LA DEMOCRAZIA E LE SUE CONTROINDICAZIONI: IL CASO ENEL-CIVITAVECCHIA
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1.1. DEMOCRAZIA TRA IDEALE E
REALTA’
1.1.1. DEMOCRAZIA: COSA SIGNIFICA?
democrazia s. f. [dal gr. δηµοκρατία, comp. di δῆµος “popolo” e -
κρατία “-crazia”]. Forma di governo in cui il potere risiede nel
popolo, che esercita la sua sovranità attraverso istituti politici
diversi.1
L’origine etimologia, quindi, ci suggerisce che il significato di
democrazia nasca dalla fusione delle parole greche “demos”,
popolo e “kratos “ potere.
Se ci addentriamo nel discorso, possiamo quindi facilmente
interpretare democrazia come potere popolare, e cioè “sistemi o
regimi politici nei quali è il popolo che comanda”.2
Analizzando il significato più profondo delle due parole greche,
notiamo che “demos” può assumere, secondo l’analisi di Sartori,
ben 3 tipi differenti di interpretazione, che però non riescono
comunque ad illuminarci sul vero significato di democrazia.
La prima interpretazione è quella che vede il popolo come totalità,
che però porta all’inferenza: “ognuno vale per niente”, ed in nome
di tale totalità “tutti possono essere schiacciati”.
La seconda interpretazione vede il popolo come pluralità espressa
dal principio maggioritario assoluto e, anche in questo caso, vi è il
1
Zingarelli N., Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Nicola Zanichelli
Editore, 1966, p. 359.
2
Sartori, G., Democrazia e definizioni, Bologna, Il Mulino, 1957, p. 15.
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forte rischio di storture che portino al principio di “valgono solo i
più”, e all’impedimento di un avvicendamento di
diverse maggioranze nella gestione del potere.
La terza accezione prevede la definizione di popolo come”
pluralità espressa dal principio maggioritario temporaneo”. In
questo caso vi è un’effettiva tutela delle minoranze, ma la
domanda, che lo stesso Sartori, si pone, è “come limitare il potere
di chi ha tutto il diritto di esercitarlo?”
Continuando ad analizzare il concetto di popolo, esso ha la propria
casa nella polis greca, e quindi ha senso in una città-comunità, ed
oggi appare anacronistico usarlo per descrivere la società moderna.
Una società in cui l’ordine sociale è profondamente instabile,
squilibrato, sconnesso.
Il popolo, sempre secondo Sartori, deve lasciar spazio alla massa,
un termine che esprime il duplice sentimento di
depersonalizzazione nella uniformità, e di esaltazione di potenza
comunitaria che tenta l’uomo del XX secolo3.
Da ciò deriva il cambiamento etimologico della parola: da demo-
crazia a masso-crazia.
L’altra parola, potere, merita anch’essa un discorso a parte: infatti,
il potere non è di chi ne ha la sola titolarità (come nel caso della
democrazia, il popolo) ma di chi lo esercita concretamente.
Nelle democrazie, chi esercita il potere è un organo rappresentativo
eletto dal popolo.
In questo caso si apre la domanda: il popolo è detentore del potere?
Per Rousseau il popolo non deve spogliarsi del suo potere
eleggendo una rappresentanza, ma gestirlo direttamente.
Attualmente tale formula appare di difficile, se non impossibile,
applicazione, a vantaggio di una delega del potere che il popolo
3
Duclos, P., L’evolution des rapports politiques depuis, Paris, 1950, p. 84.
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concede ad un organo istituzionale tramite lo strumento delle
elezioni.
Così ragionando si potrebbe affermare che “il momento elettorale
diventi una periodica rinuncia all’esercizio del proprio potere4.
Ciò avviene in tutte le democrazie moderne, in cui i meccanismi
elettivi non fanno altro che creare una rappresentanza, un’èlite, che
gestirà al posto del popolo il potere.
Per questo, l’accostamento etimologico “democrazia”=”potere del
popolo” appare incapace di racchiudere in sé il vero senso di
democrazia: il potere è delegato ai governanti, che a loro volta lo
esercitano sul popolo.
Democrazia, quindi, andrebbe intesa come “è potere del popolo sul
popolo, governo del popolo sopra se stesso”.5
Così argomentando, appare chiaro che la rappresentanza assume un
doppio ruolo: da una parte è lo strumento che consente ad una
democrazia d’esser tale, ma nello stesso tempo ne è anche il punto
debole, perché se il processo di trasmissione del potere dal popolo
ai governanti non è legittimo, sicuro e controllato, le elezioni
possono facilmente trasformarsi in una legittimazione del potere
autocratico.
In questo caso, l’etimologia non ci ha aiutato a risolvere e
comprendere realmente l’essenza della parola “democrazia” che, se
analizzata alla lettera, la sua applicazione pretenderebbe la gestione
del potere senza Stato, che poteva avere un senso nelle polis
dell’antica Grecia, non certo nella nostra società di massa.
Oggi, infatti, quando si parla di democrazia, più che riferirsi a
“potere del popolo”, ci si riferisce ad una società aperta, libera, non
oppressa dal potere oligarchico, dove lo Stato è al servizio dei
4
Sartori, G., op. cit., p. 24.
5
Sartori, G., op. cit., p. 51.
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cittadini e non viceversa, e dove il Governo è liberamente eletto dal
popolo ed al suo servizio.6
Dello stesso parere, però non era Joseph Schumpeter, che nel suo
“Capitalismo, socialismo e democrazia” (1942) scrive che la
democrazia è “ un metodo ben studiato per dar vita a un governo
forte ed autorevole”.
In questa definizione, non si parla né di libertà, né di eguaglianza
tra gli uomini, né di diffusa partecipazione politica: gli ideali
vengono lasciati alla porta.
Bisogna comunque sottolineare, ancora una volta, che nella società
moderna il significato di democrazia appare fortemente
inconsistente: infatti ”le parole (democrazia e democratico) si sono
svalutate, in quanto, senza un’ulteriore definizione, hanno quasi
cessato di servire a distinguere una particolare forma di governo
da un’altra”.7
La parola democrazia è diventata una parola in grado di descrivere
la nostra società e le sue istituzioni, ma questo grande consenso che
la circonda rischia, soprattutto, di svuotarne il reale significato.
Risulta, quindi, molto difficoltoso riuscire a definire cosa sia
realmente una democrazia, e comprendere quale sia il referente di
questo vocabolo, che da solo non riesce a racchiudere tutto il
significato del concetto di democrazia.
Questo discorso, seguendo la teoria di Ferdinand Saussure,
potrebbe valere per qualsiasi parola, visto che il significato può
esser concepito come un modello, ma risulterà comunque
incompleta qualsiasi definizione che si voglia dare in positivo di un
significato particolare.
6
Sartori, G., op. cit., p. 54.
7
Dahl R.A., On Democracy, Yale, 1998, tr. It. Paternò C. (a cura di). Sulla
Democrazia, Bari, Laterza, 2006 p. 32.
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Tralasciando il discorso di ordine semantico8, il nostro obiettivo
dovrà essere di ordine pragmatico, e cioè l’uso della parola
“democrazia” che ne fanno i soggetti e l’influenza che ne
subiscono.
Il problema fondamentale è che il concetto di democrazia si trova a
cavallo tra il “dover-essere” e “l’essere”: essa si riferisce sia ad un
ideale, sia alla realtà.
Si trova in un equilibrio instabile tra “gli ideali formulati dalla
teoria democratica e le pratiche prodotte dai regimi
democratici”.9.
Per questo, appare utile trattare la democrazia su due ambiti: quello
ideale e quello reale.
1.1.2. DEMOCRAZIA IDEALE
Parlare di democrazia ideale, di come essa dovrebbe essere, su
quali principi si dovrebbe basare, su quali colonne dovrebbero
sorreggere questo istituto di cui tutti noi un po’ ci sentiamo parte,
non è affatto semplice.
Dalle origini del pensiero greco, fino all’11|09 e alla conseguente
guerra in Iraq, fino all’organizzazione di una riunione di
condominio, l’uomo si chiede quale sia l’ideale di democrazia e
cosa contenga.
8
La parola può essere considerata in relazione ad altre parole (sintattica), in
relazione ad oggetti che denota e designa (semantica), e in relazione a soggetti
che la usano e ne sono influenzati (pragmatica).
9
Sartori G., op. cit., 1957, p. 56.
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Robert Dahl ha provato a dare una risposta a questo quesito,
ponendo cinque criteri10 affinché si possa argomentare di
democrazia:
1) Partecipazione effettiva: tutti i membri di una società devono
avere la possibilità di comunicare le proprie opinioni.
2) Parità di voto: tutti i membri di una società devono avere la
possibilità di esprimere il proprio voto in merito ad una ipotetica
questione, ed ogni voto deve avere egual valore.
3) Diritto all’informazione: tutti i membri di una società devono
avere le stesse opportunità di conoscenza sulle alternative
strategiche e le loro conseguenze.
4) Controllo dell’ordine del giorno: tutti i membri devono avere la
possibilità di decidere l’ordine delle priorità, ponendo sempre in
movimento il processo democratico enunciato nei punti precedenti.
5) Suffragio universale: la totalità, o la maggior parte degli
individui che risiedono in permanenza in un dato territorio
dovrebbero godere dei principi descritti nei precedenti quattro
punti.
Dahl suggerisce che tali criteri siano cardine non solo del governo
di piccole comunità a democrazia diretta11, ma anche del governo
di uno Stato.
Il principio che lega tutti e cinque i criteri è l’uguaglianza: tutti
devono avere gli stessi strumenti per potersi esprimere, dalla
possibilità effettiva di partecipazione, alla possibilità di esprimere il
10
Dahl R. A., op. cit., p. 49 ss.
11
Democrazia diretta espressa come la gestione del potere nelle polis greche,
dove i cittadini, riunendosi in grandi assemblee pubbliche, esprimevano
direttamente la loro volontà; o anche riferita a quella vigente in un piccolo
gruppo di individui, come potrebbe essere una piccola associazione moderna.
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proprio voto, alla garanzia di avere una giusta formazione e
preparazione, fino alla egual forza di incidere sulle decisioni.
Insomma, perché ci sia democrazia, è necessario che ci sia
l’uguaglianza politica tra tutti coloro che partecipano al governo.
Come affermava Rousseau : “E’ precisamente perché la forza delle
cose tende sempre a distruggere l’eguaglianza, che la forza della
legislazione deve sempre tendere a mantenerla”.
Sartori ci indica quali sono le uguaglianze in termine di isocrazia12,
e cioè uguaglianza di potere tra i soggetti, tramite la quale si può
realmente massimizzare il principio di uguaglianza.
Esse sono essenzialmente tre:
1. uguaglianza politica,
2. uguaglianza sociale
3. uguaglianza economica.
Per Sartori la vera uguaglianza non sorge né da una uguaglianza
essenziale ed inclusiva di tutte le altre, né dalla semplice somma
aritmetica delle singole libertà, ma da “un sistema di reciprocità e
di compensazione tra diseguaglianze”.13
Così espressa, l’uguaglianza non è altro che una convenzione di
valore, tramite la quale diamo importanza ad alcune differenze,
invece che ad altre.
12
Isocrazia intesa da Sartori come stesso potere a tutti:
1.a ciascuno la stessa importanza sociale;
2.a tutti lo stesso potere iniziale;
3.a ciascuno un potere di acquisto corrispondente alle sue capacità e ai servigi
resi;
4.a ciascuno lo stesso potere economico.
13
Sartori G., op. cit., p. 65.
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Ci si impegna, quindi, ad eliminare delle diseguaglianze, ma nello
stesso tempo si rendono salve altre.
Il punto centrale, nella visione di Sartori, è l’equilibrio nelle scelte,
per non correre il rischio di eliminare differenze irrilevanti, e
conservare quelle importanti, incapaci di dare come risultante una
società veramente democratica.
Infatti, il problema risiede proprio nella concezione che si ha di ciò
che è veramente uguale.
Sartori suggerisce due modi:
1) Uguaglianza intesa come livellamento totale degli individui, e
l’annientamento di ogni differenza tra essi: l’obiettivo primario è la
scomparsa della diversità, concetto recepito alla lettera dai regimi
comunisti, che nasce dalla filosofia della natura di Newton e
dall’illuminismo,
2) Uguaglianza intesa come una circolazione aperta, in modo che
ogni individuo abbia la possibilità di seguire le proprie inclinazioni
e sfruttare appieno le proprie capacità, ottenendo i risultati che
merita. In questa visione sono due le azioni implicite: l’avversione
nei confronti delle uguaglianze fittizie, e la lotta contro le
diseguaglianze ingiuste.
Quest’ultimo idealtipo, sostenuto con forza dal politologo italiano,
assomiglia molto al concetto di eguaglianza intrinseca definito da
Robert Dahl.
Dahl parte, per la sua riflessione, dalle parole della Dichiarazione
di Indipendenza degli Stati Uniti”Riteniamo che queste verità si
dimostrino da sole, che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che
sono dotati dal loro creatore di certi diritti inalienabili, tra cui