8
visibile come sul web tutti i principali siti e media on line
cerchino di renderlo disponibile e fruibile perché rappresenta il
contenuto più ricercato dagli utenti, come confermano anche le
ricerche analizzate nel secondo capitolo. Basti pensare al
colosso del video sharing YouTube e alle numerose relazioni
che si attivano fra gli utenti delle community. Oltre ai social
network, wiki, feed rss, nel primo capitolo analizzeremo più da
vicino la vera essenza del web 2.0, il contenuto. La vera
rivoluzione del web 2.0 riguarda sostanzialmente la grande
possibilità per gli utenti di accedere ai contenuti e ri-elaborarli
a proprio piacimento creandone a loro volta degli altri per
condividerli. Il passaggio dal web 1.0 al 2.0 ha significato sì
una rivoluzione in termini di estetica grafica più accattivante e
immediata, ma è la filosofia partecipativa e i metodi
collaborativi, che hanno ispirato il pensiero di Pierre Lèvy
quando parlava di “intelligenza collettiva”, che rappresentano
oggi la vera forza trainante di internet:
“Non sarà una rivoluzione a far scaturire lo spazio del sapere ma tante
piccole albe1.”
1
Lèvy P., L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio.
Feltrinelli, 2002
9
Queste “piccole albe” sono rese possibile grazie alla
rivoluzione che ha “investito” gli utenti di un nuovo ruolo: non
più meri fruitori passivi ma “produttori attenti e attivi”. Ecco la
seconda “ondata” che va alla conquista del web, la rivoluzione
degli utenti. Il lavoro svolto nel secondo capitolo è stato
sostenuto e rafforzato anche grazie all‟utilizzo di un poderoso
report realizzato da una famosa banca americana, la Piper
Jaffry. Fu Alvin Toffler a coniare il neologismo “Prosumer2”,
per analizzare questa nuova figura derivante dall‟unione del
consumer ( consumatore) e producer ( produttore). Tutti
possiamo essere produttori e consumatori grazie alle nuove
tecnologie digitali, all‟aumentata accessibilità alla rete ma
soprattutto ai contenuti.
Gli utenti “armati” dei nuovi strumenti collaborativi che gli
permettono di creare i più svariati prodotti/contenuti, entrano
in contatto con le marche che influenzano il loro modo di
vivere e di comunicare, così facendo sono destinati a diventare
gli evangelizers3 ( evangelisti) per quelle stesse marche: sono
gli utenti a “dare voce” alla marca creando contenuti, hanno la
possibilità di vivere un‟esperienza che li collochi finalmente al
centro nella produzione e ideazione dei prodotti. Le aziende e
2
Cfr. Toffler A., La terza ondata, Cde, Milano, 1987
3
Cfr. Piper J., The User Revolution, Palo Alto, 2007
10
gli inserzionisti hanno bisogno di creare relazioni più vicine
con i consumatori, abbastanza da essere loro stessi parte del
contenuto. Il fenomeno dello user generated content e user
generated advertising ( rappresentano gli utenti che generano
contenuti sul web e grazie ai quali derivano poi nuove strategie
pubblicitarie e modelli economici) sono probabilmente
destinati ad esser i pilastri della prossima rivoluzione del
mondo pubblicitario, il maggior business di successo dei
prossimi 20 anni sarà garantito dalle scelte delle agenzie di
pubblicità di allinearsi pienamente con le idee dei consumatori
e inserirsi in un‟ottica user oriented. Nel 1987 in un clima di
iniziale effervescenza editoriale sui nuovi media, Stewart
Brand teorizzava i possibili scenari derivanti dalla futura
convergenza fra i diversi media sotto il segno del digitale:
“la gran parte dei media elettronici sta diventando digitale. Telefono, radio,
tv, musica registrata, hanno iniziato la loro esistenza come media analogici
[…] ma ciascuno di loro, gradualmente e a volte faticosamente, sta
diventando digitale, cioè computerizzato […] Con la digitalizzazione tutti i
media diventano traducibili l‟uno nell‟altro […] Se tutto ciò non sembra
sufficientemente rivoluzionario, si pensi che con la digitalizzazione il
contenuto diventerà totalmente manipolabile – qualunque messaggio, suono
11
o immagine potrà esser trasformato in qualunque altra cosa. Che cosa
rimarrà di analogico? […]4”
Il terzo capitolo racchiude il “momento” in cui tutti i concetti e
gli scenari analizzati nei precedenti si mescolano: condivisione,
contenuto, user, creatività, aziende, audio visivi, “nuovi
strumenti” e tecnologie digitali, nuovi modelli economici e
strategie pubblicitarie. In una parola soltanto, Contest!.
Partiremo dall‟analisi del termine stesso per scoprire come in
realtà esso in alcune occasioni venga utilizzato come
“strumento di coinvolgimento” in quanto si differenzia dai
concorsi a sorte perché prevede che vengano messe in mostra
delle particolari abilità a “creare” un contenuto.
I casi presi in analisi riguardano i contest organizzati dalle
aziende che prevedono la realizzazione di un‟opera audio
visiva, uno spot, un cortometraggio, un video. Quasi tutti sono
caratterizzati dalla presenza di una piattaforma web (“l‟arena
digitale della competizione”) che permette l‟upload dell‟opera,
da una community che ha la possibilità di votare e commentare
le opere spesso decretandone il vincitore. Per un‟analisi più
approfondita si è proceduto a costruire prima, e utilizzare dopo,
4
Steward Brand cit. in Pasquali F. , I nuovi media. Tecnologie e discorsi
sociali, Roma, Carocci, 2003 (pag. 95)
12
una griglia di riferimento che ha dato la possibilità di
scandagliare tutti i minuziosi aspetti del contest.
Restando in tema di audiovisivi sarà interessante analizzare i
modelli economici che derivano dall‟ on line video advertising,
utilizzata per pubblicizzare un prodotto all‟interno degli
innumerevoli video prodotti dagli utenti inserendo dei mini
spot al loro interno. Studiare inoltre le strategie aziendali che
come “segugi” scovano i nuovi talenti del web per elaborare
strategie compartecipate, l‟engagement marketing rappresenta
infatti il nuovo vantaggio competitivo per quelle aziende che
vogliono aprirsi e dialogare con i consumatori.
La nuova era si chiama digital sharing economy: “un‟economia
in cui operano reti aperte a crescenti scambi e condivisione di
conoscenze e contenuti, attraverso una griglia infinita di nodi,
costituiti da milioni di computer in modalità peer2peer5.”
Come vedremo nell‟ultima parte, il contest permette anche di
affrontare temi d‟interesse sociale come la sensibilizzazione
verso l‟ambiente e l‟energia. E‟ stato proprio questo il focus
della terza edizione di Enel Digital Contest che ha lanciato la
sfida ai giovani videomaker, appassionati di cinema e video
5
Lamborghini B. , Donadel S., Innovazione e creatività nell'era digitale. Le
nuove opportunità della “Digital Sharing Economy”, Franco Angeli,
Milano 2006.
13
editing, entrati in competizione con la realizzazione di
cortometraggi sul pay off “l‟energia va oltre quello che
vediamo”.
Per quanto riguarda il metodo di lavoro, l‟analisi si è basata,
oltre che su una lettura e approfondimento della letteratura di
riferimento, importante e variegata per quanto riguarda il web e
la promozione in senso generale, ma esile e rara per ciò che
concerne il contest ( soltanto adesso utilizzato e integrato con
le nuove tecnologie digitali), su un momento empirico che ha
utilizzato alcune interviste semi-strutturate e l‟utilizzo di dati
secondari. Importante è stato il contributo di Daniela
Napolitano co-ideatrice di Enel Digital Contest e
“Responsabile Web Content” di Enel che mi ha permesso di
delineare le motivazioni principali che spingono un‟azienda a
coinvolgere gli utenti e in particolar modo i giovani a
confrontarsi su tematiche importanti con i nuovi strumenti
digitali.
La visibilità e la possibilità di confrontarsi per gli utenti, la
diffusione del brand e la scelta di temi cari ai consumatori,
sono le nuove sfide che ri-echeggiano nel “cantiere digitale
della democrazia”. Nel nuovo scenario, i fattori determinanti
per la competitività e il continuo e necessario sviluppo sono la
14
capacità d‟innovare in modo continuativo di fronte ad un
cambiamento inarrestabile ( con sempre più “sfumature”) e la
forza della creatività. Essa è alla base dell‟innovazione in
quanto dotata di una prorompente e libera potenzialità
d‟immaginazione e apprendimento senza confini. Seppur tutte
queste rivoluzioni sono in parte nel loro iniziale fermento, le
strade fin‟ora percorse hanno fruttato risultati confortanti ma
perché l‟accrescimento delle qualità e potenzialità viaggi con
un lineare progresso, c‟è bisogno che le aziende diventino
sempre più una cosa solo con i consumatori.
Per concludere, John Briggs ha osservato di come la
collaborazione sia uno dei segreti meglio protetti dalla
creatività:
“tredici persone hanno lavorato con Michelangelo alla
Cappella Sistina, ma la storia non li ricorda6.”
6
Granelli Andrea cit in, Lamborghini B., Donadel S., 2006
15
Capitolo 1
Web 2.0 Revolution
“Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe stata
scoperta l’arte d’inventare.”
Novalis
1.1 Le fasi che hanno delineato l’avvento dell’era digitale e
del web 2.0
Quando prendiamo reale consapevolezza di una ri-evoluzione
culturale, sociale e tecnologica, il primo pensiero che ci passa
per la mente è che non sia troppo tardi; la speranza, di non
esser rimasti troppo “indietro”.
I ritmi sfrenati di oggi, imposti da un mondo che viaggia su
banda larga7, rappresentano già di per sè una sufficiente
preoccupazione. La quantità e la qualità delle informazioni si
sono moltiplicate all‟infinito, così come infinita, è una delle
caratteristiche peculiari del web. Non facciamo in tempo a
parlare di futuro, ch‟esso già svanisce e diventa mero presente
7
“L‟ambiente tecnologico che consente l‟utilizzo delle tecnologie digitali ai
massimi livelli di interattività” in
http://www.innovazione.gov.it/ita/intervento/banda_larga/task_force/definizione
16
dilatato. Il nuovo mondo è dietro l‟angolo, ma assomiglia
sempre più ad un puzzle destinato a rimanere incompleto
perché probabilmente non si arriverà mai ad una parola fine
che dichiari l‟arresto dello sviluppo tecnologico e digitale.
Questa è la natura infinita di Internet, in cui convergono
inevitabilmente anche variabili economiche e sociali.
Internet è giovane, ma si evolve più di qualsiasi altra cosa al
mondo e soprattutto, proprio, nello stesso momento in cui se ne
sta parlando.
Dall‟ A,B,C s‟è passati a leggere informazioni sotto forma di
1,0,1,0 altro non sono che serie di bit, l‟unità che si trova alla
base dell‟elaborazione e dell‟avvento del digitale.
I bit, prima ancora del World Wide Web8, hanno cambiato il
nostro modo di leggere, scrivere, guardare e forse anche di
“pensare”, soprattutto immagazzinare informazioni fino a
trasformare la nostra memoria in un gigantesco bagaglio
digitale d’informazioni.
Un‟ipotesi un pò avventata ma non del tutto utopistica, visti i
grandi processi evolutivi tecnologici che spingono le aziende a
indirizzare le proprie risorse e sforzi crescenti, assieme alle
8
Fu Tim Berners Lee a coniarne il nome, grazie soprattutto all‟invenzione
del protocollo HTTP(HyperText Transfer Protocol), un sistema che
permette una lettura ipertestuale dei documenti, saltando da un punto
all'altro attraverso i link , e del browser che consente la navigazione sul web
17
logiche strategiche di mercato che mirano alla conquista di
guadagni e potere, verso il web. Tenendo bene a mente che
parliamo di fiction, è quanto avviene nel film Johnny
Mnemonic9 dove il protagonista del film ( Keanu Reeves) si fa
impiantare nel cervello un potente micro-chip in grado d‟
immagazzinare delle informazioni segrete diventando così una
sorta di “corriere postale digitalizzato”.
In uno scenario apocalittico, per evitare la morte, e il pericolo
di un information overload, il protagonista deve ogni volta
scaricare i dati in un apposito dischetto digitale e soprattutto
guardarsi le spalle dalle multinazionali informatiche che
dominano il mondo. Johnny diventa parte attiva di un processo
di produzione di ricchezza e potere a favore di colossi
informatici e organizzazioni segrete, seppur all‟inizio non del
tutto consapevolmente. Realtà e mondo virtuale si fondono
disorientandoci e facendo cadere Johnny in una forte crisi
d‟identità. Tema di fondo non è la solita lotta uomo-macchina e
le minacce che da essa derivano.
Philippe Breton ha studiato attentamente la religiosità latente
che ha favorito lo sviluppo delle tecnologie di rete, “Internet
come una sorta di Chiesa” dove la fede è rivolta tutta al
9
Scheda del film disponibile su http://italian.imdb.com/title/tt0113481/
18
cyberspazio e al mondo virtuale, fino ad arrivare a parlare di
“un vero e proprio culto di Internet10”.
“Rivoluzione dell‟informazione” e trasfigurazione tecnologica
viaggiano insieme affinché il nuovo mondo possa manifestarsi,
basta semplicemente che l‟informazione circoli liberamente per
creare nuove opportunità di comunicazione.
Come ci ricorda Nicholas Negroponte, con la completa
digitalizzazione di tutti i media si ottengono due importanti
risultati: da un lato il mescolarsi dei bit e del loro riutilizzo
produrrà prodotti migliori. Dati, video, e audio mixati, non
rappresentano altro se non ciò che viene definito come
multimedialità. Dall‟altro, i meta-bit: bit che parlano di altri bit
e assumono la funzione di “etichette” per catalogare il tipo di
contenuto11.
Questi rimescolamenti cambiano e ri-contestualizzano il
panorama dei media, fanno nascere nuovi contenuti che
vengono fuori da combinazioni assolutamente nuove di fonti
d‟informazione. Più avanti vedremo come questa non sia più
10
Breton P., Il culto di Internet. L’interconnessione globale e la fine del
legame sociale, Testo & Immagine, Torino 2001 Cit in Marinelli A.
Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, Guerini e Associati,
Milano 2004 (pag. 19)
11
Cfr. Negroponte N., Being Digital, New York, Alfred A. Knopf, 1995;
trad. it. Essere digitali, 1995, Sperling & Kupfer, Milano, 1995 (pag. 9)
19
una esclusiva prerogativa dei media, e della tradizionale
industria editoriale, ma sia diventata pian piano una delle
principali “armi creative” dei nuovi users e di come le aziende
hanno modellato le loro strategie di mercato in base ad essi.
Ritornando alla rivoluzione digitale, è davvero solo una
questione di bit? Non dobbiamo più uscire per leggere il nostro
giornale preferito ma possiamo ricevere comodamente a casa
un oceano d‟informazioni ( possiamo addirittura scegliere quali
non vogliamo leggere) grazie alle newsletters, ai quotidiani on-
line fino ad arrivare ai più “moderni” feed ( canali per la
trasmissione di unità di contenuto controllato attraverso dei
programmi in grado di gestire automaticamente più fonti
contemporaneamente12). L‟entusiasmo può esaurirsi tutto in un
click? La qualità e l‟attendibilità di un mezzo d‟informazione
possono esser trasferite in un altro? Il tormentone digitale è
servito. Come sempre la strada sta nel “mezzo”: la duplicità
del significato è voluta. “Mezzo” come hardware che permetta
l‟utilizzo integrato dei sistemi di comunicazione e dei media,
“mezzo” come punto d‟incontro che permetta una totale e
12
Maistrello S., La parte abitata della rete. Tecniche Nuove, Milano 2007
(pag. 75)
20
completa convergenza di tutti i media. Televisione, radio, carta
stampata, internet: convergenza tecnologica.
Se è la vera essenza dell‟innovazione che vogliamo far
prevalere, allora il segreto non è quello di preferire l‟uno
all‟altro, piuttosto, quello di farli coesistere nel modo più
funzionale e armonioso possibile.
Col tempo è maturato un paradigma dominante, la “logica della
convergenza digitale”. Le basi per avviarla vengono costruite
alla fine degli anni Settanta grazie al lavoro di Nicholas
Negroponte e dei suoi collaboratori del MIT
(Massachusetts Institute of Technology). La convergenza fra
content provider (editoria a stampa) e network provider
( telecomunicazioni e servizi di accesso di rete) sarebbe stata
possibile grazie alla diffusione delle tecnologie digitali che
avrebbero inglobato anche il telefono, la televisione e il
personal computer. Oggi i frutti di ciò che è stato coltivato
sono ben visibili a noi tutti:
- crescente conversione dei contenuti dal formato
analogico al digitale
- rete di comunicazione a banda larga
21
- disponibilità di tecnologie di personalizzazione dei
contenuti13
Ed è proprio quest‟ ultimo aspetto che più c‟interessa da
vicino: le tecnologie che rendono possibile la
personalizzazione dei contenuti.
Fin dal 1990, anno di nascita del World Wide Web, si è andato
delineando sempre più un enorme “distributore d‟intelligenza
collettiva”. Milioni di nuovi utenti si sono letteralmente
riversati sulla rete e da semplici navigatori hanno iniziato pian
piano a confrontarsi in community14, hanno favorito la
diffusione delle pratiche p2p15, si sono mobilitati per lo
sviluppo del movimento Open Source16 e della Free Software
Foundation17 che viaggiano parallelamente col fine di giungere
alla progettazione mediante il lavoro cooperativo e la
13
Cfr. Marinelli A., Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali,
Guerini e Associati, Milano 2004 (pag. 153)
14
Una comunità virtuale o comunità on line è una comunità di persone
interessate ad un determinato argomento comune che comunicano attraverso
Internet. Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Community
15
Generalmente per peer to peer s‟intende una rete di computer o qualsiasi
rete che non possiede client o server fissi, ma un numero di nodi equivalenti
(peer, appunto) che fungono sia da client che da server verso altri nodi della
rete. L‟esempio classico di P2P è la rete per la condivisione di file (File
sharing). Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/P2p
16
http://www.opensource.org
17
http://www.fsfeurope.org