele Ciuti che
provocò due morti e tre feriti gravissimi.
Vinceva la “Florio” il pilota che percorreva l‟intero percorso
di gara nel minor tempo, i partecipanti prendevano parte alla
competizione distanziati alla partenza di un tempo fisso l‟uno
dall‟altro. In questo modo nessuno avrebbe ostacolato la
prestazione dei concorrenti, e all‟arrivo, proprio come le
cronometro nel ciclismo, l‟adrenalina e lo spettacolo, l‟attesa
e l‟esaltazione avrebbero coinvolto gli spettatori. I format
televisivi non esistevano eppure l‟organizzazione della Targa
Florio sembra ricalcarli alla perfezione. Sulla linea del
traguardo si affollava il maggior numero di spettatori, questo,
come negli attuali gran premi, era il luogo che garantiva la
migliore visuale e offriva, non come gli attuali Gp, la
possibilità di toccare con mano piloti e vetture. Il traguardo
per diversi anni rappresentò l‟unico punto di incontro tra
l‟evento e l‟effettiva partecipazione all‟evoluzione della gara.
Vicino ad esso erano presenti la Direzione Gara, che aveva il
compito di tenere aggiornati i distacchi e quindi, di fatto,
12
rappresentava l‟unica fonte di comunicazione ufficiale verso
la tifoseria, e la stazione del telegrafo che forniva news su
ritiri, incidenti ed intertempi.
I tifosi si radunavano sul traguardo e vivevano in prima
persona le emozioni della partenza, l‟arrivo, l‟euforia del
vincitore e la disperazione degli sconfitti. Gli altoparlanti
della direzione gara fornivano informazioni utili a
comprendere l‟andamento della competizione aggiornando la
classifica provvisoria in base ai distacchi. Durante gli
intervalli d‟attesa del passaggio delle auto in gara, il format
della Targa Florio, proprio come nella futura televisione,
garantiva un continuo intrattenimento degli ospiti offrendo
due bande musicali che si alternavano nell‟esecuzione dei
pezzi.
Il sistema di comunicazione della “Florio” rappresenta il
primo tentativo di coinvolgimento completo del pubblico che
assiste alle competizioni. Siamo molto lontani dall‟utilizzo di
radio e televisione ma la cronaca di fatti lontani e la
divulgazione della classifica provvisoria rimarranno negli
anni un punto di riferimento obbligato per qualsiasi sistema di
comunicazione. Si tratta di novità costruite appositamente per
le caratteristiche morfologiche di un tracciato di ampio
chilometraggio che inevitabilmente non consentiva la
copertura visiva diretta dello spettatore e presentava ampi
tempi morti tra un passaggio e l‟altro delle vetture.
1.2.2 La 500 Miglia di Indianapolis
L‟Indianapolis Motor Speedway è uno dei circuiti
automobilistici più famosi del mondo, costruito nel 1909 e
sicuramente il più celebre tra gli “ovali”. Il progetto iniziale
contemplava l‟utilizzo di mattoncini (3.200.000) per la
13
realizzazione della pavimentazione del circuito, oggi per
motivi di sicurezza dell‟impianto è stato rivestito con più
idoneo asfalto, ma la linea del traguardo conserva ancora tre
12
file della originaria pavimentazione. Dal 1911 vi si corre la
leggendaria 500 Miglia di Indianapolis, la corsa più
importante degli Stati Uniti, tanto ché le monoposto che
partecipano alle serie americane sono spesso chiamate
IndyCars. Tra il 1950 e il 1960 la 500 Miglia è stata valida
per il Campionato Mondiale di Formula 1, nel tentativo di
avvicinare le due principali serie automobilistiche; tuttavia
l‟integrazione fra i due mondi è stata pressoché nulla e ne
resta una traccia solamente negli albi d‟oro. Dal 2000 al 2007
invece il Gran Premio degli Stati Uniti venne ospitato
all‟Indianapolis Motor Speedway, non più nell‟“ovale” ma in
un circuito costruito appositamente all‟interno dello stesso.
Una delle cause della longevità di questa competizione sta
nelle sue tradizioni sia sportive che culturali. Nella 500 miglia
le macchine cominciano la corsa con una partenza lanciata,
che avviene tradizionalmente, unica corsa automobilistica al
mondo, su undici file di tre macchine ciascuna. Ciò deriva da
una regolamentazione del 1919 che imponeva di posizionare
una macchina ogni 400 piedi, 120 metri di pista. La corsa dura
200 giri, pari a 500 miglia, circa 804 km, e assume validità al
termine del 101/esimo giro. Il venerdì precedente alla gara si
tiene il “Last row party”, una festa che serve per onorare, e al
tempo stesso prendere in giro, gli ultimi tre piloti dello
schieramento; alle ore sei della domenica mattina, prima della
12
L‟asfalto fu applicato solo nel 1936 in una parte del tracciato e poi
esteso a tutto il rettilineo principale nel 1941. Solo nel 1961 fu ricoperto
l‟intero tracciato.
14
gara, un colpo di cannone annuncia l‟apertura dello speedway.
Successivamente, per onorare la ricorrenza del Memorial Day
la banda della “Purdue University” suona “Taps”, mentre gli
aerei dell‟aeronautica militare degli Stati Uniti passano sopra
13
il circuito, facendo spesso la manovra del “Missing man”.
Ultima e più caratteristica è la famosa
autorizzazione all‟accensione dei motori
data dalla frase: «Ladyes and Gentlemen
14
start your engines!». Il circuito di
Indianapolis in gergo tecnico viene definito
un “ovale” poiché costruito a forma di
anello composto da quattro rettilinei, due
lunghi e due corti, raccordati da quattro
curve a 90°. La morfologia e lunghezza del
tracciato, circa quattro chilometri
pianeggianti, permettono di ottenere una
visione quasi globale dalle tribune e lo
collocano pertanto all‟opposto rispetto alla
Targa Florio. La partecipazione del
pubblico, già molto elevata, venne aumenta
13
Manovra acrobatica usata in ricordo di piloti persi in combattimento.
14
La frase fu coniata da Wilbur Shaw, Presidente dello Speedway dal
1946 al 1954, e si crede che durante questo periodo questi la usò
informalmente. Tony Hulman rese il comando famoso e solenne,
recitandolo al microfono davanti a migliaia di spettatori, nel periodo in cui
fu lui presidente del circuito, dal 1955 al 1977. Dal 1978 al 1980 e dal
1980 al 1996, la frase fu recitata dalla sua vedova, Mary Fendrich Hulman.
Sua figlia, Mari Hulman George recitò il comando nel 1981, e lo sta
facendo dal 1997. Nelle occasioni in cui la pioggia ha costretto gli
organizzatori a rinviare o posticipare l‟evento e la corsa era già
incominciata (1967, 1973, 1986, 1997, 2004), viene recitata la frase
«Restart your engines».
15